|
Giuseppe
Sarto (1835-1914). |
|
Altezza Reale, Eccellenze
Illustrissime, Nobilissimi Signori.
Nessuno spettacolo è così degno di ammirazione come quello di un popolo,
che iniziando un'opera dimanda a Dio la benedizione; perché mai emerge
l'ingegno dell'uomo come allora che s'inchina dinanzi l'eterno fuoco, donde
viene la luce, né le sue opere si producono con un carattere più maestoso
e solenne che dopo l'invocazione della potenza suprema, che le suggella e le
consacra.
Io quindi mi congratulo con voi, o notabili rappresentanti di Venezia, che
fedeli interpreti dei veri cittadini deliberaste, che un pubblico atto
religioso desse principio alla riedificazione del Campanile, e ciò nel
giorno sacro all'Evangelista S. Marco, affinché Venezia, già fiorente per
tanti secoli sotto un tal protettore, vegga aprirsi dinanzi un'era novella
di prosperità sotto i medesimi auspici.
Mi congratulo con voi, che vi mostraste figli non degeneri di quei padri che
convinti della grande verità, che si fabbrica indarno, se alla direzione
non presiede il Signore, vollero, che questa città cristiana fin
dall'origine, segnasse l'epoca della sua fondazione dal giorno in cui ebbe
principio il mistero dell'umana Redenzione, né mai s'accinsero ad alcuna
impresa senza aver prima invocato sopra di essa il nome di Dio e la
protezione di Maria.
Per la Religione i nostri avi, uniti in un cuor solo
onorarono la patria con un amor generoso con un rispetto profondo, con un
servizio eroico e per questi due amori, più che pel loro senno politico
compirono imprese onorate, salirono a prosperità e rinomanza.
Per la Religione, mentre le altre nazioni e le città istesse d'Italia gemevano
sotto il giogo dei barbari, Venezia era il centro della civiltà europea, la
sede del sapere e delle arti gentili, la regina dei mari, l'anello che univa
l'Oriente all'Occidente in società di commerci.
Dalla Religione riconobbero sempre i Veneziani la fonte della loro
floridezza, e perciò mentre fu dessa l'anima delle loro opere, la
direttrice dei loro consigli, l'ispiratrice delle loro leggi, per ottenere o
ricambiarne i beneficii, le ergevano templi ed altari, le dedicavano asili
di pietà, le consacravano istituti di utili studi, di virtù generatrici di
santi e ne perpetuavano coi monumenti i gloriosi tronfi.
Nessuna cosa pertanto poteva riuscire più onorifica alla civica
Rappresentanza, né più cara ai Veneziani che quella di tramandare la
memoria di questo avvenimento associata all'altra dell'omaggio alla
Religione. No, i cittadini di Venezia nell'innalzare il campanile non
pensano come i discendenti di Noè di far celebre colla torre di Babele la
loro fama, ma di magnificare il nome di Dio, di lasciare ai posteri un segno
della loro fede, un ricordo del loro vero amore di patria.
Ringrazio pertanto S. A. R. il Signor Conte di Torino, S. E. il signor
Ministro della Pubblica Istruzione e quanti altri illustri personaggi
onorarono colla loro presenza questa festa patria religiosa; e faccio voti,
che sorga benedetto dal cielo il campanile, che soddisfando le ragioni
dell'arte, dell'armonia col tempio e colla piazza, unici al mondo, si
contempli quel bello artistico, che è voluto dalla mante e sentito dal
cuore. Sorge benedetto dal cielo il campanile di S. Marco, e nel principio,
nel progresso e nel compimento dell'opera stiano lontane le sventure, che
non di rado incolgono i poveri lavoratori. Sorge benedetto il campanile di
S. Marco e s'affretti coi desiderii quel giorno in cui echeggerà ...(testo
incompleto)
|