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Distacco delle due parti di un foglio di francobolli incollate

Distacco delle due parti di un foglio di francobolli incollate

Nel caso che ci trovassimo di fronte ad un grande blocco di francobolli nuovi, o addirittura un foglio intero piegato in due parti le quali si siano purtroppo incollate l’una all’altra dal lato gommato, è possibile tentare un’operazione di recupero agendo come segue:

munirsi di una pentola d’acciaio inox (no alluminio) del diametro non inferiore a cm. 24 e che sia di altezza superiore al mezzo foglio;
adagiare la pentola sul fianco, posizionandola fra due libroni in modo che non oscilli o rotoli via;
avvolgere il foglio esternamente in alto attorno alla pentola coprendolo con un panno morbido o un piccolo asciugamano;
è importante che la parte senza bordi sia rivolta verso l’apertura della pentola e che, conseguentemente, i quattro angoli risultino tutti rivolti verso il fondo della pentola;
utilizzare un phon per dirigere aria calda verso il fondo pentola dall’interno della stessa (non dall’esterno);
lasciar trascorrere qualche minuto fornendo sempre calore al fondo pentola;
controllare il foglio che inizierà piano piano a distaccarsi a partire dagli angoli;
proseguire senza fretta, aiutandosi se del caso con un tagliacarte per facilitare il distacco delle due parti incollate;
è raccomandabile di eseguire questa operazione in un ambiente già di per se molto secco.

 

Dal Forum di F&F – Gennaio 2008
Contributo di Lucio.
Elaborazione e adattamento: Luca Boldrini.

Corrosione da inchiostro: restauro dei documenti

Corrosione da inchiostro: restauro dei documenti

Nella nostra attività di collezionisti filatelici può capitare di trovarci di fronte a documenti antichi che, per diverse cause, hanno subito un deterioramento delle loro condizioni, e talvolta potrebbero rendersi necessarie delicate e difficili operazioni per il loro recupero.

Secondo le generali indicazioni del Museo Postale Britannico, questi sono i passaggi necessari per il restauro e la conservazione di documenti postali di epoche precedenti:
1) Test del pH (alcalino o neutro), fragilità della carta, sua sensibilità all’acqua e a solventi.
2) Pulizia della superficie con “spazzolini e gomme o raschietti” per rimuovere polvere ed altre impurità depositate sulla carta.
3) Rimozione di vecchi supporti cartacei.
4) Deacidificazione del pezzo e dimensioni originarie.
5) Ripararazione e/o rattoppo di aree perse o perdute.
6) “Rifoderatura” della carta se questa è fragile.
7) Rimontaggio del documento in un supporto o tasca non-acida.

In questa breve trattazione esamineremo il caso della corrosione della carta in dipendenza del particolare inchiostro usato per la scrittura, ed i relativi possibili rimedi.

Nell’immagine è mostrata una lettera viaggiata tra Elbing (Elbląg) e Bordeaux nel settembre/ottobre del 1824:

Al di la di evidenti problemi di cattiva conservazione, pieghe e strappi vari dovuti ad altre cause, la carta è vistosamente stata corrosa dall’inchiostro di tipo ferro-gallico utilizzato, come si può notare dai tagli in corrispondenza delle scritte, alcuni dei quali dovuti ad una “pulizia” effettuata per togliere via alcuni pezzetti di carta in fase di sgretolamento.

Per comprendere l’origine di questa corrosione, si deve sapere che l’inchiostro ferro-gallico veniva prodotto con acqua piovana, noci di galla (raccolte sulle querce o importate e comunque ricche di tannino) e olio di trementina a cui ognuno univa qualche ingrediente “accessorio” quale, per esempio, il vino (antiossidante o antigelo). Il tutto veniva bollito fino a raggiungere la viscosità ritenuta idonea, veniva filtrato ed addizionato di vetriolo (solfato di ferro). Quindi veniva lasciato riposare.
L’inchiostro risultante aveva però dei difetti:
a) un pH decisamente acido che tendeva a carbonizzare la carta dove la penna entrava più in profondità, nel caso di inchiostro “giovane”;
b) una spiccata sensibilità all’ossidazione con conseguente perdita di resa (vedi annulli prefilatelici marronastri/oleosi), nel caso di inchiostro “vecchio”;
c) una durata di colorazione nera troppo influenzabile dalla preparazione che, se errata, comportava un rapido viraggio al marrone della scritta.

Per stabilire se la corrosione presente su di un documento è imputabile all’inchiostro utilizzato, dobbiamo dunque ben esaminare il tipo di inchiostro.
Questo può esser ben riconoscibile in alcuni casi, mentre in altri può esser necessario accertare se si tratta di inchiostro ferro-gallico (ad esempio mediante il test descritto al seguente link:

http://www.preservationequipment.com/Store/Products/Conservation-Materials/Other-Materials/Iron-Gall-Ink-Test-Paper

Accertato che lo è, i metodi per prolungare la conservazione ad uno “stato d’essere” accettabile del documento possono essere diversi.
Attualmente i metodi più utilizzati sono:
– Controllo Situazionale
– Decidificazione
– Immersione in acqua bollente
– Splitting
– Fitato di Calcio

Esaminiamo più da vicino questi metodi.

Controllo Situazionale
E’ in realtà un non-trattamento, poiché non si agisce direttamente sull’oggetto ma si cerca di porlo in una situazione (climatica ad esempio) tale da frenare la velocità di corrosione.

