Le storie dentro le lettere
Moderatore: fabiov
Re: Le storie dentro le lettere
Ciao Gianni,
complimenti per la bella lettera, timbri vari sul frontespizio molto particolari, e per averla pubblicata proprio oggi.
Mi sembra davvero un modo apprezzabile per festeggiare questa data
remo
complimenti per la bella lettera, timbri vari sul frontespizio molto particolari, e per averla pubblicata proprio oggi.
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remo
remo Sostenitore del Forum dal 2011
Il Lonfo non vaterca nè gluisce
e molto raramente barigatta....(Fosco Maraini)
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- gianni tramaglino
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Re: Le storie dentro le lettere
...Correva l'anno....1915
L’ assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando, avvenuto a Sarajevo il 28 Giugno 1914 portò allo scoppio della Grande Guerra. Francesco Giuseppe ordinò la mobilitazione generale, furono chiamati alle armi molti uomini e ragazzi, alcuni rimasero in Valle, la maggior parte furono mandati in Galizia.
Nel 1915 l’Italia entrò nel conflitto contro l’Austria; durante la notte precedente era stato varcato il Confine che separava l’ Impero dal Regno d’ Italia.
Dopo aver invaso Magasa, i soldati proseguirono per Tombea dove si accamparono in attesa di raggiungere la Val di Ledro.
Le altre truppe occuparono Cima Rest e un terzo gruppo Monte Stino.
Il 26 Maggio gli italiani entrarono in Valvestino, da due parti per Bocca Paolone e Cadria i Bersaglieri dall’VIII° al X° reggimento, verso Bondone e Cima Spessa gli alpini del V° battaglione.
Il resto della Guerra si svolse lontano dalla valle, i paesi rimasero semi deserti, erano abitati solo da anziani, donne e bambini.
...E in quel maggio il Nostro Amico, il tenente Agostino,il primo ufficiale italiano che entra in tale valle , compra una cartolina a Turano , che , come potete vedere, regalerà.
Serena sia la lettura , che , anche se parla di guerra, ci porti a meditare nella bellezza di quei paesaggi....gianni
L’ assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando, avvenuto a Sarajevo il 28 Giugno 1914 portò allo scoppio della Grande Guerra. Francesco Giuseppe ordinò la mobilitazione generale, furono chiamati alle armi molti uomini e ragazzi, alcuni rimasero in Valle, la maggior parte furono mandati in Galizia.
Nel 1915 l’Italia entrò nel conflitto contro l’Austria; durante la notte precedente era stato varcato il Confine che separava l’ Impero dal Regno d’ Italia.
Dopo aver invaso Magasa, i soldati proseguirono per Tombea dove si accamparono in attesa di raggiungere la Val di Ledro.
Le altre truppe occuparono Cima Rest e un terzo gruppo Monte Stino.
Il 26 Maggio gli italiani entrarono in Valvestino, da due parti per Bocca Paolone e Cadria i Bersaglieri dall’VIII° al X° reggimento, verso Bondone e Cima Spessa gli alpini del V° battaglione.
Il resto della Guerra si svolse lontano dalla valle, i paesi rimasero semi deserti, erano abitati solo da anziani, donne e bambini.
...E in quel maggio il Nostro Amico, il tenente Agostino,il primo ufficiale italiano che entra in tale valle , compra una cartolina a Turano , che , come potete vedere, regalerà.
Serena sia la lettura , che , anche se parla di guerra, ci porti a meditare nella bellezza di quei paesaggi....gianni
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Re: Le storie dentro le lettere
Un souvenir personnel del tenente che è diventato un testimonio storico !
Ciao Gianni !
Ciao Gianni !
Re: Le storie dentro le lettere
Splendido documento Gianni
Giuseppe
Giuseppe
- eugenioterzo
- Messaggi: 2036
- Iscritto il: 24 aprile 2011, 14:35
Forse si tratta di un glorioso giocatore del Genoa
Posto questa cartolina in franchigia spedita in data 23 giugno 1917 ore 18 e annullata con l'annullo POSTA MILITARE DIVISIONE 33 A 25.6.17.
Nel testo che riproduco il tenente cerca di rassicurare la sua Irene:
Zona di Guerra 23/6/917 ore 18
Irenuccia mia! Sono alfin giunto quì al reggimento e il mio primo pensiero, il mio primo saluto a te mia cara e sempre tanto amata Irenuccia.
Non ti posso ancora dare il mio indirizzo perchè aspetto l'assegnazione del battaglione e della compagnia. Ti posso dire che siamo in 2° linea e quindi al sicuro.
