Pulizia e conservazione dei francobolli del Regno di Napoli

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Francesco Melone
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Francesco Melone »

Caro Ulisse,
il vero problema dei francobolli ossidati non è tanto nella rimozione dell'ossido, che si forma per un progressivo processo di acidificazione della cellulosa della carta, correlato all' alterazione del perossido di piombo usato nei pigmenti delle prime tirature generalmente in rosa che col tempo si trasforma in solfito di piombo provocando quel colore nerastro, mentre è più difficile nei pigmenti delle tirature successive in colore carminio, per le quali non veniva utilizzato tale pigmento.
La rimozione di tale ossidazione, come già Antonello ha più volte suggerito su questo forum e come tu stesso hai potuto constatare, avviene facilmente con l'utilizzo di un cotton fioc imbevuto in una soluzione di acqua ossigenata al 3% diluita in un pò d'acqua. Il vero problema è che col tempo l'ossidazione tende a riformarsi sia perché il pigmento di cui sopra fa ovviamente parte della carta, sia perchè la stessa operazione di applicazione di acqua ossigenata che, pur essendo essenzialmente un acido debole (perossido di idrogeno) è pur sempre un acido, contribuisce comunque al progressivo ulteriore inacidimento della carta.
Per ovviare a ciò, o per meglio dire, per ridurre i tempi di riformazione dell'ossido ed anche un pò per deformazione professionale, ho preso l'abitudine di tentare di neutralizzare tale ulteriore acidità che noi stessi contribuiamo a formarsi utilizzando l'acqua ossigenata, con l'applicazione di ossido di magnesio, una polvere bianca che si può ottenere facilmente in forma galenica in una buona farmacia. Tale sostanza è poco solubile in acqua, ma ne basta un mezzo cucchiaino da caffè mescolato in mezzo bicchiere d'acqua per ottenere comunque una soluzione alcalina che io utilizzo dopo aver utilizzato l'acqua ossigenata con il metodo di cui sopra e dopo che il francobollo si è ben asciugato, con le stesse modalità di applicazione della soluzione con acqua ossigenata; essa è del tutto innocua sui francobolli non alterandone né la carta né i colori e ha quell'effetto di cui ti dicevo: ritardare il riformarsi dell'ossidazione.
Spero di poter esser stato utile a te e a quanti vorranno provare tale metodo. Per avere conferme ci vorranno alcuni mesi.
Col tempo spero di poterne avere.
Ciao.
Francesco
glücklich sammler

Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da glücklich sammler »

francesm ha scritto:La rimozione di tale ossidazione, come già Antonello ha più volte suggerito su questo forum e come tu stesso hai potuto constatare, avviene facilmente con l'utilizzo di un cotton fioc imbevuto in una soluzione di acqua ossigenata al 3% diluita in un pò d'acqua.o
Rimuovere un'ossidazione usando un ossidante è come spegnere un'incendio usando un lanciafiamme!
E' davvero una pulizia o è un restauro?
Fortunato
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Antonello Cerruti
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Antonello Cerruti »

Il restauro implica la modifica strutturale della materia dell'oggetto dell'intervento.
(Un oggetto si è rotto e si ripara mediante un'operazione che ne ripristina la struttura originaria).

La pulizia sottrae le alterazioni che si sono aggiunte all'oggetto originario.
(Quando ci laviamo le mani, lo facciamo per togliere lo sporco che vi si è depositato).

Il Colosseo è stato restaurato aggiungendo materiale solido laddove necessario.
Alla Pietà di Michelangelo è stato riattaccato il naso mediante del collante: quindi un restauro.

La Cappella Sistina è stata ripulita dallo sporco e dal nerofumo depositato per secoli dalle candele/torce/lampade un tempo usate per l'illuminazione dell'ambiente.
L'asportazione dello sporco ha riportato alla luce l'originario splendore delle tinte: quindi una pulizia.

Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
glücklich sammler

Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da glücklich sammler »

Antonello Cerruti ha scritto:La pulizia sottrae le alterazioni che si sono aggiunte all'oggetto originario.
(Quando ci laviamo le mani, lo facciamo per togliere lo sporco che vi si è depositato).
Infatti: lavandoci le mani togliamo qualcosa che vi si è depositato sopra ma non trasformiamo la nostra pelle in seta. Con l'acqua ossigenata si interviene chimicamente su un componente dell'inchiostro, che non mi pare la stessa cosa del rimuovere la polvere depositata. Se davvero l'operazione fatta sui francobolli di Napoli fosse solo una pulizia per rimuovere qualcosa che si è depositato sull'originale, basterebbe un po' di acqua tiepida saponata: ma temo che il francobollo resterebbe marroncino (e la carta sicuramente più pulita).
Fortunato
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Antonello Cerruti
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Antonello Cerruti »

glücklich sammler ha scritto:
Antonello Cerruti ha scritto:La pulizia sottrae le alterazioni che si sono aggiunte all'oggetto originario.
(Quando ci laviamo le mani, lo facciamo per togliere lo sporco che vi si è depositato).
Infatti: lavandoci le mani togliamo qualcosa che vi si è depositato sopra ma non trasformiamo la nostra pelle in seta. Con l'acqua ossigenata si interviene chimicamente su un componente dell'inchiostro, che non mi pare la stessa cosa del rimuovere la polvere depositata. Se davvero l'operazione fatta sui francobolli di Napoli fosse solo una pulizia per rimuovere qualcosa che si è depositato sull'originale, basterebbe un po' di acqua tiepida saponata: ma temo che il francobollo resterebbe marroncino (e la carta sicuramente più pulita).
Fortunato
Assolutamente no.
Si rimuove solo, come ben spiegato sopra da Francesco, un'alterazione superficiale e si ripristina il colore originario.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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ulisse
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da ulisse »

Ciao: Ciao:

Mi sembra che la cosa si fa molto complessa sia chimicamente sia da comprendere per i non addetti ai lavori.

Comunque io utilizzo una buona norma per togliere l'acidità dalla carta: un bel bagnetto con il bicarbonato di sodio.