Deacidificazione
Questo metodo è utilizzato per inibire il potere corrosivo dell’inchiostro utilizzando sostanze alcaline.
Il metodo di deacidificazione può essere acquoso o non-acquoso.
Gli agenti più utilizzati nel primo metodo sono il bicarbonato di calcio, bicarbonato di magnesio e idrossido di calcio.
Per il secondo, ad esempio, bario idrossido in metanolo e ossido di magnesio (anche se alcuni studi confermano che l’uso del magnesio a lungo andare crea un ingiallimento della carta ed una alterazione cromatica dell’inchiostro).
Esistono in commercio anche deacidificanti spray al magnesio carbonato in alcool che possono risultare utili.
Naturalmente entrambi i metodi hanno pro e contro; i contro più evidenti sono il potere diluente-lavante del sistema acquoso; la penetrazione e la ritenzione del solvente nella carta per il sistema non-acquoso.

Immersione in acqua bollente
Un altro metodo per far fronte all’azione degenerativa dell’inchiostro ferro-gallico è l’immersione in acqua bollente (in realtà 90°C) del documento, precedentemente collocato in buste di poliestere (es. Hollytex), eliminando così gli ioni degeneranti in una percentuale che oscilla dal 50% a quasi il 100%.
Non sono stati evidenziati problemi di decolorazione, ma in alcuni si è notata una maggior flessibilità della carta.

Splitting
Lo splitting, “sfaldamento” in italiano, è una tecnica che esiste da circa 160 anni e che ormai è totalmente meccanizzata.
Di per se è concettualmente semplice, poiché consiste nel dividere il documento in due parti distinte -recto e verso-, posizionarle su un supporto -tipo un sandwich- chimicamente stabile e ricomporre il tutto nuovamente in un unico foglio.
Una immagine presente sul sito dell’American Institute of Conservation ci aiuta a capire meglio come avviene questo procedimento:

A titolo esemplificativo, dal sito dell’Unesco, ecco l’immagine di un manoscritto appena diviso in due parti:

Tra le altre cose, questa tecnica è stata utilizzata da alcuni falsari per comporre (“rifoderare”) francobolli con filigrane più rare.

Fitato di Calcio
E’ una tecnica complessa che necessita di una preparazione ed una esecuzione molto accurate, e che per il momento non è il caso di approfondire in questa sede.

 

Dal Forum di F&F – Ottobre / Dicembre 2007
Contributi di ameis33, eurialo&niso, conzies e francesco luraschi.
Elaborazione e adattamento: Luca Boldrini.

Togliere il nastro adesivo dalle buste

Togliere il nastro adesivo dalle buste

Un problema abbastanza comune a tutti i collezionisti di filatelia è rappresentato dal fastidioso scotch o nastro adesivo che dir si voglia. Applicato sulle buste ed a volte addirittura sugli stessi francobolli, dopo circa 15 anni, degradandosi, assumerà una colorazione brunastra. Ad aggravare la situazione ci si metterà anche la colla che “rosicchierà” la carta nella zona di contatto.
A questo punto, per evitare i danni suddetti e anche per migliorare esteticamente la presentazione dei materiali filatelici (ad esempio per mostre e affini), bisognerà letteralmente rimuovere il problema.
Per fare ciò basta utilizzare un semplice ferro da stiro, riscaldato ad una temperatura appena al di sotto di quella utilizzata per stirare i tessuti sintetici e quindi:

1. ponete la busta su un piano rigido;
2. coprite la zona su cui è applicato lo scotch con un rettangolo di tessuto in cotone sottile;
3. passate sopra il tessuto col ferro caldo per diversi secondi e controllate se lo scotch cede (provate a tirare da un lembo). Se non dovesse cedere, continuate per qualche altro minuto. Se lo scotch resiste ancora, allora togliete il tessuto in cotone e passate il ferro da stiro, direttamente sullo stesso. Attenzione a non esagerare, altrimenti rischierete letteralmente di sciogliere il nastro adesivo sulla busta.

Se quest’ ultimo continua ad essere ostinato o comunque problematico nella rimozione, potete utilizzare 1-2 gocce di acetone sul retro della busta in corrispondenza del nastro adesivo, o ancor più efficacemente, nel punto di distacco che abbiamo ottenuto tirando delicatamente lo scotch dalla busta. IMPORTANTE: DOPO AVER UTILIZZATO L’ACETONE, NON RIUTILIZZATE IL FERRO CALDO. Infatti, l’acetone, non solo è facilmente infiammabile, ma sprigiona dei gas non proprio “salubri” a contatto con fonti di calore. L’acetone deve essere utilizzato solo come ultimo rimedio, quando il calore non funziona. Attenti, inoltre, all’acetone che può rovinare in parecchi casi i colori di molte tipologie di francobolli.
A questo punto, a distacco avvenuto, ripulite la superficie su cui prima vi era lo scotch con un panno bianco asciutto (possibilmente in cotone o comunque assolutamente non sintetico) imbevuto con qualche altra goccia del nostro acetone per togliere i residui della colla e… il gioco è fatto! La nostra busta è stata ripulita senza danneggiare nulla e senza lasciare strappi o stropicciature.
Da notare che, in linea di massima, questa tecnica funziona con tutte le etichette e strisce adesive che, però, siano di materiale plastico. Quando le etichette attaccate sulle buste sono di carta & affini, il problema è molto più difficile da risolvere, perché a contatto col ferro caldo le fibre della carta si arricciano, ed in alcuni casi, aderiscono ancora di più alla colla rendendo molto difficoltoso il distacco.