Non t'impensierire, tu sempre forte perchè io avrò molti riguardi senza venir meno al mio sacro dovere. Domani scriverò e spero di darti più ampie notizie.
Tanti ......saluti e baci.
Sempre tuo Pasqualuccio.
Il Tenente Lissoni Pasquale, potrebbe essere il giocatore del glorioso Genoa.
Ecco quello che si legge su Wikipedia:
Dopo un inizio di carriera al Genoa club con il suo debutto in prima categoria, spese la maggior parte della sua carriera a Roma.
Nel 1911 venne infatti ingaggiato dall'Alba Roma, club nel quale riuscì a segnare anche un gol su azione, peraltro inutile, nella sfida tra Alba Roma e Juventus Roma finita 1 a 2 giocata il 25 febbraio 1912.
Nel 1913 passa brevemente all'Audace Roma prima di venire ingaggiato dal Roman, dove militerà sino al 1915.
Nel gennaio 1915 tornò a Genova, nuovamente al Genoa dove disputò gli ultimi cinque incontri del Girone Finale della Prima Categoria 1914-1915. Con i rossoblu vince il suo unico scudetto, benchè gli venisse assegnato al termine del primo conflitto mondiale che aveva causato l'interruzione del campionato.
Il campionato 1914-1915 fu l'ultimo a cui Lissoni partecipò prima di ritirarsi dall'attività agonistica.
Eugenio
Nel testo che riproduco il tenente cerca di rassicurare la sua Irene:
Zona di Guerra 23/6/917 ore 18
Irenuccia mia! Sono alfin giunto quì al reggimento e il mio primo pensiero, il mio primo saluto a te mia cara e sempre tanto amata Irenuccia.
Non ti posso ancora dare il mio indirizzo perchè aspetto l'assegnazione del battaglione e della compagnia. Ti posso dire che siamo in 2° linea e quindi al sicuro.
Non t'impensierire, tu sempre forte perchè io avrò molti riguardi senza venir meno al mio sacro dovere. Domani scriverò e spero di darti più ampie notizie.
Tanti ......saluti e baci.
Sempre tuo Pasqualuccio.
Il Tenente Lissoni Pasquale, potrebbe essere il giocatore del glorioso Genoa.
Ecco quello che si legge su Wikipedia:
Dopo un inizio di carriera al Genoa club con il suo debutto in prima categoria, spese la maggior parte della sua carriera a Roma.
Nel 1911 venne infatti ingaggiato dall'Alba Roma, club nel quale riuscì a segnare anche un gol su azione, peraltro inutile, nella sfida tra Alba Roma e Juventus Roma finita 1 a 2 giocata il 25 febbraio 1912.
Nel 1913 passa brevemente all'Audace Roma prima di venire ingaggiato dal Roman, dove militerà sino al 1915.
Nel gennaio 1915 tornò a Genova, nuovamente al Genoa dove disputò gli ultimi cinque incontri del Girone Finale della Prima Categoria 1914-1915. Con i rossoblu vince il suo unico scudetto, benchè gli venisse assegnato al termine del primo conflitto mondiale che aveva causato l'interruzione del campionato.
Il campionato 1914-1915 fu l'ultimo a cui Lissoni partecipò prima di ritirarsi dall'attività agonistica.
Eugenio
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Re: Le storie dentro le lettere
Complimenti a Gianni e ad Eugenio per i bei documenti postati
remo
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remo Sostenitore del Forum dal 2011
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- eugenioterzo
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- Iscritto il: 24 aprile 2011, 14:35
Re: Le storie dentro le lettere
Grazie Remo, sei sempre molto gentile e attento a ciò che viene pubblicato.
Eugenio
Eugenio
Re: Le storie dentro le lettere
Ecco una ricevuta dello "stagnaro" come si diceva a Roma una volta.
Nella descrizione dei lavori fatti una serie di tipiche espressioni e raddoppio di consonante non necessaria ( "la cassetta del cesso" e "lavabbo") tipiche del romanesco.
remo
Nella descrizione dei lavori fatti una serie di tipiche espressioni e raddoppio di consonante non necessaria ( "la cassetta del cesso" e "lavabbo") tipiche del romanesco.
remo
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remo Sostenitore del Forum dal 2011
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Re: Le storie dentro le lettere
remo ha scritto:Ecco una ricevuta dello "stagnaro" come si diceva a Roma una volta.