Da Wikipedia (estratto):

Bicarbonato di sodio Reattività e utilizzi

Sciolto in acqua produce una soluzione lievemente basica: una soluzione di 50 g in un litro di acqua a 25 °C ha pH inferiore a 8,6.
Esposto a sostanze acide si decompone liberando anidride carbonica gassosa ed acqua:
NaHCO3 + HCl → NaCl + H2O + CO2(g)
NaHCO3 + CH3COOH → CH3COONa + H2O + CO2(g)
La capacità di reagire con gli acidi fa sì che l'idrogenocarbonato di sodio venga usato in preparazioni farmaceutiche come antiacido e contro bruciori di stomaco, benché un consumo eccessivo sia da evitare perché può ripercuotersi sul pH del sangue. Viene inoltre aggiunto ai dentifrici per la sua azione lievemente abrasiva e sbiancante.
L'idrogenocarbonato di sodio si trova in vendita nei negozi con la denominazione bicarbonato di sodio per uso domestico per la pulizia di frutta e verdura.
Si tratta inoltre di un prodotto che ha trovato applicazione nella deacidificazione dei fumi industriali derivanti da processi di combustione, grazie alla sua alta reattività nei confronti degli inquinanti acidi inorganici.

:cof: :cof:
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Marino

Sostenitore dal 2010

Beato colui che pianta alberi alla cui ombra non potrà mai sedersi

Colleziono "Numeri 1" dal 1840 al 1860
Colleziono anche prime emissioni di ASI e Cavallini di Sardegna 1819-1820
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Francesco Melone
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Francesco Melone »

Vorrei aggiungere qualche piccola spiegazione in maniera sommessa e tranquilla.
Il processo di reazione chimica che si produce utilizzando l'acqua ossigenata è molto più complesso di quanto si possa tentare di definire in questa sede: essa non è in assoluto un ossidante bensì si comporta sia da ossidante che da riducente in rapporto alle condizioni ambientali di utilizzo, potendo essa agire sia da ossidante, quando si trova in ambiente acido, ed in questo caso "libera" due molecole d'acqua, sia da riducente, quando si trova in ambiente basico, "liberando" in questo caso una molecola di ossigeno e due di idrogeno. Non essendo essa quindi esclusivamente un ossidante, non è essa che determina da sola l'inscurimento della carta, che è invece favorito da varie condizioni, tra le quali principalmente quella da me già riferita e cioè: "da quelle condizioni di degradamento del perossido di piombo usato nei pigmenti delle prime tirature generalmente in rosa che col tempo si trasforma in solfito di piombo provocando quel colore nerastro, mentre è più difficile nei pigmenti delle tirature successive in colore carminio, per le quali non veniva utilizzato tale pigmento".
Senza entrare troppo in altri dettagli tecnici sull'acqua ossigenata, che, in ogni caso, non avrebbero senso pratico, vorrei semplicemente ribadire il concetto che essa è comunque un acido, che per quanto debole, favorisce l'ulteriore inacidimento della carta e quindi la sua periodica ossidazione. E' opportuno aggiungere quindi che, per quanto detto, tali operazioni di pulizia andrebbero limitate il più possibile e, proprio per questo, nella mia esperienza ho trovato utile tentare di neutralizzare l' acidità della carta utilizzando quella soluzione all'ossido di magnesio di cui ho parlato, dal momento che essa, neutralizzandola in maniera alcalina, ne rallenta di molto la riformazione e quindi la conseguente ossidazione. Ciò riduce ovviamente la necessità di interventi per ripulire l'ossido che in questo modo si riforma in maniera molto più lenta.
Francesco
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pasfil
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da pasfil »

Un saluto a tutti.

Ciao Francesco, la tua eccellente spiegazione nella sostanza è molto più vicina a quanto indicato da Fortunato, rispetto quanto sostenuto da Antonello.

Nella sostanza Antonello promuoveva l’uso dell’acqua ossigenata (normalmente venduta nei supermercati ed in farmacia) poi diluita con dell’acqua (credo quest’ultima aggiunta con il fine di depotenziarla).

Antonello, circa le ossidazioni scriveva: “Un tempo, quel "nero" si definiva "ossidazione", quasi fosse un'alterazione permanente del colore” e: “Il giorno che lo vorrai riportare all'originario colore, ti sarà sufficiente pulirlo pazientemente e delicatamente - seguendo un andamento verticale - con un cotton fiocc appena imbevuto (e strizzato) di acqua ossigenata diluita

Quindi, definiva l’ossidazione come “sporco” e non precisava se l’andamento verticale del cotton fiocc doveva effettuarsi mediante tamponatura, rotolamento o nella peggiore ipotesi dello sfregamento.

Pertanto, seguiva un mio fermo intervento al fine di fermare la mano di “Marino” su quella crocetta, un bel pezzo che sarebbe rimasto danneggiato irrimediabilmente.

Resta inteso che Marino è libero di far quello che crede con la sua croce.

A nulla sono serviti i miei tentativi, con frammenti di articoli “qualificati” circa l’uso dell’acqua ossigenata, tant’è Marino, dopo più di un anno è ritornato sull’argomento mostrandoci un bel mezzo grano della prima Tavola sottoposto al trattamento consigliato da Antonello, ottenendo cosa cose risultato: un colore che da sul brunastro, nemmeno uniforme e ovviamente non originario, con il supporto cartaceo sbiancato!

L’acqua ossigenata: è veleno per i francobolli calcografici! Questo è quanto fermamente ribadito da me (ma la mia opinione non fa testo) e da Fortunato, ma anche da Te, Francesco, perché anche tu utilizzi accorgimenti per evitare il danni che essa provoca.

Quindi, senza giochi di parole, il consiglio dato da Antonello, cioè l’utilizzo dell’acqua ossigenata diluita con acqua sui calcografici di Napoli, rimane altamente sconsigliato.

Ciao: Ciao: Ciao:
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Antonello Cerruti
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Antonello Cerruti »

pasfil ha scritto:.....

Quindi, senza giochi di parole, il consiglio dato da Antonello, cioè l’utilizzo dell’acqua ossigenata diluita con acqua sui calcografici di Napoli, rimane altamente sconsigliato.

Ciao: Ciao: Ciao:
Ovviamente, solo a tuo parere....

A me lo insegnò Renato Mondolfo, ma - logicamente - non aveva la tua esperienza.
Me lo fece vedere ancora meglio Enzo Diena ma - naturalmente - non aveva le tue certezze.

Ma, infine, dove è il problema?
Chi ha voluto usare l'acqua ossigenata, come Marino, l'ha fatto e ci ha raccontato di essere rimasto soddisfatto.
Chi, come Francesco, ci ha voluto arricchire con la sua scienza e le sue conoscenze, l'ha fatto e dobbiamo solo ringraziarlo.
Chi non l'ha voluta usare, ha fatto benissimo ed ammira con orgoglio i suoi francobolli "neri".

Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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Francesco Melone
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Francesco Melone »

pasfil ha scritto:Un saluto a tutti.

Ciao Francesco, la tua eccellente spiegazione nella sostanza è molto più vicina a quanto indicato da Fortunato, rispetto quanto sostenuto da Antonello.

Nella sostanza Antonello promuoveva l’uso dell’acqua ossigenata (normalmente venduta nei supermercati ed in farmacia) poi diluita con dell’acqua (credo quest’ultima aggiunta con il fine di depotenziarla).

Antonello, circa le ossidazioni scriveva: “Un tempo, quel "nero" si definiva "ossidazione", quasi fosse un'alterazione permanente del colore” e: “Il giorno che lo vorrai riportare all'originario colore, ti sarà sufficiente pulirlo pazientemente e delicatamente - seguendo un andamento verticale - con un cotton fiocc appena imbevuto (e strizzato) di acqua ossigenata diluita

Quindi, definiva l’ossidazione come “sporco” e non precisava se l’andamento verticale del cotton fiocc doveva effettuarsi mediante tamponatura, rotolamento o nella peggiore ipotesi dello sfregamento.

Pertanto, seguiva un mio fermo intervento al fine di fermare la mano di “Marino” su quella crocetta, un bel pezzo che sarebbe rimasto danneggiato irrimediabilmente.

Resta inteso che Marino è libero di far quello che crede con la sua croce.

A nulla sono serviti i miei tentativi, con frammenti di articoli “qualificati” circa l’uso dell’acqua ossigenata, tant’è Marino, dopo più di un anno è ritornato sull’argomento mostrandoci un bel mezzo grano della prima Tavola sottoposto al trattamento consigliato da Antonello, ottenendo cosa cose risultato: un colore che da sul brunastro, nemmeno uniforme e ovviamente non originario, con il supporto cartaceo sbiancato!

L’acqua ossigenata: è veleno per i francobolli calcografici! Questo è quanto fermamente ribadito da me (ma la mia opinione non fa testo) e da Fortunato, ma anche da Te, Francesco, perché anche tu utilizzi accorgimenti per evitare il danni che essa provoca.

Quindi, senza giochi di parole, il consiglio dato da Antonello, cioè l’utilizzo dell’acqua ossigenata diluita con acqua sui calcografici di Napoli, rimane altamente sconsigliato.

Ciao: Ciao: Ciao:
Cari Pietro ed Antonello,
cercando di mettere un pò d'ordine su quanto detto più volte su questo argomento e per stemperare un pò il clima di tensione che a volte le parole usate incautamente generano, vorrei solo specificare che il concetto espresso da Fortunato circa l'imbrunimento della carta che sarebbe originariamente provocato dall'iniziale uso dell'acqua ossigenata non è corretto, dal momento che esso è originato primitivamente dall'ossidazione del pigmento di perossido di bario che veniva usato nelle prime tirature. Mi pare che lo stesso Antonello abbia più volte specificato che tale operazione va fatta con molta delicatezza utilizzando un cotton fioc imbevuto nell'acqua ossigenata e facendolo rotolare delicatamente sul francobollo, ma non l'ho mai sentito dire che tale operazione va ripetuta frequentemente proprio per la pericolosità prodotta dal suo utilizzo frequente, di cui lui stesso è consapevole. E' evidente che l'utilizzo dell'acqua ossigenata per eliminare quell'ossidazione è del tutto pericoloso specie se ripetuto frequentemente perchè acidifica ulteriormente un supporto cartaceo che si è acidificato nel tempo e quindi ha prodotto l'ossidazione. Siamo in definitiva quindi un pò tutti d'accordo, anche se con motivazioni diverse, sul suo utilizzo che deve essere del tutto sporadico e solo quando è veramente necessario, tentando di neutralizzare poi l'acidità (per la mia esperienza) con l'utilizzo dell'ossido di magnesio. Vorrei aggiungere per maggiore precisione di dettagli che il grado di alcalinità dell'ossido di magnesio una volta mescolato in mezzo bicchiere d'acqua può a sua volta essere "misurato" con le cartine al tornasole, vendibili anch'esse in farmacia, la cui estremità, una volta immersa nella soluzione vira immediatamente verso il blu con tonalità diverse che vanno dal celeste chiaro al blu intenso in base alla quantità di ossido di magnesio che si aggiunge all'acqua. Anche in questo caso è prudente utilizzare quantità minime di ossido di magnesio per non contrastare in maniera intensa e violenta l'acidità della carta, ma perchè anch'essa avvenga delicatamente. La prudenza e l'esperienza sapranno ben guidare la mano dell'operatore...
Su quanto asserito da Marino circa l'uso del bicarbonato di sodio, in alternativa all'acqua ossigenata, sarei invece molto più cauto dal momento che questa sostanza ha sì un'azione antiacida (in vivo, ma tutta da dimostrare su supporti cartacei), mentre ha un'azione sbiancante sul supporto cartaceo ancora più evidente di quanto possa fare l'acqua ossigenata stessa. L'ossido di magnesio invece è del tutto innocuo in tal senso.
Ringrazio tutti e porgo cordiali saluti.
Francesco.
glücklich sammler

Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da glücklich sammler »

