Filatelia semiotica

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TazDevil
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Seconda parte: il regionalismo come rappresentazione di una Nazione unita nel lavoro

Messaggio da TazDevil »

Alcuni hanno ipotizzato che il motivo per cui la serie "Italia al lavoro" fu scartata nella selezione del 1945, dove furono prescelti i bozzetti della “Democratica”, risieda nel messaggio dalle forti tinte regionaliste, che avrebbe potuto essere interpretato come messaggio divisivo, in un Paese che fino a poco tempo prima era flagellato dalla guerra civile, diviso tra governi del nord e governi del sud, tra occupazioni tedesche e occupazioni anglo-americane. Può darsi che questa possa essere stata una scusa ufficiale di cui non sono a conoscenza ma io continuo a sostenere come causa primaria, la contrapposizione ideologica che nel 1945 volse a favore dei partiti socialisti e filocomunisti, che imposero i loro simboli di lotta, liberazione e rinascita chiaramente impressi nella simbologia dei francobolli che componevano la serie “Democratica”.
Non ritengo quindi che il regionalismo richiamato nei fb “Italia al lavoro” fu mai percepito come elemento destabilizzante. In primo luogo, perché l’appartenenza al territorio è da sempre radicata nella cultura degli Italiani, un sentimento che, dagli albori del Regno fino all’era fascista, ci si guardò bene dal contrastare. Inoltre, bisogna tenere presente che la guerra aveva livellato gran parte delle differenze regionali, accomunando tutti nel triste destino dei razionamenti del cibo, dei bombardamenti e delle morti al fronte. Insomma, ritengo che all’epoca il sentimento di italianità fosse molto più forte che al giorno d’oggi.
Ma perché una serie così arcaica fu ritenuta accettabile nel 1950? Quali furono le motivazioni che, al di là della rivalsa politica di una fazione sull’altra, giustificarono agli occhi di tutti questi francobolli palesemente “fuori tempo massimo”? È molto probabile che all’epoca ci si trovasse in una sorta di “limbo storico”, dove non si poteva vedere ancora il futuro prossimo e certamente non ci si poteva rifare ai modelli sociali del recente passato. Ecco che in questo vuoto di simboli rappresentativi, fu ritenuto molto più opportuno rifugiarsi in un passato remoto fatto di tradizioni regionali, dove i valori nazionali sono la risultante delle molteplici singolarità della sua gente, delle sue tradizioni popolari e del suo territorio.
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fildoc
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da fildoc »

la modernita' in quel tempo era molto spesso rivolta alla tecnologia bellica: aerei e carri armati!
la guerra aveva creato distruziione e poverta'
esisteva quindi un ricordo che la vita prima della guerra era piu' bella
memoria che comunque scotomizzava l'ideologia fascista riprendendo una tradizione nazionale che fosse postunitaria, ma senza implicazioni monarchiche.
+-x:
Sommiamo le idee, riduciamo gli ostacoli, moltiplichiamo le relazioni e condividiamo le conoscenze!


ciao
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Fildoc
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TazDevil
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Terza parte: L’Italia al lavoro e il mistero del paesaggio negato

Messaggio da TazDevil »

