Tentòr (o Tintòr)

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Le due denominazioni in uso per indicare il "tentòr" sui "nizioleti" veneziani.
Questi luoghi prendono il nome da una bottega di tintore (tentòr o tintòr) che una volta esisteva.
Giuseppe Boerio (1754-1832) nel suo "Dizionario del Dialetto Veneziano" accoglie la forma dialettale tentòr, mentre lo "Stradario del Centro Storico Veneziano" del Comune di Venezia (2012) adotta la forma italianizzata di tintòr: da ciò deriva una certa confusione nella stesura dei nizioleti, indicatori dei toponimi che troviamo scritti ingiustificatamente con ambedue le forme.
Tra calli, rami, sotopòrteghi, campielli, corti, fondamente e ponti, contiamo all'incirca 8 località che prendono questa denominazione: 4 nel sestiere di Santa Croce, 2 a Castello, una a Cannaregio e San Marco.
La maggior concentrazione è a Santa Croce dove era particolarmente attiva l'industria della lavorazione della lana, per la presenza della camera del purgo, il luogo dove cioè si mondava la lana.
Tanti toponimi, all'incirca da Rio Marin a Piazzale Roma, ricordano ancora quelle attività: Fondamenta dei Garzotti, Campo de la Lana, Calle e Campiello dei Lavadori, Chiovere, ecc.
E' logico quindi che qui si stanziassero anche molti tintori che, tra l'altro, diedero anche il nome ad un rio, il Rio dei Tentòri.
L'arte dei tentòri dovrebbe risalire al 1242: originariamente si riunivano presso la Chiesa di San Simon Piccolo, poi attorno al 1380 in quella di San Giovanni Grisostomo, sotto la protezione di S. Onofrio.
E' del 1490 l'annotazione nei registri della chiesa che «...per la scuola delli tentori ogni anno si scuode il giorno di Mess: Sant'Onofrio, che è a dì 14 zugno, lire 44».
Pare che questa sistemazione cominciasse a diventare un po' stretta per i compagni dell'arte dei tentòri, che nel frattempo era aumentata con l'arrivo di lucchesi, tessitori di seta, che erano fuggiti da Lucca a seguito delle lotte fra guelfi e ghibellini: fu così che ottennero spazi più ampi con un locale posto vicino al Ponte dei Servi che acquistarono il 7 ottobre 1581 e presso la chiesa dei Servi costruirono anche un proprio altare di devozione.
I tentòri si dividevano in tre categorie: di sete, di fustagni e di tele.
Conservavano gelosamente i segreti sulla composizione delle tinture, soprattutto lo scarlattto ed il cremisino: la loro fama era tale che persino i tessitori toscani mandavano a Venezia le loro stoffe per farle tingere.
Nel 1773 la Scuola dei Tentòri contava 37 botteghe con 39 mastri, 17 garzoni e 79 lavoranti.
  
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Pagina aggiornata il 18 marzo 2015