Nella descrizione dei lavori fatti una serie di tipiche espressioni e raddoppio di consonante non necessaria ( "la cassetta del cesso" e "lavabbo") tipiche del romanesco.
remo
... e dell' italiano scritto talvolta dagli stranieri
Laurent
- gianni tramaglino
- Messaggi: 948
- Iscritto il: 1 novembre 2007, 16:28
Re: Le storie dentro le lettere
Un saluto agli Amici .
Oggi non narrerò una storia a lieto fine ....ma il mio dovere di modesto contastorie mi impone di divulgarla.
Correva l'anno 1942 e il nostro Amico Gino scrive al fratello Roberto ....è l'ultimo dell'anno ...leggete la lettera ... .
Gino è a bordo del cacciatorpediniere Bersagliere e pochi giorni dopo ...
L’affondamento
Il 7 gennaio 1943 il Bersagliere era all’ormeggio al molo sud del porto di Palermo. Alle 16.25 dieci bombardieri della 9th USAAF (in venticinque erano decollati dalle basi, ma solo questi giunsero sull’obiettivo) apparvero sui cieli del capoluogo siciliano: aveva inizio un bombardamento aereo statunitense, che aveva per obiettivo proprio il porto e le navi ivi ormeggiate. Come spesso accadeva, le bombe raggiunsero l’obiettivo – l’affondamento del Bersagliere ne è la prova –, ma caddero anche sul centro storico della città, provocando una strage di civili: 139 vittime tra la popolazione palermitana.
Appena cinque minuti dopo l’inizio dell’attacco, alle 16.30, il Bersagliere venne raggiunto da due bombe: pressoché immediatamente la nave sbandò sul lato di dritta, poi, rapidamente, si rovesciò sullo stesso lato ed affondò accanto al molo, venendo completamente sommersa dal mare, con le gomene tese che ancora la tenevano legata alle bitte. Molti uomini rimasero uccisi, mortalmente feriti o mutilati dallo scoppio delle bombe, o dalle schegge, altri, come il marinaio segnalatore Ernesto Greco – che non avrebbe mai richiesto la pensione di guerra in rispetto dei compagni caduti –, ferito da schegge alla testa ed a braccio e ginocchio destri, vennero ricoverati nell’ospedale di Palermo con gravi ferite. Alcuni, estratti dall’acqua senza più le gambe, morirono tra le braccia dei commilitoni, altri furono proiettati sulla banchina o dall’altro lato del molo dalla violenza degli scoppi. Altri ancora rimasero intrappolati all’interno dello scafo: nonostante la nave stesse affondando su bassifondali, non poterono essere salvati – le esplosioni avevano deformato scafo e sovrastrutture impedendo la fuga, e l’affondamento fu rapido –, e non rimase loro che rivolgere un ultimo saluto dagli oblò. Lorenzo Vigo, un marinaio di Arenzano, fu tra quanti rivolsero un ultimo saluto da dietro un oblò prima che l’acqua sommergesse la nave. Il meccanico ventenne Claudio Santandrea ebbe il tempo di gridare dall’oblò, ad un amico e collega che impotente assisteva sulla banchina: “Saluta i miei genitori! Viva l’Italia!”. Un ufficiale che era sul molo, per non lasciarlo annegare, gli sparò in testa con la pistola d’ordinanza. Solo nel dopoguerra la sua piastrina identificativa sarebbe stata recuperata dal relitto della nave e spedita alla famiglia.
Gli uomini del Bersagliere che avevano avuto la fortuna di trovarsi a terra, in città, al momento dell’attacco, quando tornarono al molo vennero inizialmente trattenuti a distanza dal relitto e dal tratto di banchina colpito, per risparmiare loro la visione delle salme dei loro compagni, molte delle quali smembrate, che venivano rimosse dal molo coperto di sangue. Tra di loro c’era anche Giuseppe Bonaccorso: lui non sarebbe mai più tornato su quel molo di Palermo sino al 1989, quando il figlio Giuseppe avrebbe scoperto, in maniera del tutto casuale, che il molo stesso era stato dedicato alla sua nave.
In tutto persero la vita 59 uomini, tra cui anche il capitano di fregata Anselmo Lazzarini, comandante del Bersagliere.
