Pistòr

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  Tra calli, salizzade, sotopòrteghi, campielli, corti e ponti, esistono a Venezia 17 luoghi che portano questo nome: 5 nel sestiere di Dorsoduro, 4 in quelli di Cannaregio e San Polo, 3 a Castello e uno a Santa Croce.
Queste località prendono il nome per la presenza, o vicinanza, di una pistoria, o panetterie.
La parola pistòr è di origine latina ed indica chi pestava il grano in un mortaio, o lo macinava a mano, per trasformarlo in farina. Per estensione, la parola indicò il panettiere, tanto è vero che così venne anche soprannominato Giove (Jupiter Pistor) in Ovidio quando raccontò lo stratagemma suggerito dalla divinità ai Romani assediati dai Galli di gettare pane dalle mura per far credere che ne avevano in abbondanza. Marziale chiama il pasticcere pistor dolciarius.
I pistori avevano due grandi panaterie (luoghi dove si vendeva il pane): la prima sotto il campanile di San Marco, l'altra a Rialto, vicino alle Becarìe.
Complessivamente avevano 44 botteghe, che erano suddivise tra le due panaterie principali: 19 dipendevano da quella di San Marco, 25 da quella di Rialto.
 
 
I pistori si dividevano in tre Scuole che comprendeva i pistori propriamente detti, i pistori lombardi e i pistori tedeschi.
Con un decreto del Consiglio di X del 1422, le tre Scuole furono unificata in una sola. Questo destò il malcontento soprattutto dei pistori tedeschi che erano abituati a riunirsi davanti ad un altare della chiesa di San Filippo e Giacomo, usando la propria lingua. Così rivolsero una supplica per ottenere di poter continuare a riunirsi separatamente dagli italiani, cosa che ottennero nello stesso anno 1422.
Qualcuno adduce a giustificazione di questa scelta il fatto che, essendo protestanti, non seguivano lo stesso rito dei pistori italiani: ma affermando questo, non tiene conto che il protestantesimo si diffuse solo a partire dal XVI secolo.
Nel 1688 i pistori tedeschi, dopo aver esercitato il loro mestiere per dieci anni, potevano perdere il loro status di forestieri.
I pistori tedeschi nel XVIII cominciarono ad avvicinarsi alla chiesa di Santo Stefano, dove alla fine ottennero il proprio altare di devozione: questo perché attratti sia dalla vicina comunità dei calegheri (calzolai) tedeschi che dalla presenza del prossimo fondaco dei tedeschi.
   
 
   
I pistori italiani ricevevano un sostegno dalla chiesa di San Matteo a Rialto, fino al 5 settembre 1780, allorché vennero iscritti alla Scuola degli Albanesi a San Maurizio: «1780, 5 settembre. In Consiglio di X. Decreto che abolisce il Sovegno dei Lavoranti pistori in chiesa di San Matteo di Rialto. Tutti gli argenti ed effetti di esso debbano consegnarsi ai capi della scola di S. Maria e San Gallo degli Albanesi nella chiesa di San Mauritio, composta di tutti gli individui dell'arte dei Pistori, colla loro responsabilità, nella quale non abbiano detti Lavoranti voce alcuna né attiva né passiva. Di tali argenti ed effetti debba formarsi colla loro vendita un capitale intangibile nella Pubblica Zecca, la cui rendita debba servire di qualche compenso all'aggravio che l'Arte suddetta si assume di corrispondere alli Lavoranti nel caso di loro malattia...».
  
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Pagina aggiornata il 26 dicembre 2014