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Il
Rio Terà Istituto Manin o Sabbioni visto nel suo sbocco sul Canal
Grande. |
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A San Geremia.
Esisteva qui un rio che compiva una brusca curva a 90°, come possiamo
vedere nella pianta di Venezia di Jacopo de' Barbari del 1500.
Quella che oggi chiamiamo Lista di Spagna era in realtà in gran parte un
canale, che si ricongiungeva qui con il Canal Grande, ritagliando in questo
modo un'insula che si estendeva, approssimativamente, da dove oggi
c'è il ponte dei Scalzi (a sinistra nell'immagine del de' Barbari) fino a questo luogo.
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Il
Rio Terà Sabbioni è ben visibile nella pianta di Jacopo de'
Barbari. |
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Secondo Giammaria Dezan la denominazione "sabbioni" non deriverebbe da
qualche deposito di sabbia, come esisteva in altre parti della città e che ha
dato il
nome ad altri luoghi, ma per il fatto che ci fosse un «terreno sabbioniccio».
Osservando il disegno del de' Barbari, si buon ben pensare che, per motivo del movimento delle acque, si potesse essere accumulata lì una certa
quantità di sabbia.
Il rio venne interrato (tombato) nel 1847 sotto la dominazione austriaca.
L'altra denominazione (Rio Terà Istituto Manin) è più tarda: si deve
alla volontà testamentaria dell'ultimo Doge di Venezia, Lodovico Manin la
fondazione di un istituto di beneficenza per l'educazione di ragazzi e
ragazze povere le cui famiglie non erano in grado di assicurare loro un'adeguata istruzione.
Iniziò la sua attività nel 1833.
A metà Ottocento i ragazzi assistiti erano oltre 300. Fu grazie
all'interessamento ed alla cospicua donazione del conte G. Battista
Sceriman che l'Istituto poté allargarsi: le ragazze trovarono sede a San
Sebastiano, presso l'Istituto delle Figlie di San Giuseppe, diretto da
Luigi Caburlotto. I ragazzi invece poterono occupare il palazzo Sceriman
in Lista di Spagna, proprio di fronte al luogo di cui stiamo parlando,
sotto la gestione dei padri somaschi.
Pur assumendo la denominazione di Rio Terà Istituto Manin, esso conserva ufficialmente
anche il ricordo del nome più antico: "Rio Terà Istituto Manin o dei
Sabbioni". |