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  Il discorso pronunciato sabato 25 aprile 1903 dal Patriarca di Venezia Cardinale Giuseppe Sarto, futuro Papa Pio X appena tre mesi dopo, durante la cerimonia della posa della prima pietra per la ricostruzione del campanile e della Loggetta di San Marco.
(Testo incompleto dell'ultima parte)
   
Giuseppe Sarto (1835-1914).
Altezza Reale, Eccellenze Illustrissime, Nobilissimi Signori.
Nessuno spettacolo è così degno di ammirazione come quello di un popolo, che iniziando un'opera dimanda a Dio la benedizione; perché mai emerge l'ingegno dell'uomo come allora che s'inchina dinanzi l'eterno fuoco, donde viene la luce, né le sue opere si producono con un carattere più maestoso e solenne che dopo l'invocazione della potenza suprema, che le suggella e le consacra.
Io quindi mi congratulo con voi, o notabili rappresentanti di Venezia, che fedeli interpreti dei veri cittadini deliberaste, che un pubblico atto religioso desse principio alla riedificazione del Campanile, e ciò nel giorno sacro all'Evangelista S. Marco, affinché Venezia, già fiorente per tanti secoli sotto un tal protettore, vegga aprirsi dinanzi un'era novella di prosperità sotto i medesimi auspici.
Mi congratulo con voi, che vi mostraste figli non degeneri di quei padri che convinti della grande verità, che si fabbrica indarno, se alla direzione non presiede il Signore, vollero, che questa città cristiana fin dall'origine, segnasse l'epoca della sua fondazione dal giorno in cui ebbe principio il mistero dell'umana Redenzione, né mai s'accinsero ad alcuna impresa senza aver prima invocato sopra di essa il nome di Dio e la protezione di Maria.
Per la Religione i nostri avi, uniti in un cuor solo onorarono la patria con un amor generoso con un rispetto profondo, con un servizio eroico e per questi due amori, più che pel loro senno politico compirono imprese onorate, salirono a prosperità e rinomanza.
Per la Religione, mentre le altre nazioni e le città istesse d'Italia gemevano sotto il giogo dei barbari, Venezia era il centro della civiltà europea, la sede del sapere e delle arti gentili, la regina dei mari, l'anello che univa l'Oriente all'Occidente in società di commerci.
Dalla Religione riconobbero sempre i Veneziani la fonte della loro floridezza, e perciò mentre fu dessa l'anima delle loro opere, la direttrice dei loro consigli, l'ispiratrice delle loro leggi, per ottenere o ricambiarne i beneficii, le ergevano templi ed altari, le dedicavano asili di pietà, le consacravano istituti di utili studi, di virtù generatrici di santi e ne perpetuavano coi monumenti i gloriosi tronfi.
Nessuna cosa pertanto poteva riuscire più onorifica alla civica Rappresentanza, né più cara ai Veneziani che quella di tramandare la memoria di questo avvenimento associata all'altra dell'omaggio alla Religione. No, i cittadini di Venezia nell'innalzare il campanile non pensano come i discendenti di Noè di far celebre colla torre di Babele la loro fama, ma di magnificare il nome di Dio, di lasciare ai posteri un segno della loro fede, un ricordo del loro vero amore di patria.
Ringrazio pertanto S. A. R. il Signor Conte di Torino, S. E. il signor Ministro della Pubblica Istruzione e quanti altri illustri personaggi onorarono colla loro presenza questa festa patria religiosa; e faccio voti, che sorga benedetto dal cielo il campanile, che soddisfando le ragioni dell'arte, dell'armonia col tempio e colla piazza, unici al mondo, si contempli quel bello artistico, che è voluto dalla mante e sentito dal cuore. Sorge benedetto dal cielo il campanile di S. Marco, e nel principio, nel progresso e nel compimento dell'opera stiano lontane le sventure, che non di rado incolgono i poveri lavoratori. Sorge benedetto il campanile di S. Marco e s'affretti coi desiderii quel giorno in cui echeggerà ...(testo incompleto)
   
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