Basegò (corte, calle del)

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Corte e, in fondo, calle del Basegò.
Al Malcanton.
Giuseppe Boerio (1754-1832) nel suo "Dizionario del dialetto veneziano" definiva il basegò come «...Basilico o Bassilico o Ozzimo, Pianta annuale odorosissima, di cui si conoscono e si coltivano varie specie».
E' esistita quindi la voce popolare che farebbe derivare il nome di questi luoghi dal basilico, in veneziano basegò.
Tuttavia Giuseppe Tassini (1827-1899) proponeva che potesse esserci un riferimento al nome della famiglia Basilicò che ugualmente era volgarizzata in dialetto come Basegò, che avrebbe potuto abitare in zona.
Infatti sappiamo che un Giovanni Basilicò fu abilitato all'esercizio della cancelleria ducale nel 1684.
Basilicò, o Basegò, potrebbe essere una forma alterata del nome Basegio, o Baseggio, comune ancora oggi nel Veneto, con epicentro a Venezia e Padova, che altro non è che una cognominizzazione del nome Basilio, dal latino Basilius, adattamento del nome personale greco Basíleios ("regale", da basiléys che significa "re").
In corte del Basegò troviamo una bella vera da pozzo in pietra rossa che possiamo fare risalire alla prima metà del XV secolo.
  
 
Infatti sul bordo dell'anello del pozzo troviamo scolpita un'iscrizione in gotico datata 1436.
 
Stemma episcopale della famiglia Tommasini. 
L'iscrizione gotica sull'anello della vera del pozzo. 
 
Oggi la scritta è scarsamente leggibile, ma fortunatamente il grande erudito Emmanuele Antonio Cicogna (1789-1868) nel primo quarto del XIX secolo riuscì a trascriverne gran parte: «MCCCCXXXVI . PONT . S . D . N . DNI EVGENII . PP . IIII . ANNO . VI | EXISTENTE . GVBNATORE . HVI' MON(....) | THOMA . THOMASINI . EPO . RACANAT . 7 . MACERAT | FACTVS . EST . EX INTEGRO . PVTEVS I(....)».
 
 
Da questa iscrizione il Cicogna ipotizzò che la vera da pozzo, in origine, appartenesse al Monastero di San Salvador. Infatti attorno a quell'anno il Papa veneziano Eugenio IV, nato Gabriele Condulmer, (1383-1447) confermò Tommaso Tommasini Paruta (circa 1380-1446), vescovo di Recanati e Macerata, quale amministratore e governatore perpetuo del Monastero di San Salvador; così il Cicogna interpreta quel «...HVI' MON(...)...» come «huius monasterii», cioè di San Salvador.
Dopo le lettere «MON» la pietra è mutila: il Cicogna crede che possa seguire una lettera «F» o «P» (cioè fratre o patre) mentre alla fine della riga successiva, dopo «PVTEVS I» potrebbe forse leggersi «ISTE» (puteus iste, cioè questo pozzo).
Non sappiamo quando e perché questa vera da pozzo sia stata trasportata dal monastero di San Salvador per essere collocata qui. Sempre il Cicogna ipotizza che questo possa essere avvenuto attorno al 1530, quando la chiesa ed il convento di San Salvador vennero rifabbricati.
Presso il numero civico 3610 della corte, sul muro a fianco della finestra del primo piano si scorge uno stemma cinquecentesco con la dignità vescovile: si tratta dello stemma della famiglia Tommasini alla quale apparteneva il citato vescovo Tommaso Tommasini Paruta.
La calle del Basegò è stata oggetto di un pesante intervento edilizio negli anni Cinquanta del XX secolo. Lo ricorda, presso il numero civico 3623A, una iscrizione di nessun pregio artistico:
«PROGETTO' E DIRESSE
DOTT. ING. ALDO DIANA
COSTRUI' L'IMPRESA
INGG. ZERBO FRANCALANCIA E. C.
VENEZIA MCMLI»
  
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Pagina aggiornata il 7 aprile 2017.