questo post nasce da una conversazione telefonica avuta qualche tempo fa con il buon Paolo Bagaglia
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Il tempo è trascorso e, tra impicci e problemi vari, oggi ho infine deciso di mantenere la mia promessa e di mettermi a scrivere qualcosa. A questo punto mi sono detto che, già che c’ero, tanto valeva condividere con tutti questo lavoro e così eccolo qua (almeno inauguriamo anche questa sezione
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Premetto che per la stesura di quanto segue ho ampiamente “saccheggiato” il libro “I Corrispondenti Postali: Italia e Area Mediterranea” di Luciano De Zanche.
I forwarders
Un forwarder (o “corrispondente postale”) era una persona o un ente che curava l’inoltro di lettere internazionali per conto di terzi, ma senza trasportarle direttamente.
Quando, come frequentemente accadeva, non esistevano accordi per lo scambio e la contabilità della corrispondenza tra sistemi postali dei vari Stati e si era in assenza di una regolamentazione della corrispondenza via mare, era obbligatorio ricorrere ad un intermediario (forwarder) per far giungere a destinazione quelle lettere che non potevano venire spedite né in porto totalmente pagato dal mittente, né totalmente pagabile dal destinatario. In questi casi il forwarder segnava sulla sovraccoperta della singola lettera il proprio nome, la località dove agiva ed eventualmente la data della rispedizione, sia per rendere nota la via lungo la quale il destinatario poteva rispondere al mittente, sia perché spesso questo era l’unico modo per farsi rimborsare le spese di porto eventualmente sostenute.
L’intervento dei forwarders si verificava:
1) Quando il trasporto della lettera doveva necessariamente avvenire in parte con servizi privati e in parte con un servizio postale ufficiale. In questo caso il forwarder si trovava nella località dove il trasporto da privato diveniva ufficiale o viceversa.
2) Quando il percorso della lettera, pur viaggiando con servizi postali ufficiali, interessava Stati fra i quali non esistevano convenzioni per lo scambio o l’incamminamento della posta.
3) Quando il percorso della lettera interessava due o più Stati in guerra fra loro.
Segni dell’intervento dei forwarders si trovano su lettere a partire dal XVI secolo. Con l’ampliamento delle convenzioni postali e, soprattutto, con la creazione dell’UPU (1875) e l’adesione ad essa di un numero sempre maggiore di Stati il ruolo dei forwarders venne via via perdendo di importanza fino alla loro totale scomparsa intorno agli inizi del XX secolo (con rare eccezioni, verificatesi soprattutto in caso di guerre).
Chi erano e come operavano i forwarders
Poiché la maggior parte della corrispondenza era composta da lettere d’affari, i forwarders erano soprattutto mercanti e persone la cui attività aveva a che fare con il commercio, come consoli, spedizionieri e banche. Essi esercitavano questo intervento come aspetto secondario del proprio lavoro, anche se nel XIX secolo sono noti veri e propri forwarders professionali che rispedivano migliaia di lettere all’anno. Alla luce di questo si comprende come fare un elenco dei forwarders operanti in una certa località equivale sostanzialmente a fare una lista di tutti i commercianti di quel luogo con un giro di affari internazionale. Non ha quindi molto significato, dal punto di vista storico postale, parlare di “completezza” di tale lista né di “rarità” di un dato forwarder. Ciò che è veramente importante è che il suo intervento ci dà modo di identificare le vie lungo le quali le lettere gli pervennero e quelle lungo le quali egli le rispedì e di studiare il motivo del ricorso alla sua mediazione.
Il forwarder pagava spesso, almeno in parte, il porto della lettera da incamminare: ovviamente teneva il conto delle spese e se ne rivaleva sul mittente o sul destinatario. Si poteva anche giungere ad un accordo tra mittente e destinatario per una suddivisione del porto. Si poteva così inviare una lettera ad un forwarder che pagava il porto della prima parte del percorso, facendosela poi rimborsare.
