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14 MARZO 1879 – NASCE ALBERT EINSTEIN

Nato ad Ulm, in Germania, Albert Einstein è morto a Princeton nell’aprile 1955, fin da piccolo mostrò un carattere riservato e a causa della dislessia imparò a parlare molto tardi. L’amore che nutriva per la scienza lo rendeva insofferente alle rigide regole scolastiche, con inevitabili conseguenze sul suo rendimento come studente.

Laureatosi al Politecnico di Zurigo, nel 1900 iniziò a lavorare all’Ufficio Brevetti di Berna, dedicando comunque molto tempo allo studio della fisica, i cui frutti raccolse in tre memorie pubblicate nel 1905. Una di queste espose i principi della teoria della relatività ristretta, primo atto verso quella teoria della relatività generale che più tardi rivoluzionò la fisica classica, rielaborando il sapere newtoniano.

Un’altra memoria, dello stesso anno, sull’Elettrodinamica dei corpi in movimento gli valse il premio Nobel per la Fisica nel 1921, motivato «per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico». Nel 1916 pubblica “I fondamenti della teoria della Relatività generale”.

Perseguitato dal regime nazista in quanto ebreo e per le sue posizioni pacifiste, emigrò negli USA, da dove si batté con passione contro il pericolo di una guerra nucleare, presentando a Londra, insieme al filosofo Bertrand Russel, un manifesto in favore del disarmo nucleare, introdotto dalla celebre frase «Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto». (Dal sito mondi.it)

 

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30 AGOSTO 1871 – NASCE ERNEST RUTHERFORD

« Nella scienza esiste solo la Fisica; tutto il resto è collezione di francobolli.»
(Ernest Rutherford)

Ernest Rutherford è stato un chimico e fisico neozelandese (in seguito naturalizzato britannico) che vinse il Premio Nobel per la Chimica nel 1908.
Grazie ai suoi studi fu il precursore della teoria orbitale dell’atomo (scoprì il cosiddetto “scattering Rutherford”, con l’esperimento della lamina d’oro sottile). E’ oggi comunemente considerato il padre della fisica nucleare.

Nasce il 30 agosto del 1871 a Brightwater, nei pressi di Nelson, in Nuova Zelanda. Dopo avere frequentato il Nelson College, si iscrive al Canterbury College, ottenendo tre diplomi.
Impegnato nella ricerca nel campo della tecnologia elettrica, a ventiquattro anni si trasferisce in Gran Bretagna, per dedicarsi a studi post-laurea al Laboratorio Cavendish dell’Università di Cambridge, dove rimane per tre anni, complice l’iscrizione al Trinity College.
Rutherford consegue, tra l’altro, il primato mondiale relativo alla distanza di rilevazione delle onde radiofoniche e conia le espressioni “raggi alfa” e “raggi beta” nel corso delle sue investigazioni a proposito della radioattività.
Nel 1898, ad appena ventisette anni, viene nominato alla cattedra di fisica di un’università canadese, la McGill University, dove inizia a lavorare alle ricerche che, nel 1908, gli permetteranno di ricevere il Premio Nobel per la Chimica, dopo essere riuscito a dimostrare che la radioattività non è che la disintegrazione spontanea degli atomi.
Il nucleo degli atomi e l’età della Terra
Il merito di Ernest Rutherford è quello di rendersi conto che in un campione di materiale radioattivo metà del campione decade sempre nello stesso arco di tempo – è il cosiddetto tempo di dimezzamento -, trasformando tale osservazione in un’applicazione pratica del fenomeno, attraverso il ricorso al tasso costante di decadimento come un orologio, da utilizzare per capire l’età della Terra.
Proprio grazie a questa intuizione lo studioso neozelandese riesce, quindi, a capire che il nostro pianeta è decisamente più anziano rispetto a quel che ritengono quasi tutti gli scienziati a lui contemporanei.