Nella serie definitiva “Italia al lavoro” le caratterizzazioni regionali sono esposte attraverso due forme comunicative, la scrittura ed il disegno. La forma scritta esplicita l’attività lavorativa e la regione che maggiormente ne dovrebbe simboleggiare la tipicità (es. “La vendemmia – Puglia” che evidenzia la vocazione vinicola di questa regione). La forma pittorica interpreta il messaggio scritto, attraverso una rappresentazione figurata dell’attività lavorativa (es. donna con una cesta colma d’uva) e del territorio (es. costume tradizionale e riferimento architettonico al Castel del Monte di Andria).
In particolare, il riferimento paesaggistico/architettonico è un elemento fondamentale per caratterizzare univocamente la territorialità, in quanto risolve le eventuali ambiguità interpretative che possono essere indotte dal soggetto intento all’opera e dal suo vestiario. Ad esempio, nel francobollo “il cantiere”, l’appartenenza alla regione Lombardia è certificata dal duomo di Milano che compare nello sfondo, piuttosto che dal cantiere, dal carpentiere e dal vestiario da questi indossato. Analogamente, l’ambiguità dei soggetti ritratti in primo piano appare evidente nei due francobolli dedicati all’Umbria ed alle Marche, che recano entrambi indistinguibili scene di lavori agricoli, la cui collocazione territoriale è definita rispettivamente dalla Basilica di San Francesco di Assisi e dal Palazzo Ducale di Urbino.
Per tali motivi, la rappresentazione paesaggistica di sfondo è una caratteristica costante nei francobolli di questa emissione, che compare in tutti i disegni tranne che nel francobollo dedicato al Friuli-Venezia Giulia. Si trattò di una dimenticanza? Di una scelta artistica del disegnatore? O piuttosto di una forma di autocensura, motivata dagli eventi politici di quel particolare momento storico?
Escludendo a priori la dimenticanza perché si tratterebbe di una inaccettabile trascuratezza, analizziamo le altre due possibilità.
Spesso il disegnatore opera scelte raffigurative che sono dettate da esigenze artistiche, come ad esempio la composizione spaziale o l’uso di riferimenti simbolici espressivi. Tuttavia, è poco probabile che al Mezzana sia stata concessa la libertà di privare una regione, l’unica fra tutte, dei suoi riferimenti territoriali, perché occorre sempre ricordare che un francobollo, prima di essere espressione artistica, è comunicazione istituzionale della Nazione che lo emette. Per tale motivo, non è pensabile che all’epoca si potesse tollerare un messaggio discriminatorio, su un argomento così sensibile come quello del regionalismo, in nome del quale gli Italiani sono particolarmente inclini alla polemica.
Dunque, la rappresentazione pittorica della regione Friuli-Venezia Giulia è tutta incentrata su una scena di interno, dove due massaie contadine sono intente alla lavorazione del grano turco e nella quale l’elemento di sfondo è rappresentato da una pentola fumante dove presumibilmente bolle la polenta. Come mai ritrarre una pentola sullo sfondo al posto del Duomo di San Giusto o del Castello di Gorizia?
La spiegazione maggiormente plausibile è quella dell’inopportunità politica, dal momento che gran parte dei territori della Venezia Giulia erano rivendicati dalla Jugoslavia di Tito e posti sotto l’amministrazione militare anglo-americana. Un’accesa disputa territoriale che si risolse definitivamente solo dopo il 1954 a netto sfavore dell’Italia.
Pertanto, la scelta di NON rappresentare alcun riferimento territoriale fu probabilmente dettata da due fattori concomitanti: il primo costituito dall’impossibilità di rappresentare elementi paesaggistici dei territori della Venezia Giulia, sulla cui italianità non vi era certezza, il secondo dovuto all’inopportunità di rappresentare paesaggi o monumenti italiani del Friuli, perché tale opzione poteva essere interpretata come una implicita rinuncia alla sovranità nazionale sui territori contesi. Ancora una volta la tesi del “limbo storico” nel quale si trovò l’Italia del dopoguerra, caratterizzato dalla rottura con il passato recente e dall’estrema incertezza sul futuro prossimo, si presenta come il filo conduttore di questa emissione.
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Ultima modifica di TazDevil il 20 ottobre 2018, 13:25, modificato 2 volte in totale.
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remo
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da remo »

Bella e interessante analisi. Sempre un piacere leggerti.
Grazie.
remo Ciao:
Ultima modifica di remo il 20 ottobre 2018, 13:55, modificato 1 volta in totale.
remo Sostenitore del Forum dal 2011

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TazDevil
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da TazDevil »

Mi ci sono voluti tre post abbastanza corposi per esporre l'analisi interpretativa di questa serie che si conferma ancora una volta come una delle più belle ed interessanti della filatelia repubblicana.
Ciao:
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debene
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da debene »

Ottimo e interessante.
E' una grande serie, per me la più interessante,
che si presta molto bene ad una analisi tipo quella da te condotta.
Risente forse un pò del suo concepimento che va un pò più indietro negli anni.

