A Santa Maria Formosa.
In questa calle c'erano numerose botteghe dei casselleri
(costruttori di casse) come è anche documentato da una notifica fatta nel
1514 da Lauredana Cappello con la quale dichiarava di possedere in «...S.
M. Formosa in Casselleria, case n. 4 cum le sue botteghe de casseller».
I casselleri, già nel 1322, avevano ricevuto delle agevolazioni
dal Maggior Consiglio per importare il legno che serviva al loro lavoro: «cum
casellarii de Venetia possint trahere de Venet : franchum lignum laboratum
per casellis pro suo laboratorio».
Queste casse, o cassette, non servivano solo per la spedizione o il
trasporto di merci, ma anche per conservare il corredo delle spose. In
questo secondo caso le casselle erano preziose, decorate da intarsi
d'ebano, avorio o madreperla, a volte con incastonate pietre semipreziose
e dipinte, anche da valenti artisti, sui lati o sul coperchio.
Una
preziosa "cassella", opera dei "casselleri"
veneziani, conservata nella Galleria Giorgio Franchetti alla
Ca' d'Oro, Venezia.
L'arte dei casselleri aveva la propria Scuola di devozione a
ridosso del campanile di Santa Maria Formosa e all'inizio aveva come santo
protettore San Giuseppe. Le sue origini sono antichissime: Carlo Ridolfi
(1594-1658) fa risalire al 933 l'anno di costituzione ed in quel secolo la
confraternita annoverava più di quattrocento iscritti.
I casselleri si distinsero nella battaglia che portò a sconfiggere
i pirati istriani ( o triestini) che avevano rapito alcune fanciulle
veneziane (e da cui trasse origine la cosiddetta "Festa delle Marie").
Troviamo citato l'episodio nella mariegola (regola madre) della
Scuola: essi si misero immediatamente all'inseguimento dei pirati e,
facendosi scudo con le tavole di legno che servivano loro per fabbricare
le casse, li affrontarono all'altezza di Caorle, riuscendo a salire sulla
galea avversaria e a massacrare tutti i pirati senza fare prigionieri («...et
tajono a pezzi tutti li Triestini, non ne facendo alcuno de loro prexon»).
Il luogo dello scontro venne chiamato Porto delle Donzelle a memoria dell'avvenimento
(corrisponde all'odierno Porto Santa Margherita).
Essendo stata riportata la vittoria nel giorno consacrato alla
Purificazione di Maria Vergine, ad essa venne poi dedicata la
Confraternita.
Di ritorno a Venezia i cassellieri
chiesero al Doge che ogni anno, assieme al Senato, visitasse nel giorno
della Purificazione della Vergine la chiesa di Santa Maria Formosa, dove
essi avevano la propria Scuola.
Si racconta che il Doge rispondesse loro: «E se stesse per piovere? e
se io avessi sete?»; ed i cassellieri avrebbero risposto al
Doge: «Noi vi daremo i cappelli per coprirvi. Noi vi daremo acqua da
bere». Da questo episodio avrebbe origine il dono che il parroco di
S. Maria Formosa faceva al Doge in occasione della sua visita annuale: due
cappelli di paglia dorata e due fiaschi di vino malvasia, con due arance.
La Scuola dei cassellieri venne rifabbricata nel 1550, restaurata
nel 1601, colpita da un fulmine negli ultimi anni della Repubblica. Venne
soppressa in epoca napoleonica e, dopo essere stata devastata e spogliata,
fu incorporata, assieme alla vicina Scuola dei Fruttaroli, in un oratorio
costituito nel 1833.
Come pala d'altare aveva una "Madonna" dipinta da Marco Vecellio
(1545-1611), cugino del più celebrato Tiziano.