Dopo avere assunto la cattedra di Fisica presso la Victoria University of Manchester, Rutherford scopre l’esistenza del nucleo atomico degli atomi. Nel 1919 è il primo uomo in grado di trasmutare un elemento chimico in un altro elemento chimico: ci riesce con l’azoto, che attraverso una reazione nucleare viene trasmutato in un isotopo di ossigeno.
Le scoperte successive
Lavorando fianco a fianco con Niels Bohr, che aveva dato vita a un modello atomico per il quale gli elettroni, come in un sistema planetario, si muovono in orbite ellittiche o circolari, Ernest Rutherford propone un’ipotesi sull’esistenza di particelle neutre, vale a dire i neutroni, in grado di equilibrare l’effetto repulsivo dei protoni (e, nello specifico, delle loro cariche positive), attraverso un aumento delle loro forze nucleari attrattive, in modo che i nuclei degli atomi pesanti riescano a non disintegrarsi.
Tornato al Laboratorio Cavendish in qualità di direttore nel 1917, eleva il livello della struttura al punto che vengono assegnati Premi Nobel a James Chadwick, a John Cockcroft e Ernest Walton e a Edward Victor Appleton, rispettivamente per la scoperta del neutrone, per la scissione dell’atomo tramite un acceleratore di particelle e per la dimostrazione dell’esistenza della ionosfera.

Nel 1926 Ernest Rutherford pubblica “The electrical structure of matter”, mentre nel 1933 dà alle stampe “The artificial transmutation of the elements”. Dopo essere stato nominato Barone Rutherford di Nelson di Cambridge, nella Contea di Cambridge, e aver pubblicato “The newer alchemy”, il padre della fisica nucleare, oltre che precursore della teoria orbitale dell’atomo, muore il 19 ottobre del 1937 all’età di 66 anni.

ERNEST RUTHERFORD SU WIKIPEDIA

27 MARZO 1886 – NASCE L’ARCHITETTO MIES VAN DER ROHE

Mies van der Rohe: L’architetto e designer tedesco fu uno dei protagonisti dell’architettura della prima metà del Novecento e considerato un maestro del Movimento Moderno.

Nato ad Aachen, iniziò ad avere le prime esperienze in ambito edilizio lavorando alla cava di famiglia. Unendo agli studi le frequentazioni dei cantieri e degli architetti locali, maturò una notevole abilità nel disegno a mano libera. Nel 1907 entrò nello studio Behrens e qui si trovò a collaborare con grandi protagonisti come Gropius e Le Corbusier, maturando uno stile frutto della sintesi del costruttivismo russo e del neoclassicismo tedesco.

La lunga carriera di Mies van der Rohe si è sviluppata principalmente tra la Germania e gli USA. Tuttavia le sue realizzazioni sono presenti anche in altri paesi, quali Polonia, Repubblica Ceca, Spagna e Messico. Nell’ambito dell’architettura le opere di Mies van der Rohe sono tra le più conosciute e famose al mondo, esempio ne è il padiglione di Barcellona, struttura costruita per essere solo temporanea ma ricostruita e ora considerata un’opera tra le principali di Barcellona.

Mies van der Rohe: Crown Hall,
Illinois Institute of Technology,
Chicago, 1956

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Una galleria delle più celebri realizzazioni

25 MARZO 1436 – Consacrata la cattedrale di Santa Maria del Fiore

Consacrata la cattedrale di Santa Maria del Fiore: Dal Medioevo al Rinascimento, la sua costruzione attraversò quasi un secolo e mezzo di storia cittadina. Quando venne ultimata era la più grande cattedrale d’Europa, oggi è la terza più alta al mondo dopo la Cattedrale di Beauvais e la Basilica di San Pietro in Vaticano. Ma soprattutto è uno degli esempi più sublimi del Rinascimento italiano.

