La parola angherìa assume il significato odierno di sopruso, prepotenza.
Deriva dalla parola di origine medioevale angarìa o angària (al plurale angarìe o angàrie) che indicava una forzata prestazione d’opera in materia di lavori o di trasporti o di conferimento di bestiame, imposta dal signore ai suoi vassalli.
Essa comprendeva anche svariate prescrizioni per quanto atteneva alla posta, come indicato in un editto imperiale in cui erano elencate le pochissime categorie esentate da questo obbligo, inducendoci quindi a ritenere che tutti gli altri fossero invece tenuti al rispetto di questi obblighi, peraltro assai onerosi, che prevedevano il contributo al cursus, sia personale che con mezzi di trasporto.
E proprio dalla forza con cui l’Imperatore poteva imporre o esentare da tali angarìe i suoi sudditi, si poteva valutare l’integrità o la dissoluzione dell’autorità dello Stato.
Però il miracoloso edificio politico eretto dall’abilità e dalla fortuna di Carlomagno non gli sopravvisse e, ben presto, il turbine delle ambizioni feudali e individuali ed il contrasto continuo con la crescente autorità della Chiesa, minò profondamente l’autorità imperiale.
Era fatale che la posta, dopo aver condiviso l’ascesa del potere centrale, dovesse seguirne le sorti nella rapida decadenza verso la confusione.
Inutilmente Ludovico il Pio e Carlo il Calvo tentarono una strenua difesa degli istituti postali.
Oppressa dalla polverizzazione della sovranità imperiale e dalla prepotenza dei feudatari, la posta di Carlomagno si dissolse con molta rapidità, non più tutelata da quell’autorità con cui il re dei Franchi ed Imperatore del Sacro Romano Impero aveva creduto di poter ricreare la grandezza dell’antica Roma.
Antonello Cerruti
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