Ciao:

sergio
Sergio De Benedictis
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TazDevil
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Gli scherzi della memoria

Messaggio da TazDevil »

Vorrei parlare dei francobolli celebrativi della Fiera del Levante di Bari, emessi dal 1949 al 1952, cercando di motivare le possibili origini dell’errore di posizionamento delle bandiere rispetto alle vele.
Ai fini del discorso risulta irrilevante che una caravella potesse sostenere andature di bolina larga perché anche in questo caso, le bandiere non sventolerebbero spiegate nella direzione indicata dal disegno. Quindi preso atto che di errore si trattò, come si giustifica la distrazione collettiva che coinvolse non solo il disegnatore ma anche tutti i membri della giunta d’arte che approvarono il bozzetto? E come è potuto accadere che il medesimo errore si ripresentò nelle famosissime monete da 500 lire in argento?
Per rispondere a queste domande vorrei condividere con voi una spiegazione plausibile di tipo “psicologico”, che riguarda la maniera in cui gli esseri umani memorizzano la realtà, traducendola in simboli che rimandano a rappresentazioni concettuali non sempre realistiche. Questa specie di “codifica” mnemonica può riproporsi quando appunto si disegna a memoria, cioè senza disporre di una rappresentazione reale dell’immagine, come un soggetto dal vivo o una fotografia.
La rappresentazione simbolica di cui parlo è quella associata all’idea di movimento. Infatti, dovendo comunicare con un disegno, che è immagine fissa, un oggetto che si muove in una certa direzione, è necessario introdurre dei riferimenti che il nostro cervello possa interpretare come riconducibili al movimento. Bene adesso proviamo ad immaginare di dover rappresentare uno scafo senza vele che si muove da sinistra verso destra. L’idea del movimento potrebbe essere suggerita da una bandiera che sventola in senso opposto a quello di navigazione (A), un elemento simbolico che ognuno di noi ha avuto modo di memorizzare osservando una barca a motore che generalmente si sposta ad una velocità maggiore di quella del vento, qualunque sia la sua direzione.
Dovendo invece rappresentare il movimento di un’imbarcazione dotata solo di vela (B), sempre per apprendimento dalla realtà, saremo portati a disegnare la vela, gonfiata dal vento, con la pancia rivolta nella direzione del movimento.
Ora, se provassimo a disegnare a memoria un natante in movimento dotato sia di vela che di bandiera, è molto probabile che, in assenza di pregresse esperienze velistiche, l’immagine riporti l’unione di queste due rappresentazioni mnemoniche (A+B), con la pancia della vela nel senso di navigazione e il drappo della bandiera in senso opposto.
È dunque plausibile che l’origine dell’errore consista nel fatto che il disegnatore, così come tutti quelli che visionarono il bozzetto, pensarono ad una immagine idealizzata di imbarcazione in movimento e non alla sua immagine reale, giudicando sia la bandiera che la vela come simboli correttamente riconducibili all'idea di moto da sinistra a destra. La stessa cosa accadde anni dopo, nell’incisione delle caravelle sulle prove di conio della moneta in argento da 500 lire.
Tuttavia, mentre le prove di conio della moneta da 500 lire furono modificate riposizionando correttamente le vele in direzione del vento, i francobolli delle varie emissioni fieristiche non furono mai corretti, nonostante le varie segnalazioni provenienti anche dalla comunità dei filatelisti. Anche in questo caso esiste una giustificazione plausibile, perché la “caravella con le vele al contrario” divenne il simbolo della manifestazione fieristica, un marchio (logo) che come tale è svincolato dalle regole imposte dalla rappresentazione realistica, pervenuto fino ai giorni nostri.
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TazDevil
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Gli scherzi della vista

Messaggio da TazDevil »