Con l’ascesa del ceto mercantile, appoggiato dalle famiglie di banchieri più potenti della città, Firenze visse tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento una fase di grande benessere economico, cui corrispose una crescita significativa dal punto di vista urbanistico. Insieme all’ampliamento di alcune piazze e alla realizzazione di una nuova cinta muraria, il governo cittadino promosse la costruzione di una cattedrale che incarnasse lo splendore di quegli anni.
Fulcro architettonico e spirituale era considerata all’epoca piazza San Giovanni con il Battistero romanico, dalla caratteristica pianta ottagonale. In corrispondenza del lato est di quest’ultimo (di fronte alla celebre Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti), sorgeva la cattedrale paleocristiana di Santa Reparata, che venne giudicata inadeguata, per le sue dimensioni ridotte, a rappresentare le nuove ambizioni della città.
Accantonata l’idea di ampliarla, se ne decise l’abbattimento per fare spazio a un edificio ex novo, per la cui progettazione venne incaricato Arnolfo di Cambio, che già dirigeva i lavori per il Palazzo della Signoria. L’architetto, allievo di Nicola Pisano, seguì uno schema classico a croce latina, con tre ampie navate. Fu il cardinale Pietro Valeriano Duraguerra, legato di papa Bonifacio VIII, a porre la prima pietra in occasione della Natività della Madonna del 1296 (8 settembre).
Morto Arnolfo nel 1310, gli subentrò Giotto che, assistito da Andrea Pisano, si dedicò esclusivamente al campanile, conferendogli un’inconfondibile impronta attraverso i marmi policromi verdi, bianchi e rossi. Tra continui rallentamenti l’opera fu ripresa nel 1367 da un team di quattro architetti e quattro pittori (tra i quali Andrea di Bonaiuto, Benci e Andrea di Cione) e successivamente da Francesco Talenti che le diede la forma definitiva, ampliando l’originario progetto di Arnolfo di Cambio.
All’inizio del XV secolo restavano incompiute la cupola e la facciata. Per la prima fu bandito un concorso nel 1418, che premiò il disegno rivoluzionario di Filippo Brunelleschi. L’ingegnere fiorentino concepì una cupola senza armature, che si reggeva grazie a un sistema di doppia volta con intercapedine: una sfida alla forza di gravità e ai canoni classici dell’architettura che sul momento fu giudicata una follia. L’opera, composta da mattoni rossi, lasciò senza fiato i fiorentini che la videro svettare su tutto il panorama della città.
Ultimata la cupola, non restava che consacrare la cattedrale e l’onore di questo compito toccò a papa Eugenio IV, che il 25 marzo del 1436, in coincidenza con il Capodanno fiorentino, la dedicò alla Vergine del Fiore, dove per fiore si sottintendeva il giglio, simbolo di Firenze. Nel ventennio seguente la cupola venne dotata di una lanterna con copertura a cono, sormontata da una palla di rame dorato con la croce, scolpita da Andrea del Verrocchio.
L’ultimo tassello, la facciata, fu al centro di continue dispute sul come dovesse essere concepita, rimandandone l’esecuzione fino alla fine del XIX secolo, quando venne incaricato dei lavori Emilio De Fabris. Lo stesso richiamò la struttura a marmi policromi del Battistero, perseguendo una sublime armonia stilistica tra i due monumenti.
Il fascino di Santa Maria del Fiore, oltre all’opera in sé, è legato all’impronta di grandi maestri del Rinascimento che qui operarono sotto la spinta illuminata dei Medici. Dal Vasari che affrescò l’interno della cupola con il tema del Giudizio Universale, a Donatello, Paolo Uccello e Andrea del Castagno cui sono attribuite le 44 vetrate del Duomo.
Oggetto di recenti restauri (dopo l’alluvione del 1966 e negli anni Novanta), Santa Maria del Fiore risulta ogni anno tra i cinque monumenti più visitati in Italia. Tra i luoghi di maggior richiamo, il Museo dell’Opera del Duomo che raccoglie opere d’arte provenienti dai tre edifici di piazza San Giovanni, tra cui spicca la splendida Pietà Bandini di Michelangelo.

