Tra
le colonne di Marco e Todaro, in piazzetta, veniva allestito il
patibolo: Jacopo de' Barbari ne mostra la base con i fori dove
andavano a conficcarsi i pali che formavano la forca.
Ai Tolentini.
Questo ponte collega il sestiere di Dorsoduro con quello di Santa Croce,
superando il rio del Magazèn.
Pur in mancanza di specifica documentazione storica, si può
ragionevolmente ipotizzare che questo sia stato uno dei luoghi dove
venivano
appesi, per essere mostrati, i corpi dei giustiziati con condanna
capitale.
A Venezia, come negli altri comuni medioevali, le condanne a morte
venivano eseguite pubblicamente con il principale scopo che funzionassero
da monito e deterrente.
Ma non bastava: affinché fossero note anche ai forestieri, spesso i corpi
dei giustiziati venivano appesi alle porte o alle mura delle città.
A Venezia le mura naturali erano le acque della sua laguna e
le porte erano rappresentate dai principali canali d'accesso.
Il corpo di un condannato esposto lungo il canale di San Secondo, che
collegava (e collega ancora oggi) la terraferma veneziana alla città, è
visibile nella veduta di Venezia "a volo d'uccello" di Jacopo
de' Barbari, edita nel 1500.
Si tratta di un corpo inanimato appeso ad un traverso orizzontale
sostenuto da due gruppi di tre pali.
L'"appeso"
in mezzo alla laguna, presso il canale di San Secondo, nella
pianta di Venezia "a volo d'uccello" del 1500 di
Jacopo de' Barbari.
Qualcuno azzarda anche il nome dello sventurato: potrebbe trattarsi di
Antonio Landi. Il Landi era «...Secretario di Pregadi...» (il Senato veneziano) ed
era a conoscenza di tutte le più delicate questioni di Stato in materia
politica ed economica (dai commerci alla scelta degli ambasciatori, dagli
affari interni alle questioni di guerra). Avvenne che fu scoperto a
passare delle informazioni a G. Battista Trevisan, ex membro della
Cancelleria dalla quale era stato espulso. Il Trevisan era in contatto con
il Duca di Mantova e lo teneva informato dei segreti della politica
veneziana.
Scoperto, il 24 marzo 1498 il Landi venne arrestato e rinchiuso in
prigione dove due giorni dopo morì, perché già ammalato da tempo (aveva
settant'anni).
Perché la sua condanna fosse risaputa a tutti (ed al Duca di Mantova in
particolare) il suo cadavere venne appeso nottetempo sul patibolo nella
piazzetta di San Marco e rimase esposto per tutto il giorno seguente.
Da questa vicenda qualcuno ipotizza che dopo l'esposizione in piazzetta il
corpo sia stato appeso lungo il canale di San Secondo (dove lo ha effigiato
il de' Barbari) a monito per chi raggiungeva Venezia da Mestre.
Abbiamo notizia di altri
condannati i cui corpi sono stati appesi in mostra ai margini della
città: nel 1417 Giorgio Bragadin (a seguito della sentenza del
Consiglio di Dieci del 24 novembre 1416) fu «...appiccato ... fra le
due colonne rosse del Palzzo Ducale e colà lasciato per ventiquattr'ore;
ove tratto finalmente a S. Giorgio Maggiore, e, con una catena di ferro
appeso di bel nuovo per la gola alle forche fino alla consumazione.»;
nel 1435 i cadaveri di alcuni complici di Marsilio da Carrara, dopo
l'esecuzione, furono appesi «...ab bucam caneti per introitum canalis,
per quem itur ad Lizam Fusinam ad unum par furcarum quod ibi fiat.»;
nel 1514 il corpo del prete Bartolomeo da Mortegliano, dopo l'esecuzione,
fu «...attaccato di bel nuovo alle forche, mediante catena di ferro,
oltre l'isoletta di S. Giorgio Maggiore».
Una pena accessoria consisteva nello squartare (nel senso proprio di
dividere in quattro quarti) i corpi dei giustiziati, per essere posti in
più luoghi esterni alla città: il 27 novembre 1370 toccò a Giovanni
Schiavo il cui corpo, dopo l'esecuzione, fu «...messo a quarti, che penzolarono
per alcuni giorni dalle forche ... e poscia attaccaronsi fino alla
consumazione nei luoghi consueti»; altrettanto avvenne per suo fratello Pietro Schiavo.
Non sappiamo con precisione quali fossero «i luoghi consueti»
dove venivano esposti i quarti dei giustiziati anche perché, sembra,
variassero nel tempo.
Certamente erano posti lungo le principali vie acquee d'accesso alla
città: uno dalle parti del porto di San Nicolò del Lido, attraverso la
cui porta si entrava a Venezia dall'Adriatico; un secondo lungo il canale che
proveniva da Chioggia, quindi all'incirca dietro l'isola di San Giorgio
Maggiore, che abbiamo trovato citata sopra; un terzo, ugualmente citato,
sulla direttrice da Padova (Lizza Fusina); infine sul canale di San
Secondo, che univa Mestre alla città, come ci mostra l'incisione del de'
Barbari.
La posizione attuale del ponte dei Squartai è all'incirca su quest'ultima
direttrice: nel Cinquecento era zona paludosa e nella successiva
urbanizzazione della città potrebbe essere stato costruito il ponte che
ha preso il nome dalla vicina località dove venivano esposti i quarti dei
giustiziati per chi proveniva da Mestre.
A monito per chi arrivava da fuori: questa è la Giustizia veneziana!
Il
ponte dei Squartai, dove inizia il rio del Magazèn.