I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sguardo

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rogerbarrett
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sguardo

Messaggio da rogerbarrett »

“Ciao Francesco.
Quello che tu scrivi è un dato di fatto incontrovertibile.
Non tutti possono raggiungere la vetta.
Ma succede in tutti i campi.
Avrei voluto essere un grande giocatore di basket ma non raggiungendo il metro e settanta mi sono accontentato di fare, in gioventù e solo per qualche anno, l'arbitro di quel bellissimo sport.
Avrei voluto fare il terzino di una grande squadra di calcio ma, non avendo la cattiveria per riempire di calci i miei avversari, ho fallito tutti i provini.
Avrei voluto vincere i massimi premi nelle esposizioni filateliche ma, non potendomi permettere acquisti troppo costosi, mi sono limitato - con una mia collezione sul francobollo più comune degli Antichi Stati Italiani - a ricevere la "Medaglia Diena di studio e ricerca".
Eppure non ho mai invidiato chi era più alto o più cattivo o più ricco di me.
Dedicati con tranquillità alla filatelia, può darti tante soddisfazioni.
Magari saranno differenti da quelle provate da chi va in smoking a ricevere un Gran Premio Internazionale con brillanti ma non essere sicuro che siano a quelle inferiori.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti”


A me la storia è piaciuta: ringrazio per averla condivisa. Ho avuto modo di leggere altri scritti di Antonello Cerruti e sono interessanti.
Mi permetto di condividere un pensiero in merito alle motivazioni per cui ci si possa spingere ad appassionarsi alla storia postale, per evitare eventuali intrinseche generalizzazioni.

Premetto di esser giovane (relativamente all’ambiente), di essermi accostato da poco alla storia postale, di non conoscere Antonello Cerruti che stimo a prescindere in quanto mi sento empaticamente vicino a quanti che s’impegnano per la divulgazione attraverso la condivisione del proprio sapere.

Poco fa ho letto il desiderio e l’ambizione di Antonello Cerruti, che devono averlo inspirato e motivato alla grandezza, ma in loro proprio non mi ci riconosco.
Questa ambizione sembra essere comunemente riconosciuta quale scintilla e motore necessari a cimentarsi ad opere grandiose, quasi fosse imprescindibile per sognarle, progettarle, osarle e realizzarle.
Sia ben chiaro: lo affermo senza alcun senso di critica ad Antonello Cerruti. Non scrivo perché io mi sento migliore o peggiore di altri: sono e mi sento un uomo comune come tanti.
In vero, la motivazione che mi spinge a scrivere è fornire la testimonianza di un modo diverso di collezionare che non trovi realizzazione nell’acquisizione di pezzi importanti, ma nel piacere di apprezzare quanto si è fatto e si sta facendo in ambito collezionistico.

Non nell’avere, dunque, ma nell’essere collezionisti.

E’ chiaro che per comprendere un oggetto postale nel suo valore storico postale è necessario profondo studio e tanto materiale da poter esaminare, confrontare, valutare, per il quale risulta comunque necessario avere una discreta capacità economica a disposizione per effettuare gli acquisti necessari.
Di qui mi collego a quanto suggerisce Francesco75, che nel suo intervento asserisce : ”Si parla tanto di far avvicinare i giovani alla filatelia, ma non si dovrebbe dimenticare che il "Collezionismo di Francobolli e/o Storia Postale" è prevalentemente per le persone ricche e facoltose”.
Per il mio modesto modo di intendere la filatelia e, nello specifico, il modo di collezionare non è necessario un ingente capitale da investire in esosi acquisti, esattamente come non ho il desiderio di divenire “un grande giocatore di basket.. o il terzino di una grande squadra di calcio..”, perché il piacere di vivere la mia passione in se è sufficiente a ripagarmi, senza la necessità di dovermi confrontare con gli altri in merito ad una competizione od ad attendere il plauso del pensiero dominante.
Siam tutti coscienti del pensare comune per il quale il possesso di un pezzo prestigioso sembra trasmettere prestigio persino al suo possessore.. ma quanti di noi si fermano a riflettere sull’effettiva natura (vera o illusoria) di questo diffuso atteggiamento collezionistico?
Grazie al caso (sono ateo, non scrivo grazie a dio) il mio modesto modo di vivere mi suggerisce che non è necessario possedere pezzi d’incommensurabile valore per potersi sentire appagati dal proprio collezionare.
Caso diverso sarebbe invece se, qualora collezionare non contempli in se il piacere dell’appagamento, questo lo si vada cercando nel plauso del pensiero dominante.
Trovo l’ambizione limitante e fuorviante: limitante, in quanto collezionismo è ciò che facciamo e non ciò che desideriamo di fare, e fuorviante in quanto sposta l’attenzione da ciò che facciamo davvero (che ha un valore perché è la realtà) a quanto vorremmo fare (che non è altro che illusione).
Nutro profondo rispetto per un pensare diverso dal mio e con queste righe non intendo convincere nessuno: non è una questione intellettiva, non è un’opinione, ma un modo di essere (non migliore ma solo differente).
Esistono svariati esempi che si posson fare in merito. Se invece di scrivere stessi parlando confidenzialmente con chi sta leggendo, allora mi permetterei di far parallelismi con l’arcinoto senso di inadeguatezza maschile sulle dimensioni della propria sessualità :ris: .
Tutti posson sentirsi inferiori di fronte a confronti con note e rare eccellenze (è umano), ma cosa conta veramente e su tutto, se non il piacere di apprezzare quel che si ha e che si è?