[ Lucas ]

Rimozione delle macchie dai materiali filatelici

Rimozione delle macchie dai materiali filatelici

La rimozione di varie tipologie di macchie o tratti non voluti dai materiali filatelici, è un altro di quei problemi abbastanza comuni e fastidiosi: alcune bellissime buste di storia postale, ad esempio, sono letteralmente “deturpate” da macchie di inchiostro o da numeri, codici e prezzi di chi li ha posti in vendita. Le varie tecniche di rimozione sono divise a seconda del tipo di macchie da rimuovere:

1. macchie varie di sporco
2. macchie di unto
3. tratti a matita e piccole macchie d’inchiostro

Partendo dal presupposto che vi siate accertati che il tipo di inchiostro utilizzato sulla busta o sul francobollo non sia idrosolubile (la maggior parte degli inchiostri antichi non lo è), andiamo nel dettaglio dei vari trattamenti:

1. MACCHIE VARIE DI SPORCO
Molte tipologie di macchie di sporco possono essere ripulite in modo soddisfacente utilizzando una soluzione di sapone liquido, puro ed incolore, senza profumi o altri additivi. La soluzione è composta da 3 o 4 gocce di quest’ultimo, disciolte (cercando di non creare schiuma) in ½ litro d’acqua distillata. Attenti a non concentrare ulteriormente la soluzione, pena lo scolorimento degli inchiostri presenti.
Un’altra soluzione è quella di utilizzare un “bagnetto” di acqua distillata calda (non bollente) con una piccola aggiunta di allume. Da ricordare sempre che, comunque, ogni lavaggio (anche di sola acqua distillata) toglie sempre “freschezza” ai nostri materiali filatelici: il trattamento deve essere eseguito solo nei casi più gravi, quando la “bellezza” e l’integrità degli stessi sono in pericolo.

2. MACCHIE DI UNTO
Se la macchia di unto è fresca, in molti casi sarà possibile risolvere il problema cospargendo della polvere di gesso nell’area interessata. Lasciate a riposare per mezz’ora e quindi ricoprite i due lati del francobollo o della busta con carta assorbente soffice ed assolutamente bianca. Stirate nei due versi con un ferro da stiro caldo (attenzione a non metterlo troppo forte) in modo da far finire l’unto nel gesso e quindi ripulite il tutto con un soffice pennello a secco. Ripetete l’operazione una seconda volta se necessario, ma a distanza di tempo (almeno 1 giorno), per lasciare il tempo alla carta trattata di uscire lentamente dagli “shock” fisici a cui è stata sottoposta.
Per la rimozione, invece, di vecchie macchie d’unto utilizzate della benzina chiara (quella che utilizzate per le filigrane) in questo modo: saturate la busta o il francobollo con la benzina e quindi metteteli tra due fogli di carta assorbente. Direzionate un phon ad aria calda sull’impacco ma state attenti a non esporlo direttamente alla fonte di calore: cercate di mantenere una temperatura non troppo alta ma abbastanza da poter sciogliere l’unto. ATTENZIONE ALLA VENTILAZIONE DELLA STANZA IN CUI ESEGUITE L’OPERAZIONE E SOPRATTUTTO ATTENZIONE ALLA TEMPERATURA CHE CREERETE SULL’IMPACCO. NON ESAGERATE COL CALORE PERCHE’ LA BENZINA POTREBBE PRENDERE FUOCO.

3. TRATTI A MATITA E PICCOLE MACCHIE D’INCHIOSTRO
Per la rimozione di segni a matita e di alcuni tipi di macchie d’inchiostro (generalmente di piccole dimensioni), è possibile utilizzare un po’ di pietra pomice in polvere su un cotton-fioc strofinando in modo estremamente delicato la parte interessata. I migliori risultati si avranno con carte compatte: se invece la carta è molto porosa, sarà molto difficile risolvere il problema perché i tratti a matita o le macchie d’inchiostro saranno stati assorbiti troppo a fondo nelle fibre. Da notare che questo metodo maltratta un po’ le fibre della carta, ma se lavorate con cautela questi danni saranno visibili solo al… microscopio!
Altro metodo per eliminare i tratti a matita è rappresentato dalla gomma pane, ma attenti ai materiali che vengono utilizzati per produrla: molte sono fatte di caucciù o cloruro di polivinile (PVC). Alcune gomme contengono abrasivi molto energici come la polvere di silice. Dovreste scegliere un tipo di gomma soffice per evitare al massimo i danni alla superficie cartacea. Le migliori in commercio, al momento, sono sicuramente la “Mars-plastic” della Staedtler e la “Magic-rub” della Faber-Castell. Ricordate che diverse cancellazioni delicate in successione sono molto meglio di una singola ma vigorosa. Evitate l’utilizzo di gomme colorate in quanto gli eventuali residui spesso rimangono intrappolati nella superficie ripulita, “colorando” i nostri materiali filatelici in modo non proprio “simpatico”. Una ricerca ha dimostrato, inoltre, che le gomme morbide si induriscono col tempo, e che le gomme a base di cloruro di polivinile (PVC), degradano lentamente: ecco perché dovrebbero essere custodite in una scatoletta di plastica che le preservi dagli agenti atmosferici in generale. Parlando più in particolare, bisogna anche dire, che la variante “#M-196” della “Magic-Rub” (diciamo una sottofamiglia della stessa) lascia una quantità di residui sulla carta veramente molto piccola rispetto anche alla stessa “Magic Rub” standard. Questi residui hanno un basso contenuto di cloro, un medio contenuto di ossido d’argento, e non contengono silice (sabbia molto fine) come abrasivo, rendendola forse la migliore gomma in assoluto.

