Un
amico ama dire spesso: le vecchie marche da bollo in genere valgono poco o
niente, tranne quando se ne occupa la filatelia.
Questa è una delle tante dimostrazioni di questo assunto.
Un
"Medaglione" con il valore di 10 corone.
Da anni continuano ad essere proposti
ed offerti, anche in importanti aste filateliche, degli oggetti che vengono
definiti come «prove di francobolli non allestiti», oppure «non
emessi».
Le
descrizioni in alcuni cataloghi d'asta. Nell'ultima, con
l'espressione «Croce Rossa», è stato male interpretato il
certificato del perito, dove fa riferimento al formato delle
marche che è quello dei francobolli emessi nel 1915-16 a favore
della Croce Rossa (Sassone nn. 102-105)!
Secondo queste descrizioni, si doveva trattare di una serie di francobolli,
definita anche "Medaglioni", destinata ad essere usata nelle Terre
Redente, ovvero in quei territori che, prima della conclusione della prima
Guerra Mondiale, erano soggetti alla sovranità dell'Impero d'Austria.
Nonostante
la profusione in questo certificato (ed in altri emessi dallo stesso
perito nella medesima data) della parola
"francobollo", mai le marche "Medaglioni" sono
chiamate con questo sostantivo.
A volte sono corredati da certificati peritali dove l'esperto evita
accuratamente di definirli con la parola «francobollo», anche se
nei suoi certificati questa parola si spreca: «...esemplari del formato
dei francobolli d'Italia...», «...fogli stampati
dall'Officina statale carte-valori di Torino sulla carta usata per i francobolli
recante in filigrana quattrocento corone e "Franco Bolli
Postali" lungo i lati minori...» [evidenziazioni mie -
N.d.A.].
Un testo ricco di descrizioni banali e inutili che non sarebbero mai state
usate neppure per un francobollo della massima rarità, come ad esempio
arrivare a scrivere, a proposito della filigrana, della «...cifra
"4" che contraddistingueva il telaio per la fabbricazione della
carta filigranata.»!
Sono solo parole messe lì per confondere, per fare fumo senza definirne
correttamente la loro natura; già questo dovrebbe indurre a qualche sospetto.
La
serie completa nei valori da 1, 2, 10 e 20 corone, più un
quinto esemplare senza indicazione di valore, in quanto
gratuito.
Come dovrebbe suggerire prudenza il fatto che non sono repertoriati nei
cataloghi di francobolli, neppure in quei cataloghi che sono noti per la
loro generosità nell'attribuire la parola «francobollo» ad oggetti
la cui genesi appare molto dubbia.
Una
banconota del Regno d'Italia: è visibile in basso al centro il contrassegno di
Stato.
Osservando la vignetta, dovrebbe
destare attenzione il fatto che manca l'indicazione dello Stato emittente,
già obbligatoria all'epoca, con esclusione della Gran Bretagna che da
sempre ne era esonerata.
Ma anche il disegno dovrebbe suscitare dei dubbi: il "Medaglione"
raffigurato non è altro che il contrassegno di Stato (una testa d'Italia
diademata)
che compariva all'epoca, e per qualche decennio, sulle banconote del Regno
d'Italia, poi sostituito dalla testa di Medusa e successivamente dagli
stemmi delle Repubbliche Marinare.
Era quindi un simbolo che aveva maggiori affinità con il Ministero del
Tesoro piuttosto che con quello delle Poste e Telegrafi.
Particolare
del contrassegno di Stato rappresentante una testa d'Italia
diademata usata per decenni nelle banconote del Regno
d'Italia.
Infatti si tratta di marche fiscali, quindi non sono francobolli, emesse nei valori da 1, 2, 10 e 20
corone (e forse anche 1.000 corone!) più un'altra che non reca alcun valore,
essendo gratuita.
Furono predisposte, e lo dimostra anche il valore espresso in valuta
austriaca, per i territori che erano appena passati sotto la sovranità
italiana e che venivano denominati "Terre Redente".
Una
obbligazione da cento corone dell'ottavo prestito di guerra emessa il 1°
giugno 1918 con apposta la marca fiscale. (da
"Speciale Cronaca Filatelica" n. 4, marzo-aprile 1999)
Come
tutte le nazioni, anche l'Austria aveva emesso dei prestiti
obbligazionari. In aggiunta a quelli consueti per il fabbisogno
dell'Impero, molte sottoscrizioni erano state lanciate per sostenere le
ingenti spese cui andava incontro nel corso della guerra.
Naturalmente questi prestiti venivano sottoscritti dai cittadini
austriaci, compresi quelli che vivevano nei territori che, alla fine della
guerra, sarebbero stati occupati dall'Italia.
Concluso il conflitto, i residenti ebbero la possibilità di accettare la
nazionalità italiana oppure di optare per quella austriaca mentre lo
Stato italiano, tramite il Ministero del Tesoro, si faceva carico di
queste obbligazioni riconoscendole e legittimandole garantendone il
rimborso, probabilmente caricando anche questa partita sul conto dei danni
di guerra.
Per fare questo vidimò gratuitamente le vecchie obbligazioni cartacee
applicando una di queste marche che vennero poi annullate con un timbro in
cartella «TESORO ITALIANO» impresso con inchiostro nero o
violaceo.
Particolare
di una marca fiscale apposta per convalida su un titolo
obbligazionario dell'ex Impero d'Austria, annullata con il
timbro «TESORO ITALIANO».
Non era una prassi inconsueta: in quegli stessi anni, ad esempio, nazioni
nate dallo sgretolamento dell'Impero Asburgico applicavano delle marche
fiscali sulle banconote austro-ungariche per legittimarne la circolazione
fino a quando non fossero state predisposte quelle nuove.
Marca
fiscale applicata su una banconota austro-ungarica per
trasformarla in modo controllato, dietro pagamento di un
diritto dell'1% (20 haleru), in banconota della neonata Repubblica
Cecoslovacca in attesa della stampa e distribuzione delle
nuove.
Questi rettangolini di carta dentellati non sono pertanto «prove di
francobolli non allestiti» o «non emessi», ma marche fiscali
che furono anche usate.
Non è facile spiegare come siano note, annullate con il timbro del
Tesoro, solo quelle gratuite, senza valore, mentre -a quanto mi risulta-
non sono conosciute usate quelle con il valore in corone.
Alcuni ipotizzano che queste ultime possano essere state usate per
convalidare a titolo oneroso le obbligazioni presentate da banche o
società per l'incasso, con la conseguente successiva distruzione del
documento, spiegando così come non ne sia restata traccia. Quelle in mano
a privati (gratuite) invece potevano essere state dimenticate in qualche
cassetto.
Ma è solo un'ipotesi, che spiegherebbe così come di quelle a titolo
oneroso siano sopravvissute solo quelle nuove, non usate, provenienti,
quando ormai non servivano più, dalla dispersione di qualche archivio.
Spero in questo modo di avere chiarito lo status di questi
"Medaglioni" che rappresentano un interessante piccolo pezzo di
storia, ma che non hanno nulla a che vedere con la storia postale (nessuna
di queste marche è nota usata per posta) e la filatelia.