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A Santa Sofia.
E' evidente il motivo di tale nome, dovuto alla presenza di due pozzi
pubblici.
Marin Sanudo (1466-1536) osservava che «Venexia è in aqua et non ha
aqua» (Venezia è nell'acqua e non ha acqua).
L'approvvigionamento idrico della città è stato da sempre un problema
che venne risolto con delle cisterne dove l'acqua veniva raccolta dopo
esser stata filtrata da degli strati di sabbia. Nei periodi di siccità le
cisterne erano riempite con acqua dolce prelevata da un canale fatto
appositamente costruire sul fiume Brenta (la Seriola che incanalava una
parte delle acque del Brenta fino a Moranzani dove gli acquaroli
la prelevavano con delle apposite barche per trasportarla fino a Venezia).
La Repubblica era ben consapevole che l'acqua doveva essere perfettamente
potabile e, oltre ad ordinare la costante manutenzione e pulizia dei pozzi
pubblici, ne vietava l'uso ad alcune categorie della popolazione, per
evitare il rischio di inquinamento a causa del loro lavoro: i tentòri
(tintori di stoffe), i barbieri, i tripèri (i macellai che lavoravano le
trippe ed altre frattaglie), i varotèri (pellicciai che conciavano
le pelli), i lavandèri (operai addetti al lavaggio delle lane), i saonèri
(fabbricanti di sapone) e i luganeghèri (macellai che lavoravano
gli insaccati).
E' da ricordare che sempre si può osservare sulle zoie (il
basamento, o scalino, che sta alla base della vera, o puteale) una
vaschetta scavata nella pietra: era destinata a contenere l'acqua per gli
animali (cani e gatti, ma in tempi più antichi anche capre, maiali,
galline): l'attenzione della Repubblica verso gli animali giunse al punto
di ordinare nel 1793 che queste vaschette fossero mantenute pulite e
l'acqua cambiata frequentemente.
Non è possibile sapere con esattezza quante siano le vere da pozzo a
Venezia. Si stima che oggi siano almeno 2.500, tra pubbliche e private, ma secondo un censimento
fatto dal Comune di Venezia nel 1858 ci sarebbero stati allora 180 pozzi pubblici,
6.046 pozzi privati e 556 pozzi interrati in tempi precedenti.
Moltissime vere da pozzo, soprattutto quelle con un contenuto artistico di
pregio, con la caduta della Repubblica sono state oggetto di commercio che le portò all'estero, in
Europa (alcune giunsero addirittura in Russia) e, dopo l'unità d'Italia,
anche nelle Americhe.
Le vere da pozzo pubbliche oggi dovrebbero essere 256.
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