[ Lucas ]

Rimozione delle tracce di fluorescenza

Rimozione delle tracce di fluorescenza

Può accadere che si debbano rimuovere delle tracce di fluorescenza che si sono trasferite su francobolli usati non fluorescenti, dopo che questi erano stati lavati e messi ad asciugare su carta assorbente precedentemente usata per materiale fluorescente.
Le particelle fluorescenti, come sappiamo, sono poco solubili.
E’ indicata allo scopo una bacinella di acqua distillata tiepida, dove scioglieremo un cucchiaio di alcool.
In alternativa all’alcool, è possibile operare con poche gocce di amuchina o candeggina.
Sciacquare una o due volte e risciacquare subito dopo in acqua distillata fredda.
Rimettere ad asciugare facendo attenzione, questa volta, ad utilizzare carta assorbente nuova e pulita.
E’ buona norma, per evitare inconvenienti di questo tipo, di cambiare spesso la carta assorbente.
Al posto della carta assorbente si può ricorrere anche ad una sottile tela di lino, ben stirata.
Per francobolli di particolare valore, è naturalmente consigliabile di effettuare un lavaggio senza presenza di altri francobolli, proprio per evitare qualsiasi tipo di contaminazione.

[ Contributi di aldo431, franco moscadelli e Lucio. Elaborazione: Luca Boldrini ]

 

La dentellatura dei francobolli

La dentellatura dei francobolli può essere eseguita con tre tipi diversi di perforatori:
– lineare
– a pettine
– a blocco

Il perforatore lineare per ogni battuta esegue la perforazione su un solo lato dei francobolli di una fila, prima in senso orizzontale, poi in senso verticale (o viceversa).

[ 1000 lire pacchi – dentellatura lineare ]

Il perforatore a pettine, così chiamato per la sua forma, per ogni battuta esegue la perforazione su tre lati contemporaneamente dei francobolli di una stessa fila.

[ 50 L. Scoutismo – dentellatura a pettine ]

Il perforatore a blocco esegue la perforazione su tutti i quattro lati contemporaneamente di tutti i francobolli del foglio.

[ 50 cent Imperiale sovrastampa P.M. – dentellatura a blocco ]

I francobolli dentellati linearmente si distinguono dagli altri osservando l’incrocio delle dentellature agli angoli del francobollo. Con il perforatore lineare, infatti, è praticamente impossibile che i fori impressi in orizzontale coincidano con quelli impressi in verticale e quindi i dentelli d’angolo risulteranno con una forma irregolare. I francobolli con dentellatura a pettine e soprattutto con dentellatura a blocco, invece, hanno angoli regolari.

I salti del pettine o del perforatore

Nel forum sono stati presentati alcuni francobolli più alti dell’emissione normale. Trattasi di varietà create dai cosiddetti “SALTI DEL PETTINE”, ossia una leggera traslazione verticale del pettine verticale o del perforatore lineare nel corso di due battute successive.

[ Dalla collezione di Paolo B. un 20 cent. del 1867 ]

Purtroppo dei buontemponi (talvolta anche commercianti filatelici) hanno proposto nei loro cataloghi di vendita (o d’asta) francobolli “affetti” da questi “salti” (che possono essere anche di dimensioni maggiori, quali di due dentelli o più) e cui i dentelli su un lato erano stati rifilati, come rari “non dentellati su un lato”.
Erik e Nicolò segnalano il ritrovamento di altri francobolli “più grande” della serie Volta, trattasi dell’1,25 Lire, con salto orizzontale del pettine.
Essendo questi francobolli con dentellatura lineare non presentano lo scalino ben visibile nelle emissioni precedentemente segnalate.

Interessante il 60 cent. Giubileo dentellato 11 presentato da Pino, che a giudicare dalla centratura della vignetta potrebbe essere il risultato di uno spostamento orizzontale del perforatore lineare di tre millimetri.

A questo punto i ritrovamenti aumentano così dalla collezione di Mirko abbiamo la seguente selezione: – sul primo Michetti cent. 50 su 40 bruno: salto del pettine verticale alto verso l’alto; – sul secondo Michetti cent. 50 su 40 bruno: salto del pettine laterale destro verso destra; – sul primo Michetti 40 bruno: salto del pettine laterale destro verso destra; – sul 10 cent. Leoni rosa carminio: il francobollo è molto difettoso e non può risultare valido come esempio in quanto è difficile stabilire dall’immagine di cosa si tratti. Ricordo che i Leoni come anche i Michetti sono noti con dentellatura Lineare anziché a Pettine, ma sono molto infrequenti. – sul secondo Michetti 40 bruno: salto del pettine laterale destro verso destra; – lieve anomalia di formato carta su 1,25 lire tipo Giubileo dentellato 13,5 a linea. Stupiscono le dimensioni del terzo francobollo in prima fila (40c. Michetti) e del secondo in seconda fila (sempre 40c. Michetti), non mi vorrei sbagliare ma quelli mi sembrano “salti del pettine orizzontale” della dimensione di tre (?) dentelli.

Chiaramente il salto del pettine provoca anche la nascita di una serie di francobolli più corti. Qui sotto un esemplare trovato da Mirko (tazzio24) del 5 cent Stemma di Savoia che sembra piu’ corto di un dentello. Vi ricordo che i francobolli più corti sono quotati solo su busta… e per motivi abbastanza ovvi.