In ultimo, a margine delle mie modeste considerazioni, ci tengo a precisare che mi rifiuto di credere (ma potrei sbagliarmi) che raccogliere una modesta collezione corrisponda necessariamente ad accontentarsi. Questa insinuazione è possibile solo in cuore a coloro che non hanno passione in quel che fanno, perché se lo amassero sarebbero felici ed è risaputo che chi è felice non ha modo di non credere nella felicità altrui o, persino, di desiderare altro.

Un abbraccio :abb:
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maurizio49
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sguardo

Messaggio da maurizio49 »

rogerbarrett ha scritto:[i]

...........Non nell’avere, dunque, ma nell’essere collezionisti.........


Ciao rogerbarrett, molte delle cose che affermi sono da condividere, però l'essere collezionisti non può prescindere dal "possesso" o dal sogno di possedere quel determinato oggetto che "manca". A mio avviso il desiderio di "avere" è la molla principale che spinge e motiva anche irrazionalmente, a volte, il vero collezionista a procurarsi gli oggetti del suo desiderio.Ovviamente lo studio e l'approfondimento di quanto si "raccoglie" è un altro elemento importante ma non fondamentale che spinge al collezionare.
Anche perchè in caso contrario si rischierebbe di confondere il collezionista con lo studioso che è tutta un'altra cosa, possono convivere,come nel nostro caso, ma non necessariamente.

Ciao: :-))
Maurizio
Colleziono Repubblica e Regno usati : francobolli, frammenti,buste (annulli originali).
Colleziono e studio GNR nuovi ed usati (annulli originali) e fascetti
Mi interessa la storia postale del periodo 1943-1946 ma con un legame indissolubile al francobollo
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rogerbarrett
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sguardo

Messaggio da rogerbarrett »

Grazie Maurizio49 per aver espresso il tuo pensiero.
Hai ragione: quel che suggerisco è un modo "diverso" di intendere il collezionismo, forse più vicino al significato classico di "studioso" che di "collezionista".
Tuttavia questa sottigliezze di definizione non sono che scogli che non possono arginare il mare (lo suggeriva Cesare Battisti prima dall'autoradio :) ): nella buffa metafora canora il mare inarginabile è la ragione del nostro collezionare, metre gli scogli sono i metodi, picchetti, regole, etc.. del collezionismo.

Ho ancora in mente il volto di un forumer (persona squisita) che nel far due chiacchiere mostrava i nuovi acquisti della fiera: aveva dei bei pezzi, ma uno forse non voleva mostrarlo ma gli si è svelato in mano involontariamente solo perchè in mezzo a tutti gli altri. Era un pezzo eccezionale, grandioso.. però filatelico. Quello è stato un bel momento di storia postale, ma sopratutto un gran esempio di "umanità".
Al di là dei modesti limiti del "come" esistono inarginabili moti del "perchè" che realizzandosi conferiscono quella soddisfazione che il nostro vivere merita di avere.