Nel precedente post ho riportato un esempio di errore indotto dal fatto che il disegnatore eseguì il bozzetto utilizzando le sue esperienze mnemoniche sul soggetto. In questo post vorrei sottoporvi l’esempio di un presunto errore indotto dall’osservazione di immagini reali riprese dalle fotografie dell’epoca, analizzando il francobollo celebrativo del cinquantenario del traforo del Sempione, emesso nel 1956 (Figura 1).
Al disegno viene attribuito un errore grossolano che consiste nell’immagine del treno che avanza tenendo la destra anziché la sinistra, contravvenendo alla regola di circolazione del traffico ferroviario. Viene inoltre contestato un altro errore a corollario del precedente, in quanto il traforo della galleria da cui esce il treno fu terminato sedici anni dopo nel 1922, e pertanto, indipendentemente dal senso di marcia, quel treno non avrebbe potuto uscire da quella galleria. Come se non bastasse, alcuni imputano al disegno anche l’assenza della linea elettrica, cosa non vera perché questa venne allestita il 1° Giugno del 1906, quindi 13 giorni dopo l’inaugurazione della tratta Iselle – Briga, avvenuta il 19 Maggio, utilizzando una locomotiva a vapore.
Ammesso che il disegnatore nel 1956 non avesse consultato la documentazione storica sui lavori di scavo, rimane il fatto che un treno che circola in senso di marcia contrario non può essere un errore tollerabile e non si comprende la ragione per cui questa evidente svista possa essere sfuggita all’esame di tutti coloro che visionarono ed approvarono il bozzetto. A loro parziale discolpa esiste tuttavia un’ipotesi fondata sull’osservazione delle fotografie dell’epoca, dove effettivamente si vede la locomotiva entrare in galleria tenendo la destra anziché la sinistra (figura 2). Questa anomalia in realtà dipende dal fatto che fino al 1922 la linea funzionò su binario unico a senso di marcia alternato, quindi è possibile che l’immagine di un treno marciante contromano abbia effettivamente indotto il grossolano errore.
Tuttavia, volendo evitare conclusioni affrettate, è doveroso considerare il fatto che nelle medesime fotografie dell’epoca è chiaramente visibile il binario di ingresso alla galleria chiusa, che presumibilmente serviva per il trasporto dei minatori e dei macchinari fino al punto di scavo. Inoltre, le immagini mostrano la presenza di uno scambio ferroviario, utilizzato per accedere al tunnel tenendo la destra e per ripristinare il giusto senso di marcia in uscita. Quindi, grazie al doppio binario ed allo scambio, non si può escludere la possibilità che una locomotiva in manovra potesse effettivamente entrare ed uscire dalla galleria in costruzione.
Allo stesso modo non si può escludere che tale considerazione fu colta dal disegnatore come un’opportunità per costruire una rappresentazione pittorica che evidenziasse l’importanza del traforo per le comunicazioni dell’epoca.
Analizziamo dunque la costruzione del messaggio veicolato dall’immagine.
La prospettiva e la disposizione spaziale del disegno, ci mostrano i due mezzi di trasporto che procedono nella medesima direzione in un punto dove la strada affianca la ferrovia. Inoltre, osservando la linea immaginaria che va dal cavallo di testa alla locomotiva, si nota che la diligenza ed il treno procedono pressoché appaiati. L’analisi semiotica evidenzia che il compito di veicolare il messaggio di progresso innovativo non fu affidato al confronto tra la diligenza ed il treno, che continuarono a coesistere (appaiati) fino alla diffusione dell’automobile, bensì al paragone tra la strada napoleonica di valico ed il tunnel ferroviario, che da quel momento divenne la via di comunicazione preferenziale, in quanto molto più breve ed agevole. Da un punto di vista comunicativo possiamo pertanto affermare che il disegno sia perfettamente coerente con il messaggio che si voleva rappresentare, indipendentemente dai presunti errori o dalle libere interpretazioni delle immagini reali tramandate dalle fotografie dell’epoca.
Per dovere di cronaca mi preme inoltre segnalare che una simile composizione spaziale fu utilizzata in precedenza nel francobollo che celebrava il centenario delle ferrovie, emesso nel 1939 (Figura 3). Anche in questo caso i due treni procedono affiancati nella medesima direzione, tuttavia il disegno appare chiaramente come una sovrapposizione figurata tra il passato e la modernità, quest’ultima simboleggiata dalla locomotiva elettrica che si trova in posizione nettamente avanzata rispetto locomotiva a vapore. In questo caso però l’accostamento simbolico tra vecchio e nuovo, tra antico e moderno è talmente palese da non aver mai suscitato critiche.
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fillotto
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da fillotto »