Caro Francesco,
mi sembra che si continui a usare il termine ossidazione in maniera del tutto impropria e a proporre una "chimica" che, se così esposta, avrebbe causato seri problemi al superamento dell'esame di chimica generale. È vero che i miei studi universitari (di chimica!) li ho fatti più di mezzo secolo fa e la chimica nel frattempo ha fatto progressi mostruosi ma ti posso assicurare che i fondamentali sono ancora gli stessi e non sono quelli che ho letto in questi post.
Il problema di questo approccio al restauro del colore nasce dal semplice osservare gli effetti di un'operazione, il passaggio del cottonfioc bagnato con una soluzione molto diluita di perossido d'idrogeno (chiamiamo l'acqua ossigenata col suo nome scientifico), senza rendersi conto di quello che avviene e che, purtroppo per chi lo lo fa, non è visibile ad occhio nudo. Ma prima di entrare nel dettaglio conviene capire cosa è successo al colore dei francobolli di Napoli diventati bruni e qui chiedo venia se assumo un tono professorale. Come ha scritto il Maestro nel suo libro sui francobolli di Napoli, gli inchiostri con cui sono stati stampati i francobolli di Napoli sono stati di due tipi: uno in cui il colore era dato da un colorante organico, il rosso cocciniglia, l'altro invece colorato con un pigmento a base di piombo. Senza entrare nel dettaglio della enorme differenza di comportamento e di modalità di uso dei due tipi di coloranti, c'è da capire quale composto di piombo sia idoneo a colorare di rosso un inchiostro da stampa. Scartati i sali di piombo, di cui pochissimi colorati e nessuno rosso, restano gli ossidi. Il piombo, potendo avere due numeri di ossidazione, genera diversi ossidi: PbO, di colore giallo, PbO2, di colore bruno e detto "ossido pulce" e Pb3O4, di colore rosso e noto con vari nomi commerciali: minio, rosso di piombo, rosso di Parigi, rosso di Saturno e vari altri di uso meno comune. Senza andare a controllare su un qualunque manuale ottocentesco di fabbricazione di inchiostri per vedere quale "pigmento a base di piombo" ci potesse essere nell'inchiostro impiegato per la stampa dei francobolli napoletani, direi che per una questione di colore non può che essere il terzo.
Si parte quindi da un inchiostro con un pigmento rosso che talvolta nel tempo diventa bruno. Cosa causa una tale trasformazione? Si è detto che si tratta di ossidazione: certo è possibile perché il minio è un ossido misto costituito in effetti da due molecole di PbO per ogni molecola di PbO2 e si potrebbe pensare ad una reazione di ossidoriduzione che ossida il piombo del primo ossido portandolo da un numero di ossidazione II ad uno IV, ma per far questo occorre un ossidante molto forte (industrialmente si usa acido nitrico) e mi sembra molto poco probabile che nella normale vita di un francobollo questo possa venire in contatto con un ossidante tanto robusto da trasformare il Pb II in Pb IV senza distruggere il supporto su cui si trova l'inchiostro. La ragione dell'imbrunimento è infatti un'altra: l'ossido di piombo viene trasformato in solfuro di piombo, che è di colore nero, dall' acido solfidrico (altrimenti detto idrogeno solforato) gas onnipresente nell'ambiente in quanto uno dei prodotti della degradazione delle proteine e che è l'autore anche dell'annerimento delle argenterie (e se ricordo bene sei un medico, quindi non ho bisogno di ricordarti che ne produciamo anche noi nel nostro intestino, con conseguenti problemi di inquinamento domestico). E il processo chimico che fa trasformare l'ossido di piombo in solfuro di piombo, senza cambiamenti di numero di ossidazione di nessuno dei partecipanti alla reazione, è una salificazione non un'ossidazione: che questa salificazione avvenga sulla superficie, ovvero nell'area di contatto tra il gas e il substrato solido, e non in profondità è pacifico.
A questo punto arriva il famoso cottonfioc: l'acqua ossigenata, se ad una concentrazione sufficiente, è in grado di ossidare (questa volta si!) lo zolfo del solfuro per cui questo si trasforma in solfato e il solfato di piombo invece che nero è bianco per cui ecco che il francobollo è stato "pulito". Per questo motivo ritengo scientificamente inaccettabile il categorico "Assolutamente no" di Antonello: che gli piaccia o no il ripristino del colore ottenuto col suo metodo, anzi con il metodo che gli è stato insegnato da Mondolfo e ribadito da Diena, è un intervento chimico su un'alterazione chimica del pigmento dell'inchiostro, non un'operazione di rimozione di sporcizia accumulata sulla superficie del francobollo.
Grazie a te per avermi dato lo spunto per ulteriori considerazioni e cordiali saluti, sperando di non averti annoiato troppo.
Fortunato
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Francesco Melone
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Francesco Melone »

