Ai Carmini.
Questi luoghi prendono il nome dalla presenza, attestata fin dal XIV
secolo, delle abitazioni di numerosi mercanti ed artigiani che provenivano
dalla Repubblica marinara di Ragusa, in Dalmazia (oggi chiamata anche
Dubrovnik, nella Croazia meridionale).
Leggiamo di un «Marin Raguseo marcer...» che nel 1319 era
confratello della Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia ed
abitava all'Angelo Raffaele, da cui all'epoca dipendeva la calle ed il
ponte dei Ragusei.
La calle
dei Ragusei che conduce verso la fondamenta Foscarini.
Giuseppe Tassini (1827-1899) cita che una famiglia Raguseo prese il nome
dalla città d'origine e «...stava ai Carmini nella calle detta dei
Ragusei. Di questa è stato m. Giorgio famoso d.r e let.e in Padova».
Verande,
alcune purtroppo modificate e chiuse con serramenti in alluminio
anodizzato (non consentiti) in calle larga dei Ragusei.
La
firma di possesso di Giorgio Raguseo (Biblioteca
Nazionale Marciana, Venezia).
Non sappiamo se Giorgio Raguseo (o da Ragusa) provenisse da
questa famiglia, perché in realtà egli era nato da un'unione illegittima
e dopo aver vissuto alcuni anni mendicando, venne raccolto ed educato da un
nobile veneziano e da questi portato a Venezia. Era nato nella seconda metà
del XVI secolo (probabilmente nel 1579) e divenuto presbitero insegnò a
Padova dove fu astrologo, filosofo e teologo; ricevette dal Doge Marino
Grimani (1532-1605) la seconda cattedra di filosofia che era stata di Cesare
Cremonini (1550-1631) dopo che questi era stato trasferito alla prima. Morì
nel 1622 e venne sepolto nella chiesa di San Francesco a Padova.
Nel Novecento in questi luoghi, oltre ad edifici pubblici, furono costruite le abitazioni di residenza
popolare che si possono vedere ancora oggi.
E' stato mantenuto, per dove possibile, l'antico toponimo "dei
Ragusei".
La
calle dei Ragusei con i due sotopòrteghi con cui termina
prima di congiungersi con la fondamenta Foscarini.
Un
muro di cinta rinforzato con pezzi di pietra d'Istria usata come
rinforzo.
Tutta la zona ha subito una radicale
trasformazione edilizia nella prima metà del Novecento (ma anche negli
anni successivi alla seconda Guerra Mondiale) in parte in concomitanza con
gli sventramenti eseguiti per aprire negli anni Trenta il Rio Novo.
Un lungo muretto in cotto delimita un lato della calle dei Ragusei.
In certi punti si possono notare dei frammenti erratici di pietra d'Istria
che sono stati reimpiegati per assicurare maggiore solidità al manufatto.
In questa calle alcuni architravi di porte recano anche tracce di una
preesistente numerazione: troviamo quella con numeri romani, ma anche una
ottocentesca austriaca con numeri arabi.
Al
civico 3479 troviamo inciso un vecchio numero romano «I».
Al
civico 3481 possiamo leggere un vecchio numero (austriaco?) «3706».
Su
un fianco del ponte dei Ragusei, è indicato l'anno in cui è stato
realizzato.
In questa calle alcuni architravi di
porte recano anche tracce di una precedente numerazione: troviamo quella
con i numeri romani, ma anche una ottocentesca austriaca con numeri arabi.
Fino al 1854 il ponte dei Ragusei era in legno: in quell'anno venne fuso
in ghisa dalla Fonderia dell'ingegnere Odoardo Collalto di Mestre, al
quale si deve, tra l'altro, la costruzione del primo ponte metallico in
città, il ponte della Corona.
Su di un lato del ponte è indicato l'anno di costruzione, sull'altro la
specificazione «A SPESE CIVICHE» e sui due corrimano l'indicazione del
fabbricante: «FONDERIA COLLALTO - MESTRE».