TazDevil, è un piacere leggerti :clap: :clap: :clap: :clap:
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remo
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da remo »

fillotto ha scritto: 27 ottobre 2018, 18:19 TazDevil, è un piacere leggerti :clap: :clap: :clap: :clap:
Già detto altre volte ma anch’io lo ripeto ben volentieri.
:clap: :clap: :clap:
remo Ciao:
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debene
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da debene »

E' piacevole la lettura di tuoi scritti perchè fondamentalmente rilassante.
Lontana dai canoni classici della filatelia è occupata invece a mettere
a fuoco la vignetta, spesso trascurata nella nostra analisi.

Non avendo più dinanzi l'oggetto filatelico, permette anche ad un profano
del dentello di seguire il discorso.

:clap: :clap: :clap:

Ciao:

sergio
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TazDevil
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da TazDevil »

E' piacevole la lettura di tuoi scritti perchè fondamentalmente rilassante.
Innanzi tutto un ringraziamento a tutti coloro che, con i loro commenti positivi mi convincono sempre di più che questo gioco possa essere un piccolo ponte tra i filatelici avanzati e i non filatelici.
L'ultimo tuo commento poi, caro Sergio, mi ha colpito particolarmente perchè hai colto uno stato d'animo che provo anche io dedicandomi a queste ricerche. Anche io infatti provengo da un approccio classico, sebbene non così approfondito come molti altri qui nel forum, e devo dire che ho ritrovato l'entusiasmo che avevo negli anni in cui mettevo insieme le mie collezioni, che oggi posso definire ad uno stadio molto avanzato. Tutto nacque il giorno in cui mi resi conto che stavo entrando in una fase di stallo, una "crisi di vocazione" a cui vanno incontro molti collezionisti di filatelia classica che si rendono conto di non essere così motivati nello spendere cifre davvero troppo importanti per acquistare gli ultimi pezzi mancanti. Molti compensano questa crisi dedicandosi alle specializzazioni o alla storia postale, io ho scoperto questo divertimento inconsueto grazie anche alla mia passione per l'arte in generale e per la pittura in particolare.
Ciao:
fillotto
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da fillotto »

Io ho cominciato ad interessarmi di filatelia nel 1962 e il primo francobollo che ho messo su è stato quello dedicato a Giovanni Pascoli
(non riesco a mandarel'immagine comunque penso sia noto ai più questa serie , stesso soggetto dei 2 frb cambiano solo i colori). Ora con questo bell'argomento di questa discussione lo vedo in una luce diversa,siamo al tempo della Presidenza Gronchi , miracolo economico, boom della filatelia eppure non trovo una netta dfferenza con i francobolli del primo dopo guerra , anche qui al centro della figura una luce .... Voi che ne pensate? Taz puoi dirmi di più?
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fildoc
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da fildoc »

una riflessione ancora sulle bandiere delle navi....
qundo si disegna una nave con il fumaiolo
il fumo è sempre descritto a mo' di traccia come nel titanic.

Secondo me, con le bandiere che sono posizionate in cima ai pennoni si cade in errore per analogia.
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ciao
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da TazDevil »

