Ma l'elemento psicologico (tradotto, il dolo) dove è?

Ivano Abbatantuono ha scritto: 14 giugno 2017, 11:52 Se si accede alla teoria secondo cui sono sempre beni del patrimonio pubblico, come tali inalienabili e come tali riconoscibili, la questione del dolo ne viene assorbita. Se poi parlassimo di reato contravvenzionale (incauto acquisto) il dolo neppure verrebbe in considerazione.
Ma il problema è che pare discutibile -a dir poco!- proprio quella teoria...
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se si chiama PROCACCIA non potrà che esser certamente sensibile alla storia postale...attalos ha scritto: 30 giugno 2017, 21:02 Il referente dovrebbe essere la dott.ssa Procaccia.
E' sempre bene prepararsi a certi incontri studiando attentamente curricolo e pubblicazioni dell'interlocutore:
http://www.archivi.beniculturali.it/ind ... servazione
Da lì emerge un profilo molto sensibile anche a quel genere di documenti relativo alla microstoria, elemento da non sottovalutare.
Spero che coloro che gestiranno la cosa ne tengano conto perché gli interventi parlamentari mi sono sembrati piuttosto generici (anche in relazione al codice dei beni culturali che può diventare una terribile tagliola) e quindi - a mio modo di vedere - inefficaci.
Stefano1981 ha scritto: 13 luglio 2017, 18:58 Questo passaggio l'ho trovato tristemente comico, per non dire altro:
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In un processo per presunte sottrazioni di patrimonio pubblico cosa fa il pubblico ministero? Ovviamente ne chiede la distruzione!
Assurdo!
È vero, in Italia le sentenze non fanno legge, diversamente da altri paesi in cui invece fanno giurisprudenza (ad es. paesi anglosassoni). Però, però,...ultimamente le cose stanno cambiando e in Europa i due sistemi stanno integrandosi e ibridandosi. Da noi, ad esempio, le sentenze della Cassazione stanno avendo un peso sempre maggiore nella considerazione di certi casi giuridici e ne abbiamo avuto ultimamente diversi esempi nella cronaca nazionale. In questo caso, una sentenza di primo grado (e spero vivamente che al PM non venga in mente di far ricorso), non ci sarà nessuna applicazione 'automatica' di questo giudizio per denunce future, però sappiamo che ogni giudice andrà a vedere e valutare tutti i casi precedenti similari (esiste una banca dati apposita). Quando leggerà questa sentenza e queste motivazioni, penso che possa togliersi qualsiasi dubbio, sempre che non esistano reali casi di furto o sottrazioni fraudolente e dolose...Ivano Abbatantuono ha scritto: 14 luglio 2017, 8:26
Volevo aggiungere, senza con questo voler rialimentare ansie e paure, che anche questa è soltanto una sentenza, quindi -esattamente come quella che abbiamo tutti criticato- fa testo solo per la fattispecie esaminata e per quell'imputato (fortunatamente assolto, ma certamente stressato da un giudizio evitabile e da spese legali anticipate). Certamente, in ogni caso, a me pare che le motivazioni esposte da questo secondo giudice siano ben più valide, oltre che coerenti e ben esposte, rispetto a quelle della sentenza "incriminata" e potranno far comodo in futuro, senza tuttavia -ripeto- poter mettere al riparo "automaticamente" da eventuali future iniziative penali .... spericolate.
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I beni demaniali sono detti indisponibili (non disponibili secondo le regole del diritto privato), quindi l'usucapione, a detta della maggioranza della dottrina e della giurisprudenza, a mio avviso non è invocabile. Comunque il periodo necessario sarebbero 20 anni, non 25. Inoltre, in quanto oggetto di (ipotetico) reato, il solo trascorrere del tempo disgiunto dalla buona fede del possesso non sarebbe sufficiente a legittimare il possesso.Antonello Cerruti ha scritto: 14 luglio 2017, 16:18 Continuando con le citazioni dal diritto romano, le famose lettere di cui tanto discutiamo, vengono ritenute - nell'ultima sentenza - res derelictae, cioè cose abbandonate, anche per la trascuratezza che ha lo Stato nel tutelare i propri beni.
Altra bacchettata che la dottoressa Casalegno non ha risparmiato è stato nello stigmatizzare l'abuso della denuncia a posteriori di eventuali e presunte sottrazioni di parti degli archivi comunali/demaniali.
In assenza di data certa del "furto" sarebbe sufficiente l'affermazione (impossibile dal contestare) del concreto possesso di una lettera per un periodo di tempo ultra venticinquennale per invocarne l'usucapione?
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
La sentenza della dottoressa Casalegno contesta proprio la demanialità sic et simplicer delle buste indirizzate ai Comuni. o ad altri enti pubblici.Ivano Abbatantuono ha scritto: 17 luglio 2017, 12:06I beni demaniali sono detti indisponibili (non disponibili secondo le regole del diritto privato), quindi l'usucapione, a detta della maggioranza della dottrina e della giurisprudenza, a mio avviso non è invocabile. Comunque il periodo necessario sarebbero 20 anni, non 25. Inoltre, in quanto oggetto di (ipotetico) reato, il solo trascorrere del tempo disgiunto dalla buona fede del possesso non sarebbe sufficiente a legittimare il possesso.Antonello Cerruti ha scritto: 14 luglio 2017, 16:18 Continuando con le citazioni dal diritto romano, le famose lettere di cui tanto discutiamo, vengono ritenute - nell'ultima sentenza - res derelictae, cioè cose abbandonate, anche per la trascuratezza che ha lo Stato nel tutelare i propri beni.
Altra bacchettata che la dottoressa Casalegno non ha risparmiato è stato nello stigmatizzare l'abuso della denuncia a posteriori di eventuali e presunte sottrazioni di parti degli archivi comunali/demaniali.
In assenza di data certa del "furto" sarebbe sufficiente l'affermazione (impossibile dal contestare) del concreto possesso di una lettera per un periodo di tempo ultra venticinquennale per invocarne l'usucapione?
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
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