A San Sebastiano.
Il luogo, che una volta si trovava nella contrada di San Basegio (San
Basilio, la chiesa venne soppressa in forza del decreto del 18 settembre
1810 e poi, ormai ridotta a deposito di legname, demolita nel 1824) prende il nome dalla famiglia Balastro, originaria di Torcello,
che anticamente troviamo chiamata "Barastro" e che sarebbe venuta ad
abitare a Venezia nel 1207.
Le antiche cronache ci tramandano che da essa uscirono «...tribuni
antiqui, savii, piasevoli e di grande ardimento e vigore; non molto alti
di persona, ma molto grossi».
Il genealogista Marco Barbaro (1511-1570) affermava di aver visto Vitale e
Bascio Barastro tra i sottoscrittori di un privilegio fatto a dei mercanti
di Bari nel 1122. In questo privilegio Marin Sanudo (1466-1536) inserisce
anche il nome di un «...Basilius Balastro».
Sappiamo ancora che un Zulian (Giuliano) Barastro aveva ottenuto una
cavalleria nell'isola di Candia (Creta) già con la prima concessione del 1211 e che era originario del sestiere di
Dorsoduro e precisamente della contrada di San Basegio; cavallerie a
Candia furono ottenute negli anni successivi anche da altri componenti la
famiglia: Giacomo (1222), Basegio (1232) ed un
altro Giacomo nel 1252.
Membri della famiglia Balastro sedevano in Maggior Consiglio ancora prima
della serrata
del 1297: Andrea (1278-79), Giacomo (1283), Marino (1295) il quale rimase
nel Consiglio fino al 1302 ed ancora alcuni altri.
Un Giovanni Barastro, che nel 1494 era Procuratore sopra le rendite a
Costantinopoli, apparteneva invece ad un ramo della famiglia che si trovava
a Santa Margherita.
Il
campiello Balastro.
Un
simpatico "murale" dipinto su una finestra tamponata di un
ramo Balastro.
Invece
aveva
casa qui Ubaldino, o Baldino, Balastro che nel 1356 era stato mandato
ambasciatore presso Alberto II d'Asburgo (1298/9-1358) per persuaderlo di cessare d'infierire contro l'Istria ed il Friuli.
Questo stesso Balastro nel 1379 aveva fatto degli importanti prestiti alla
Repubblica.
I Balastro, che potevano vantare anche un arcivescovo a Durazzo, si
estinsero il 12 gennaio (o giugno) 1534 more veneto (o 1535) con la
morte di
Nicolò Balastro, figlio di Zuane (Giovanni) del fu Pietro: era podestà a
Bergamo.
Nel 1514 aveva notificato ai Dieci Savii sopra le Decime di possedere la casa
da statio (la casa dominicale) nonché altre diciassette case contigue
«...in contrà de san Basegio».
Questi luoghi nel 1846 erano stati erroneamente chiamati calle e campiello
Ballestra, o Balestra, storpiando il nome della famiglia Balastro:
Un'altra
inquadratura del campiello Balastro.
Oggi in questo angolo discreto della città si può scorgere una inusuale
concentrazione di numeri romani incisi sugli architravi di molte porte
d'ingresso. La presenza di questi numeri è piuttosto frequente nelle
vecchie case veneziane, ma una tale concentrazione (ne abbiamo contati
18!) in un luogo così circoscritto è certamente inusuale: non si tratta di una vecchia numerazione
civica, che fino all'arrivo dei francesi Venezia non ebbe mai in modo
sistematico, ma sono semplicemente numeri posti per identificare le
proprietà delle case, e qui probabilmente erano comprese anche le 17
casette di Nicolò Balastro.
Fino a quando la pittura resiste, o fino a quando la parete non verrà
intonacata, è possibile vedere qui un originale "infinito in
gabbia"!
I numeri romani incisi sugli architravi di alcune porte in calle Balastro
(tra parentesi il corrispondente attuale numero civico):
XVII (civico 1551).
XVIII (civico 1552).
XVIIII
(civico 1553).
XX
(civico 1554).
XXI
(civico 1555).
XXII
(civico 1556).
XXIII
(civico 1557).
XXIIII
(civico 1558).
XXV
(civico 1559).
XXVI
(civico 1560).
XXVII
(civico 1561).
XXVIII
(civico 1562).
XXXIII
(civico 1549).
I
numeri romani incisi sugli architravi di alcune porte in campiello
Balastro (tra parentesi il corrispondente attuale numero civico):