La
fondamenta Crotta, in un rarissimo momento in cui era libera dai
tavolini del plateatico.
A San Geremia. Questa
fondamenta oggi, seppure formalmente pubblica, è stata di fatto privatizzata
con la concessione di un plateatico invasivo a favore di una struttura
alberghiera che se ne è totalmente appropriata.
Questi Crotta erano originari della Lombardia: un Francesco Crotta già nel
XVI
secolo si era trasferito a Belluno e qui si era dedicato al commercio del rame
avendone trovato un ricco filone nell'agordino, nella valle Imperina. Per questo suo merito, venne
anche aggregato nel consiglio cittadino di Belluno. Negli anni successivi
acquistò altre miniere arricchendosi con altri filoni: purtroppo non
conosciamo nei particolari tutta l'attività mineraria in quella zona, in quanto nel 1636
un incendio devastando tutto l'agordino distrusse carte ed archivi
riguardanti quelle miniere.
I figli di Francesco, Giuseppe e Giovanni Antonio, ottennero nel 1649 l'ammissione al
patriziato a seguito dell'esborso dei soliti 100mila ducati a favore
della Repubblica, impegnata nelle costose guerre contro i turchi, entrando
così a far parte del Maggior Consiglio.
I
Crotta presenti in Maggior Consiglio alla fine del Settecento.
Cinque anni dopo la loro ammissione, il 10 novembre 1654, Giuseppe Crotta uccise il fratello Giovanni Antonio;
per questo delitto venne condannato in contumacia, essendo riuscito a
fuggire, ma fu colpito da bando.
La Repubblica di Venezia in un primo tempo mise sotto sequestro l'intera
miniera di spettanza dell'assassino.
Tuttavia questi, approfittando di una circostanza favorevole, il 28
aprile 1664 riuscì
ad introdursi assieme ad un compiacente notaio nella casa della cognata, la vedova di
Giovanni Antonio, costringendola a firmare un atto di rinuncia con la
conseguente cessione di
tutti i beni del defunto marito.
L'importante
porta d'acqua di palazzo Crotta Calbo, adornata da una testa virile
in chiave, nascosta purtroppo dalle strutture di una
terrazza-ristorante.
La
fondamenta Crotta vista dal Canal Grande.
Successivamente, anche per le insistenze delle sorelle, maritate con i
nobili Gritti e Brandolini, la Repubblica annullò quell'atto assegnando
loro quella parte della miniera e colpendo con un nuovo bando
l'assassino.
Quella parte di miniera che era stata sequestrata in precedenza (quella detta di S. Silvestro e S.
Antonio) dovette però attendere il 1666, con l'istituzione del Magistrato
alle Miniere, per entrare nella disponibilità della Serenissima.
Cominciò poi ad essere sfruttata a partire dal 1675.
All'inizio
del Settecento i
Crotta a Venezia erano divenuti proprietari di questo
complesso stabile che avevano acquistato da vari proprietari, tra cui i
Soranzo che ne detenevano la parte maggiore.
Palazzo
Crotta sul Canal Grande, purtroppo deturpato alla base da una
serie di strutture ad uso di una terrazza-ristorente.
Il
capitello mariano alla fine di fondamenta Crotta.
Come
è evidente, si tratta di un complesso di diversi edifici, almeno tre, sorti in
epoche diverse, rimaneggiati, in parte demoliti e ricostruiti in tempi
differenti che vanno dalla fine del Trecento-inizi del Quattrocento al
XVII secolo: lo dimostrano, ad esempio, le finestre, più antiche quelle
di sinistra, rinascimentali e postrinascimentali quelle poste sulla parte destra.
Nel Settecento i Crotta arricchirono questa loro residenza con una
raffinata
collezione d'arte e di arredi di pregio: i locali furono affrescati da
Giovanni Scajaro (1726-1792), Jacopo Guarana (1720-1808) e Francesco Zugno
(1709-1787), ed alcuni di questi affreschi si trovano ancora in loco; per
quanto riguarda gli arredi, alcuni (mobilio e boudoir) sono esposti
a Ca' Rezzonico, nel Museo del Settecento Veneziano.
"I
Santi protettori della famiglia Crotta", di Giambattista
Tiepolo.
Per questo palazzo Giambattista Tiepolo (1696-1770) dipinse una tela
"I Santi protettori della famiglia Crotta", presente nel palazzo
fino al 1902, quando venne acquistata dallo Städel
Museum
di Francoforte che oggi la conserva.
Nel 1739 una Lucrezia Crotta, ultima discendente di questo ramo della
famiglia, sposò un Giovanni Marco Calbo, membro di una famiglia
originaria di Padova, che sedeva in Maggior Consiglio e che aveva delle
proprietà alla Carità: il palazzo passò quindi a questa
famiglia che aggiunse al proprio anche il cognome Crotta, affinché non
andasse perduto.
Un Francesco Calbo Crotta (1760-1827), anch'esso membro del Maggior
Consiglio e già senatore ai tempi della Repubblica di Venezia, dopo la
Restaurazione fu nominato nel 1818 Podestà della città di Venezia.
Francesco
Calbo membro del Maggior Consiglio ai tempi della Repubblica
di Venezia.
Nella fondamenta Crotta, proprio sul muro che la separa dalle
pertinenze di palazzo Crotta, è visibile un capitello mariano: tra due
mensole orizzontali in pietra d'Istria è collocata un'immagine a
bassorilievo della Madonna con il Bambino, compresa da due colonnine
laterali e sovrastata da uno stemma (Crotta?). Superiormente è collocato un lampioncino per l'illuminazione.
La fondamenta
Crotta: sul muro di fondo il capitello mariano.