Morirono quel giorno a Palermo:
Nicola Ambrosino, guardiamarina
Mario Amicoli, sergente elettricista
Carlo Anghilieri, marinaio
Vincenzo Armida, sottocapo radiotelegrafista
Mario Arnavas, sottotenente di vascello
Armando Bais, marinaio
Alfredo Biondi, sottocapo specialista direzione tiro
Dino Bison, fuochista
Luigi Bortone, tenente di vascello
Sergio Busni, meccanico
Carlo Cavalloro, fuochista
Giulio Ceriani, cannoniere
Alfonso Cerutti, sottocapo cannoniere
Pietro Cutrone, capo furiere di seconda classe
Alfonso D’Alessandro, sergente cannoniere
Leonardo De Marini, secondo capo meccanico
Angelo Del Sciscio, sottocapo nocchiere
Aldo Dell’Acqua, cannoniere specialista direzione tiro
Erminio Dossena, motorista abilitato
Marcantonio Esposito, marinaio
Pietro Esposito, marinaio
Felice Finocchiaro, cannoniere
Vittorio Fiocco, marinaio
Mario Fornetti, cannoniere
Costantino Forte, secondo capo meccanico
Mario Garlaschi, marinaio
Remo Gismondi, fuochista
Antonino Gulisano, fuochista
Anselmo Lazzarini, capitano di fregata (comandante)
Giorgio Liguori, cannoniere
Omobono Lupatini, marinaio
Sergio Mazzucca, marinaio
Mauro Melchiorri, marinaio
Angiolino Menardi, fuochista
Agostino Merighi, fuochista
Giuseppe Messina, tenente del Genio Navale
Sebastiano Mondello, cannoniere armaiolo
Antonino Nicotra, marinaio
Narciso Padoan, marinaio
Mario Pauri, fuochista
Luciano Persini, furiere
Edilio Pioli, nocchiere
Giuseppe Quagliata, marinaio (di Castellammare del Golfo, nato nel 1920, figlio di Giacomo e di Marianna Bertolino)
Giulio Quaratesi, cannoniere armaiolo
Giacomo Rolla, cannoniere
Luigi Rossi, torpediniere
Giovanni Ruggeri, cannoniere puntatore mitragliere
Paolo Ruggirello, marinaio
Giuseppe Santamaria, fuochista
Claudio Santandrea, meccanico
Armando Sarti, sottocapo cannoniere
Giulio Silvano, elettricista
Luciano Sirola, sottotenente del Genio Navale
Alfredo Taddia, fuochista
Antonio Teti, secondo capo cannoniere puntatore scelto
Elio Valdo Stella, tenente di vascello
Bruno Vagelli, fuochista (1)
Bruno Vagelli, fuochista artefice motorista navale (1)
Lorenzo Vigo, marinaio (di Arenzano)
Rosario Zuccarello, fuochista
(1) Il nome di Bruno Vagelli compare due volte nella lapide, come motorista navale e come fuochista. Non è chiaro se si tratti di un errore – ed in tal caso i morti del Bersagliere sarebbero 58 invece che 59, ma sembra strano che si possa commettere un errore così evidente in una lapide – o di una omonimia.
Il relitto del cacciatorpediniere venne demolito in loco nel 1946; solo allora si poterono recuperare molti dei corpi dei caduti.
Queste notizie sono tratte dal bellissimo blog http://conlapelleappesaaunchiodo.blogsp ... liere.html
Gino fu tra i caduti , personalmente leggere questa storia è stato molto toccante e straziante ...che sia monito , tra i tanti, dell'assoluta inutilità di qualsiasi guerra .
Sereno sia il continuare !gianni
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Gino è a bordo del cacciatorpediniere Bersagliere e pochi giorni dopo ...
L’affondamento
Il 7 gennaio 1943 il Bersagliere era all’ormeggio al molo sud del porto di Palermo. Alle 16.25 dieci bombardieri della 9th USAAF (in venticinque erano decollati dalle basi, ma solo questi giunsero sull’obiettivo) apparvero sui cieli del capoluogo siciliano: aveva inizio un bombardamento aereo statunitense, che aveva per obiettivo proprio il porto e le navi ivi ormeggiate. Come spesso accadeva, le bombe raggiunsero l’obiettivo – l’affondamento del Bersagliere ne è la prova –, ma caddero anche sul centro storico della città, provocando una strage di civili: 139 vittime tra la popolazione palermitana.
