Comàre

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Esistono alcuni luoghi a Venezia (calli, campielli, corti, sotopòrteghi) che si chiamano "de la Comàre".
Devono questo nome, come scrive Giambattista Gallicciolli (1733-1806), «...perché ivi vi abitava una levatrice».
Il campiello al quale allude il Gallicciolli nel suo terzo libro "Delle Memorie Venete Antiche Profane ed Ecclesiastiche" è quello che si trova tra la calle dei Bottèri ed il rio de le Beccarìe, al quale si accedeva tramite un sotopòrtego e che ne aveva un altro sul lato opposto che conduceva ad una rivetta sul canale. La corte risulta chiusa (privatizzata) già nell'Ottocento.
Non è però da dubitare che per lo stesso motivo abbiano preso il nome "de la Comare" gli altri luoghi che ancora oggi esistono in città.
Il 26 settembre 1689 il Magistrato alla Sanità dettò alcune regole per poter accedere alla professione di levatrice: le donne dovevano sapere leggere e scrivere e dovevano conoscere il testo di un libro intitolato "La Comare".
Ed ancora: dovevano aver seguito delle lezioni di anatomia e dovevano aver fatto una pratica biennale presso una levatrice approvata. Alla fine dovevano sostenere un esame alla presenza del Protomedico, dei Priori del Collegio dei Medici e due levatrici di fama le quali aggiungere ulteriori domande, oltre a quelle fatte dal Protomedico.
A Venezia si distinse in ostetricia il medico chirurgo Giovanni Menini (1712-1776), il quale riusciva a estirpare gli scirri alle mammelle senza interferire con i tessuti sani.
A proprie spese si era dotato di una camera ostetrica con tutti i possibili accorgimenti possibili per l'epoca che il Senato della Repubblica volle acquistare ad uso pubblico; il Menini venne incaricato nel 1773 ad insegnare ostetricia agli altri medici chirurgi e alle donne che aspiravano a diventare levatrici.
Da quel momento anche i medici chirurgi cominciarono ad assistere le partorienti.
   
  
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Pagina aggiornata il 14 novembre 2015