Raffineria (calle, corte de la)

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Complesso in corte de la Raffineria.
Alla Misericordia.
Qui esisteva una fabbrica per raffinare lo zucchero attiva nel XVIII e XIX secolo.
Venezia è sempre stata un centro importante per le spezie profumate ed aveva conosciuto lo zucchero ai tempi delle crociate alla fine del secolo XI.
Un cronista dell'epoca, Albert d'Aix, «...canonicus et custos Aquensis ecclesiae...» aveva ricevuto notizie di prima mano dai Crociati che riferì scrivendo di campi coltivati con molta cura con canne mielate che, quando diventano mature, vengono pestate nei mortai ottenendone un succo che viene raccolto e conservato in vasi per farlo indurire fino a quando diventa come sale fino o neve. I Crociati ne fanno delle pappe mescolando questo zucchero con l'acqua e con il pane e con queste si nutrivano quando erano «...tormentati dalla fame all'assedio di Marra e di Archas».
I veneziani accolsero entusiasti questa novità che apprezzarono al pari di tutte le altre spezie delle quali detenevano il monopolio commerciale.
Il primo a stabilire raffinerie di zucchero a Venezia pare sia stato l'ebreo portoghese Rodrigo di Marchiano nel 1598 che aveva cominciato a commerciare lo zucchero con Capo Ghir (nell'odierno Marocco).
Ma ben presto i veneziani impararono a produrlo loro stessi nell'isola di Candia (Creta) e da questo zucchero di finissima qualità ne derivarono alcune espressioni come zucaro candio (zucchero candido, cioè di prima qualità) e fruti candii (frutti canditi).
Si confezionavano confetti, pasticche ed altre prelibatezze a base di zucchero. Grani di zucchero venivano regalati a persone di rango: ad esempio ogni nuovo Procuratore di San Marco offriva a tutti i membri del Maggior Consiglio alcuni pani di zucchero.
L'abilità dei confeteri a trasformare e lavorare lo zucchero arrivò al punto di apparecchiare con esso un intero banchetto, dalla tovaglia alle posate, dai tovaglioli ai piatti, compreso il cibo di portata, in onore di Enrico III (1551-1589), figlio di Caterina de' Medici (1519-1589), quando nel luglio 1574 fu a Venezia. Persino le sculture che adornavano la sala erano fatte di zucchero: una regina a cavallo tra leoni e tigri. Angelo Solerti (1865-1907) e Pierre de Nolhac (1859-1936) nel loro "Il viaggio in Italia di Enrico III Re di Francia e le feste a Venezia, Ferrara, Mantova e Torino" raccontano la sua meraviglia «...quando prendendo egli il tovagliolo per nettarsi, questo si ruppe in due pezzi, di cui l'uno cadde a terra: tovaglia e salviette e posate tutto era parimenti di zucchero, e così simili al vero da ingannare chicchessia».
Da qui si entrava nell'Ottocento per accedere alla raffineria dello zucchero. 
Chi lavorava lo zucchero era riunito sotto l'arte degli spezieri da grosso. Con la diffusione delle raffinerie di zucchero in altre città, quali ad esempio Trieste ed Ancona, cominciò a decadere, tuttavia nel 1773 ancora esistevano a Venezia sette stabilimenti che raffinavano e lavoravano lo zucchero. Uno di questi era proprio qui, in corte de la Raffineria.
In corte de la Raffineria, sopra un muro di cinta, alle sue estremità, sono visibili due busti virili in pietra tenera di Vicenza, probabilmente del XVII secolo, che non sappiamo identificare.
 
Due busti maschili (XVII secolo) sono collocati sopra un muro di cinta della corte.
 
Su un edificio in corte de la Raffineria sono presenti due stemmi: il primo con un leone rampante nell'impresa (apparentemente del XV secolo), il secondo (osservabile con un po' di difficoltà) con un calice e attorno le iniziali «B. P.» e l'anno «1928».
 
Due stemmi su un edificio di corte de la Raffineria.
  
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Pagina aggiornata il 20 ottobre 2015