Studiosi, collezionisti.. che importa la definizione? ..se questo coincide il nostro modo di essere e nel realizzarci ci soddisfa?
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Antonello Cerruti
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sguardo

Messaggio da Antonello Cerruti »

Ciao Rogerbarrett, credo che Maurizio abbia centrato la differenza tra studioso e collezionista.
La mania del collezionista sta nel possedere un oggetto, nel dire non solo "mi piace" ma anche "io ce l'ho, è mio".
Il grande collezionista arriva a dire non solo "io ce l'ho" ma anche a pensare "...e tu no"..".
Egoismo, vanagloria, superbia?
Forse, ma il discorso è difficile ed è solo nell'equilibrio dell'animo umano e nelle sue debolezze che il "possesso" deve trovare quel delicato ed incerto equilibrio che deve poi distinguere il collezionista dal mecenate ma anche dall'avaro.
Si spiegano così i sentimenti di chi raccoglie francobolli per propria soddisfazione, oppure per esporre alle mostre e rincorrere una diploma di medaglietta di metallo sempre più nobile, oppure per poi donare ad altri (ad un nipotino o ad un museo) il frutto delle proprie ricerche, ecc.
Gli aspetti sono tanti e, anche se non tutti ci sembrano ugualmente validi, dobbiamo imparare ad accettarli.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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Matraire1855
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sgu

Messaggio da Matraire1855 »

Antonello Cerruti ha scritto:Eppure non ho mai invidiato chi era più alto o più cattivo o più ricco di me.
Antonello Cerruti



Si dice che un giorno Napoleone nel suo studio cercasse di afferrare un volume da una libreria troppo alta per lui, senza riuscirci. Uno dei suoi ufficiali lo aiutò dicendo, con il dovuto rispetto "Generale, lasci fare a me, che sono più grande di lei". Napoleone lo lasciò fare, prese il libro, lo ringraziò ma poi aggiunse: "Grazie, tenente, ma si ricordi: lei è più alto, non più grande di me".
Cerchi un volume di filatelia? Prova a cercarlo qui:
https://www.comprovendolibri.it/?uid=vignatidanilo
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Erik
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sguardo

Messaggio da Erik »

rogerbarrett ha scritto:(lo suggeriva Cesare Battisti prima dall'autoradio :) )

:mmm:
Cesare o Lucio? :-))
;-)

Ciao:
S T A F F

Enrico Carsetti
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Amo tutto ciò che è filatelia e (soprattutto) storia postale, ma ora sto collezionando:
- Cuba 1899-1917, storia postale
- Italia 1943-44, storia postale delle Marche in RSI
- Argentina 1897, cartoline postali Libertad cabeza chica con vedute


"Chi condivide con gli altri le proprie passioni viene trasportato in una vita incantata di felicità interiore che gli egoisti non conosceranno mai" (R. Bach)
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rogerbarrett
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sguardo

Messaggio da rogerbarrett »

quando l'ha letto la mia donna m'ha sfottuto come non mai.. :-) :-) , ma ormai era tardi e non potevo più correggere: il cantante era Lucio.. Lucio Battisti, mentre Cesare era stato un patriota irredentista italiano in omonimia con un truce terrorista pluriomicida scampato all'estero a sentenza di ergastolo.
Ahimè! :OOO:

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gp74
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sgu

Messaggio da gp74 »

francesco75 ha scritto: 4 ottobre 2013, 11:47 Questa storia suscita in me sentimenti contrastanti.
Caro Francesco,
sono impegnato – come sai – in una strage, uno sterminio, una carneficina.

Proprio ieri, quando l’ultimo pezzo finiva nel tritacarne del “per me è no”, mi sono ricordato di questo tuo messaggio, che avevo letto ormai tanti anni fa, e per la sua acutezza deve essersi evidentemente sedimentato nel mio subconscio, per ora riemergere.

È un messaggio lucido, preciso, anche se venato di amarezza, perché “quei personaggi sono molto fortunati e vivono dentro una favola, un sogno”, laddove la realtà della maggioranza di noi “è spesso ben diversa”.
francesco75 ha scritto: 4 ottobre 2013, 11:47 La maggior parte delle persone non possiede un Guercino e non vive nel quartiere Coppedè dentro un appartamento da milioni di Euro. La maggior parte dei collezionisti non possiede collezioni di pezzi unici che valgono centinaia di migliaia di Euro.