glücklich sammler ha scritto:
francesm ha scritto:Spero di averti potuto fornire qualche utile elemento di riflessione e nello stesso tempo, senza voler prendere a tutti i costi il ruolo di difensore di Antonello che ha ovviamente i mezzi e le capacità per difendersi da solo, penso di interpretare la perentorietà del suo intervento nel quale ha condiviso il mio pensiero, non come insofferenza nei tuoi riguardi, bensì come espressione di come sia inutile ancora soffermarsi su quello che è essenzialmente il processo di ossidazione e di quello che è opportuno fare, avendo affrontato varie volte tale argomento magari in altri termini e con un linguaggio meno tecnico di quello usato da me, ma comunque efficace.
Vorrei invitarti quindi - ti ripeto con molta tranquillità - ad essere un pò più pacato e sereno e di non esprimere giudizi affrettati e superficiali che potrebbero rivelarsi sbagliati nel momento in cui man mano conosci le persone e di cui potresti quindi tu stesso col tempo pentirti.
Ti ringrazio e ti invio cordiali saluti.
Francesco
Caro Francesco, mi sono permesso di evidenziare in rosso due punti del tuo messaggio nella citazione che ne faccio; inoltre mi sembra che il mio invito di due giorni fa a rileggere un mio post sull'argomento dell' imbrunimento dei francobolli di Napoli e il ripristino, quasi perfetto, del loro colore originale con acqua ossigenata non l'ha riletto nessuno e che si continui a usare il termine ossidazione in maniera del tutto impropria e a proporre una "chimica" che, se così esposta, avrebbe causato seri problemi al superamento dell'esame di chimica generale. È vero che i miei studi universitari (di chimica!) li ho fatti più di mezzo secolo fa e la chimica nel frattempo ha fatto progressi mostruosi ma ti posso assicurare che i fondamentali sono ancora gli stessi e non sono quelli che ho letto in questi post.
Il problema di questo approccio al restauro del colore nasce dal semplice osservare gli effetti di un'operazione, il passaggio del cottonfioc bagnato con una soluzione molto diluita di perossido d'idrogeno (chiamiamo l'acqua ossigenata col suo nome scientifico), senza rendersi conto di quello che avviene e che, purtroppo per chi lo lo fa, non è visibile ad occhio nudo. Ma prima di entrare nel dettaglio conviene capire cosa è successo al colore dei francobolli di Napoli diventati bruni e qui chiedo venia se assumo un tono professorale. Come ha scritto il Maestro nel suo libro sui francobolli di Napoli, gli inchiostri con cui sono stati stampati i francobolli di Napoli sono stati di due tipi: uno in cui il colore era dato da un colorante organico, il rosso cocciniglia, l'altro invece colorato con un pigmento a base di piombo. Senza entrare nel dettaglio della enorme differenza di comportamento e di modalità di uso dei due tipi di coloranti, c'è da capire quale composto di piombo sia idoneo a colorare di rosso un inchiostro da stampa. Scartati i sali di piombo, di cui pochissimi colorati e nessuno rosso, restano gli ossidi. Il piombo, potendo avere due numeri di ossidazione, genera diversi ossidi: PbO, di colore giallo, PbO2, di colore bruno e detto "ossido pulce" e Pb3O4, di colore rosso e noto con vari nomi commerciali: minio, rosso di piombo, rosso di Parigi, rosso di Saturno e vari altri di uso meno comune. Senza andare a controllare su un qualunque manuale ottocentesco di fabbricazione di inchiostri per vedere quale "pigmento a base di piombo" ci potesse essere nell'inchiostro impiegato per la stampa dei francobolli napoletani, direi che per una questione di colore non può che essere il terzo.
Si parte quindi da un inchiostro con un pigmento rosso che talvolta nel tempo diventa bruno. Cosa causa una tale trasformazione? Si è detto che si tratta di ossidazione: certo è possibile perché il minio è un ossido misto costituito in effetti da due molecole di PbO per ogni molecola di PbO2 e si potrebbe pensare ad una reazione di ossidoriduzione che ossida il piombo del primo ossido portandolo da un numero di ossidazione II ad uno IV, ma per far questo occorre un ossidante molto forte (industrialmente si usa acido nitrico) e mi sembra molto poco probabile che nella normale vita di un francobollo questo possa venire in contatto con un ossidante tanto robusto da trasformare il Pb II in Pb IV senza distruggere il supporto su cui si trova l'inchiostro. La ragione dell'imbrunimento è infatti un'altra: l'ossido di piombo viene trasformato in solfuro di piombo, che è di colore nero, dall' acido solfidrico (altrimenti detto idrogeno solforato) gas onnipresente nell'ambiente in quanto uno dei prodotti della degradazione delle proteine e che è l'autore anche dell'annerimento delle argenterie (e se ricordo bene sei un medico, quindi non ho bisogno di ricordarti che ne produciamo anche noi nel nostro intestino, con conseguenti problemi di inquinamento domestico). E il processo chimico che fa trasformare l'ossido di piombo in solfuro di piombo, senza cambiamenti di numero di ossidazione di nessuno dei partecipanti alla reazione, è una salificazione non un'ossidazione: che questa salificazione avvenga sulla superficie, ovvero nell'area di contatto tra il gas e il substrato solido, e non in profondità è pacifico.
A questo punto arriva il famoso cottonfioc: l'acqua ossigenata, se ad una concentrazione sufficiente, è in grado di ossidare (questa volta si!) lo zolfo del solfuro per cui questo si trasforma in solfato e il solfato di piombo invece che nero è bianco per cui ecco che il francobollo è stato "pulito". Per questo motivo ritengo di non essere stato né affrettato né superficiale nel trovare ridicolo, oltre che scientificamente inaccettabile, il categorico "Assolutamente no" di Antonello: che gli piaccia o no il ripristino del colore ottenuto col suo metodo, anzi con il metodo che gli è stato insegnato da Mondolfo e ribadito da Diena, è un intervento chimico su un'alterazione chimica del pigmento dell'inchiostro, non un'operazione di rimozione di sporcizia accumulata sulla superficie del francobollo.
Grazie a te per avermi dato lo spunto per ulteriori considerazioni e cordiali saluti, sperando di non averti annoiato troppo.
Fortunato
Caro Fortunato,
sono io che ringrazio te per aver chiarito meglio il tuo pensiero e specificato in maniera migliore della mia usando una terminologia diversa dalla mia che la reazione di cui si parla è una salificazione e non un'ossidazione, dimostrando sapientemente le tue conoscenze di chimico: io avevo utilizzato il termine di solfito indicando in tal modo la degradazione che subisce con gli agenti atmosferici la degradazione del perossido di piombo determinando originariamente il colore scuro. Ti ricordo quello che sai meglio di me: sono esempi di salificazione la neutralizzazione di un acido o di un’anidride con una base o con un ossido, un acido ed una base che si neutralizzano per formare un sale. Se partiamo da un acido forte ed una base forte il risultato sarà quasi sicuramente un sale neutro, se partiamo da un acido debole che incontra una base forte si formerà un sale parzialmente debole, se partiamo al contrario da un acido forte che incontra una base debole si formerà sempre un sale che mostrerà qualità acide. Per tale motivo, a conferma di quanto da te specificamente chiarito, trovo utile neutralizzare l'acidità che si forma con l'aggiunta di una base che non sia né troppo debole, né troppo forte in modo da rallentare la formazione di valenze acide.
Ciò non cambia in pratica la realtà delle procedure e dei risultati, purché effettuati con la consapevolezza di quello che facciamo e con la prudenza di cui abbiamo parlato.
Converrai con me che naturalmente non tutti noi possiamo avere lo stesso tipo di conoscenze e gli stessi Mondolfo e Diena, Maestri nel loro campo, quasi sicuramente erano privi di tali conoscenze.
Ti ringrazio ancora e ti invio cordiali saluti.
Francesco
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Biotech84
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Biotech84 »

Interessantissimo topic che non lascia spazio a fraintendimenti ma, anzi, da certezze!
Ringrazio tutti gli intervenuti.
Salverò sicuramente questa in modo da rinfrescarmi le idee qualora ne avessi bisogno :pea:

Ritornando all'operazione di restauro, da ciò che ho afferrato la trasformazione da ossido a solfuro di piombo, avvenendo a contatto con l'aria, salifica la parte superficiale del pigmento e l'operazione di "ripulitura" mediante l'acqua ossigenata produce un composto che è del tutto differente rispetto a quello originario (ossido di piombo prima, solfato di piombo poi). Quindi, inevitabilmente, non si otterrà la stessa tinta originaria.
A questo punto la domanda (da 1 milione di dollari :-) ): è possibile portar via la "patina" di solfuro di piombo senza intaccare l'ossido sottostante?
Saluti,
Pasquale
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pasfil
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da pasfil »

Biotech84 ha scritto:Interessantissimo topic che non lascia spazio a fraintendimenti ma, anzi, da certezze!
Ringrazio tutti gli intervenuti.
Salverò sicuramente questa in modo da rinfrescarmi le idee qualora ne avessi bisogno :pea:

Ritornando all'operazione di restauro, da ciò che ho afferrato la trasformazione da ossido a solfuro di piombo, avvenendo a contatto con l'aria, salifica la parte superficiale del pigmento e l'operazione di "ripulitura" mediante l'acqua ossigenata produce un composto che è del tutto differente rispetto a quello originario (ossido di piombo prima, solfato di piombo poi). Quindi, inevitabilmente, non si otterrà la stessa tinta originaria.
A questo punto la domanda (da 1 milione di dollari :-) ): è possibile portar via la "patina" di solfuro di piombo senza intaccare l'ossido sottostante?
Caro Pasquale,

a complicare la questione del viraggio dei colori dei FB di Napoli, sino all'imbrunimento, ricorre un altro importante fattore
derivante dai fenomeni di ossidazione e denaturazione proteica della "pasta base".

