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La
corte dell'Orto, al Ghetto: nell'angolo verso sinistra è visibile
il "sotopòrtego" attraverso il quale vi si accede. |
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Al Ghetto.
Venezia è sempre stata ricchissima di spazi verdi: non solo orti, ma
anche giardini.
Ancora negli anni Trenta un pilota d'aereo testimoniava che, vista
dall'alto, Venezia aveva una ricchezza di verde, verde che però molto spesso è
racchiuso in spazi privati che non si possono vedere, se non dall'alto,
come appunto poteva fare un pilota d'aeroplano.
Questi luoghi prendono il nome da un'antica ortaglia, probabilmente in uso
alla comunità ebraica del Ghetto: da questa corte, che fino almeno agli
inizi del Novecento non era selciata, si possono scorgere, seppure
privatizzati, degli spazi privi di costruzioni dove un tempo c'erano gli
orti, come si può vedere in questo particolare preso da una
raffigurazione dell'area come si trovava alla caduta della Repubblica di Venezia
secondo la ricostruzione dell'architetto Guido Sullam (1873-1949).
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La
corte dell'Orto, con ben visibile l'orto, alla fine del
Settecento. |
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Si accede a
questa corte attraverso una stretta calle che può passare per
inosservata, che si imbocca poco prima di arrivare, provenendo dal Ghetto
Vecchio, al ponte che conduce al Ghetto Nuovo.
La calle, quasi un budello, pare termini quando improvvisamente si
attraversa un sotopòrtego che sbocca in questa corte.
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La
corte dell'Orto, al Ghetto. |
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