Altri esempi tratti dal forum:

Ricordo, inoltre, che lievi anomalie del formato carta sono la norma, non l’eccezione, nel caso dei francobolli dentellati con il perforatore lineare manuale.

La dentellatura cieca

Il francobollo di Mirko sembra proprio essere un bell’esempio di “dentellatura cieca”, tale varietà non è citata né sul Sassone né sul CEI (rispettivanmente edizioni del 2002 e del 2003-2004) e neppure direttamente avevo mai riscontrato una dentellatura cieca su quel valore.
Posso solo dire che ho delle dentellature cieche totali su un’emissione coeva, quella di S. Francesco del 1926, precisamente sui valori da 30c. e da L.1,25, in entrambe le dentellature (linea 11 o 13); ma questi vennero stampati su carta di tipo diverso (quella adatta alla stampa in calcografia) e, normalmente, senza alcuna traccia di filigrana.
La dentellatura cieca è un difetto di dentellatura che può essere anche dovuto all’uso di una carta di tipo diverso, per esempio più spessa o di qualità inferiore.

Al riguardo, vedi per esempio le dentellature cieche riscontrabili su alcune tirature dei valori da 25 e 50 lire, su carta grigia e spessa – fino a 0.14 mm di spessore o più, quasi cartoncino — e sul 100 lire della serie democratica. In questi casi il pettine non riusciva ad esercitare una pressione sufficiente.
Le dentellature cieche parziali, da taluni chiamate anche “sincopate” possono essere dovute, quando non sono il requisito di una determinata emissione (come per esempio i francobolli per macchinette olandesi degli anni ’30), al cattivo allineamento del dispositivo di perforazione o ad aghi mancanti per rottura.
Sempre quelle parziali possono anche essere dovute, tenendo il tipo di carta costante, al deterioramento meccanico, dovuto ad usura, del dispositivo di perforazione e caratterizzano, per esempio, le ultime tirature di quei francobolli chiamati “Italia 1862, tipo Sardegna” perché poco dopo il pettine si guastò del tutto e si tornò ad utilizzare i francobolli non dentellati fino quasi a tutto il 1863 (e oltre, riguardo per esempio il segnatasse #1).
A voler essere pignoli, per alcuni dei motivi sopra elencati ed in alcuni di quei casi, un francobollo con dentellatura cieca (parziale o totale) potrebbe aver più diritto di esser chiamato varietà, perché tale caratteristica può identificare una certa parte di una tiratura, che non un francobollo non dentellato, varietà squisitamente occasionale (accidentale o fortuita) per quei francobolli che erano stati emessi come dentellati.
La realtà del mercato è ovviamente diversa, ed a ragione. Infatti un non dentellato, quando reca margini abbastanza ampi affinché possa essere periziato per tale, ha in genere un valore di mercato molto superiore che non un esemplare con dentellatura cieca, il non dentellato rappresentando una varietà molto più “spettacolare”, quindi apprezzata, dai collezionisti.

Nella collezione di Nicolò un francobollo “Giubileo” del 1926, stesso periodo quindi, forse una caratteristica frequente delle tirature dell’epoca.
Confrontando più esemplari Nicolò ha notato che la varietà è probabilmente dovuta alla più scadente qualità della carta, più porosa, mentre lo spessore è uguale al tatto.
E sempre del 1926 è la quartina con dentellatura cieca del 30 cent VII Centenario Francescano sotto rappresentata.

[ 30 cent. VII Centenario Francescano dalla collezione di Paolo B. ]

e della stessa serie il valore da 1.25 della collezione di Cyrano, abbinato ad un 1.25 + 60 centesimi Pro Opera di Beneficenza M.V.S.N.

[ 1.25 cent. VII Centenario Francescano e un 1.25+0.60 Pro Opera Previdenza M.V.S.N. dalla collezione di Cyrano. ]

Combattere i parassiti della carta

Con la premessa che il presente lavoro, frutto di varie esperienze riportate sul nostro Forum, è ben lungi dall’essere completo e dal rappresentare un trattato specialistico, e che dunque può ben essere integrato da nuovi e sempre graditi contributi, andiamo dunque ad esaminare quale minaccia per l’integrità delle nostre collezioni di francobolli, lettere e materiale filatelico in genere può venire dai cosiddetti parassiti della carta.