da fillotto » 29 ottobre 2018, 19:42

Io ho cominciato ad interessarmi di filatelia nel 1962 e il primo francobollo che ho messo su è stato quello dedicato a Giovanni Pascoli
(non riesco a mandarel'immagine comunque penso sia noto ai più questa serie , stesso soggetto dei 2 frb cambiano solo i colori). Ora con questo bell'argomento di questa discussione lo vedo in una luce diversa,siamo al tempo della Presidenza Gronchi , miracolo economico, boom della filatelia eppure non trovo una netta dfferenza con i francobolli del primo dopo guerra , anche qui al centro della figura una luce .... Voi che ne pensate? Taz puoi dirmi di più?
La chiave di lettura del soggetto ti viene fornita dal bollettino illustrativo che accompagnava questa emissione. La vignetta riproduce una xilografia del pittore scultore Publio Morbiducci che esprime in forma iconica alcuni versi dell'opera intitolata "La Poesia", appartenente alla raccolta "Canti di Castelvecchio".
Si tratta di un francobollo molto interessante perché il disegno si pone come una sorta di traduzione visiva dell’opera letteraria e pertanto la sua interpretazione implica l’analisi semiotica del testo scritto che ne rappresenta la fonte di origine. Infatti, la rappresentazione pittorica non è altro che il risultato dell’interpretazione dei versi scritti da Giovanni Pascoli. In tal senso il centro interpretativo è costituito dalla metafora introdotta dal Pascoli, che accosta simbolicamente la Poesia ad una lampada ardente. Di seguito ti trascrivo alcuni dei versi che sono in qualche modo richiamati nel disegno:
Io sono la lampada ch’arde soave! - nell’ore più sole e più tarde, - nell’ombra più mesta, più grave, - più buona, o fratello!
Ch’io penda sul capo a fanciulla che pensa, su madre che prega, su culla che piange…

Analizzando la rappresentazione iconica del disegno è possibile osservare che:
1) La metafora della lampada (che simboleggia la Poesia) è coerente con l’opera letteraria, in quanto nel disegno è collocata al centro della scena. La posizione centrale indica che la lampada, che per la cronaca dovrebbe essere una lampada fiorentina ad olio, è il soggetto primario del disegno;
2) La lampada, come nella Poesia, illumina tutta la scena con la sua fiamma ardente;
3) L’interno fa riferimento ad una casa rurale, che richiama la località di Castelvecchio, luogo dove il Poeta trascorse buona parte della sua vita.
Da una prima analisi il disegno introduce un unico elemento aggiuntivo che non compare nel testo della poesia, rappresentato da un uomo posto anche lui al centro della scena, intento a scrivere. L’interpretazione più coerente da un punto di vista iconico è che si tratti del Poeta, che scrive i versi anch’egli illuminato dalla fiamma ardente della poesia.
Spero di aver risposto alle tue domande.
Ciao:

P.S.
Dal momento che non lo hai fatto tu, provvedo anche a postare un'immagne del francobollo :-)
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TazDevil
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da TazDevil »

da fildoc » ieri, 23:11

una riflessione ancora sulle bandiere delle navi....
qundo si disegna una nave con il fumaiolo
il fumo è sempre descritto a mo' di traccia come nel titanic.

Secondo me, con le bandiere che sono posizionate in cima ai pennoni si cade in errore per analogia.
Esattamente :evvai:
Colgo l'occasione per riprendere il post correggendo quanto da me scritto alla fine:

Tuttavia, mentre le prove di conio della moneta da 500 lire furono modificate riposizionando correttamente le BANDERUOLE in direzione del vento, i francobolli delle varie emissioni fieristiche non furono mai corretti, nonostante le varie segnalazioni provenienti anche dalla comunità dei filatelisti. Anche in questo caso esiste una giustificazione plausibile, perché la “caravella con le BANDERUOLE al contrario” divenne il simbolo della manifestazione fieristica, un marchio (logo) che come tale è svincolato dalle regole imposte dalla rappresentazione realistica, pervenuto fino ai giorni nostri.

Ho confuso le banderuole con le vele... quando si parla di queste cose evidentemente l'errore è sempre in agguato :ris:
fillotto
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Re: Filatelia semiotica

Messaggio da fillotto »

Grazie Taz, effettivamente l'uomo che scrive l'avevo notato poco se ne sta li come a verbalizzare la scena principale .Poi la vignetta non so è come sfocata, la ricordo comunque con piacere :OOO:
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TazDevil
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Una velata controversia… nemmeno troppo velata

Messaggio da TazDevil »

