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A Santa Marina.
La corte e il lungo sotopòrtego (sottoportico) sono stati
privatizzati, incorporando ben dieci numeri civici (dal 6084 al 6093). Il
sottoportico è stato chiuso da un cancello con un vetro oscurato che non
permette di vedere l'interno.
Qui nel 1661 aveva la casa e la bottega Antonio Scalabrin, indorador
(indoratore) che pagava l'affitto a Zuane e Santo Castelli.
Nei secoli XV e XVI gli indoratori veneziani erano molto richiesti
all'estero per le loro dorature eseguite in modo raffinato ed
ineccepibili, con grande bravura.
L'arte degli indoradori faceva parte di quella dei pittori che
aveva come protettore San Luca.
Si riunivano infatti nella chiesa di San Luca dove avevano pure la loro
tomba. Più tardi fecero le loro riunioni in un locale presso la chiesa di
Santa Sofia fatto erigere per disposizione testamentaria del 15 aprile
1530 dal pittore
Vincenzo Catena (circa 1470/1480-1531), che recava una lapide con l'iscrizione
«PICTORES ET SOLUM EMERUNT ET HAS CONSTRUXERUNT ÆDES BONIS A
VINCENTIO CATENA PICTORE SUO COLLEGIO RELICTIS MDXXXI».
Per essere ammessi nell'arte degli indoradori, si dovevano lavorare
due assi di legno intagliate con ornamenti, una piana, l'altra concava,
preparandole con il gesso, indorarle e ripulirle. Era una prova che durava
parecchi giorni e tutte le fasi erano seguite attentamente da tutti gli
altri membri dell'arte.
Nel 1773 l'arte degli indoradori contava 23 botteghe, 14
capomastri, 30 lavoratori e 10 garzoni di bottega.
Altri luoghi a Venezia ricordano l'arte degli indoradori. |