Il compianto Giovanni Riggi di Numana, nella sua rubrica “Il Lessico Filatelico Italiano” edita su “Il Postalista” ( http://www.ilpostalista.it ) scriveva testualmente:
“PARASSITA – Sostantivo – E’ un organismo vivente animale o vegetale che vive a spese di un altro individuo, nella maggior parte dei casi di un’altra specie o di manufatti. Molte muffe ed alcuni piccoli insetti sono i parassiti dei francobolli e delle collezioni filateliche, più genericamente della carta, in quanto si alimentano di cellulosa e di gomma. I parassiti più frequenti dei francobolli sono le muffe e la ruggine, ma termiti, tarme, pesciolini d’argento e simili sono i parassiti che procurano i maggiori danni alla carta e alle collezioni poco areate o conservate in ambienti poco favorevoli. Gli animaletti si eliminano immettendo negli armadi di conservazione dei blandi antiparassitari (vedi timolo) e le muffe si riducono areandole, spolverandole o esponendole brevemente alla luce.”
Mentre di muffe in genere si parla più specificamente nell’apposito speciale a cura del nostro Lucas, occupiamoci qui del pericolo costituito da alcuni piccoli insetti parassiti, cosiddetti Collemboli Symphypleona o semplicemente Collemboli, appartenenti alla famiglia degli apterigoti. Sono gli insetti più primitivi (alcuni studiosi li ritengono appartenenti ad un altro ordine) e sono diffusissimi sulla terra negli ambienti umidi (grotte, acquitrini, humus ed ovviamente nelle cantine); formano delle colonie numerose e si nutrono di tutto: polline, altri microrganismi e naturalmente, per restringere il campo a quanto di nostro interesse, anche della carta e della colla dei francobolli. Gli individui adulti sono millimetrici ma da giovani sono molto più piccoli (nell’ordine dei decimi di millimetro), quasi sferici e diafani. Sono mobilissimi perche posseggono un organo atto al salto. Sopravvivono solo in ambiente umido (pena il disseccamento), al buio e ad una temperatura inferiore ai 55°C.
Il timolo consigliato da Giovanni Riggi di Numana è eccellente nella prevenzione di possibile muffe, e può essere usato efficacemente anche per altri documenti cartacei: si tratta di cristalli, grandi più o meno come confetti, che sublimano a temperatura ambiente molto lentamente. E’ consigliabile porre un cristallo di timolo dentro un barattolino di vetro scoperto (anche una saliera può andar bene), a sua volta posto nell’armadietto dove conserviamo i nostri documenti. Come detto, siamo in una fase di prevenzione, ma se le muffe si sono già formate il timolo è inefficace, anche se può impedirne il diffondersi. In questo caso sono necessari trattamenti più energici, per i quali si rimanda allo speciale dedicato proprio ai sistemi di eliminazione delle muffe.
Da esperienze riportate sul nostro Forum, prodotti naturali che hanno dato buoni risultati nel tenere lontani eventuali parassiti sono:

alloro (Laurus nobilis):
tenere alcune foglie di alloro (quello tipico che si usa anche in cucina), anche spezzettate, nell’armadio, nei cassetti, o anche tra i raccoglitori; sostituire le vecchie foglie con altre nuove ogni 6 mesi circa;

lavanda (Lavanda angustifolia):
racchiudere le infiorescenze della lavanda in una reticella da posizionare vicino ai raccoglitori da proteggere; sostituire le vecchie infiorescenze con altre nuove ogni 6 mesi circa;

ginkgo biloba:
tenere alcune foglie di ginkgo tra i libri ed i documenti da proteggere, sostituendole ogni 6 mesi circa;
“GINKGO BILOBA L.
Famiglia delle Ginkgoaceae genere e specie Ginkgo Biloba.
Pianta originaria della Cina.
Parti impiegate, le foglie.
Il Ginkgo è l’albero più antico sulla terra. E’ un’erba curativa, ha effetti benefici sulle malattie legate alla senilità, Biloba indica bilobato, perché le due foglie staccate sono unite tra di loro da una lamella, le due foglie tendono a separarsi anche se sono indissolubilmente legate, e simboleggiano il principio dello Yin e dello Yang, del Maschile e del Femminile, del principio secondo il quale la realtà è regolata dagli opposti. E per questo si attribuiscono alla pianta virtù magiche e curative. La pianta è usata da millenni in Cina.
Le foglie del Ginkgo si infilano tra le pagine dei libri per tenere lontano i parassiti della carta. E’ un albero millenario, robusto, che resiste all’inquinamento.
I semi di Gingko sono molto apprezzati, una volta tostati si chiamano pa-kewo e sono molto nutrienti, 67% di amido, 15% di albumina, 3% di grassi 15 di fibre.”

Occorre invece prestare molta attenzione a non usare gas od effluvi i quali possono seriamente nuocere ai francobolli ed agli inchiostri usati per la stampa, soprattutto ad alcuni colori come il blu ed i suoi composti (verde, lilla, ecc.).
Sono quindi sconsigliati antiparassitari spray che liberano del gas nell’aria, ma anche le compresse di canfora e la naftalina abitualmente usate contro le tarme, nonché le foglie di tabacco per via della nicotina che contengono.

Nel caso che invece che occorra procedere a disinfestare un ambiente nel quale sia stata già rilevata la presenza di parassiti, un prodotto insetticida il cui uso e la cui efficacia sono stati testati e ben descritti sul nostro Forum è il Biokill.
Si tratta di un insetticida di uso domestico, particolarmente efficace contro le infestazioni da acari, insetti simili e parassiti della carta per i quali risulta letale. E’ inodore, innocuo per l’uomo ed anche ecologico perché non contiene gas (è a spruzzo meccanico).
Prima dell’uso è consigliabile togliere i classificatori dall’armadietto o dagli scaffali, dopodiché spruzzare il prodotto sul legno (una dose anche blanda è sufficiente) e richiudere gli sportelli dell’armadietto se presenti. Attendere almeno due giorni prima di riporre nuovamente i classificatori.
E’ naturalmente consigliabile effettuare dei successivi controlli con cadenza periodica, per verificare la residua presenza di parassiti, e comunque ripetere l’operazione dopo circa sei mesi dalla prima disinfestazione, eventualmente abbinando il Biokill anche ad altro prodotto antimuffa specifico (se ne trovano diversi in commercio).
Maggiori informazioni sono reperibili sul sito web della casa produttrice: http://www.biokill.it.

