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Travasadori
de vin. |
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Tra calli, calli larghe, rami,
sotopňrteghi, campielli, corti e fondamente, esistono a Venezia 39 luoghi
che portano questo nome: 14 nel sestiere di Cannaregio, 9 a Dorsoduro, 5 a
San Marco e Castello, 4 a San Polo e 2 a Santa Croce.
Questo toponimo ricorda la presenza un tempo in questi luoghi di una taverna, o
osteria.
Giuseppe Boerio (1754-1832) nel suo "Dizionario del dialetto
veneziano" alla voce Magazčn annota: «Osteria da persone
vili; Bottega dove si vende vino a minuto, e dove a' tempi Veneti, si
ricevevano effetti in pegno, pei quali ritraenvasi i due terzi in danaro,
e un terzo in vino pessimo, detto appunto "vin da pegni"».
Inutile a dire che il pegno andava riscattato pagando in denaro l'intera
somma.
I magazčni erano quindi delle taverne molto frequentate dalla
popolazione veneziana di basso rango dove veniva venduto vino proveniente
dalla terraferma, con esclusione di quello navigato, cioč
proveniente dai traffici marittimi.
Secondo Vincenzo Coronelli (1650-1718), i gestori dei magazčni avevano la propria scuola di devozione
nella chiesa di San Salvador, sotto la protezione di San
Nicolň.
I magazčni potevano avere anche altre denominazioni: ad esempio
esistevano i bastioni, che il Boerio definisce come «Specie di
osteria grande, dove si vende vino al minuto». Probabilmente erano
dei magazčni piů grandi, una specie d'ingrosso che somministravano anche
il vino al dettaglio.
Esistevano poi delle osterie piů piccole, chiamate sanmarchi, o sammarchi,
e i sammarchetti, per l'usanza (forse un obbligo) di tenere sopra
la porta l'insegna pubblica, ovvero il Leone di San Marco: questi erano
dipendenti, o subalterni, dai magazčni e dai bastioni, delle specie di
succursali.
In tutti questi locali, almeno ufficialmente, si poteva solo bere: pasti,
o piccoli stuzzichini come zuppe di pasta e fagioli, trippe e altre
frattaglie, si potevano mangiare nelle furatole, dove non si
vendeva vino e che spesso sorgevano accanto ai magazčni in una sorta di
simbiosi.
Si č detto che ufficialmente nei magazčni si poteva solo bere e prestare
denari su pegno, ma in realtŕ spesso erano teatro di avventure amorose,
come testimonia questa satira in versi:
«Altri vanno ai
magazzini
Dove mai non č penuria
D'appostati camerini
Per ricovro alla lussuria.» |
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A vigilare sopra i magazčni era il Magistrato dei Sette Savi. Il loro
numero era limitato e l'attivitŕ poteva essere ceduta solo ad un
familiare, mentre la vendita era possibile solo con asta pubblica.
A proposito di magazčni, nei suoi "Commemoriali", Pietro
Gradenigo (1695-1776) annota: «Le caneve da vino piů magnifiche in
Venezia inservienti a luoghi pubblici, ossiano Magazzini, sono quelle
situate a S. Giacomo, alla Ca' d'Oro, a S. Sofia, et alli Incurabili. Per
altro la botte piů grande attenente a simili taverne sta nel magazzino
contiguo ai Ss. Giovanni e Paolo perché contiene assai piů di bigonzi
23, e secchi 13 di vino». La botte citata dal Gradenigo aveva dunque
una capacitŕ di quasi 3.600 litri di vino.
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