

colgo l'occasione dell'ora tarda, per tediarvi sull'argomento testine.
La domanda che tanti di noi si sono posti, leggendo sulla IV di Sardegna ed in particolare sull’effige, è la seguente:
Ma perché si è passati da un metodo comodo e veloce come il primo, ad un metodo con maggiore dispendio di tempo e poco pratico come il secondo, pur essendoci al contempo un incremento esponenziale della domanda di francobolli?
Come sappiamo, il primo metodo, utilizzato sin dal 1855 con l’uscita della IV emissione, consisteva nell’impressione dell’effige ottenuta con unica battuta da una composizione di 50 testine, mentre il secondo metodo, a partire dal 1862, era realizzato con battute di 2 testine per volta, quindi con 30 battute per foglio di 50 esemplari (in quanto a sinistra una delle effigi rimaneva impressa sul bordo del foglio).
Si deve notare, tra l’altro, che i vari autori che hanno scritto sulla IV di Sardegna (Diena, Lajolo, Rattone, Rigon, Chiavarello, Amato etc.), trascurano di rispondere a questa domanda, limitandosi a prendere atto della cosa e a dare una descrizione dei due metodi: la questione quindi resta: perché il buon Matraire, notoriamente buon organizzatore del lavoro anche in condizioni di emergenza (lo ha dimostrato ampiamente nei più di 10 anni passati a soddisfare le esigenze dell’Amministrazione sarda prima e italiana dopo), ha deciso di passare al secondo metodo, pur essendoci evidenti motivi per non farlo?
Ed ecco la mia teoria




Premetto che il Matraire, da oculato imprenditore quale era, sin dall’inizio della sua collaborazione con l’Amministrazione (1851) aveva cercato di ridurre al minimo gli sforzi (ma soprattutto le spese) visti anche tutti gli imprevisti di percorso che aveva dovuto affrontare nella gestione del suo contratto (legate alla esplicita richiesta di realizzare i francobolli a partire da una incisione) che aveva portato nell’arco di 4 anni a quattro diverse emissioni degli stessi francobolli ordinati dal medesimo decreto. Inoltre, nel 1862, a ridosso della scadenza del contratto con l’Amministrazione (nel mese di settembre di quell’anno), già immaginava che esso non sarebbe stato rinnovato.
La I emissione (in litografia, del 1851), dopo le prime tirature cominciava a perdere in qualità di stampa, e questo fatto, insieme alle insistenze dell’Amministrazione per ottenere un francobollo rispettoso delle indicazioni del decreto di emissione (che prevedeva l’incisione come tecnica preparatoria dei soggetti) fece decidere il Matraire (a malincuore) ad adattarsi (senza compensi aggiuntivi) e nel 1853 venne quindi alla luce la II emissione: tutta la figura del francobollo era in rilievografia, su carta colorata, e comprendeva nell’ovale centrale l’effige del Sovrano, realizzata mirabilmente dall’incisore Giuseppe Ferraris; per questa emissione si predisposero 4 gruppi di 25 punzoni, per realizzare la tavola di 100 esemplari. Successivamente, con la III emissione (1854, realizzata per i problemi di distinguibilità tra il 5 cm e il 20 cm alla luce fioca delle candele della precedente emissione, denunciati dagli addetti postali), si passò al taglio da 50 esemplari per foglio, utilizzando solo 2 gruppi da 25 punzoni di quelle della emissione precedente: si aveva un passaggio in più, dal momento che litograficamente si colorava il francobollo ad esclusione dell’ovale centrale che rimaneva bianco.
E veniamo alla IV emissione, da realizzarsi in tutta fretta dopo la cattiva riuscita della III (anche per questa c’erano difficoltà nel riconoscimento, alla luce artificiale, dei valori da 5 cm e da 20 cm): ritengo a questo punto che un uomo oculato come il Matraire avesse cercato di utilizzare, nella predisposizione di questa emissione, ciò che già aveva a disposizione, ed in particolare i 50 punzoni non utilizzati per la III, scalpellando dai clichè la parte relativa alla cornice che ora veniva impressa tipograficamente, e lasciando solo l’effige e la cornice esterna per dare l’appoggio alla composizione. E così nacque, a mio parere il primo metodo di impressione dell’effige.
Arrivati così nel 1862, quando ormai le speranze di una riconferma dell’incarico per la produzione dei nuovi francobolli italiani erano nulle, e contemporaneamente alcuni dei 50 punzoni della composizione del primo metodo si andavano irrimediabilmente deteriorando cominciando a divenire inutilizzabili in gruppo, il Matraire decise che piuttosto che rifare nuovi punzoni a partire dal conio originale (che probabilmente non era più disponibile, e che comunque rappresentava una spesa aggiuntiva per l’oculato tipografo) tornava più facile, e soprattutto meno dispendioso, ridurre il numero di impressioni per battuta, pur aumentando il tempo di produzione. Probabilmente, avendo più punzoni buoni a disposizione, aveva costruito più gruppi composti da una coppia di testine: infatti non tutti i francobolli delle ultime tirature sono affetti dalle “incrinature”, testimonianze pervenuteci dell’ultimo stadio di degrado delle ormai decennali testine. Infine aveva eliminato la cornice del punzone che contornava la testina, perché probabilmente, vista la maggiore pressione che ora doveva essere impiegata per ottenere una discreta impressione dell’effige, essa causava tagli ai fogli o comunque inestetismi giudicati non tollerabili.
Che ne pensate, potrebbe essere verosimile?
Sperando di non avervi annoiato, confido in una vostra partecipazione con notizie nuove o più precise di quelle in mio possesso, che consentano di rispondere alla fatidica domanda!