Appena cinque minuti dopo l’inizio dell’attacco, alle 16.30, il Bersagliere venne raggiunto da due bombe: pressoché immediatamente la nave sbandò sul lato di dritta, poi, rapidamente, si rovesciò sullo stesso lato ed affondò accanto al molo, venendo completamente sommersa dal mare, con le gomene tese che ancora la tenevano legata alle bitte. Molti uomini rimasero uccisi, mortalmente feriti o mutilati dallo scoppio delle bombe, o dalle schegge, altri, come il marinaio segnalatore Ernesto Greco – che non avrebbe mai richiesto la pensione di guerra in rispetto dei compagni caduti –, ferito da schegge alla testa ed a braccio e ginocchio destri, vennero ricoverati nell’ospedale di Palermo con gravi ferite. Alcuni, estratti dall’acqua senza più le gambe, morirono tra le braccia dei commilitoni, altri furono proiettati sulla banchina o dall’altro lato del molo dalla violenza degli scoppi. Altri ancora rimasero intrappolati all’interno dello scafo: nonostante la nave stesse affondando su bassifondali, non poterono essere salvati – le esplosioni avevano deformato scafo e sovrastrutture impedendo la fuga, e l’affondamento fu rapido –, e non rimase loro che rivolgere un ultimo saluto dagli oblò. Lorenzo Vigo, un marinaio di Arenzano, fu tra quanti rivolsero un ultimo saluto da dietro un oblò prima che l’acqua sommergesse la nave. Il meccanico ventenne Claudio Santandrea ebbe il tempo di gridare dall’oblò, ad un amico e collega che impotente assisteva sulla banchina: “Saluta i miei genitori! Viva l’Italia!”. Un ufficiale che era sul molo, per non lasciarlo annegare, gli sparò in testa con la pistola d’ordinanza. Solo nel dopoguerra la sua piastrina identificativa sarebbe stata recuperata dal relitto della nave e spedita alla famiglia.
Gli uomini del Bersagliere che avevano avuto la fortuna di trovarsi a terra, in città, al momento dell’attacco, quando tornarono al molo vennero inizialmente trattenuti a distanza dal relitto e dal tratto di banchina colpito, per risparmiare loro la visione delle salme dei loro compagni, molte delle quali smembrate, che venivano rimosse dal molo coperto di sangue. Tra di loro c’era anche Giuseppe Bonaccorso: lui non sarebbe mai più tornato su quel molo di Palermo sino al 1989, quando il figlio Giuseppe avrebbe scoperto, in maniera del tutto casuale, che il molo stesso era stato dedicato alla sua nave.
In tutto persero la vita 59 uomini, tra cui anche il capitano di fregata Anselmo Lazzarini, comandante del Bersagliere.
Morirono quel giorno a Palermo:
Nicola Ambrosino, guardiamarina
Mario Amicoli, sergente elettricista
Carlo Anghilieri, marinaio
Vincenzo Armida, sottocapo radiotelegrafista
Mario Arnavas, sottotenente di vascello
Armando Bais, marinaio
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(1) Il nome di Bruno Vagelli compare due volte nella lapide, come motorista navale e come fuochista. Non è chiaro se si tratti di un errore – ed in tal caso i morti del Bersagliere sarebbero 58 invece che 59, ma sembra strano che si possa commettere un errore così evidente in una lapide – o di una omonimia.
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Re: Le storie dentro le lettere
Ciao Gianni,
bellissima e toccante testimonianza.
Grazie per aver pubblicato la lettera di Gino Rossi e averci fatto conoscere la storia del "Bersagliere".
remo
bellissima e toccante testimonianza.
Grazie per aver pubblicato la lettera di Gino Rossi e averci fatto conoscere la storia del "Bersagliere".
remo
remo Sostenitore del Forum dal 2011
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- gianni tramaglino
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Re: Le storie dentro le lettere
Grazie all'Amico Remo e a completamento ,sempre dal bel blog ...gianni
A memoria dei caduti, il molo sud di Palermo venne ribattezzato «Molo C.T. Bersagliere». Il tratto di banchina dove la nave era ormeggiata, danneggiato dalle bombe che ne hanno scalfito le rocce, è stato lasciato, a differenza del resto del molo, con i visibili segni dei danni riportati il giorno del bombardamento. Una lapide posta dove la nave era stata affondata, in fondo al molo, vicino al faro, ricorda i morti di quel giorno. Ernesto Greco, che a 95 anni è forse l’ultimo superstite ancora vivente del Bersagliere, si è lungamente battuto perché quella lapide, che con il tempo e l'incuria era andata deteriorandosi, venisse restaurata, ma le autorità interpellate, alle parole non hanno fatto seguire i fatti. Anche alcuni abitanti di Palermo hanno cercato di sollecitare da parte delle istituzioni locali un intervento – che peraltro sarebbe costato pochissimo – ma invano. Infine, nel gennaio 2014, la sezione di Palermo dell’Associazione Nazionale Bersaglieri ha rotto agli indugi ed ha provveduto da sé al restauro della lapide, cui è stato finalmente restituito un aspetto decoroso.