Per mera informazione e confidando che possa risultare da stimolo ad una costruttiva ed utile discussione, come portata avanti soprattutto da Francesco e Fortunato, ai quali faccio un grande saluto e ringraziamento, riporto a seguire una parte della relazione che feci in occasione di Filatelica2010:

"...Ebbene, anche questa classificazione dei colori, solleva la nota questione rimasta ancora insoluta per i collezionisti di Napoli e che è motivo di divergenti opinioni. Personalmente ritengo che le indicazioni delle gradazioni e sfumature riportate dall’ing. Mario Merone, rispecchino quello che oggi appare il francobollo. Esse, tuttavia, potrebbero discostarsi notevolmente dalla gradazione di colore o sfumatura originaria. Inoltre, ritengo che in futuro, fra diversi anni, agli stessi esemplari oggi osservati potrebbero essere attribuite gradazioni o sfumature ancora diverse.

Dunque il problema risulta se classificarli in base a quella che fu la gradazione di colore originaria o per quello che attualmente appare.

Come sappiamo, i pigmenti dei FB napoletani borbonici si possono dividere in due categorie:
1) quelli di origine minerale (i rosa, i lilla ed i mattone) utilizzati per le prime tirature e che vanno incontro a processi di ossidazione,;
2) quelli di origine animale (i carminii) utilizzati per le tirature successive che possono scolorare per esposizione alla luce.

Questi pigmenti, venivano uniti alla pasta base (realizzata con olio di noce) proprio per creare un certa vischiosità che consentiva all’inchiostro di essere raccolto dalla carta, senza penetrarla. Il punto è che anche la pasta base va incontro a fenomeni di ossidazione e denaturazione proteica che chiaramente assumono una rilevanza maggiore in calcografia (quindi proprio sui francobolli napoletani), rispetto gli inchiostri litografici e quelli tipografici (per una percentuale molto minore di legante).

Quindi, ritengo che il sommario esame visivo (per intenderci ad occhio nudo o con una normale lente d’ingrandimento) potrebbe aver dei limiti in ordine alla reale individuazione dell’originaria gradazione di colore o sfumatura, in quanto determinata anche dall’ossidazione o denaturazione proteica della pasta base.


Pertanto, senza nessuna presunzione, ne restringerei la cerchia dei colori a minori sfumature, ma questa è come dicevo una questione che rimarrà per sempre insoluta. Anche il grandissimo Emilio Diena, a pag. 58 della nota opera “I FRANCOBOLLI DEL REGNO DI NAPOLI E I DUE PROVVISORI DA MEZZO TORNESE DEL 1860”, riporta che “…Moltissime volte è stato ripetuto in scritti filatelici che la designazione esatta dei varii colori è cosa quasi sempre difficile, ne è da ritenersi possibile una nomenclatura tale da escludere ogni dubbio. La discordanza tra i varii autori or ora citati ci dà – se pur fosse necessaria – una conferma di ciò...”.
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Francesco Melone
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Francesco Melone »

Biotech84 ha scritto:Interessantissimo topic che non lascia spazio a fraintendimenti ma, anzi, da certezze!
Ringrazio tutti gli intervenuti.
Salverò sicuramente questa in modo da rinfrescarmi le idee qualora ne avessi bisogno :pea:

Ritornando all'operazione di restauro, da ciò che ho afferrato la trasformazione da ossido a solfuro di piombo, avvenendo a contatto con l'aria, salifica la parte superficiale del pigmento e l'operazione di "ripulitura" mediante l'acqua ossigenata produce un composto che è del tutto differente rispetto a quello originario (ossido di piombo prima, solfato di piombo poi). Quindi, inevitabilmente, non si otterrà la stessa tinta originaria.
A questo punto la domanda (da 1 milione di dollari :-) ): è possibile portar via la "patina" di solfuro di piombo senza intaccare l'ossido sottostante?
Caro Pasquale,
ritengo di poter chiarire ulteriormente che l'acqua ossigenata non produce alcun composto differente rispetto a quello originario: il perossido di piombo che faceva parte dell' originario pigmento, a contatto con gli agenti atmosferici, si ossida o per meglio dire utilizzando il termine di Fortunato, salifica trasformandosi in solfuro di piombo (che io definivo solfito) producendo il caratteristico colore nero. L'acqua ossigenata neutralizza il solfuro trasformandolo in solfato di colore bianco, ma non è un nuovo composto che si sovrappone alla "patina" di solfuro sottostante mascherandola, ma semplicemente appunto l'effetto di una trasformazione chimica dell'originaria degradazione del perossido di piombo, ed "evaporando" in pochi secondi restituisce l'originario colore rosa della carta. Si tratta quindi, riprendendo la giusta definizione di Fortunato, "di un intervento chimico su un'alterazione chimica del pigmento dell'inchiostro". Tale alterazione dell'originario pigmento di piombo avviene, oltre che per l'azione dei suddetti agenti atmosferici, anche per l'acidificarsi della cellulosa che costituisce il supporto cartaceo: ed è proprio questo il vero problema che è stato da me segnalato e ripreso più volte: l'aggiunta di acqua ossigenata, che per quanto detto in precedenza è un debole acido, non fa altro che inevitabilmente peggiorare lo stato della carta perché contribuisce ad acidificare ulteriormente un supporto cartaceo che si è già inacidito col tempo. Per tale motivo è un'operazione che va limitata al minimo indispensabile e va controllata in qualche modo con l'aggiunta di ossido di magnesio, che fornendo valenze basiche, neutralizza per quanto possibile e nelle concentrazioni indicate l'azione acida dell'acqua ossigenata e ne rallenta in qualche modo la sua riformazione.
Spero di aver dato ulteriori elementi di chiarimento utili a chiunque voglia ragionevolmente prenderne atto ed utilizzare le procedure con la dovuta accortezza e prudenza.
Ciao, grazie e cordiali saluti.
Francesco
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Biotech84
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Biotech84 »