Tutto vero e giusto, caro Francesco, anche se incompleto. C’è una frase che amo, anche se ha ormai perso il suo mordente, per l’abuso che se ne fa. Trasformare i vincoli in opportunità. Questo è il passaggio mancante nella tua analisi altrimenti perfetta.

La maggior parte di noi non è in condizione “di potersi permettere di spendere importanti cifre”, ma consentimi di tradurre questa tua affermazione, che suona come un vincolo, in un linguaggio che ne rivela la sua natura duale, di opportunità.

Noi non ci possiamo permettere di comprare semplicemente “quello che ci piace”. Perché se cominciassimo a comprare “quello che ci piace”, e basta, esauriremmo in un paio di mesi il budget filatelico di una vita. Noi dobbiamo scavare, scavare e scavare ancora, senza pause, in modo inesausto. Scavare dentro il nostro animo, la nostra sensibilità, i nostri interessi, sino a toccare la carne viva, il cuore pulsante, e a bagnarci col nostro stesso sangue. Il nostro criterio non può essere “mi piace”. Il nostro criterio deve essere “lo sento mio, me lo sento scorrere nelle vene, è una parte di me, un prolungamento della mia persona, tra quarant’anni lo guarderò ancora con la stessa emozione di oggi”.

Se ci si pone in quest’ordine di idee – cosa certamente né facile, né immediata – allora cambia tutto: il mondo circostante sarà sempre lo stesso, ma saremo noi a viverlo in maniera totalmente diversa.

Scopriremo, improvvisamente, che certi oggetti – siano essi un Guercino o un 50 grana su lettera – battono a vuoto nel nostro animo, pur rimanendo assolutamente pregevoli in sé. Non si tratta – attenzione! – di disprezzare ciò che non si può avere. Si tratta di riconoscere cosa, tra ciò che non posso avere, è veramente essenziale al mio piacere e cosa, invece, è un oggetto che mi piace e basta. Continueranno a esserci – ovviamente – oggetti essenziali al mio piacere e per me inarrivabili, ma – attenzione! – scoprirò che questi oggetti sono veramente pochi, molti meno di quanti ne vedessi all’inizio, con un'analisi sommaria, e sicuramente una frazione così trascurabile da non permettergli di influire seriamente sul mio stato d’animo di collezionista.
francesco75 ha scritto: 4 ottobre 2013, 11:47 ... esistono tanti collezionisti con passione per questo fantastico hobby e che alimentano quotidianamente le loro conoscenze con lo studio. Collezionisti che non possiedono ingenti capitali da investire e non hanno la “fortuna” di aver ereditato una collezione da un parente facoltoso. Collezionisti che non possono permettersi certi tipi di collezioni. Ma non per mancanza di “gusto” o per incapacità di creare collezioni di “fascino e personalità”. Di nuovo: per una questione meramente finanziaria.
Permettimi ancora una qualificazione di questo punto di vista. Il gusto, il fascino e la personalità di una collezione sono cose totalmente indipendenti dal denaro. Provengono dallo studio, dalla passione, dalla logica, dall’analisi, dalla conoscenza. Come agisce, allora, il denaro? Semplicemente come un fattore di scala. Dimezzate pure il mio budget, riducetelo a un decimo, se volete, io continuerò – in proporzione – a fare la stessa identica collezione.

La parola chiave è in proporzione.

Al limite – proprio per estremizzare il concetto – non c’è differenza tra la città di Roma in tutta la sua estensione tridimensionale e una mappa con cui la si schiaccia in pochi centimetri quadrati bidimensionali, che posso tenere in mano. E' sempre Roma, solo su due scale diverse. Certo, ovvio, il Colosseo, Piazza di Spagna, l’Altare della Patria e Fontana di Trevi, viste del vivo, sono cosa ben diversa – tutta un'altra cosa! – rispetto alla stilizzazione cui siamo obbligati a ricorrere per rappresentarle nella mappa. Ma il valore profondo e essenziale di una collezione non è nella scenografica maestosità del Colosseo. È nel rispetto delle proporzioni, nella coerenza della rappresentazione, nella resa delle distanze, nella qualità della visione d’assieme. È nel suo essere perfettamente in scala 1:1.000.000 – aggiungere pure zeri a piacere, tanto non cambia nulla – rispetto a uno standard di riferimento.

