Giustamente l'amico Franco Moscadelli ha sollevato insieme ad altri il problema del tipo di carta; ricordo a tutti che furono utilizzate nella IV emissione svariati tipi di carta, sottile, media e spessa; è vero che alcuni tipi di spessore sono riscontrabili in particolari periodi storici, collegandoli così all'emissione, ma è anche vero che non furono quasi mai ESCLUSIVI, ovvero può sempre capitare di trovare un foglio con carta di differente consistenza nel periodo storico interessato; quindi la carta è un fattore di aiuto ma non discriminante al 100%, bisogna fare molta attenzione.
La carta si ingiallisce e modifica la sua struttura nel tempo, venendo a creare in noi collezionisti e colorologhi due particolari problemi, uno legato al nuovo ed uno legato all'usato.
Sul nuovo il problema è legato a eventuali modificazioni che la GOMMA originale può apportare al colore della carta su cui è applicata; non è MAI da trascurare qesto fattore poichè sebbene la gomma del regno di Sardegna fu generalmente di buona qualità e, soprattutto nelle tirature successive al 1859 liscia e semitrasparente, tanto a volte da non vedersi neanche, essa pure contribuisce a confonderci le idee con piccoli problemini legati all'inscurimento/ingrigimento della carta, cosa che dà alla tonalità di colore un altro aspetto. Particolarmente difficili da classificare sono le tonalità brune e giallastre, ma anche i rossi spesso ci danno qualche problema; meno problematiche in questi casi sono le classifiche dei verdi e degli azzurri.
Sull'usato il problema invece è legato sia al supporto su cui sono applicati i francobolli se trattasi di lettere o frammenti, sia ai vari tipi di "lavaggio" che hanno subito nel tempo gli amati pezzettini di carta.
Tutti questi fattori legati ad un unico problema (perchè solo uno ne abbiamo finora affrontato, ma vene sono molti), già ci mettono in guardia e ci fanno capire come sia difficile una classificazione "scientificamente valida" dei colori di Sardegna, nella quale le armi più efficaci sono:
1) L'intuito;
2) L'esperienza diretta;
3) La "visione storica" (come la chiamo io, ovvero la capacità di capire come potesse essere il pezzo esaminato quando era privo di alterazioni);
4) L'umiltà (non si può mai essere certi di nulla):
5) La onestà intellettuale di dire, una volta capito il colore, quello che effettivamente è, senza girarci intondo con frasi tipo
"Cioccolato scuro ma un po' più chiaro poichè con una punta ulteriore è la tinta rara" 
il che significa nulla o meglio che il francobollo poteva essere quello raro se aveva più colore, ma non avendolo rientra in quelli meno rari ed è una bella tinta di confronto del valore di catalogo più basso. Cosa che fa felice il collezionista ma rende triste il perito (che non può fare il certificato) e l'investitore (che si trova un pezzo che non potrà vendere a peso d'oro).
Naturalmente, come in molte cose nella vita, si tratta di una questione di FEDE, ovvero il metodo scientifico non funziona sistematicamente ma solo su esemplari con determinate caratteristiche, pertanto è sempre il
GRANO SALIS che può determinare il colore di una tinta o meno, e più questo
GRANO SALIS è condiviso più esso diventa un modo oggettivo di classificare quel determinato pezzo.
Insomma si deve lavorare per eliminare le diatribe e per trovare una comune linea di giudizio dove solo le tinte/confine o tinte/limite dovrebbero essere oggetto a limite di blande discussioni, sul decidere quale di essa sia il "paletto" da assumere per poter parlare della tinta successiva (o precedente).
Questo è l'ultimo dei miei presupposti, e da qui in poi inizierò a parlare praticamente di alcune problematiche legate a tinte "difficili" e a concordare con tutti voi i "paletti" da mettere.