A memoria dei caduti, il molo sud di Palermo venne ribattezzato «Molo C.T. Bersagliere». Il tratto di banchina dove la nave era ormeggiata, danneggiato dalle bombe che ne hanno scalfito le rocce, è stato lasciato, a differenza del resto del molo, con i visibili segni dei danni riportati il giorno del bombardamento. Una lapide posta dove la nave era stata affondata, in fondo al molo, vicino al faro, ricorda i morti di quel giorno. Ernesto Greco, che a 95 anni è forse l’ultimo superstite ancora vivente del Bersagliere, si è lungamente battuto perché quella lapide, che con il tempo e l'incuria era andata deteriorandosi, venisse restaurata, ma le autorità interpellate, alle parole non hanno fatto seguire i fatti. Anche alcuni abitanti di Palermo hanno cercato di sollecitare da parte delle istituzioni locali un intervento – che peraltro sarebbe costato pochissimo – ma invano. Infine, nel gennaio 2014, la sezione di Palermo dell’Associazione Nazionale Bersaglieri ha rotto agli indugi ed ha provveduto da sé al restauro della lapide, cui è stato finalmente restituito un aspetto decoroso.
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- gianni tramaglino
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Re: Le storie dentro le lettere
Giuditta , su una bellissima cartolina, scrive al suo Mario che da Cormons la mamma non la lascia andare a Udine perchè.......
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Re: Le storie dentro le lettere
ancora una bella storia... "dietro la cartolina" !
Re: Le storie dentro le lettere
Bella cartolina con un testo molto "delicato" .
remo
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Re: Le storie dentro le lettere
Grazie Gianni per queste tue testimonianze. Sono cose interessantissime, che fanno anche commuovere, sia nel loro lato tragico che in quello tenero.
Elisa T.
- gianni tramaglino
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Re: Le storie dentro le lettere
A volte , " leggendo " comunissime lettere abbiamo la possibilità di imparare o di "rinfrescare " la memoria su particolari storici ; ecco "la grande bellezza" ( a mio parere ) della storia postale .
Correva l'anno 1944 e da Travagliato ( Brescia ) verso Idro partiva una circolare che ci "parla " di cavalli e muli e dell ' Organizzazione Todt...ma cosa era questa organizzazione ... ?
Ecco che ci viene d'aiuto Sergio Romano .....
TODT, L' INGEGNERE DI HITLER, E LA SUA ORGANIZZAZIONE
http://archiviostorico.corriere.it/2009 ... 4077.shtml
Spesso nelle testimonianze dei deportati e dei lavoratori coatti italiani durante la seconda guerra mondiale si fa riferimento alla famigerata «Organizzazione Todt». Ma che cosa era veramente e come funzionava questa impresa il cui fondatore fu predecessore di Albert Speer al ministero degli Armamenti e Approvvigionamenti della Germania nazista? Mario Taliani ,
Caro Taliani, L' Organizzazione Todt face un largo uso del lavoro coatto ed ebbe per queste ragioni, soprattutto dopo l' 8 settembre 1943, una cattiva reputazione. Ma la figura di Fritz Todt e il modo in cui realizzò il compito che gli era stato assegnato meritano qualche attenzione. I primi ad accorgersene furono gli Alleati. Sorpresi dalla straordinaria efficienza con cui i tecnici tedeschi rifornivano le forze armate e realizzavano le grandi opere necessarie al conflitto, vollero che Albert Speer venisse sottoposto a un lungo interrogatorio. Ne troverà i verbali in un libro dello storico inglese Richard Overy intitolato, per l' appunto, «Interrogatori» e pubblicato da Mondadori nel 2002. Fritz Todt nacque a Pforzheim nel 1891, fece la Grande guerra in un reggimento di fanteria, si laureò in ingegneria civile, lavorò in una fabbrica, divenne nazista e conobbe Hitler a cui fece subito una eccellente impressione. Fu questa la ragione per cui, subito dopo la conquista del potere, fu nominato alla testa di un ufficio nuovo per la realizzazione della grande rete autostradale con cui il leader nazista si riprometteva di assorbire una parte della disoccupazione tedesca. Da allora Todt divenne progressivamente responsabile di tutto lo sforzo bellico del Reich: la linea Sigfrido, la rete stradale dei territori occupati, le linee ferroviarie, il Vallo Atlantico, le fortificazioni, i rifugi per i sottomarini e naturalmente, come ministro dell' Armamento, la produzione di armi e munizioni. Il segreto del suo successo fu l' abilità con cui seppe coinvolgere le grandi imprese, assicurare il loro