Vicino alla Barbarìa de le
Tole.
Le due calli, pur essendo vicine (distano qualche decina di metri l'una
dall'altra) si riferiscono a due differenti episodi.
Il termine brusà significa bruciato: qui si vogliono ricordare due
differenti incendi che si svilupparono, devastanti, nel XVII secolo.
Il primo incendio scoppiò nel settembre del 1683: gran parte della
popolazione si era radunata nella cattedrale di S. Pietro di Castello per
beneficiare del Giubileo straordinario indetto l'11 agosto di quell'anno
da Papa Innocenzo XI (1611-1689).
Gli ottomani avevano varcato i confini
con l'Ungheria e, bellicosi, stavano puntando su Vienna.
Oltre alle
trattative diplomatiche con l'Austria e con la Polonia, nelle quali ebbe
una parte di rilievo il cappuccino Marco d'Aviano (1631-1699), ed a
consistenti aiuti finanziari, il Papa ordinò preghiere pubbliche in tutta
la cristianità fino a quando l'11 ed il 12 settembre la coalizione degli
eserciti cristiani sconfisse i turchi alle porte di Vienna.
La
parte terminale della calle del Primo Brusà.
Fu proprio in quest'occasione che scoppiò il primo incendio che si
propagò rapidamente per mancanza di popolazione presente sul luogo.
Ma più devastante fu il successivo incendio, quello del 2 giugno 1686:
era vigilia di Pentecoste e le fiamme trovarono velocemente alimentazione
nel legname che era in un magazzino e da qui si propagò furioso bruciando
tutte le case dall'Ospedaletto di S. Maria dei Derelitti fino a S. Maria del
Pianto, arrivando fino al rio di S. Govanni Laterano.
La
vera da pozzo nella calle del Primo Brusà.
Si racconta che in questa generale devastazione restasse miracolosamente
intatta una sola casa in Barbarìa de le Tole, che fu risparmiata dalle
fiamme. Si attribuì questo fatto ad un intervento miracoloso di
Sant'Antonio e precisamente ad una sua statuetta devozionale che era
collocata in un capitello sulla facciata della casa rimasta indenne dalle
fiamme.
Ne scrive il gesuita portoghese Emmanuel de Azevedo (1713-1796) sotto lo
pseudonimo di Nicander Jasseus nel suo "Venetae Urbis
Descriptio":
«Hic domus extat adhuc, frontemque Antonius ornat;
Ille loci custos: dum saeva incendia circum
Omnia vastarent, mediis defensa periclis
Una domus rapidis ceu tuta extollitur undis
Insula. Dum flammis alimenta voracibus apta
Ligna dabant, jacuere ignoto in pulvere merces;
Una intacta domus,quae divum in fronte receptum
Servabat, factique memor servabit in aevum.»
E precisa: «Inter receptacula lignorum domus est olim illaesa ab igne S.
Antonii Patavini beneficio, cujus imago, ut nunc etiam, parvo sub tholo in
fronte domus aderat».
Giuseppe Tassini (1827-1899) ricorda che almeno fino agli anni Settanta
dell'Ottocento questo capitello votivo con Sant'Antonio era ancora visibile
sulla facciata di una casa.
Forse ne resta traccia in una mensoletta lapidea tuttora esistente nella
calle del Secondo Brusà?
In
calle del Secondo Brusà è visibile una mensoletta in pietra: forse
faceva parte dell'altarino con l'immagine di Sant'Antonio davanti
alla quale l'incendio del 1686 si è fermato?