Cari Pietro e Francesco,

ora mi è sicuramente tutto più chiaro e vi ringrazio per le osservazioni e gli approfondimenti che condividete, ne farò tesoro. :abb: :abb:

Non vorrei trarre conclusioni sbagliate e far proferire deduzioni che non sono state neppure pensate dall'estensore dell'intervento (per cui mi scuso in anticipo), ma, da quanto leggo, il riconoscimento della tinta originaria deve tener conto sicuramente anche dell'alterazione chimica del supporto cartaceo e l'utilizzo del perossido di idrogeno altera anche quest'ultimo. Da ciò, come indicato anche da Pietro, le tinte che vediamo oggi (e forse anche dopo la "ripulitura"?) non potranno essere quelle originariamente percepite nel 1858. Proprio per questo motivo, l'idea che mi son fatto è molto vicina a quella esposta da Pietro nella semplificazione delle varie tinte (almeno per quanto riguarda quelle a base minerale) cosicché anche le inevitabili modificazioni future permettano il riconoscimento del pigmento senza perdersi in nuance o simili.

Ora una domanda... ipotizziamo di avere 1 francobollo "sporco" in maniera uniforme. Riconosciuta l'origine minerale del pigmento ed assumendo un'eventuale classificazione in rosa o lilla o mattone, come procedereste nell'attribuzione ad una di queste ultime? Agireste di acqua ossigenata e ossido di magnesio (magari solo su una piccola porzione)? Oppure... è possibile ipotizzare che si possa risalire a qualche fattore discriminante con un'analisi differente?
Saluti,
Pasquale
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Antonello Cerruti
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Antonello Cerruti »

francesm ha scritto:
....
ritengo di poter chiarire ulteriormente che l'acqua ossigenata non produce alcun composto differente rispetto a quello originario: il perossido di piombo che faceva parte dell' originario pigmento, a contatto con gli agenti atmosferici, si ossida o per meglio dire utilizzando il termine di Fortunato, salifica trasformandosi in solfuro di piombo (che io definivo solfito) producendo il caratteristico colore nero. L'acqua ossigenata neutralizza il solfuro trasformandolo in solfato di colore bianco, ma non è un nuovo composto che si sovrappone alla "patina" di solfuro sottostante mascherandola, ma semplicemente appunto l'effetto di una trasformazione chimica dell'originaria degradazione del perossido di piombo, ed "evaporando" in pochi secondi restituisce l'originario colore rosa della carta. Si tratta quindi, riprendendo la giusta definizione di Fortunato, "di un intervento chimico su un'alterazione chimica del pigmento dell'inchiostro". Tale alterazione dell'originario pigmento di piombo avviene, oltre che per l'azione dei suddetti agenti atmosferici, anche per l'acidificarsi della cellulosa che costituisce il supporto cartaceo: ed è proprio questo il vero problema che è stato da me segnalato e ripreso più volte: l'aggiunta di acqua ossigenata, che per quanto detto in precedenza è un debole acido, non fa altro che inevitabilmente peggiorare lo stato della carta perché contribuisce ad acidificare ulteriormente un supporto cartaceo che si è già inacidito col tempo. Per tale motivo è un'operazione che va limitata al minimo indispensabile e va controllata in qualche modo con l'aggiunta di ossido di magnesio, che fornendo valenze basiche, neutralizza per quanto possibile e nelle concentrazioni indicate l'azione acida dell'acqua ossigenata e ne rallenta in qualche modo la sua riformazione.
Spero di aver dato ulteriori elementi di chiarimento utili a chiunque voglia ragionevolmente prenderne atto ed utilizzare le procedure con la dovuta accortezza e prudenza.
Ciao, grazie e cordiali saluti.
Francesco
Ciao Francesco, ritieni che la presenza nell'acqua di Roma di notevoli quantità di bicarbonati di calcio e magnesio sia almeno una concausa della mancata nuova formazione della patina scura dopo la pulizia effettuata con l'acqua ossigenata diluita?
Grazie e cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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ulisse
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Iscritto il: 14 giugno 2010, 15:08
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da ulisse »

Ciao: Ciao:

Che articolo che è uscito!!!
Complimenti a tutti gli intervenuti che ringrazio sentitamente

Alcune precisazioni.

Questo sotto riportato è il risultato finale dopo circa 5 min di immersione in acqua e bicarbonato purissimo (circa un cucchiaino da caffè in un litro d’acqua pura S. Anna) per deacidificare il francobollo.

http://i68.tinypic.com/205bh53.jpg
205bh53.jpg
Confrontando con le immagini precedenti è sparito anche il puntino nero in basso fra "G" ed ½.

A questo punto viene da chiedersi: è meglio avere il mezzo grano nerastro o quello sopra riportato?

Il testo iniziale di questo 3D recita: Ultimo acquisto: una crocetta
In questo momento non ho assoluta intenzione di provare il metodo “acqua ossigenata” su quella crocetta (come più volte sconsigliato da pasfil) in quanto l’imbrunimento (se così si può chiamare) dei 4 quarti d’angolo è tutto da dimostrare.
Essendo la colorazione azzurra più o meno intensa, da quale pigmento è dovuta? Può alterarsi come il “minio”
E qui, volendo, nasce una ulteriore domanda alla quale, spero, qualche esperto sia in grado di rispondere.

Per quanto riguarda l’uso del bicarbonato di sodio per la pulizia e per abbassare l’acidità, tengo a precisare che sono circa 30 anni che lo uso senza aver mai avuto inconvenienti.
Non tutto il “bicarbonato” in commercio va bene, alcuni tipi hanno anche degli additivi nocivi.

:cof: :cof:
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
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Marino

Sostenitore dal 2010

Beato colui che pianta alberi alla cui ombra non potrà mai sedersi

Colleziono "Numeri 1" dal 1840 al 1860
Colleziono anche prime emissioni di ASI e Cavallini di Sardegna 1819-1820
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Francesco Melone
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Francesco Melone »

Biotech84 ha scritto:Cari Pietro e Francesco,

ora mi è sicuramente tutto più chiaro e vi ringrazio per le osservazioni e gli approfondimenti che condividete, ne farò tesoro. :abb: :abb:

Non vorrei trarre conclusioni sbagliate e far proferire deduzioni che non sono state neppure pensate dall'estensore dell'intervento (per cui mi scuso in anticipo), ma, da quanto leggo, il riconoscimento della tinta originaria deve tener conto sicuramente anche dell'alterazione chimica del supporto cartaceo e l'utilizzo del perossido di idrogeno altera anche quest'ultimo. Da ciò, come indicato anche da Pietro, le tinte che vediamo oggi (e forse anche dopo la "ripulitura"?) non potranno essere quelle originariamente percepite nel 1858. Proprio per questo motivo, l'idea che mi son fatto è molto vicina a quella esposta da Pietro nella semplificazione delle varie tinte (almeno per quanto riguarda quelle a base minerale) cosicché anche le inevitabili modificazioni future permettano il riconoscimento del pigmento senza perdersi in nuance o simili.