FRANCOBOLLO 1995 CONVEGNO MONDIALE RELATIVITA’ FIRENZE
MONETA COMMEMORATIVA EMESSA 2013 NON CIRCOLANTE
PARTICOLARE DELL’INTERNO DELLA CATTEDRALE

 

 

 

 

 

 

 

La cattedrale su Wikipedia

Il SITO UFFICIALE

 

23 MARZO 1857 – INSTALLATO IL PRIMO ASCENSORE

Gli antichi dicevano che «il mondo è fatto a scale, c’è chi scende e c’è chi sale» e fino a due secoli fa…

Installato il primo ascensore per persone: Gli antichi dicevano che «il mondo è fatto a scale, c’è chi scende e c’è chi sale» e fino a due secoli fa nessuno poteva contestarlo. Poi qualcuno trasformò una cabina di ferro in un mezzo di trasporto sicuro e veloce. E la quotidianità domestica e lavorativa non fu più la stessa.
Nella Roma dei gladiatori (III secolo a.C.) non esisteva l’ascensore ma un congegno rudimentale che ne può essere considerato il più antico progenitore. Una pedana, azionata a mano o da animali da soma, trasportava i lottatori dai sotterranei all’arena. Quasi due millenni più tardi nelle fastose residenze reali del Seicento, come Versailles, era frequente imbattersi nella “chaise volante”, letteralmente “sedia volante”, ossia una sorta di poltrona mobile che, attraverso nascondigli e passaggi segreti, permetteva alle amanti di Luigi XV di svignarsela senza dare nell’occhio.
La necessità di dotarsi di impianti di sollevamento per persone emerse con forza nella prima metà dell’Ottocento, quando furono introdotti i primi esempi nelle miniere e nelle fabbriche. Il congegno sfruttava l’energia idraulica per sollevare, mediante un cavo, la cabina o gabbia bilanciata a sua volta da un contrappeso. Era un sistema tutt’altro che sicuro e gli incidenti mortali erano frequenti.
L’idea di applicarli all’uso abitativo fu ripresa negli Stati Uniti d’America, dove il boom edilizio, che a fine secolo avrebbe portato alla realizzazione dei primi grattacieli, si manifestava in quel periodo attraverso costruzioni con sempre più piani. Ad intercettare in anticipo queste istanze fu un industriale del Vermont, Elisha Graves Otis, che aveva iniziato come titolare di una segheria e in seguito come produttore di giocattoli.
Trasferitosi a Yonkers, alla periferia di New York, per dirigere una fabbrica, qui si era posto il problema di come spostare alcuni materiali ai piani superiori del capannone. Lavorando insieme ai figli sulle pedane di sollevamento allora in uso, riuscì nel 1852 a mettere a punto un sistema frenante a paracadute che garantiva maggiore sicurezza di quelli precedenti.
Due anni dopo ne dimostrò il funzionamento al Crystal Palace di New York, tra lo stupore dei presenti che rimasero attoniti alla vista di Otis sospeso in alto su una piattaforma; all’ordine di tranciare il cavo la gente chiuse gli occhi, temendo l’irreparabile, ma un attimo dopo si accorse che la piattaforma si era spostata in basso solo di qualche centimetro, grazie al nuovo freno di emergenza. L’episodio fece la fortuna dell’imprenditore che iniziò a vendere i suoi modelli su tutto il territorio nazionale, raccogliendo qualche consenso anche all’estero.
Il grande giorno che lo fece entrare nella storia arrivò il 23 marzo del 1857, con l’inaugurazione del primo ascensore per persone installato ai grandi magazzini E.V. Haughwout and Company, in quello che è oggi il SoHo, il quartiere degli artisti di Manhattan. Dello strepitoso successo che investì la Otis Elevator Company, da lui fondata nel 1853 e oggi maggior produttore al mondo di sistemi di trasporto verticale, Otis riuscì a godersi solo i primi assaggi, a causa di una difterite che in pochi anni lo condusse a morte.
Quel marchio nei decenni successivi entrò nei più prestigiosi edifici d’Europa e d’America, dalla Torre Eiffel all’Empire State Building, passando per il Cremlino e il Duomo di Milano. La maggior parte dei grattacieli della Grande Mela vennero dotati di ascensori Otis e tra questi anche le Torri Gemelle, distrutte dal tragico attentato terroristico dell’11 Settembre 2001. (Dal sito mondi.it)