Si dice spesso – e spesso per darsi un tono, per affrancarsi dalla nomea di pazzoidi – che la filatelia è studio. Vero. E la prima cosa da studiare non sono né i libri, né i francobolli, né lettere. La prima cosa da studiare siamo noi stessi, la nostra personalità, il nostro animo, i nostri bisogni più profondi e sistematici. Il resto viene (quasi) da sé.

Col sincero augurio che tu possa realizzare tutto quel che desideri.
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sguardo

Messaggio da karkostas »

Quoto in toto.
A volte non è facile conservare questo equilibrio perché il fascino di certi oggetti è assai elevato ma anche il saper rinunciare è parte integrante del piacere di collezionare.
Speriamo che il buon Antonello aggiunga altri aneddoti a questo topic!
Ciao:
Costantino
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francesco75
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Re: I ricordi di un collezionista: la sorpresa di quello sgu

Messaggio da francesco75 »

gp74 ha scritto: 20 marzo 2019, 18:19
francesco75 ha scritto: 4 ottobre 2013, 11:47 Questa storia suscita in me sentimenti contrastanti.
Caro Francesco,
sono impegnato – come sai – in una strage, uno sterminio, una carneficina.

Proprio ieri, quando l’ultimo pezzo finiva nel tritacarne del “per me è no”, mi sono ricordato di questo tuo messaggio, che avevo letto ormai tanti anni fa, e per la sua acutezza deve essersi evidentemente sedimentato nel mio subconscio, per ora riemergere.

È un messaggio lucido, preciso, anche se venato di amarezza, perché “quei personaggi sono molto fortunati e vivono dentro una favola, un sogno”, laddove la realtà della maggioranza di noi “è spesso ben diversa”.
francesco75 ha scritto: 4 ottobre 2013, 11:47 La maggior parte delle persone non possiede un Guercino e non vive nel quartiere Coppedè dentro un appartamento da milioni di Euro. La maggior parte dei collezionisti non possiede collezioni di pezzi unici che valgono centinaia di migliaia di Euro.

Tutto vero e giusto, caro Francesco, anche se incompleto. C’è una frase che amo, anche se ha ormai perso il suo mordente, per l’abuso che se ne fa. Trasformare i vincoli in opportunità. Questo è il passaggio mancante nella tua analisi altrimenti perfetta.

La maggior parte di noi non è in condizione “di potersi permettere di spendere importanti cifre”, ma consentimi di tradurre questa tua affermazione, che suona come un vincolo, in un linguaggio che ne rivela la sua natura duale, di opportunità.

Noi non ci possiamo permettere di comprare semplicemente “quello che ci piace”. Perché se cominciassimo a comprare “quello che ci piace”, e basta, esauriremmo in un paio di mesi il budget filatelico di una vita. Noi dobbiamo scavare, scavare e scavare ancora, senza pause, in modo inesausto. Scavare dentro il nostro animo, la nostra sensibilità, i nostri interessi, sino a toccare la carne viva, il cuore pulsante, e a bagnarci col nostro stesso sangue. Il nostro criterio non può essere “mi piace”. Il nostro criterio deve essere “lo sento mio, me lo sento scorrere nelle vene, è una parte di me, un prolungamento della mia persona, tra quarant’anni lo guarderò ancora con la stessa emozione di oggi”.

Se ci si pone in quest’ordine di idee – cosa certamente né facile, né immediata – allora cambia tutto: il mondo circostante sarà sempre lo stesso, ma saremo noi a viverlo in maniera totalmente diversa.