Ora una domanda... ipotizziamo di avere 1 francobollo "sporco" in maniera uniforme. Riconosciuta l'origine minerale del pigmento ed assumendo un'eventuale classificazione in rosa o lilla o mattone, come procedereste nell'attribuzione ad una di queste ultime? Agireste di acqua ossigenata e ossido di magnesio (magari solo su una piccola porzione)? Oppure... è possibile ipotizzare che si possa risalire a qualche fattore discriminante con un'analisi differente?
Caro Pasquale,
come già detto in maniera mirabile da Pietro, posto che il problema sia quello di riconoscere se l'origine del pigmento del francobollo sia di tipo minerale e quindi di riconoscere una delle sfumature cui esso può appartenere: rosa, lilla o mattone che, a loro volta, possono riconoscere ulteriori varie sfumature, io, se proprio necessario, ricorrerei al metodo già descritto cioè quello dell'acqua ossigenata e dell'ossido di magnesio, applicati con le metodiche descritte, sull'intero francobollo perché non riesco a veder il senso di applicarne solo su una parte di esso.
Ma, per quanti sforzi si possano fare, riprendendo quanto riferito sempre da Pietro, il tentativo di individuare l'esatta gradazione di colore di quel francobollo rimarrà sempre un problema insoluto:

Pertanto, senza nessuna presunzione, ne restringerei la cerchia dei colori a minori sfumature, ma questa è come dicevo una questione che rimarrà per sempre insoluta. Anche il grandissimo Emilio Diena, a pag. 58 della nota opera “I FRANCOBOLLI DEL REGNO DI NAPOLI E I DUE PROVVISORI DA MEZZO TORNESE DEL 1860”, riporta che “…Moltissime volte è stato ripetuto in scritti filatelici che la designazione esatta dei varii colori è cosa quasi sempre difficile, ne è da ritenersi possibile una nomenclatura tale da escludere ogni dubbio. La discordanza tra i varii autori or ora citati ci dà – se pur fosse necessaria – una conferma di ciò...”.

E vorrei aggiungere, citando la stessa fonte di Diena, il periodo immediatamente successivo:

Tutto ora si riduce a stabilire delle designazioni che permettano di dare una nomenclatrura meno imperfetta. Ritengo che i colori possano essere distinti in quattro categorie principali: lilla, rosa, mattone, carminio. Con l'accoppiamento di queste voci e l'aggiunta di chiaro, oppure vivo, oppure intenso e simili si potrà, io credo, ottenere una nomenclatura che offra una certa attendibilità e chiarezza, ma non però quella precisione ideale che resterà, chissà sino a quando, un pio desiderio.

Ciao, grazie.
Francesco
Ultima modifica di Francesco Melone il 9 settembre 2016, 18:15, modificato 1 volta in totale.
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Francesco Melone
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Re: Ultimo acquisto: una crocetta

Messaggio da Francesco Melone »

ulisse ha scritto:Ciao: Ciao:

Che articolo che è uscito!!!
Complimenti a tutti gli intervenuti che ringrazio sentitamente

Alcune precisazioni.

Questo sotto riportato è il risultato finale dopo circa 5 min di immersione in acqua e bicarbonato purissimo (circa un cucchiaino da caffè in un litro d’acqua pura S. Anna) per deacidificare il francobollo.

Immagine

Confrontando con le immagini precedenti è sparito anche il puntino nero in basso fra "G" ed ½.

A questo punto viene da chiedersi: è meglio avere il mezzo grano nerastro o quello sopra riportato?

Il testo iniziale di questo 3D recita: Ultimo acquisto: una crocetta
In questo momento non ho assoluta intenzione di provare il metodo “acqua ossigenata” su quella crocetta (come più volte sconsigliato da pasfil) in quanto l’imbrunimento (se così si può chiamare) dei 4 quarti d’angolo è tutto da dimostrare.
Essendo la colorazione azzurra più o meno intensa, da quale pigmento è dovuta? Può alterarsi come il “minio”
E qui, volendo, nasce una ulteriore domanda alla quale, spero, qualche esperto sia in grado di rispondere.

Per quanto riguarda l’uso del bicarbonato di sodio per la pulizia e per abbassare l’acidità, tengo a precisare che sono circa 30 anni che lo uso senza aver mai avuto inconvenienti.
Non tutto il “bicarbonato” in commercio va bene, alcuni tipi hanno anche degli additivi nocivi.

:cof: :cof:
Caro Marino,
il pigmento dei colori usati per la Trinacria e la Crocetta deriva essenzialmente dal blu oltremare, un pigmento che è di origine minerale e subisce le stesse alterazioni dei francobolli del Regno di Napoli stampati con pigmenti minerali per i colori del rosa di cui abbiamo parlato. Col tempo pertanto anche tali francobolli possono alterarsi per effetto degli agenti atmosferici e dell'acidità della carta assumendo il tipico colore blu scuro o nerastro: anche per essi, o anzi a maggior ragione per essi, avendo generalmente un maggior valore rispetto ai francobolli tradizionali di Napoli, vale ovviamente lo stesso discorso fatto in precedenza.

Per quanto riguarda il bicarbonato di sodio, sei proprio sicuro che con tale trattamento tu abbia neutralizzato stabilmente l'acidità della carta senza che questa subisca nel tempo, con il suo utilizzo ripetuto, alterazioni del colore con tinte che progressivamente tendono a sbiadirsi?
Se così fosse, il francobollo dopo averne ripristinato il colore, nel tempo dovrebbe mantenere stabile il suo colore e non subire più inscurimenti del substrato cartaceo, che invece purtroppo fatalmente riappaiono con, in aggiunta, un progressivo sbiadimento del colore.

Ma, se la tua esperienza in tal senso è positiva, non saranno certo le mie convinzioni a farti cambiare idea.

Ciao, grazie.
Francesco
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