valerio66vt ha scritto: 29 luglio 2018, 18:01
Io ho continuato a portare avanti il lavoro sulla saturazione. Spero di poterne parlare quanto prima a chi avrà il piacere di condividere con me il suo tempo.
Ciao Valerio, buonasera.
Avrei alcune osservazioni e domande, per te che sei così attento agli aspetti tecnici e di metodo.
Anzitutto, concordi sul fatto che "essere verde" (o giallo o rosso o blu)
non è una proprietà fisica, intrinseca, di un oggetto, bensì
una relazione tra l'oggetto e la fonte di luce che lo illumina? Che, quindi, da nessuna classificazione sarà mai eliminabile un aspetto di
pura convenzione? E' esperienza comune - credo - che i nostri francobolli ci appaiono di colore diverso, a seconda della luce alla quale li sottoponiamo e questo semplice fatto empirico non credo possa esser smentito da nessun formalismo, per quanto avanzato.
Questo punto penso debba essere chiarito, perché, erroneamente, sbagliando, sono in tanti a pensare ai colori come a qualcosa di
incorporato nell'oggetto, cioè di
assoluto, anziché di
relativo.
Questa errata convinzione traspare nitidamente nel frasario invalso nelle discussioni: si parla di classificazioni "oggettive", "obiettive", "vere", "reali", e addirittura si tirano in ballo i "metodi scientifici" per la determinazione dei colori, sempre con l'equivoco di fondo che il colore sia una proprietà intrinseca del mondo fisico, qualcosa di "vero", di "reale", che "esiste in sé", e che noi dovremmo appunto cercare di scoprire.
Questa pretesa contrasta violentemente con un principio direttivo della Scienza, da secoli unanimemente accettato, peraltro trasbordato anche in ambito sociologico. Ti riporto, di seguito, le posizioni di un fisico, due matematici e uno statistico (corsivi miei):
"Vi è chi è rimasto colpito dal carattere di libera convenzione che viene riconosciuto ad alcuni principi fondamentali delle scienze [...]. Eppure ogni giorno la vediamo all'opera [la Scienza] sotto i nostri occhi. Ciò non sarebbe possibile se non ci facesse conoscere qualcosa della realtà; tuttavia,
ciò che la scienza può attingere non sono le cose in sé, come ritengono i dogmatici ingenui, ma solo le relazioni tra le cose. Al di fuori di tali relazioni non c'è realtà conoscibile".
(J.H. Poincaré,
La Scienza e l'Ipotesi, Edizioni Bompiani 2003, p. 5)
"Nel procedimento scientifico gli elementi di carattere metafisico vanno messi da parte e si devono sempre considerare i fatti osservabili come la fonte ultima delle nozioni e delle costruzioni.
La rinuncia a comprendere 'la cosa in se', a conoscere la verità ultima, a svelare la più riposta essenza del mondo, sarà forse psicologicamente ardua per gli ingenui entusiasti, ma è in realtà uno degli atteggiamenti più fruttuosi del pensiero moderno"
(R. Courant, H. Robbins,
Che cos'è la matematica?, Edizioni Boringhieri 1971, p. 31).
"... non è possibile dire di una singola decisione che è sbagliata ma solo che un complesso di decisioni è coerente oppure incoerente.
La cosa importante sono le relazioni tra eventi o decisioni, non i singoli eventi o le singole decisioni"
(D.V. Lindley,
La Logica della Decisione, Edizioni Il Saggiatore 1990, p. 29).
Ragnar Frisch, al Congresso Mondiale dell'Econometric Society, tenutosi a Roma dal 9 al 14 settembre del 1965, non esitò a parlare di
baloccometria, per ironizzare sugli abusi di quella stessa disciplina, l'econometria, di cui era stato un pioniere, per invitare a un uso più consapevole dell'armamentario statistico-matematico. La matematica e la statistica non danno oggettività alle cose, sebbene in molti abbiano la tendenza a vedervi qualcosa di magico. La matematica e la statistica sono lenze che possono aiutare a pescare meglio, ma di sicuro non possono pescare pesci di specie diverse da quelle presenti nel mare in cui le si getta, non possono trasformare il
relativo in
assoluto.
Questa è la frontiera in fatto di "metodi scientifici", giusto per conoscenza, e per perimetrare con esattezza il valore dei risultati raggiungibili con il loro impiego.
Poi, personalmente, tornando ai francobolli, io non accetterò mai di pagare di più un colore pregiato sol perché un "metodo scientifico" ha confermato la tinta, se il mio occhio, che resta sovrano, non la riconosce come tale a prima vista, d'istinto, immediatamente.
Ma questo è tutto sommato secondario, perché io alla fine non colleziono colori. C'è invece un punto tecnico che mi interessa.
valerio66vt ha scritto: 29 luglio 2018, 18:01
Sono riuscito ad estendere il concetto del "saturation cost" da un livello bidimensionale a tridimensionale introducendo quello che in statistica è la deviazione media standard per quantificare la presenza o meno del colore principale nella tinta del francobollo ed ottenere dei range sferici che delimitano le varie tinte.
Non capisco. Una distribuzione è di regola riassunta da quattro parametri, e precisamente: anzitutto la media, che la localizza; poi la deviazione standard, che fornisce un'indicazione sulla dispersione; a seguire l'asimmetria, che ci dice quanto è sbilanciata; e infine la curtosi, che ci informa sulla probabilità di osservare valori estremi.
Perché dici che l'introduzione della deviazione standard ti fa balzare in tre dimensioni? Quali sono le altre due? Questo, però, forse interessa solo me, e capisco che come dici tu può non essere facile parlare "via" forum.
In bocca al lupo per tutto, e se pubblichi qualcosa, magari con una bella appendice tecnico-matematica, sicuramente ti leggerò.