Il 7 Ottobre del 2009 le Poste Italiane emettono un blocco foglietto in occasione della mostra allestita a Palazzo Venezia intitolata “Il potere e la Grazia – I Santi Patroni d’Europa”. Coerentemente con il tema della celebrazione, le illustrazioni della cornice del foglietto ritraggono i Santi Cirillo e Metodio e San Benedetto da Norcia che, insieme a Santa Brigida di Svezia, Santa Caterina da Siena e Santa Teresa Benedetta della Croce, furono proclamati patroni d’Europa da Papa Giovanni Paolo II. Fin qui nulla di rilevante perchè le celebrazioni di carattere religioso sono abbastanza consuete nelle emissioni italiane. Tuttavia, osservando la didascalia dei due francobolli, compare un ulteriore messaggio che accompagna il soggetto della vignetta con la dicitura: “RADICI CRISTIANE D’EUROPA”. Coerentemente con quanto palesato nella didascalia, la vignetta rappresenta in primo piano una croce che si sovrappone in trasparenza ad una carta geografica d’Europa. Da notare che la sovrapposizione in trasparenza non sovrasta ma permea la superficie dell’Europa, come se ne fosse parte integrante. Ora, poiché la croce è il simbolo del Cristo crocifisso che a sua volta è icona per antonomasia del cristianesimo, combinando il messaggio figurato con quello scritto, si ottiene un nuovo messaggio nel quale si asserisce che “Il Crocifisso è il simbolo delle radici cristiane dell’Europa”.
Ecco che il messaggio veicolato dai francobolli lascia trasparire la “velata controversia”, testimoniata dalla concomitanza dell’emissione filatelica con la causa “Lautsi vs Italia”, sottoposta al giudizio della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, con la quale una cittadina italiana di origini finlandesi, una certa Soile Tuulikki Lautsi, richiedeva la rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche della scuola media frequentata dai suoi figli.
Siamo dunque in presenza di una comunicazione istituzionale che l’Italia indirizzò proprio alla Corte Europea, poco prima che pronunciasse la sua sentenza, che in primo grado diede ragione alla signora Lautsi.
Un messaggio che testimonia le contrapposizioni ideologiche tra quanti, in Italia e in Europa, rivendicano la laicità dello stato e la tutela della libertà di culto e da quanti vedono nell'abolizione dei simboli della cristianità dalle sedi istituzionali, una negazione delle proprie radici culturali. Va ricordato che nel 2011 la sentenza d’appello ribaltò il giudizio di primo grado, stabilendo in via definitiva che l'esposizione del crocefisso nelle scuole statali non costituisce violazione dei diritti di insegnamento e di educazione della prole. Questa sentenza definitiva, valida per tutti gli Stati Membri, chiude anche se solo sul piano giuridico, una questione annosa, recependo gran parte delle tesi sostenute dallo Stato italiano, riportate da questa emissione filatelica che, ancora una volta, si pone come evidente specchio del suo tempo.
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TazDevil
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La guerra fredda a colpi di dentello – parte 1

Messaggio da TazDevil »

Molti collezionisti nel mondo si dedicano alla filatelia tematica sulla guerra fredda, argomento di grande interesse storico politico e sociale, denso di eventi che per più di quarant'anni interessarono gran parte del mondo nel secolo scorso. Sebbene il materiale filatelico riconducibile a questo tema sia abbondante (basti solo pensare ai francobolli sulla conquista dello spazio) non sono moltissime le emissioni che necessitano di approfondimenti interpretativi in quanto i messaggi propagandistici dell’epoca dovevano essere di immediata comprensione da parte delle “masse”. Coerentemente con il tema di questo thread, vorrei quindi condividere solo alcuni casi che ritengo più stimolanti dal punto di vista interpretativo.
Inizio con l’analisi di un “francobollino”di aspetto modesto e apparentemente banale, emesso dagli Stati Uniti d’America, raffigurante la Statua della Libertà e riproposto nel tempo con diversi valori facciali, a partire dal 1954 (Figura 1).
Dal punto di vista semiotico quella statua è l’icona planetaria degli Stati Uniti che, a differenza della Tour Eiffel di Parigi, non rappresenta solo un elemento di riferimento territoriale ma reca con sé i principi della democrazia liberale, quei principi etici e morali, garantiti dalla costituzione, che secondo gli Americani esprimono il concetto universale di libertà. Sebbene l’icona della statua sottintenda un messaggio di carattere patriottico, l’elemento che conferisce a questi francobolli una forte connotazione propagandistica proviene dal motto “IN GOD WE TRUST” (noi crediamo in Dio). Questa frase infatti asserisce un principio morale nettamente contrapposto all'ateismo della dottrina comunista. Dunque, libertà e fede religiosa sono rappresentati come i valori sociali e morali contrapposti al totalitarismo e all'ateismo dei Paesi comunisti.
Si tratta di un messaggio propagandistico che prelude all'intervento militare in Vietnam, volto ad ottenere il consenso dell’opinione pubblica interna, richiamando tutto il popolo americano a combattere per difendere un unico grande ideale. Un sentimento unitario che rimanda ad un altro motto storico “ex pluribus unum”, che, facendo leva sul pluralismo culturale dei padri della Patria, si alimenta delle radici illuministe e massoniche della democrazia liberale americana e delle radici religiose delle comunità anglicane, cattoliche ed ebraiche, che si riconoscevano tutte nel medesimo Dio.
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TazDevil
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La guerra fredda a colpi di dentello – parte 2