Un altro temibile nemico per le nostre raccolte è il “Lepisma Saccharina”, più comunemente conosciuto come pesciolino d’argento

Il pesciolino d’argento (nome che nome deriva dalla sua forma che somiglia vagamente ad un piccolo pesce piatto) è una specie sinantropa, cioè vivente nelle abitazioni, e sicuramente ognuno di noi almeno una volta nella vita ha avuto a che fare con questo piccolo, sgusciante e velocissimo insetto. Questa specie sopravvive sul nostro pianeta da più di 300 milioni di anni. Il pesciolino d’argento è dotato di due antenne molto sensibili, e di tre cerchi anch’essi strumenti tattili molto efficienti. Il colore, che resta comunque “metallico”, cambia secondo il momento della mutazione della pelle (in realtà sono minuscole scaglie che perdono e rinnovano), e può variare da nero o scuro a bianco con riflessi argentei. La sua lunghezza varia da circa 4,5 mm fino a 1,2 cm. Di giorno predilige gli ambienti freschi umidi e oscuri delle abitazioni, trovando rifugio soprattutto nelle fessure e rotture dell’intonaco. Di notte invece, talvolta da solo, altre in compagnia di suoi simili, esce dal suo nascondiglio per girovagare in cerca di cibo, e come ben spiegato su wikipedia:
“il cibo preferito del pesciolino d’argento sono le sostanze che contengono amido o polisaccaridi come la destrina usata negli adesivi: l’insetto ama quindi la colla, le legature dei libri, le foto, i francobolli, lo zucchero, i capelli, la forfora e la polvere. Non disdegna neppure cotone, lino, seta, insetti morti o persino la sua stessa exuvia (la pelle persa nella muta). In caso non trovi altro cibo, il pesciolino d’argento può arrivare a rovinare capi in pelle (cinture, scarpe) o indumenti in fibra sintetica. Tuttavia, può restare senza cibo per mesi senza soffrirne.”

E’ evidente che il francobollo con la sua colla, specialmente se costituita da polisaccaridi, come la destrina e l’amido, è sicuramente un bocconcino più prelibato della cartaccia.

Per una disinfestazione ecologica il consiglio dato è di lasciare nei pressi della tana degli insetti, nelle ore notturne, una patata grattugiata. La mattina dopo la patata può essere gettata via insieme ai pesciolini che vi saranno rimasti.

[ Contributo del Forum di F&F.
Adattamento ed elaborazione: Luca Boldrini ]

Costruire una sweat-box

In talune situazioni, il lavaggio dei francobolli non è la migliore soluzione. Alcune volte è meglio utilizzare un metodo un po’ più delicato senza far andare in contatto con l’acqua il francobollo stesso. Questo è ad esempio il caso in cui bisogna staccare un francobollo nuovo con gomma che si è attaccato ad una pagina d’album cercando di rovinare il meno possibile la gomma, oppure quando si vuole staccare un francobollo da una busta che sappiamo già che perderà il suo colore a contatto con l’acqua (come le infami buste arancioni!!).

Quindi, facciamo lavorare per noi l’umidità. La tecnica in parole povere è semplicemente quella di creare un contenitore a tenuta stagna ed alcune spugne bagnate al suo interno: il calore dell’ambiente casalingo, farà evaporare pian piano l’acqua che molto delicatamente staccherà in nostri francobolli.
Ecco di cosa avete bisogno:

1. 1 contenitore a tenuta stagna trasparente (vanno bene quelli per conservare il cibo)
2. 2 spugne
3. Un piccolo cestino di plastica (come quelli per contenere la frutta)
4. 2 spilli da carta
5. 1 tappo di sughero
6. 2 tappi di plastica

Ed ecco come operare:
1. Prendete il contenitore a tenuta stagna (Fig. 1) che deve essere trasparente in modo da permettervi di guardare lo stato del vostro francobollo ed attaccate sul suo coperchio una spugna nuova bagnata precedentemente e strizzata in modo che non coli. Fissatela con i due spilli da carta al coperchio (Fig. 2).

2. Tagliate la parte superiore del cestino, se questo risultasse troppo alto per il contenitore in modo da farlo entrare tranquillamente dentro. Il cestino servirà ad evitare il contatto diretto del francobollo con la spugna (Fig. 3).

3. Posizionate quindi una spugna sempre precedentemente bagnata e strizzata, sul fondo del contenitore a tenuta stagna e quindi ponete sopra i 2 tappi di plastica che serviranno da “distanziatori” tra il cestino dove verrà posizionato il francobollo e la spugna sottostante (Fig. 4).

4. A questo punto, inserite il francobollo nel cestino di plastica e chiudete il tutto con il coperchio a cui avevamo precedentemente attaccato una spugna. Il tutto dovrebbe presentarsi come in fig. 5.

5. Quindi, per evitare che esca dell’umidità dai buchi fatti con gli spilli e per fissare la spugna al coperchio (ed anche per evitare di farsi male), attaccate alle punte che fuoriescono le due meta di un tappo di sughero precedentemente tagliato (Fig. 6)

Adesso aspettate con calma: a seconda della grandezza della scatola e dal calore dell’ambiente in cui l’avete posta, verranno pian piano a formarsi delle goccioline d’umidità che staccheranno in modo molto delicato i francobolli. Personalmente sono riuscito a staccare quasi perfettamente anche francobolli nuovi con gomma, intaccandoli veramente in minima parte (così come in alcuni casi non sono proprio riuscito a staccarli in quanto probabilmente la colla era troppo tenace).
Comunque, prima di utilizzare il lavaggio “feroce”, provate con questa “dolce scatola che più dolce non si può”.