Nonostante siano noti casi di comportamento fraudolento di forwarders, di per sé la loro attività non solo non era in contrasto con le regole imposte dal monopolio postale, ma addirittura in qualche caso erano previsti dalle autorità responsabili del trasporto della corrispondenza. Sono noti diversi di questi casi nel corso dei secoli, ad esempio nella convenzione postale austro/russa del 1854 troviamo, all’art. 17, disposizioni che danno implicitamente per scontata la presenza di forwarders: “Il porto delle lettere viene percepito soltanto sul peso complessivo di ogni lettera e quindi se vi fossero delle incluse, sugellate o no, purché provengano da uno stesso e unico mittente e sieno dirette a uno o più destinatari, non potranno mai essere tassate ad una ad una”.
Nel XIX secolo l’intensificarsi degli accordi postali internazionali fece sì che l’organizzazione del trasporto della corrispondenza migliorasse tanto che le lettere, nella maggior parte dei casi, potevano giungere a destinazione anche senza l’intervento dei forwarders. Questi, però, continuarono a mantenere un ruolo importante là dove si trovarono nella condizione di poter scegliere, fra più vie di rispedizione possibile della corrispondenza, quella più rapida, più economica o più sicura. Tipico il caso dei forwarders delle città di mare che potevano affidare le lettere ad un battello privato invece che al servizio postale ufficiale. In tal modo venivano violate le leggi postali, ma spesso l’autorità tollerava questa infrazione per il bene del commercio.
Come riconoscere l’intervento di un forwarder
I forwarders erano soliti indicare il proprio intervento sulla sovraccoperta delle lettere che trattavano mediante un’indicazione manoscritta oppure con l’apposizione di un proprio bollo. La presenza sulla sovraccoperta del bollo di una ditta deve far verificare che non si tratti di quello della ditta mittente.
Le scritte “con Capitano…” o “con Nave…” e simili non indicano la presenza di un forwarder, ma segnalano solo che la lettera venne inoltrata con quel particolare mezzo o trasportatore.
Le formule usate dai forwarders sono abbastanza caratteristiche:
Ricevuta il … e rispedita il … da … che caramente vi saluta (nome della località)
Incamminata da … il …
Per mezzo di … lì …
Per 1/2 di … il …
Sotto piego di …
Per ricapito di …
Per addrizzo di …
ecc. ecc.
Naturalmente, l’equivalente nelle altre lingue.
In qualche caso fu il mittente stesso a segnalare sulla sovraccoperta il nome del forwarder che doveva rispedire la lettera.
Da notare che non sempre l'intervento del forwarder era indicato in maniera esplicita. In questi casi non è quindi possibile stabilire se la lettera sia stata inoltrata per mezzo di un intermediario oppure no.
E, per finire, il pezzo di cui parlavo all’inizio e dal quale è partita tutta la discussione, seguito dagli altri "forwarders" presenti nella mia collezione.
Lettera da Corfù a Napoli giunta probabilmente ad Ancona con battello privato ed inoltrata "a 1/2 J.S. Camerino che vi riverisce distintam. Ancona 6 M.zo 1841"
Lettera del 31 gennaio 1839 da Corfù a Rovereto "Raccomandata al Sig.r S. S. Ascoli in Ancona" e "p. Piroscafo Austriaco D.L.A. (Dio Lo Aiuti, n.d.r.)"
Lettera del 7 dicembre 1833 da Parigi a Corfù con l'indicazione da parte del mittente "Remettre la lettre a Ancone al Sigr. Kane Consul Britannique"
Lettera del 15 marzo 1837 da Corfù a Rovereto giunta probabilmente ad Ancona con battello privato ed inoltrata "a 1/2 M. Terni & C. che vi riverisce"
Lettera del 14 luglio 1852 da New York a Livorno inoltrata per la via di Londra a mezzo del vapore "Africa", della compagnia Cunard. Indicazione da parte del mittente, poi cancellata al momento della rispedizione, "Care Walther & De Vos London"
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