Scopriremo, improvvisamente, che certi oggetti – siano essi un Guercino o un 50 grana su lettera – battono a vuoto nel nostro animo, pur rimanendo assolutamente pregevoli in sé. Non si tratta – attenzione! – di disprezzare ciò che non si può avere. Si tratta di riconoscere cosa, tra ciò che non posso avere, è veramente essenziale al mio piacere e cosa, invece, è un oggetto che mi piace e basta. Continueranno a esserci – ovviamente – oggetti essenziali al mio piacere e per me inarrivabili, ma – attenzione! – scoprirò che questi oggetti sono veramente pochi, molti meno di quanti ne vedessi all’inizio, con un'analisi sommaria, e sicuramente una frazione così trascurabile da non permettergli di influire seriamente sul mio stato d’animo di collezionista.
francesco75 ha scritto: 4 ottobre 2013, 11:47 ... esistono tanti collezionisti con passione per questo fantastico hobby e che alimentano quotidianamente le loro conoscenze con lo studio. Collezionisti che non possiedono ingenti capitali da investire e non hanno la “fortuna” di aver ereditato una collezione da un parente facoltoso. Collezionisti che non possono permettersi certi tipi di collezioni. Ma non per mancanza di “gusto” o per incapacità di creare collezioni di “fascino e personalità”. Di nuovo: per una questione meramente finanziaria.
Permettimi ancora una qualificazione di questo punto di vista. Il gusto, il fascino e la personalità di una collezione sono cose totalmente indipendenti dal denaro. Provengono dallo studio, dalla passione, dalla logica, dall’analisi, dalla conoscenza. Come agisce, allora, il denaro? Semplicemente come un fattore di scala. Dimezzate pure il mio budget, riducetelo a un decimo, se volete, io continuerò – in proporzione – a fare la stessa identica collezione.

La parola chiave è in proporzione.

Al limite – proprio per estremizzare il concetto – non c’è differenza tra la città di Roma in tutta la sua estensione tridimensionale e una mappa con cui la si schiaccia in pochi centimetri quadrati bidimensionali, che posso tenere in mano. E' sempre Roma, solo su due scale diverse. Certo, ovvio, il Colosseo, Piazza di Spagna, l’Altare della Patria e Fontana di Trevi, viste del vivo, sono cosa ben diversa – tutta un'altra cosa! – rispetto alla stilizzazione cui siamo obbligati a ricorrere per rappresentarle nella mappa. Ma il valore profondo e essenziale di una collezione non è nella scenografica maestosità del Colosseo. È nel rispetto delle proporzioni, nella coerenza della rappresentazione, nella resa delle distanze, nella qualità della visione d’assieme. È nel suo essere perfettamente in scala 1:1.000.000 – aggiungere pure zeri a piacere, tanto non cambia nulla – rispetto a uno standard di riferimento.

Si dice spesso – e spesso per darsi un tono, per affrancarsi dalla nomea di pazzoidi – che la filatelia è studio. Vero. E la prima cosa da studiare non sono né i libri, né i francobolli, né lettere. La prima cosa da studiare siamo noi stessi, la nostra personalità, il nostro animo, i nostri bisogni più profondi e sistematici. Il resto viene (quasi) da sé.

Col sincero augurio che tu possa realizzare tutto quel che desideri.

Ciao “GP74”,
ricordo il racconto, ricordo il mio messaggio, anche se risalente a più di 5 anni fa. Fu scritto in una fase iniziale di sviluppo della consapevolezza di quelle che sarebbero state le mie effettive scelte collezionistiche. Mi stavo affacciando solo allora alla storia postale borbonica e in breve tempo avrei scoperto, come se fosse una vera e propria folgorazione, quello che sarebbe stato in modo inequivocabile il mio vero “oggetto” collezionistico e quindi il percorso che avrei intrapreso e che mi avrebbe accompagnato, penso e spero, tutta la vita.
In questi anni ho “incrociato” Grandi Collezionisti, Veri Studiosi, Veri Appassionati, come Francesco Melone, come te; ho approfondito i temi di mio interesse; ho tentato di affinare la mia sensibilità, e il mio senso del giudizio. Lunga ancora è la strada. Ma, fortunatamente, essa è piacevole e divertente.
Ti ingrazio per aver avuto la sensibilità di ripensare al mio “messaggio” conferendogli, attraverso i tuoi commenti, che condivido in pieno, una valenza positiva e un senso di completezza tale che non ha bisogno di ulteriori aggiunte da parte mia.
Ti ringrazio per gli auguri finali e ricambio con altrettanta sincerità.
Francesco

Rev LB Jun 2020
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