Bombasèri (calle, ramo dei)

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La calle dei Bombasèri: a sinistra la base del campanile di San Bortolomio.
A San Bortolomio.
Questa calle (con il ramo) adiacente alla chiesa di San Bortolomio, prende il nome dai bombasèri, ovvero venditori o commercianti di bombàso, cioè bambagia, cotone.
Risulta infatti che nel 1661 ci fossero in questi luoghi una dozzina di botteghe di venditori di cotone e bambagia, la cui Scuola, o arte, aveva il proprio altare di devozione proprio nella adiacente chiesa di San Bortolomio.
In origine i bombasèri facevano parte dell'arte de le faldelle, risalente al 1289: erano quegli artigiani che lavoravano il cardato di cotone che veniva usato per le coperte e per imbottire i vestiti.
E' possibile che anticamente i bombasèri si radunassero nella chiesa dell'Ascensione: padre Domenico de Grandis (1709-1776) nelle "Vite e Memorie dei Santi spettanti alle Chiese della Diocesi di Venezia" ci tramanda che la mariegola (regola madre, ovvero statuto) della Scuola ordinava nell'anno 1328 che i frati dell'Ascensione dovessero cantare ogni anno una messa, nella seconda domenica di novembre, a favore dei confratelli bombasèri defunti e distribuire ai membri della confraternita una refezione i cui avanzi sarebbero stati poi donati ai poveri.
Di questo fatto abbiamo solo una notizia vaga e sotto certi aspetti anche poco congruente perché fu solo nel 1336 (otto anni dopo) che i Procuratori di San Marco destinarono ad un certo frate Molano ed ai suoi compagni (probabilmente laici, nonostante fossero chiamati frati)  la chiesa ed il monastero dell'Ascensione con l'obbligo di «...fornir d'alloggio gli Ambasciatori secolari che arrivassero a Venezia secondo il beneplacito del Dominio...».
Certamente ad un certo momento la sede della confraternita dei bombasèri si trovava presso la chiesa di San Giovanni dei Furlani (nota anche come San Giovanni di Malta), dove si incontravano ogni terza domenica del mese.
  
La base del campanile con la porticina sormontata da un mascherone che si affaccia su calle dei Bombasèri.
 
Su un pilastro angolare di una bottega (non più esistente) in calle dei Bombasèri è visibile lo stemma della famiglia Zane ripetuto su due lati; risale probabilmente al XVII secolo.
 
E' curioso osservare che queste due chiese hanno anche un altro collegamento tra loro: quella dell'Ascensione, dopo essere stata concessa ai Cavalieri Templari, fu data ai Cavalieri Gerosolimitani i quali, più tardi, ottennero proprio quella di San Giovanni dei Furlani.
Fu nel 1517 che i bombasèri si costituirono in Scuola autonoma separandosi dai confratelli delle faldelle ed il 12 gennaio 1540 ottennero dal Capitolo della chiesa di San Bortolomio di potersi radunare sotto l'altare di destra che era dedicato a Sant'Anna. Con il loro ingresso nella chiesa, la dedicazione dell'altare passò a San Michele Arcangelo, il loro protettore.
 
Due busti in pietra d'Istria rappresentanti San Bartolomeo che regge un libro posti sopra la chiave di volta di due archi in ramo dei Bombasèri, all'altezza dei civici 5151 (a sinistra) e 5155 (a destra).
 
I quell'occasione il Capitolo della Scuola apportò delle modifiche allo statuto (mariegola) che fu anche ricopiato: è conservato oggi presso il Museo Correr.
Un capitello devozionale (datato 1939) in calle dei Bombasèri, tra il campanile ed il portone della chiesa.
 
I bombasèri si fecero notare nel luglio 1574 in occasione della visita di Enrico III, nuovo re di Francia a seguito della morte del fratello Carlo IX, che si stava dirigendo, senza troppa fretta in verità, a prendere possesso del trono.
Accompagnarono il sovrano da Murano a Venezia con un brigantino a dodici remi, dipinto di bianco e di rosso e riccamente coperto di «...damasco cremisino...».
 
Sopra la chiave di volta dei due archi d'ingresso ai sottoportici del ramo dei Bombasèri sono presenti altrettanti scudi accartocciati in pietra d'Istria con stemma: a sinistra quello in corrispondenza dei numeri civici 5160 e 5165 (prospiciente il Canal Grande) che mostra superiormente una testa forse maschile; a destra, quello in corrispondenza dei civici 5151 e 5155 che ha sulla parte superiore della cornice una testa forse femminile.
Sui due archi, sotto gli scudi, è incisa l'identica scritta «ANNO MDLXXXVIIII».
 
Nel 1757 la Scuola dei bombasèri venne sciolta dal Senato ed il 27 maggio dello stesso anno il Consiglio di Dieci decise che tutti gli arredi compresi gli argenti venissero affidati alla Scuola del Santissimo perché restassero «...d'ornamento all'altare di San Michele...».
 
L'insegna del Ristorante "Al graspo de ua" è stata realizzata in vetro dai maestri vetrai di Murano. Il ristorante conserva una palla di cannone austriaca sparata durante la sollevazione di Venezia nel 1848-49 e conficcatasi nel muro.
Successivamente nel 1778 il Consiglio di Dieci interverrà ancora sul destino di quegli arredi, e precisamente di quelli più preziosi, d'argento, stabilendo che fossero dati in uso alla Scuola della Beata Vergine del Pianto alla quale era stato concesso l'altare di San Michele.
 
La statua di San Bartolomeo sopra la porta della chiesa in calle dei Bombasèri.
 
Passa quasi inosservata in calle dei bombasèri quella che dovrebbe essere la porta principale della chiesa di San Bortolomio (opposta all'altare principale): è soprastata da una statua del Santo.
Dalla cosiddetta Cronaca Savina, attribuita al cronista Girolamo Savina, veniamo a sapere che giovedì 4 novembre 1582 scoppiò di notte un incendio vicino alla chiesa, nelle case e nelle botteghe dei bombasèri che durò fino al giorno dopo: «...diede grand.o danno alli habitanti [...] et alli patroni delli stabili, tra quali furono i Nob.i Uom.i Almorò e fratelli da ca' Zane fu di Martino, et hanno perso più di 300 ducati di rendita, et il vicario di S. Bart.o hebbe danno per mille ducati...». L'incendio venne spento dalle maestranze dell'Arsenale accorse sul posto.
Non passa inosservato il grande grappolo d'uva realizzato dai maestri vetrai di Murano per insegna del ristorante "al graspo de ua" (al grappolo d'uva).
Si tratta di un locale storico, già esistente quando, nel 1848, Venezia insorse contro l'occupazione austriaca (ed infatti una palla di cannone austriaca è ancora conficcata in un muro).
E' citato da Hans Barth (1862-1926) nel suo "Osteria", ovvero "Guida spirituale delle osterie italiane". Inizia con un'esclamazione «...oh la più bella e deliziosa calle del mondo!» e prosegue: «Nella pittoresca cucina alberga sior Cencio. Dalla fronte amica, e ti ammannisce per pochi soldi un pranzetto alla casalinga che se lo assaggiasse S.E. il cuoco dello Zar di tutte le Russie si leccherebbe le venti dita comprese quelle dei piedi.
Il suo vino rosso asciutto (Polvara del Friuli) è un poema. Si racconta anche che talvolta anche l'ombra di Marin Faliero, con la sua testa sotto il braccio, vada da sior Cencio e gusti il Polvara, come lo spirito del veggente Tiresia assaporava il vino di Ulisse»
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Pagina aggiornata il 9 dicembre 2016.