coordinamento, suddividere i compiti, affidare a tecnici e dirigenti d' azienda l' esecuzione dei lavori. Quando dovette spiegare agli Alleati il funzionamento di questa «macchina», Speer riconobbe che Todt aveva adottato per il regime nazista il metodo messo a punto da un industriale ebreo, Walter Rathenau, per pianificare e dirigere l' economia tedesca durante la Prima guerra mondiale. Un collaboratore di Rathenau, sopravvissuto in un ufficio del ministero degli Armamenti, descrisse il funzionamento di questo sistema in una relazione che ispirò Todt e la sua organizzazione. Per un singolare paradosso l' ebreo Rathenau, divenuto dopo la guerra ministro degli Esteri della Repubblica di Weimar, trasmise ai suoi maggiori nemici una ricetta perfettamente adatta ai loro scopi. Todt fu un uomo serio, schivo, molto stimato da Hitler ma restio a fare un uso personale del suo potere e poco amato dagli ambiziosi cortigiani che ronzavano intorno alla persona del Führer. Morì in un incidente aereo l' 8 febbraio 1942 dopo un lungo incontro con Hitler nel quartiere generale di Rastenburg. Veniva da una ispezione in Ucraina nel corso della quale aveva assistito a fenomeni - la disorganizzazione dell' Intendenza e dei servizi sanitari, il basso morale delle truppe che lo avevano colpito e depresso. È molto probabile che abbia riferito le sue impressioni al Führer, ma su quell' ultimo colloquio non esiste documentazione. L' aereo in cui prese posto il mattino seguente esplose a 20 metri d' altezza, immediatamente dopo il decollo. Hitler sospettò un attentato e dette ordine che venisse istituita una commissione d' inchiesta. Ma sembra che l' aereo, come tutti quelli che svolgevano funzioni di corriere in prossimità del fronte, fosse dotato di un dispositivo per l' autodistruzione: una leva, collocata a fianco del pilota, che avrebbe provocato l' esplosione in pochi secondi. Albert Speer, successore di Todt, si limitò a ricordare nelle sue memorie che il predecessore, poco tempo prima, aveva depositato in una cassaforte una importante somma di denaro: era destinata a una sua fedele segretaria nell' eventualità della sua morte.
Romano Sergio
Pagina 37
(14 gennaio 2009) - Corriere della Sera
Correva l'anno 1944 e da Travagliato ( Brescia ) verso Idro partiva una circolare che ci "parla " di cavalli e muli e dell ' Organizzazione Todt...ma cosa era questa organizzazione ... ?
Ecco che ci viene d'aiuto Sergio Romano .....
TODT, L' INGEGNERE DI HITLER, E LA SUA ORGANIZZAZIONE
http://archiviostorico.corriere.it/2009 ... 4077.shtml
Spesso nelle testimonianze dei deportati e dei lavoratori coatti italiani durante la seconda guerra mondiale si fa riferimento alla famigerata «Organizzazione Todt». Ma che cosa era veramente e come funzionava questa impresa il cui fondatore fu predecessore di Albert Speer al ministero degli Armamenti e Approvvigionamenti della Germania nazista? Mario Taliani ,
Caro Taliani, L' Organizzazione Todt face un largo uso del lavoro coatto ed ebbe per queste ragioni, soprattutto dopo l' 8 settembre 1943, una cattiva reputazione. Ma la figura di Fritz Todt e il modo in cui realizzò il compito che gli era stato assegnato meritano qualche attenzione. I primi ad accorgersene furono gli Alleati. Sorpresi dalla straordinaria efficienza con cui i tecnici tedeschi rifornivano le forze armate e realizzavano le grandi opere necessarie al conflitto, vollero che Albert Speer venisse sottoposto a un lungo interrogatorio. Ne troverà i verbali in un libro dello storico inglese Richard Overy intitolato, per l' appunto, «Interrogatori» e pubblicato da Mondadori nel 2002. Fritz Todt nacque a Pforzheim nel 1891, fece la Grande guerra in un reggimento di fanteria, si laureò in ingegneria civile, lavorò in una fabbrica, divenne nazista e conobbe Hitler a cui fece subito una eccellente impressione. Fu questa la ragione per cui, subito dopo la conquista del potere, fu nominato alla testa di un ufficio nuovo per la realizzazione della grande rete autostradale con cui il leader nazista si riprometteva di assorbire una parte della disoccupazione tedesca. Da allora Todt divenne progressivamente responsabile di tutto lo sforzo bellico del Reich: la linea Sigfrido, la rete stradale dei territori occupati, le linee ferroviarie, il Vallo Atlantico, le fortificazioni, i rifugi per i sottomarini e naturalmente, come ministro dell' Armamento, la produzione di armi e munizioni. Il segreto del suo successo fu l' abilità con cui