In Casselleria.
Si accede alla corte dalla Casselleria, tramite un sotopòrtego
(sottoportico) che porta lo stesso nome.
In questa corte la Scuola dei Frutarioli (fruttivendoli) aveva un oratorio dedicato
a San Giosafatte Re dell'India, santo protettore della confraternita.
Nella corte ed in Casselleria era inoltre proprietaria di 19 camere che
venivano date in uso gratuito ai confratelli indigenti ed anziani.
Su uno stipite e sull'architrave del sotopòrtego è visibile due
volte il monogramma della Scuola caratterizzato dalle lettere «I O»
(per IOsaphat) sormontate da una corona regale.
Sulla patera dell'architrave, sotto il monogramma, segue la scritta:
D · IOSAPHAT INDIÆ
REGI
M D LXVI
Nella corte un portale cinquecentesco ancora esistente conduceva
all'oratorio di San Giosafat. E' invece sparita una statua che si trovava
nella corte fino agli ultimi decenni del XX secolo.
La costituzione della Scuola «...que vocetur de arte frutarolorum...»
fu autorizzata il 14 giugno 1414 dal Consiglio di X, ma revocata dopo
appena dodici giorni a causa delle tasse sulle vendite imposte dagli «officiales»
della Scuola anche ai membri più poveri. Dopo un tentativo non andato a
buon fine nel 1419, il 25 marzo 1420 (giorno dell'Annunciazione e
della leggendaria fondazione di Venezia) viene approvata la Scuola che viene finalmente istituita dai fruttivendoli il 28 aprile
1423 ponendola sotto la protezione di San Giosafat. Vi possono far parte,
senza pagare alcuna tassa, i naranzeri (venditori di arance ed altri
agrumi), gli erbaioli e i frutarioli, con il permesso di vendere
anche vetri. I nicoloti (coloro che provengono dalle parrocchie di
San Nicolò dei Mendicoli e dall'Angelo Raffaele) hanno il privilegio di
poter entrare nella Scuola senza aver fatto un periodo come garzone.
Nel 1425 la Scuola dei Frutarioli ottenne il permesso di erigere una
propria sede a fianco della chiesa di Santa Maria Formosa, tra la chiesa
ed il campanile, contigua alla sede della Scuola dei Casselleri e
costruire tre tombe per i propri confratelli
sotto il portico della chiesa che, a seguito del suo ampliamento, nel 1452
venne inglobato nella struttura.
Dopo le soppressioni napoleoniche le sedi caddero in disuso
(subirono anche un incendio): la Scuola dei Casselleri venne adibita ad
oratorio mentre quella dei Frutarioli venne acquistata nel 1875 dal
Parroco di Santa Maria Formosa: unificate, diventarono l'oratorio della
Beata Vergine della Salute.
Ai Frutarioli era legata la Festa
dei Meloni: seppure la festa sia documentata anche in un disegno del
Grevembroch, date alla mano, non sono chiarissime le origini. Si racconta
che agli inizi del Quattrocento erano insorti dei dissidi interni alla
Scuola dei Frutarioli, dissidi che sarebbero stati felicemente superati e
risolti dall'intervento del neo eletto Doge Michele Steno. In segno di
riconoscenza per il provvidenziale intervento dogale, i frutarioli
offrirono al Doge dei meloni. Usanza che si volle poi rinnovare negli anni
successivi, in un giorno d'agosto.
Michele Steno venne nominato doge il 1° dicembre 1400, quindi il fatto,
avvenuto nel primo anno del suo ducato, dovette accadere nell'agosto 1401.
Ma nel 1401 ancora non esisteva una Scuola dei Frutarioli. Probabilmente
quindi si trattava di una controversia fra praticanti il mestiere di
fruttivendolo, non ancora riuniti in confraternita.
Giuseppe Tassini (1827-1899), che ci dà una vivace rappresentazione della
cerimonia, precisa che «...si volle continuare la pratica anche negli
anni in avvenire. I fruttaiuoli pertanto nel primo anno del governo d'ogni
doge, in un determinato giorno d'agosto....», dopo essersi radunati
in Campo Santa Maria Formosa, raggiungevano Piazza San Marco ed il Palazzo
Ducale. Si facevano precedere da sei mazzieri, quattro trombettieri e tre
tamburi. Seguivano gli stendardi, la figura di San Giosafat sostenuta da
quattro portatori vestiti di tela bianca stampata a fiori rossi con un
berrettone in testa con fiocchi e fiori. Ed ancora: «...due fanciulli,
vestiti in nero, con due mazzetti di fiori; l'interveniente dell'Arte fra
il doge dei Nicolotti, perpetuo gastaldo dell'Arte, in ducale rossa e
calotta nera, ed il vicario dell'Arte medesima con tabarro di colore.
Seguivano finalmente i fruttaiuoli, a due a due, portando i poponi in corbe ornate, e sopra argentei bacini».
La processione entrava in Palazzo attraverso la Porta della Carta e
depositava i doni nella Sala dei Banchetti. Il Doge ricambiava con doni
consistenti in «...forme di formaggio, in prosciutti, ossocolli,
sopressade, lingue salate, buzzoladi, e vino moscato».