In
un cassettino, una busta....
Con la busta, alcuni documenti...
Frammenti della vita di una persona.
(Dedicato a mio Padre)
Frontespizio
della copia dello "Stato di Servizio" per le matricole
dell'esercito.
La copia di uno stato di servizio di un militare: sono sei pagine fitte
fitte di date, luoghi, annotazioni.
In mezzo a tante righe, un paio possono passare inosservate:
«Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra nell'86° Reg. Fant.
M.M. 22.4.917»
E poi:
«Prigioniero di guerra nel combattimento a quota 145 a S. Giovanni di Duino
4.6.917»
Particolare
delle annotazioni sullo specchio II dello "Stato di
Servizio".
Eppure c'è tutta una storia dietro quelle righe, una storia della quale
qualche frammento è restato in quel cassettino in soffitta.
Una cartolina postale in franchigia per la corrispondenza del «R. Esercito»
venne scritta proprio da quella zona di guerra nei giorni della decima
battaglia dell'Isonzo, il 20 maggio 1917, appena due settimane prima che il
militare venisse catturato prigioniero.
Dalle parole usate, vergate di getto, dosate con parsimonia per poter
superare il vaglio della censura, traspare la gravità della situazione.
Cartolina
postale in franchigia per la corrispondenza del Regio Esercito
(annullo di Posta Militare della 21ª Divisione del 25 maggio
1917).
Il
testo scritto dalla "Zona di guerra" il 20 maggio 1917
sulla cartolina postale in franchigia del Regio Esercito.
Particolare
dei timbri del Reggimento e della Posta militare.
«Zona di Guerra, 20-V-1917
Caro Giovanni
Ho scritto anche quest'oggi a Gino non avendo ricevuto risposta alcuna.
Ho forse sbagliato mettendo 8° Corpo d'Arm?
Gli ho scritto che mi trovo sul Carso, dove l'aria è gravida molto.....
Baciami la nonna e affettuosamente
T'abbraccio
Augusto»
La cartolina, timbrata con il timbro dell'86° Reggimento Fanteria, 2°
Battaglione, venne postalizzata cinque giorni dopo, come dimostra il
timbro di Posta militare della 21ª Divisione del 25 maggio 1917.
Dopo quella cartolina, nessuna altra notizia.
Si possono immaginare le ore, i giorni, le settimane di ansia e di
angoscia dei familiari, i quali nel frattempo provavano a scrivere ed a
telegrafare: «Per ora mi par sia inutile che tu parli con papà e la
Mery: si è dato tante volte che Augusto non scrivesse per lunghi periodi,
ed anche la mancata risposta ai telegrammi può esser conseguenza delle
circostanze in cui quei corpi si devono esser trovati, degli spostamenti,
ecc. ...».
Il
giornale "L'Adriatico" del 29 giugno 1917.
Poche ore dopo questa nota scritta
tra familiari, che reca la data del 15 giugno 1917 e la precisazione «ore
24», il 16 giugno 1917 arrivò ad uno di loro questo primo laconico
telegramma: «DISPERSO 4, CORRENTE PROBABILMENTE PRIGIONIERO, = CLL
CORAPI».
Il
telegramma del 16 giugno 1917 «Rimesso al fattorino ad ore 10».
E poche ore dopo un altro telegramma: «STENENT AUGUSTO BRIZIO RITIENSI
DISPERSO DAL 4,- CORRENTE.= CAPITANO CMTE REGNT CIGNOZZI».
Il
telegramma del 16 giugno 1917 «Rimesso al Fattorino ad ore
13,40».
Solo il 28 giugno arrivò la notizia dello stato di prigionia, comunicata
a casa anche con un telegramma dallo stesso militare.
Così il giorno dopo la famiglia potè dare la notizia: «AUGUSTO TELEGRAFA ESSERE
PRIGIONIERO BENE AVVISA GINO».
Il
telegramma del 29 giugno 1917 «Rimesso al Fattorino ad ore 9».
La notizia giunse anche ai giornali che avevano seguito l'apprensione
della famiglia per
la mancanza di certezze sulla sorte del militare.
«E' giunta ieri notizia all'avv. comm. Andrea Bizio Gradenigo che il
figlio suo Augusto, aspirante ufficiale di complemento del .... reggimento
di fanteria è stato fatto prigioniero durante uno dei furiosi
contrattacchi nemici avvenuti ultimamente nel Carso.
