Una
breve biografia di uno scienziato della prima metà dell'Ottocento che
anticipò molte idee della scienza moderna nella biologia, nella chimica e
nella fisica.
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Ma come fanno a dirlo dal momento che, io vivente, ho fotografato
questo ritratto appeso nell'ingresso di casa mia?!
Bartolomeo
Bizio nasce il 30
ottobre 1791 a Costozza di Longare nei monti Berici (Vicenza). La sua
famiglia è di modeste condizioni: suo padre, Giovanni, fa il sarto. Nei
registri parrocchiali di Costozza alla data del 9 novembre 1791 si legge:
«Bartolomio figlio del sig. Giovanni Bizio del sig. Paolo e della
signora Paolina figlia del sig. Lodovico Zampieroni sua legittima
consorte, nato il 30 del scaduto ottobre alle ore 18 circa ed oggi è
stato battezzato dal Rev. sig. don Bortolo Cavà Cappetto. Padrini furono
Pamio Antonio Zoncato e la signora Trevelin figlia del sig. Giovanni del
Pian ambedue di questa Parrocchia.» Gli viene attribuito il
nome Bartolomeo, lo stesso con cui era stato battezzato due anni prima un
suo fratello morto alla nascita. Infatti, sempre negli stessi registri
parrocchiali, alla data del 16 ottobre 1789, leggiamo: «+ Bartolomio
figlio di Giovanni di Pavolo Biccio e di Paolina di Lodovico Zampieroni
jugali nato alle ore 23 del giorno scorso battezzato dal reverendo don
Bortolo Vanti in casa ob periculum e furono fatte le cerimonie...» Il
giovane Bartolomeo dopo le scuole elementari, non potendo continuare a frequentare
studi regolari per le difficoltà economiche della
famiglia, è costretto ad aiutare il padre nel suo mestiere di sarto ma, non appena
può, dedica tutto il proprio tempo libero a leggere di ogni cosa, e
soprattutto quanto riguarda le scienze naturali; è anche un attento
osservatore dei fenomeni della natura. Nei primi anni dell'Ottocento
la famiglia si trasferisce a Gazzo, lontana appena una
quindicina di chilometri, oggi già in provincia di Padova. Nel 1806, a
quindici anni, chiede il permesso al padre di lasciare il noioso lavoro di
sarto e di impiegarsi come garzone nella farmacia del paese; ed è
lavorando alla farmacia che vede nel retrobottega alcuni libri che ottiene
di poter portare a casa per leggerli. Uno di questi è il "Corso
di studio farmaceutico" del Lagrange, che contribuirà in modo
determinante ad influenzare l'indirizzo del ragazzo. A diciott'anni,
nel 1809, Bartolomeo si fa assumere come garzone dalla Farmacia Zanichelli
di Padova: in questa città, con la presenza dell'Università e di tanti
studenti, trova un ambiente più adatto ai suoi interessi culturali e di
studio.
Riesce a conciliare il lavoro, che gli permette di vivere, con lo studio,
al quale spesso dedica le notti e nel 1814 riesce ad essere ammesso al
liceo ed a frequentarlo con ottimi risultati.
Diventa così il pupillo del suo insegnante di fisica, l'abate Cicuto, il
quale nel 1817 lo vuole come assistente nel gabinetto di fisica.
Qui Bartolomeo può eseguire, prima sotto la guida del suo professore che lo
incoraggia, poi in modo autonomo con la sua autorizzazione, alcune
sperimentazioni, in particolare sulla tensione superficiale dei liquidi.
Finalmente, passato all'università di Padova, Bartolomeo Bizio conquista
nel 1820 il diploma in farmacia.
Il
diploma in Farmacia.
Può
così portare a termine i suoi studi sulla tensione superficiale che sono
giudicati degni dal fisico Angelo Bellani di essere pubblicati sul "Giornale
di Fisica e Chimica di Pavia".
L'interesse di Bartolomeo si sposta sulle sostanze coloranti del caffè,
che scopre e dalle quali riesce ad estrarre una lacca verde, molto
resistente, adatta come colore nella pittura e nelle tinture per tessuti.
Intanto nell'estate afosa del 1819, ai primi di agosto, si diffonde una notizia per
la campagna veneta: a Legnaro, un piccolo paese della bassa padovana, nella
casa di Antonio Pittarello, un contadino, compaiono
"miracolosamente" delle macchie di sangue su della polenta gialla. La
notizia fa il giro del paese, desta enorme scalpore ed emozione e nei giorni successivi
la comparsa del sangue avviene anche in altre abitazioni.
Qualcuno sospetta che si tratti non tanto di un miracolo, bensì di una
manifestazione demoniaca: sono tempi in cui la scienza comincia appena a
fare i primi passi nel conquistare i primi strumenti per comprendere la
natura delle cose.
Naturalmente dei fenomeni se ne interessa subito l'autorità religiosa che
invia sul luogo Padre Pietro Melo perché indaghi su questa possibile
"infestazione diabolica".
Una fetta di pane
contaminata dalla Serratia marcescens.
Serratia
marcescens.
Colonie
di Serratia marcescens in terreno di coltura di gel di agar in una
capsula di Petri
Padre Melo tuttavia si convince che la natura della sostanza rossa,
scambiata per sangue, non sia altro che l'effetto di una fermentazione.
Anche l'Università di Padova è chiamata ad indagare sulle cause di questa
mutazione ed allo scopo incarica una commissione scientifica.