L’ascensore su Wikipedia

 

 

20 MARZO 1800 – ALESSANDRO VOLTA PRESENTA LA PILA

Una scintilla scoccata quasi per caso spalancò alla fisica e alla tecnica orizzonti impensabili nell’epoca dell’illuminazione a gas. La scoperta di Volta mostrò una nuova fonte d’energia che di lì a poco avrebbe avuto innumerevoli applicazioni.

Il primo a studiare seriamente l’elettricità era stato il fisico britannico William Gilbert, cui si deve la paternità del nome stesso “elettricità”, coniato dal greco antico elektron, che vuol dire “ambra”; è strofinando quest’ultima con un panno che i Greci si erano accorti delle sue proprietà magnetiche. Verso la fine del XVIII secolo, il giovane Alessandro Volta, docente di fisica sperimentale all’Università di Pavia, era già noto per i suoi esperimenti sull’elettricità che lo avevano condotto all’invenzione dell’elettroforo, strumento in grado di rilasciare elettricità per strofinio e induzione.

Negli stessi anni era salito agli onori delle cronache scientifiche il medico bolognese Luigi Galvani, con le sue teorie sulla presenza di elettricità nei corpi organici. Nel corso di un esperimento su una rana si era accorto che le zampe dell’anfibio si contraevano anche dopo la morte, dopo averle toccate con la punta di uno scalpello; di qui era arrivato a teorizzare l’esistenza di un’elettricità animale, tesi accolta con entusiasmo da tutto il mondo accademico. Eccetto uno.

Volta non era affatto convinto che le cose stessero così e per lui quel fenomeno si spiegava con il contatto di metalli diversi. Ne nacque un’aspra diatriba che spaccò il mondo accademico in due fazioni, Galvaniani e Voltiani. Prevalsero le ragioni di questi ultimi, anche se il tempo restituì dignità scientifica alle tesi di Galvani, oggi riconosciuto come lo scopritore dell’elettricità biologica. Volta, dal canto suo, trasse dalla polemica maggior impulso a proseguire le sue ricerche.

Un articolo letto sul Journal of Natural Philosophy lo mise, involontariamente, sulla buona strada. L’autore, e suo collega, William Nicholson lo invitava apertamente a perfezionare l’elettroforo, partendo dai risultati di recenti test effettuati sulle torpedini, pesci cosiddetti elettrofori (ovvero in grado di produrre campi elettrici). Il suggerimento erroneo era di utilizzare un disco di resina e uno di metallo, da strofinare con pelle di gatto.

Accortosi dell’errore, Volta trasse lo spunto giusto da quella lettura, provando a moltiplicare i contatti tra metalli diversi. Nel 1799 realizzò due colonnine di legno, impilando all’interno di ognuna coppie di metalli conduttori diversi, nella fattispecie dischetti di zinco e rame separati da strati di feltro imbevuto di una soluzione salina, così da produrre un fluido elettrico continuo. Completava l’opera un filo di rame che metteva in contatto le due estremità, facendo circolare e rilasciando corrente.