Il giovane ufficiale, che fu uno dei primissimi a partire per la fronte,
ardente di entusiasmo e di fede nei nuovi destini della patria, fu dal
giorno della dichiarazione di guerra, fino al momento in cui venne fatto
prigioniero, costantemente in prima linea.
Dal Trentino, dove prese parte alle prime ardue imprese, passò
sull'Isonzo, fu ad Oslavia nei giorni convulsi del novembre 1915. Poi fu
in Albania, quindi di nuovo sul Trentino, dove si trovò fra quelle truppe
che difesero col proprio petto il terribile baluardo del Cengio, contro il
dilagare del feroce nemico.
Avviato allo spedale per un grave congelamento degli arti inferiori, il
valoroso giovane, che poteva per le sue condizioni di salute ottenere la
inabilità alle fatiche di guerra, dichiara che non vuole
"imboscarsi" [in corsivo nel testo - N.d.R.] e si presenta per essere rinviato alla fronte.
Certo il suo forte animo deve avere sofferto terribilmente per l'avversa
sorte che lo volle prigioniero dopo di averlo salvaguardato nei numerosi
ed ardui cimenti cui prese parte con deliberato cuore, con fervida
speranza di vittoria.
Alla famiglia sua, che attendeva in una impenetrabile angoscia da
lunghissimi giorni notizie del proprio caro, sia oggi di conforto il
sapere che il valoroso giovane ufficiale ha voluto e saputo compiere tutto
intero il suo dovere fino all'ultimo momento.»
In realtà il militare aveva già scritto raccontando della propria
prigionia, ma le cartoline predisposte dalla Croce Rossa per la
corrispondenza dei prigionieri di guerra impiegarono molto più tempo per
arrivare a destinazione.
Il militare era tenuto prigioniero a Theresienstadt (l'attuale Terezín,
oggi nella Repubblica Ceca).
Qui, tra il 1780 ed il 1790, alla confluenza dei fiumi Ohře (in
tedesco Eger) ed Elba, venne costruita la città fortezza (große
Festung, "grande fortezza") sulla riva occidentale dell'Ohře,
come presidio militare di difesa da un eventuale attacco prussiano
proveniente da nord, che non ci fu mai.
Sulla sponda orientale invece venne costruita una piccola fortezza (kleine
Festung) da servire come prigione militare.
In realtà il complesso di
Theresienstadt non venne mai utilizzato per il suo scopo originale, per il
quale era stata fondata, ed infatti come guarnigione militare venne
abbandonata nel 1882.
Cartolina
da Theresienstadt dell'8 agosto 1917.
Tuttavia venne coinvolta
tragicamente nelle due guerre mondiali, come carcere per i prigionieri di
guerra, ai tempi del primo conflitto, come campo di concentramento e
transito degli ebrei, durante il secondo.
Fu proprio da questo campo di prigionia che il militare scrisse a casa: «...
A te e alla nonna mi raccomando perché mi sia dato tutto il vostro aiuto
morale e materiale. Spedite più volte la settimana pacchi con biancheria,
cioccolato, pane, tabacco, sapone, miele ecc. I pacchi possono pesare 5
Kg. per metà puoi metterci pane quantunque è necessario che mi abboniate
al pane della Croce Rossa. Ho telegrafato due volte a casa. A casa ho
scritto la stessa cosa e continuerò per più giorni...».
Cartolina
da Theresienstadt del 17 giugno 1917.
Le
impronte di timbri rilevate sulla corrispondenza da Theresienstadt:
Il
timbro dell'«Imperiale e Regio stazione ufficiali per
prigionieri di guerra - Theresienstadt» sulle cartoline in
partenza.
Il
timbro di censura austroungarica apposto a Vienna.
I
timbri di censura posti in Italia da parte della Commissione
Prigionieri di Guerra: in realtà si tratta di un unico timbro
(di mm. 70x19) diviso in due sezioni disuguali rettangolari
distanti fra loro 14 mm.
Poi le cartoline della Croce Rossa
per scrivere diventarono più contenute.
Infatti «...ho scritto moltissimo, ma ora non devo spedire più di due
cartoline, per facilitare la censura, che devo equamente distribuire fra
tutti...».
