Tredici Martiri (calle dei)

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La lapide che ricorda i Tredici Martiri antifascisti.
A San Moisč.
Originariamente questa calle aveva un altro nome: nel primo tratto si chiamava Calle del Campaniel, per la sua prossimitą al campanile della chiesa di San Moisč. Nel secondo tratto, dopo l'incrocio con Calle Barozzi, prendeva il nome di Calle dei Fabbri, o della Scuola dei Fabbri, per la presenza di numerose officine fabbrili e della sede della loro confraternita.
I fabbri infatti avevano i propri altari di devozione nella chiesa di San Moisč e nel campo, all'imboccatura di questa calle, avevano la loro Scuola, che vediamo ancora oggi, seppure alterata nell'uso: dopo le soppressioni napoleoniche, fu magazzino, poi teatrino di marionette, ancora magazzino ed infine fu incorporata nel complesso dell'Hotel Bauer che la usa come propria struttura.
 
Un bassorilievo lapideo con San Giorgio che uccide il Drago, in calle dei Tredici Martiri.
 
Oggi la calle, inserita in un tessuto urbanistico anonimo che risente delle trasformazioni soprattutto alberghiere, č intitolata a tredici martiri antifascisti, legati ad un importante episodio della Resistenza veneziana.
Su un lato troviamo quello che era il palazzo costruito nella seconda metą del Quattrocento dalla famiglia Giustinian su una loro precedente proprietą. Diventato nel XVII secolo della famiglia Morosini, nel 1817 Arnold Marseille lo trasformņ in albergo (Grande Albergo Europa). Nel 1936 venne acquistato dal Comune di Venezia con l'intento di farlo divenire sede del Casinņ municipale, ma ne fece solamente un luogo di lusso per riunioni mondane e feste.
A sinistra l'affaccio della calle dei Tredici Martiri sul Canal Grande, quando ancora si chiamava calle dei Fabbri, o della Scuola dei Fabbri, nella pianta di Jacopo de' Barbari (1500) e a destra com'č oggi.

Durante la Repubblica Sociale Italiana divenne sede, fra l'altro, della Guardia Nazionale Repubblicana, della polizia fascista e dell'ufficio di propaganda tedesco.
Il 26 luglio 1944, due antifascisti (Franco Arcalli, detto "Kim", ed un altro rimasto sconosciuto) vi fecero esplodere all'interno una bomba di 80 chilogrammi che provocņ la morte di 14 fascisti.
L'esplosione si fece udire in quasi tutta la cittą.
La reazione non si fece attendere: vennero scelti tredici antifascisti che erano rinchiusi nel carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia, quasi tutti della zona di San Doną di Piave, dove la Resistenza era particolarmente attiva.
Alle 5 del mattino del 28 luglio i tredici furono condotti sul luogo dove era avvenuto l'attentato e, incatenati a due o a tre, su di essi fecero fuoco "a volontą" ufficiali e militi della Guardia Nazionale Repubblicana.
I nomi delle tredici innocenti vittime sono: Attilio Basso (22 anni), Stefano Bertazzolo (25 anni), Francesco Biancotto (18 anni), Ernesto D'Andrea (31 anni), Giovanni Felisati (35 anni), Angelo Gressani (48 anni), Enzo Gusso (31 anni), Gustavo Levorin (39 anni), Venceslao Nardean (19 anni), Violante Momesso (21 anni), Amedeo Peruch (39 anni), Giovanni Tamai (20 anni) e Giovanni Tronco (39 anni).
  
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Pagina aggiornata il 30 novembre 2014