Francesco,francesco luraschi ha scritto: 17 maggio 2025, 11:58 Però di fronte ad un'affrancatura quanto meno insolita (7,25 grana oppure 29/100 di lira italiana) e con l'indirizzo decentrato un giudice dovrebbe almeno chiedere all'espositore se quanto scritto nella dida corrisponde alla realtà. In altre parole: è una lettera come scritto (in origine chiusa, con testo, e esposta piegata per motivi di spazio), coperta, frammento o fascetta? O .. "boh, me l'hanno venduta così"![]()
anche qui, senza offesa, ma credo che prima di saltare su e dire ai giurati delle esposizioni filateliche cosa devono fare, cosa devono chiedere e a chi, sarebbe meglio avere un'idea un po' precisa di come si svolgono le esposizioni filateliche, qual è l'operato dei giudici e quali sono le condizioni in cui operano.
Ripeto quanto già detto prima, e che dovrebbe essere cosa nota a chiunque si metta a parlare di esposizioni, di giurati e annessi e connessi: in classe filatelia tradizionale l'espositore non è tenuto a spiegare il perché ed il per come un certo francobollo sta appiccicato ad un certo documento. Se lo spiega i giurati apprezzano, se non lo spiega va bene lo stesso. Quindi non si capisce proprio perché il giurato dovrebbe chiedere qualcosa di simile ad un espositore, tanto più su un pezzo ultra-famoso che è stato pubblicato innumerevoli volte nella letteratura di settore. Ad esempio l'espositore, se in giornata un po' storta, potrebbe rispondere "E te lo chiedi adesso?"
L'unica cosa su cui il giurato può eccepire è sulla genuinità del pezzo e le giurie internazionali prevedono la presenza di uno o due esperti "non giudicanti", che a richiesta dei giurati possano dare opinioni qualificate a proposito.
Dopodiché i giurati devono valutare come i pezzi siano collocati all'interno della collezione e se seguano il filo logico-narrativo enunciato nel piano. Ma questa è tutt'altra faccenda.