Forse è proprio per agevolare la censura (e quindi nella speranza di non
far ritardare l'inoltro della cartolina) che la calligrafia si fa
particolarmente chiara, quasi infantile, affinché potesse essere letta
senza difficoltà dal censore.
Cartolina
da Theresienstadt: la preoccupazione di facilitare la censura
(e quindi la speranza di non far ritardare l'inoltro delle
notizie alla famiglia) spinge a non esagerare nella quantità
di cartoline inviate settimanalmente e ad usare una
calligrafia chiara, elementare e grande, di facile lettura
(per il censore).
Nelle prime corrispondenze dal campo di prigionia di Theresienstadt sono
ricorrenti le richieste di biancheria e «...roba da indossare...» «...perché
fui preso in trincea con quello che solo avevo intorno...».
Anche la richiesta di pane e cibo ricorre spesso: «So di essere di
peso alla famiglia, ma è un'opera di carità che fate nel mandare pane e
cibarie.»; «Desidero molto pane spedito in abbondanza, latte
condensato e cose che non richiedano troppa cottura che non posso fare
finché non si accendono le stufe.»; «Grazie per il buon riso, ma
altra volta unisci condimento...».
La preoccupazione di
cibo è insistente.
«Per me è più pratico il latte condensato (marca inglese-svizzera)
cacao o caffè, perché più facile la cottura, burro, qualche scatola di
marmellata o formaggio o qualche altra cosa...».
Quasi in ogni corrispondenza c'è un riferimento al tabacco, importante
quasi come il pane: «Procura che non manchi con il pane il
tabacco...»;
«Ricevute da casa sigarette, mandate scatola latta tabacco trinciato
turco...»; «Credimi che chiesi il tabacco, perché di sicuro io non me
lo posso procurare...».
Cartolina
da Theresienstadt del 24 giugno 1917.
Non
solo cibo, ma anche tabacco ed una pipa.
E oltre al tabacco c'è un'altra richiesta, quella di una pipa: «...ti prego di farmi avere in qualche pacco, framezzo ad altra roba,
una pipa, tipo inglese, con del tabacco chepsten e merilan.».
E nel cassettino non trovo solo quelle cartoline della Croce Rossa:
riposta c'è anche una pipa.
E' proprio quella «...pipa, tipo inglese...» che il militare aveva chiesto a
suo fratello il 24 giugno 1917.
La pipa, di marca GBD, dovette tornare malconcia dalla prigionia: infatti
in origine aveva un bocchino d'osso che si avvitava al cannello. Fu
restaurata mezzo secolo dopo mantenendo il sistema di avvitatura, però
dotandola di un più moderno bocchino
che imita l'osso.
La
pipa marca GBD che tenne compagnia al militare durante i mesi
della prigionia a Theresienstadt.
Il tempo da trascorrere nel campo di prigionia doveva essere infinito, non
passare mai. Ed infatti ecco una richiesta per la lettura: «I libri devono
essere di data antecedente al 1914, cioè dal 13 in giù.». Ed ecco una
raccomandazione: «Mai lettere nei pacchi.».
Sempre in quel cassettino, accanto alle cartoline ed alla pipa, c'è un
vecchio portafoglio consunto.
Aperto rivela il suo contenuto: la tessera di riconoscimento del "Regio
Esercito Italiano" ed alcune banconote, soprattutto austroungariche, e
dei buoni di cassa a corso legale emessi forzosamente dalla Cassa Veneta
dei Prestiti istituita nel 1918 dall'Austria per essere fatti circolare nei territori
italiani occupati dopo la disfatta di Caporetto.
Nel
vecchio portafoglio, oltre alla tessera di riconoscimento del
"Regio Esercito Italiano", anche alcune banconote
austroungariche (da 1, 10 e 20 corone) e buoni di cassa a corso legale
emessi forzosamente dalla Cassa Veneta dei Prestiti ai tempi dell'occupazione austriaca delle province venete dopo Caporetto.
La corrispondenza da Theresienstadt continuò intensa: «Scrissi molto a
voi a casa e alle zie Augusta e Ca'. ma devo equamente dividere le mie 4
cartoline settimanali...».
In pieno inverno, il 20 dicembre 1917, il militare venne liberato dalla
prigionia a seguito di invalidità e, rientrato in Italia da
Theresienstadt, fu ricoverato in un luogo di cura fino al 10 aprile 1918,
quando rientrò nel suo corpo di appartenenza.