Cavallo (corte del)

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La corte del Cavallo.
Alla Madonna dell'Orto.
Perché corte del Cavallo?
Vale la pena raccontarne la storia dall'inizio.
In questa corte aveva abitato Alessandro Leopardi (approssimativamente circa 1465-1522/23). Anche il suo cognome ci è giunto attraverso alcune varianti: Leompardi, dei Leopardi, Leopardo, Leopardi.
Emmanuele Antonio Cicogna (1789-1868) lo definisce «...architetto, scultore, fonditor di bronzi valentissimo; e uno degli incisori di zecca»: nel 1484 venne nominato dal Consiglio di X maestro della Zecca di Stato senza salario, fino a quando non fosse diventato effettivo a seguito della morte di uno dei maestri in carica.
Nel frattempo si distinse nell'incidere la figura di Cristo per un nuovo ducato ed inoltre lavorò con le matrici da 10 e 20 soldi.
Probabilmente a causa dello stato di precarietà in cui viveva, nel 1487 fu messo al bando per cinque anni per aver millantato una eredità alla quale non aveva diritto, periodo durante il quali si rifugiò a Ferrara dove si perfezionò nell'arte di fondere i cannoni.
In quegli anni Andrea Verrocchio (1435/6-1488) era impegnato nella realizzazione del monumento equestre a Bartolomeo Colleoni per il quale era già arrivato a buon punto nel farne il modello che sarebbe servito alla fusione finale: forse ne aveva già completate alcune parti, fatto è che nel giugno del 1488 il Verrocchio doveva presentire la propria fine (che avvenne il 7 ottobre di quello stesso anno) se il giorno 25 di quel mese fece testamento a Venezia indicando in Lorenzo di Credi (1456/60-1536/7), proprio discepolo, il prosecutore dell'opera.    
   
La corte del Cavallo.

  
  
L'editto, ormai illeggibile, dipinto sulla parete di una casa in corte del Cavallo. 
   
Il Senato veneziano tuttavia fu di diverso parere e, revocando la condanna di bando che aveva inflitto l'anno prima ad Alessandro Leopardi, affidò a quest'ultimo l'incarico di completare l'opera: ed il Leopardi lasciò il suo segno firmando la cinghia che stringe il cavallo: «ALEXANDER . LEOPARDVS . V . F . OPVS».
Non fu l'unica opera importante che realizzò Alessandro Leopardi, ricordato anche per la realizzazione dei tre pili portastendardi in piazza San Marco che simboleggiano altrettanti possedimenti della Repubblica di Venezia: Cipro, Candia (Creta) e la Morea (Peloponneso).
   
Una pàtera protetta da una mensoletta in pietra in corte del Cavallo.
   
Tuttavia il Leopardi rimase famoso, se non unicamente, ma grandemente, per il cavallo del monumento a Bartolomeo Colleoni: fu così che il luogo dove visse e dove effettuò la fusione del cavallo venne chiamato, e si chiama ancor oggi, corte del Cavallo.
Tommaso Temanza (1705-1789) ce lo dice esplicitamente nel suo "Vita dei più celebri architetti, e scultori veneziani": «Da quel tempo in poi egli si è sempre denominato Alessandro dal Cavallo, e Corte del Cavallo si denomina anche oggidì certa domestica Piazzuola presso la Madonna dell'Orto, adiacente alla sua Casa di abitazione dove fece quel getto».
Il Leopardi non fu l'unico illustre abitante in questa corte: successivamente in una casa di proprietà della famiglia Roberti abitò il pittore Paris Bordone (1500-1571); lo troviamo domiciliato qui già nel 1566 e successivamente, nel registro dei Necrologi Sanitari, sotto la data del 19 gennaio 1570 m.v. (more veneto, corrispondente al nostro 1571) leggiamo: «M. Paris Bordon d'anni 70 da febre un mese. Visità dal Longhi. S. Marzilian»: a quel tempo questi luoghi facevano parte della parrocchia di San Marziale.
In corrispondenza del numero civico 3496, protetta da una mensoletta in pietra d'Istria, si trova murata (ruotata di 90°) una pàtera raffigurante un rapace che agguanta, colpendolo con il becco, un quadrupede.
Sul muro di un edificio in corte del Cavallo troviamo i resti di un editto dipinto direttamente sul muro (in genere questi editti venivano scolpiti su pietra, ed in questo modo sono potuti giungere fino a noi).
Del lungo testo sono rimaste comprensibili solo alcune poche parole dipinte e ridipinte e qualche lettera sparsa qua e là: in tutta sincerità, non sappiamo se possiamo considerarlo un reperto originale.
  


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Pagina aggiornata il 24 febbraio 2021