[ Lucas ]

Incapsulamento

L’incapsulamento è una semplice tecnica creata per difendere dei documenti importanti (in questo caso quelli filatelici) dal logorio del tempo e dalla sporcizia. Consiste nell’inserire opportunamente il documento tra due fogli di poliestere (PET o Mylar che a dir si voglia), i cui bordi vengono sigillati (in questo caso) da un tipo particolare di nastro bi-adesivo. Dopo l’incapsulamento, anche un documento molto fragile può essere maneggiato senza rischi. Inoltre, caratteristica importante è il fatto che questa operazione è fatta assolutamente “a freddo” (quindi senza sprigionare gas o reazioni chimiche potenzialmente dannose) ed è reversibile: cioè basta ritagliare lungo i bordi della “capsula” per riavere il documento esattamente com’era.

E’ importante sottolineare che nell’incapsulamento, vengono sfruttate le proprietà della carica elettrostatica: per mezzo di essa il documento viene “fissato” alla pellicola di poliestere creando così un “supporto” che tiene uniti anche eventuali strappi riducendo il bisogno di ripararli.
Partendo dal presupposto, che in generale è sempre meglio deacidificare il documento prima di incapsularlo, parliamo dei materiali da utilizzare.
Il Mylar è resistente, flessibile e chimicamente stabile. Le qualità migliori ed assolutamente consigliate sono il Mylar-D della Dupont o il Melinex 516 che sono utilizzati a livello professionale dai restauratori. Sono disponibili in spessori che vanno da 1 millimetro a 4-5. Lo spessore della pellicola dovrebbe essere scelto in base all’estensione del documento da incapsulare: più esteso è il documento, più spessa deve essere la pellicola.
Per quanto riguarda, invece, il nastro adesivo da utilizzare per sigillare i bordi della “capsula”, l’unico riconosciuto dai restauratori professionisti è il “Bi-adesivo tipo 415” della 3M. E’ lo scotch più indicato e stabile in assoluto. Mi raccomando: NON UTILIZZATE ALTRI TIPI DI SCOTCH ALTRIMENTI GLI EFFETTI CORROSIVI DELLE COLLE METTERANNO IN SERIO PERICOLO I VOSTRI DOCUMENTI FILATELICI.

Quindi ricapitolando ecco i materiali che servono:

1. Taglierino molto ben affilato (sarebbe meglio un bisturi da restauratore)
2. Garza di lino priva di filaccia
3. 1 peso
4. 1 pulisci vetri (Figura A)
5. 1 rullo pesante (Figura B)
6. Poliestere pretagliato o in rotoli del tipo Mylar-D o Melinex 516 il cui spessore dovrebbe essere di 2-3 mm per documenti di piccola e media taglia e di 4-5 mm per documenti di taglia grande
7. Scotch del tipo “Bi-adesivo tipo 415” della 3M con larghezza che va da 5 mm a 1,5 cm in base all’estensione del documento da incapsulare

ISTRUZIONI
1. Se volete utilizzare un foglio di supporto da mettere dietro al documento, sagomate un foglio di carta o cartoncino acid-free delle dimensioni del documento.
2. Sagomate quindi 2 fogli di poliestere più grandi del documento da incapsulare di almeno 5 cm nelle due dimensioni.
3. Ponete un foglio sagomato di poliestere su un piano rigido e strofinatelo con la garza di lino, sia per togliere la polvere, sia per aumentare la carica statica che permetterà la perfetta adesione del documento alla pellicola.
4. Mettete al centro del foglio di poliestere, se avete deciso di utilizzarlo, il foglio di supporto acid-free ed il documento al di sopra del tutto. Se non utilizzate il foglio di supporto allora ponete al centro solo il documento.
5. Mettete un peso al centro del documento per tenerlo fermo come nella figura sotto.

 

 

 

6. Applicate lo scotch al foglio di poliestere intorno ai bordi del documento lasciando uno spazio che va da 4 mm a 8 mm tra il bordo del documento e quello dello scotch come da figura sotto.

 

 

 

 

Le estremità dello scotch dovrebbero essere tagliate in modo rettilineo e congiunte solo su 3 angoli senza sovrapposizioni come da figura C. In alternativa, per ottenere un effetto più elegante, potete tagliarle diagonalmente come in figura D. L’importante è lasciare libero almeno 2-3 mm al quarto angolo per permettere la fuoriuscita dell’aria. Non togliete il supporto cartaceo dalla parte adesiva dello scotch a pancia in su.

 

 

 

 

7. Strofinate il secondo foglio di poliestere con la garza
8. Rimuovete il peso dal documento e ponete al di sopra il foglio di poliestere appena strofinato.
9. Riposizionate il peso al centro del foglio di poliestere.
10. Sollevate un angolo della pellicola superiore e togliete con attenzione il supporto cartaceo dello scotch lungo un lato del documento. Abbassate l’angolo della pellicola e pressate per far ben aderire allo scotch come da figura. Ripetete l’operazione anche per gli altri 3 lati.

 

 

 

 

11. Per rimuovere l’aria tra i fogli di poliestere, fate scivolare il pulisci vetri sopra l’involucro in direzione del piccolo spazio lasciato aperto nel quarto angolo.

12. Passate il rullo in corrispondenza dello scotch in modo da far aderire bene quest’ultimo alla pellicola sigillando il tutto.
13. Sagomate l’involucro ottenuto attorno allo scotch lasciando da 5 mm a 1 cm di bordo su tutti i quattro lati.
14. Arrotondate gli angoli per evitare graffi o strappi su altri documenti.

Da notare che questa tecnica richiede un po’ di pratica per ottenere dei buoni risultati. Fate diverse prove prima di cimentarvi con il documento vero e proprio.

[ Lucas ]