seppe coinvolgere le grandi imprese, assicurare il loro coordinamento, suddividere i compiti, affidare a tecnici e dirigenti d' azienda l' esecuzione dei lavori. Quando dovette spiegare agli Alleati il funzionamento di questa «macchina», Speer riconobbe che Todt aveva adottato per il regime nazista il metodo messo a punto da un industriale ebreo, Walter Rathenau, per pianificare e dirigere l' economia tedesca durante la Prima guerra mondiale. Un collaboratore di Rathenau, sopravvissuto in un ufficio del ministero degli Armamenti, descrisse il funzionamento di questo sistema in una relazione che ispirò Todt e la sua organizzazione. Per un singolare paradosso l' ebreo Rathenau, divenuto dopo la guerra ministro degli Esteri della Repubblica di Weimar, trasmise ai suoi maggiori nemici una ricetta perfettamente adatta ai loro scopi. Todt fu un uomo serio, schivo, molto stimato da Hitler ma restio a fare un uso personale del suo potere e poco amato dagli ambiziosi cortigiani che ronzavano intorno alla persona del Führer. Morì in un incidente aereo l' 8 febbraio 1942 dopo un lungo incontro con Hitler nel quartiere generale di Rastenburg. Veniva da una ispezione in Ucraina nel corso della quale aveva assistito a fenomeni - la disorganizzazione dell' Intendenza e dei servizi sanitari, il basso morale delle truppe che lo avevano colpito e depresso. È molto probabile che abbia riferito le sue impressioni al Führer, ma su quell' ultimo colloquio non esiste documentazione. L' aereo in cui prese posto il mattino seguente esplose a 20 metri d' altezza, immediatamente dopo il decollo. Hitler sospettò un attentato e dette ordine che venisse istituita una commissione d' inchiesta. Ma sembra che l' aereo, come tutti quelli che svolgevano funzioni di corriere in prossimità del fronte, fosse dotato di un dispositivo per l' autodistruzione: una leva, collocata a fianco del pilota, che avrebbe provocato l' esplosione in pochi secondi. Albert Speer, successore di Todt, si limitò a ricordare nelle sue memorie che il predecessore, poco tempo prima, aveva depositato in una cassaforte una importante somma di denaro: era destinata a una sua fedele segretaria nell' eventualità della sua morte.
Romano Sergio
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(14 gennaio 2009) - Corriere della Sera
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- eugenioterzo
- Messaggi: 2036
- Iscritto il: 24 aprile 2011, 14:35
Re: Le storie dentro le lettere
Parlando di TODT, vi posto la tessera di un lavoratore inserito in questa organizzazione.
Eugenio
Eugenio
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Re: Le storie dentro le lettere
appassionante leggere questi pezzi di vita e di storia vissuta.
Ed è molto bello che l'input per andarli a ripescare venga proprio da reperti postali
Grazie anche ad Eugenio che ha completato il quadro con un altro interessante contributo
Ed è molto bello che l'input per andarli a ripescare venga proprio da reperti postali
Grazie anche ad Eugenio che ha completato il quadro con un altro interessante contributo
...fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza...
Dante, Inf. XXVI 119-120
S T A F F
ma per seguir virtute e canoscenza...
Dante, Inf. XXVI 119-120
S T A F F
Re: Le storie dentro le lettere
Buona giornata a tutti,
anche molti militari italiani caduti nelle mani dei tedeschi dopo l'8 settembre '43 furono utilizzati nell'Organizzazione TODT.
Quella che segue è una cartolina spedita da un Internato Militare Italiano proveniente dal campo n. 23, con indirizzo di feldpost 45083/e.
Si tratta di uno dei tanti campi della TODT in Serbia in cui furono impiegati i militari italiani. Sulla cartolina è visibile il timbro di reparto della TODT.
Con un post successivo allegherò una lettera in cui vengono descritte le condizioni di vita di chi lavorava in questa Organizzazione.
anche molti militari italiani caduti nelle mani dei tedeschi dopo l'8 settembre '43 furono utilizzati nell'Organizzazione TODT.
Quella che segue è una cartolina spedita da un Internato Militare Italiano proveniente dal campo n. 23, con indirizzo di feldpost 45083/e.
Si tratta di uno dei tanti campi della TODT in Serbia in cui furono impiegati i militari italiani. Sulla cartolina è visibile il timbro di reparto della TODT.
Con un post successivo allegherò una lettera in cui vengono descritte le condizioni di vita di chi lavorava in questa Organizzazione.
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