Maravègie (ponte de le)

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Il ponte de le Maravègie sul rio di San Trovaso.
A San Trovaso.
Non è sicura l'origine di questo nome dato al ponte che attraversa il rio di San Trovaso: il sostantivo maravègia (in veneziano) significa "meraviglia".
Secondo il canonico Giovanni Maria Dezan in prossimità di questo ponte abitava, o vi possedeva degli stabili, la famiglia Maraviglia, alla quale apparteneva un Giovanni Maraviglia, Segretario del Senato.
Sua sorella, Belisandra, o Bellisandra, aveva sposato Pietro Albino, del fu Francesco: nel 1538 era stato eletto «...estraordinario di Cancelleria...», poi nel 1544 era divenuto ordinario e nel 1559 a sua volta Segretario del Senato. Infine fu inviato come Gran Cancelliere del Regno di Cipro a Nicosia, proprio nell'epoca in cui poco dopo scoppiava la quarta guerra turco-veneziana (1570-73).
Il 16 agosto 1570 i Turchi si impadronirono della città e l'8 settembre Pietro Albino venne ucciso.
Sua moglie, Belisandra Maraviglia, fu fatta prigioniera con altre donne, vedove e fanciulle, tutte destinate all'harem del Sultano Selim II (1524-1574) e caricata su una delle tre navi in partenza per Costantinopoli con i bottini di guerra.
La notte che precedette la partenza, Belisandra con le sue sventurate compagne di prigionia, piuttosto che subire l'oltraggio e la violenza sessuale dei Turchi, decise di dar fuoco alle munizioni: l'incendio che si sviluppo si propagò anche alle altre navi vicine. Restarono uccisi nel rogo tutti, Turchi, prigionieri e le donne, tra cui la stessa Belisandra Maraviglia.
Dobbiamo riportare che alcuni cronisti, nel riferire l'episodio, attribuiscono il gesto ad una certa Arnalda de Roccas.
Ma la fantasia popolare ha attribuito a questo nome, ponte de le Maravègie, altre spiegazioni.
E' citato da Iacopo Vincenzo Foscarini (1783-1864) nei suoi "Canti pel Popolo Veneziano", Venezia 1844:
A piè del ponte de le Maravegie
Sconde el mio ben d'ogni bellezza i vanti;
La soa più bona xe de le famegie,
So pare e so fradei xe regatanti.
 
Il ponte de le Maravègie in un quadro di Italico Brass (1870-1943) intitolato "Lavandaia".
Giulio Pullè (1814-1984) commentando questi versi, racconta a quale fatto si riferiscono.
Ai piedi di questo ponte abitava una famiglia di barcaioli con sette figlie: sei erano belle, la settima, di nome Marina, «...brutta anzi che no».
Un giovane barcaiolo aveva preso a frequentare questa casa corteggiando ed illudendo le sei fanciulle (quelle belle) ciascuna delle quali non sapeva che si comportava nello stesso modo con le altre.
Da quel momento il giovane cominciò a perdere le forze, di giorno in giorno «...dimagrivasi, perdea i colori, gli rientravan le gote, (...) gli si infossavan gli occhi...», ma quel che era peggio si era talmente indebolito che non riusciva neppure a sorreggere il remo. E fra qualche mese avrebbe dovuto disputare una regata!
Pensando di essere ammalato, consultò diversi medici, seguì varie cure, ma senza risultato.
Fu così che si convinse di aver subito un maleficio frequentando quella casa: e quale delle sette sorelle poteva essere la strega, se non Marina, la più brutta, che si faceva in disparte ogni volta che vi entrava?
Decise quindi di farsi giustizia da sé e, cogliendo l'occasione che Marina era rimasta sola (essendo giovedì santo, il resto della famiglia era andata a visitare i Sepolcri), si diresse armato verso la casa ai piedi del ponte. Proprio dal ponte, alzando lo sguardo, vide attraverso la finestra una scena che non si sarebbe mai aspettato di vedere: Marina inginocchiata davanti ad un crocifisso.
Com'era possibile? «Un strega pregare? il diavolo patteggiar colla croce? non era cosa possibile...» e mentre gli passavano per la mente questi pensieri, alzati gli occhi al cielo, vide sei stelle fiammeggianti disposte a forma di carro e davanti ad esse una settima stella «...piccina, fioca...». Le sei stelle un poco alla volta perdevano il proprio chiarore fino a sparire del tutto mentre la settima, che prima appena si intravedeva, acquistava splendore rimanendo l'unica nel cielo grande e sfavillante come il sole.
Il giovane barcaiolo, confuso, si precipitò da Marina per sapere da lei se era vero che aveva compiuto una stregoneria per farlo morire. Ma la ragazza dovette dire la verità: stava pregando il Signore per morire al posto suo.
Per far breve questa love story popolare, i due si confessarono il loro reciproco amore, il barcaiolo vinse la regata e con il trofeo della vittoria in mano corse a chiedere Marina come sua sposa.
Ed il ponte sul quale era apparsa la meravigliosa visone delle sette stelle che decise per il destino della sua vita, venne da lui chiamato ponte de le Maravègie.
   
 
Sulla chiave di volta dell'arco del ponte de le Maravègie, gli stemmi dei tre Procuratori in carica all'epoca della sua costruzione.
   
Il libretto dell'opera in un atto e due quadri "Il ponte delle Maravegie".
Giulio Pullè ricorda anche un'altra tradizione: dopo che era stata presa la decisione di costruire questo ponte, si cominciò a portare sul luogo i materiali e quanto altro serviva per la costruzione.
La mattina dopo, con stupore, gli abitanti della zona trovarono il ponte costruito: venne quindi chiamato de le Maravegie «...perché edificato miracolosamente in una notte senza che si sapesse per opera di che mani, usandosi de' materiali che il giorno innanzi erano stati colà apparecchiati per dar principio all'opera».
Nel 1754 gli orti ed i giardini attorno al ponte de le Maravègie fecero da fondale alla rappresentazione, in casa di Giovanni Crassifida, di un melodramma di Baldassarre Galuppi (1706-1785): l'"Artaserse", con musica e canti eseguiti da un gruppo di nobili accademici.
Al ponte de le Maravègie è dedicata anche un'opera in un atto e due quadri di Giuseppe Adami (1878-1946) e musica di Guido Bianchini (1885_1971), intitolata appunto "Il pone delle Maravegie".
 
Il ponte de le Maravègie sul rio di San Trovaso.
 
  
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Pagina aggiornata il 1° maggio 2019