Era di fatto un primo prototipo di generatore statico di elettricità, una sorta di progenitore di quelle che oggi chiameremmo batterie. Il nuovo dispositivo, inizialmente indicato come apparato elettromotore, venne esposto da Volta in una lettera inviata al presidente della Royal Society, Joseph Banks, il 20 marzo del 1800. Quel documento rappresentò la prima dimostrazione ufficiale del funzionamento della “pila di Volta” o pila voltaica, come venne identificata successivamente.

Il mondo scientifico comprese di trovarsi davanti a una svolta epocale: per la prima volta aveva a disposizione uno strumento in grado di produrre corrente in modo ininterrotto, aprendo di fatto all’era dell’elettricità e a ricadute tecniche formidabili. Nel corso del secolo questo fu il punto di partenza per numerose scoperte, tra cui il telegrafo elettrico, la lampadina, la radio.

La fama di Volta varcò in poco tempo i confini nazionali ed europei e tra i riconoscimenti ottenuti entrò nella storia la dimostrazione della pila al cospetto di Napoleone Bonaparte, che ne rimase affascinato a tal punto da offrirgli la Legion d’Onore e un cospicuo premio in denaro. (Dal sito mondi.it)

La pila di Volta su Wikipedia

BANCONOTA 10.000 LIRE ALESSANDRO VOLTA

 

MONETA DA 10 LIRE REPUBBLICA DI SAN MARINO ALESSANDRO VOLTA 1984

19 MARZO 1932 – Inaugurazione del Sydney Harbour Bridge

Inaugurazione del Sydney Harbour Bridge

Si era nel periodo di maggiore crescita economica per l’Australia, guidata dal premier laburista Huges, quando, il 28 luglio 1923, fu posta la prima pietra per il Sydney Harbour Bridge. Il progetto fu realizzato dalla ditta britannica Dorman Long e Co Ltd di Middlesbrough, sotto la supervisione dell’ingegnere John Bradfield che prese a modello l’Hell Gate Bridge di New York.
Ultimato nel 1932, la struttura fu considerata avveniristica per quell’epoca e tra le più grandi al mondo: sei corsie destinate al traffico veicolare, ferroviario, pedonale e ciclabile. L’originale profilo dell’arco ispirò ai cittadini di Sydney il soprannome familiare di “gruccia” o “appendiabiti”. Da quest’imponente struttura, che collega il cuore della city (CBD) con il quartiere residenziale di North Shore, si gode il panorama più suggestivo della metropoli australiana, che comprende il Porto e la celebre Sydney Opera House. (Dal sito mondi.it)

Per il 75° anniversario furono coniate anche delle monete commemorative

MONETA SYDNEY HARBOUR BRIDGE 2007

 

Il ponte su Wikipedia (in inglese)

13 MARZO 1871 – Herschel scopre il pianeta Urano

Herschel scopre il pianeta Urano: Settimo pianeta del sistema solare, a partire dal Sole, e con un diametro 4 volte più grande di quello della Terra, Urano è stato il primo pianeta scoperto grazie al telescopio.

Scambiato erroneamente per una stella nell’antichità, fu osservato per la prima volta da William Herschel, nella notte del 13 marzo 1781. L’astronomo tedesco, naturalizzato britannico, si servì di un telescopio riflettore, da lui costruito, grazie al quale si è accorto del movimento anomalo per una stella, arrivando a comprenderne la vera natura.

Distante dal Sole 19 volte più della Terra, ha un clima glaciale e una massa composta per la maggior parte da materiali ghiacciati (acqua, metano e ammoniaca). Una sua peculiarità è il colore blu, legato alla presenza di metano nell’atmosfera, composta prevalentemente da idrogeno ed elio. Un giorno su Urano dura 17 ore, mentre l’orbita viene completata in 84 anni.

Tra gli altri meriti attribuiti ad Herschel: la scoperta dei raggi infrarossi e la rappresentazione di un primo modello della Via Lattea. (Dal sito mondi.it)

William Herschel su Wikipedia

Urano su National Geographic