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Tra calli, rami, rii terà. sotopòrteghi,
piscine, fondamente, campielli e corti, esistono a Venezia 23 luoghi
che portano questo nome: 8 nei sestieri di Castello e di San Polo, 3 a
Santa Croce, 2 a Cannaregio e uno a Dorsoduro e San Marco.
Queste località prendono il nome dalla presenza di un fornèr, o
cuocitore di pane, che oltre a produrlo e cuocerlo, poteva anche cuocere
per conto terzi quello che gli veniva portato. Accadeva infatti che
soprattutto le grandi
famiglie, che disponevano di tanta servitù, facessero preparare il pane
in casa, dandolo poi da cuocere ai fornèri.
Nel 1627 il prezzo per cuocere il pane era fissato in 16 soldi allo staio
(una misura di capacità equivalente a circa 83 decimetri cubi e venne poi
ridotto a 14 soldi; ma nel 1649 era diventato di 20 soldi.
I fornai erano riuniti in arte dal 1445, ed avevano due altari di
devozione, uno sotto l'altare della Madonna delle Grazie e dei Santissimi
Re Magi alla Madonna dell'Orto, l'altro intitolato alla Beata Vergine
nella chiesa di Santa Maria del Giglio.
Nel 1463 riuscirono ad acquistare l'area sulla quale costruire la loro
sede «...a piè del ponte di sancta Maria del orto» per mille
ducati, ma dopo l'acquisto non avevano più soldi per costruire
l'edificio. La sede fu completata solo nel 1471 e successivamente
riuscirono anche a costruire un ospizio per i confratelli ammalati o
caduti in povertà.
Con le soppressioni napoleoniche le due proprietà (la Scuola e l'ospizio)
vennero indemaniate e più tardi vendute a privati che le trasformarono in
case d'abitazione.
Le loro mariegole ("regola madre", ovvero statuto della
corporazione) sono arrivate fino a noi e sono conservate presso la
biblioteca del Museo Correr di Venezia.
Nello svolgimento della loro attività dovevano attenersi a precise
regole, data la pericolosità di tenere accesi fuochi in città. Così, ad
esempio, era stabilito che le canne da bruciare nel forno dovessero essere
tenute distanti dal forno stesso.
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