Messaggio da TazDevil »

In God We Trust” diviene il motto nazionale degli Stati Uniti d’America nel 1956. Sebbene l’origine di questa frase risalga al secolo precedente, il conferimento di tale solenne ufficialità, in quel preciso momento storico, rappresenta un provvedimento fortemente correlato alle strategie di comunicazione della guerra fredda. Per una piena comprensione della valenza propagandistica del messaggio, è tuttavia necessario un approfondimento sulla semiotica di questa frase, analizzando i concetti interpretativi impliciti a cui rimanda ciascuna parola.
We (Noi), parola che contraddistingue un gruppo di persone in base a determinate caratteristiche comuni. Ha un significato associativo nel momento in cui è utilizzata all’interno del gruppo ma assume contemporaneamente un significato dissociativo, in quanto introduce l’esistenza di un “loro/voi/essi”, creando di fatto una dicotomia tra quanti appartengono alla categoria del “noi” e tutti gli altri che non vi appartengono.
Trust (credere/avere fede/confidare) sottintende la totale fiducia a prescindere da ogni fattore razionale dettato dalla logica o dalla convenienza.
God (Dio) nelle dottrine monoteiste derivanti dalla religione ebraica, rappresenta il Bene assoluto. In queste religioni l’uomo si avvicina al bene solo quando compie la volontà di Dio, mentre tutto ciò che allontana l’uomo dalla volontà di Dio è considerato un male. Anche il concetto di Giusto, in quanto corollario del Bene, è assimilato totalmente a Dio, dunque, l’uomo che si comporta secondo la volontà di Dio, compie opere giuste in nome del bene. Ora cosa significhi compiere la volontà di Dio è introdotto già nel primo comandamento riportato nella Bibbia che recita “Io sono il Signore, il tuo Dio, (che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù). Non avere altri dèi oltre a me”. Quindi chi crede in quel solo Dio compie la sua volontà e quindi si avvicina a ciò che è Giusto e a ciò che è Bene.
La frase “In God We Trust” rimanda pertanto a due concetti antitetici, e precisamente:
Noi che crediamo in Dio agiamo nel giusto in nome del bene” mentre “Loro che non credono in Dio agiscono ingiustamente in nome del male”. Si tratta dunque di un messaggio rivolto a tutti i credenti Americani per dissuaderli dall'approvare un qualsiasi eventuale valore etico e morale riconducibile al comunismo di origine marxista leninista, dal quale non può scaturire nulla di bene perché pratica e impone l’ateismo di stato.
Ora l’imposizione dell’ateismo di stato rimanda al totalitarismo dei regimi comunisti, contrapponendolo al modello di democrazia liberare americano, i cui elementi concettuali sono concentrati nell'allegoria della Statua della Libertà. Ecco che entra in gioco il profondo significato allegorico di questa icona, rappresentata nei francobolli della serie “Liberty”.
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Ultima modifica di TazDevil il 16 novembre 2018, 22:09, modificato 6 volte in totale.
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