Vincenzo Sette, medico della cittadina di Piove, conclude che si tratta di una
muffa che si sviluppa in ambienti caldi ed umidi.
Ma indipendentemente dalla commissione di studio, del fenomeno si interessa
anche Bartolomeo Bizio che trae delle conclusioni decisamente diverse per le
quali potrebbe essere considerato, in epoca pre-pasteuriana, il fondatore
della batteriologia moderna e della biochimica batterica.
Con le esperienze maturate, Bartolomeo dimostra in una memoria, pubblicata
nel 1823 sotto la forma di "Lettera di Bartolomeo Bizio al
chiarissimo canonico Angelo Bellani sopra il fenomeno della polenta
porporina", che la causa non era «una materia bruta figlia
della fermentazione» ma «un essere organico era
quello» che produceva il fenomeno della «polenta
porporina».
In sostanza Bartolomeo Bizio comprende l'origine parassitaria e batterica
dell'«essere vegetale», che battezza "Serratia
marcescens": "Serratia" in onore del dimenticato fisico fiorentino
Serafino Serrati che nel 1787 fu il primo a brevettare un battello con
propulsione a vapore.
"Marcescens" perché il microorganismo, giunto a maturazione e
dopo aver prodotto il pigmento rosso, marcisce e si decompone velocemente
trasformandosi in una massa viscosa, mucillaginosa, fluida.
Ma il merito di Bartolomeo Bizio non è solo quello di aver identificato
l'organismo vivente e neppure quello di aver stabilito l'esistenza di
organismi microscopici viventi responsabili delle manifestazioni
epidemiche.
Infatti Bartolomeo riesce a coltivare il batterio su un terreno solido, la
polenta fresca, ed a trasmetterlo da un terreno di coltura all'altro
descrivendo la formazione e lo svilupparsi delle colonie.
Dimostra ancora che il batterio resiste all'essiccamento e che riesce a
vegetare per anni. Al ripresentarsi delle condizioni favorevoli allo
sviluppo riesce a riprodursi con lo stesso tipo di colonia precedente.
Bartolomeo scopre anche che il colore rosso del Serratia marcescens è
dovuto ad un pigmento che non si può sciogliere nell'acqua, ma è solubile
invece nell'alcool.
Bartolomeo osserva anche una reazione antibiotica: alcune muffe infatti
impedivano la crescita delle colonie di Serratia marcescens.
Per queste sue osservazioni può essere sicuramente considerato tra gli iniziatori
della microbiologia e tra i precursori di Pasteur, tanto più che la sua
memoria, pubblicata nel 1823, precede di vent'anni analoghe ricerche dei
francesi Dumas e Payen.
Altre ricerche cui si dedica Bartolomeo Bizio riguardano l'azione
dell'ossigeno e delle basse temperature sugli olii essenziali. Le ricerche,
che rende note nel 1824, precedono le esperienze di De Saussure del 1833 il
quale però non cita quelle precedenti di Bartolomeo.
A questo punto il Fusinieri, che riferisce gli studi del De Saussure negli Annali
delle Scienze del Regno Lombardo Veneto, rivendica il primato di
Bartolomeo in questo campo scrivendo: «Bizio fece da molti anni sugli olii
volatili delle esperienze analoghe... ma il Signor De Saussure non parla di
questi risultati, che hanno preceduto le sue esperienze: con che dimostra
di ignorarle. Solito destino delle cose italiche!»
Più tardi i lavori di Bartolomeo verranno ricordati ed appressati dal
chimico tedesco Justus von Liebig.
Intanto nel 1833 Bartolomeo consegue anche la laurea in filosofia ed ottiene
la cattedra di chimica applicata nelle scuole di Venezia.
In quegli anni altri lavori di Bartolomeo riguardano le analisi che compie
su prodotti naturali, tra cui alcuni tipi di cereali, la corteccia del
melograno, la noce americana.
Fanno seguito la ricerca di un nuovo metodo per preparare il cianuro di
potassio e quella che riguarda la scoperta del rame in alcuni molluschi.
La scoperta di Bartolomeo della presenza di un elemento metallico in esseri
animali, mai provata in precedenza, lascia dubbiose ed increduli molti scienziati che
attribuivano la presenza di una colorazione verde in alcune parti dei
molluschi a coloranti organici, come alghe o prodotti di altri esseri
viventi.
Bartolomeo Bizio invece dimostra con vari esperimenti che il colore verde si
forma per l'azione dell'ammoniaca, che si produce dalla putrefazione
dell'animale, sul rame contenuto in alcuni organi del mollusco.
Frammento di tessuto egizio
d'arredamento (VII-VIII secolo): tela di lana écru operata con lana tinta
in filo nei colori porpora, rosa, giallo, marrone, rosso, bianco e blu.
Piviale del primo quarto del XII secolo (vicino Oriente). L'ordito di fondo
(in seta grigia) si intercala con tre trame di seta blu, verde cedro e
porpora, formando il minuto disegno di cui qui sotto è rappresentato un
particolare.
Particolare
del disegno del piviale precedente (Firenze, chiesa di S. Trinita).
Viene resa giustizia a Bartolomeo solo quando una commissione di scienziati,
nominata dall'Ateneo Veneto, seguendo quelli che oggi si chiamerebbero
protocolli elaborati e predisposti dallo stesso Bizio, conferma la verità
delle sue asserzioni. Nel 1834 la commissione può concludere che la «scoperta
del Bizio è un fatto incontestabile, di cui non puossi in modo alcuno
dubitare.»
Un'altra scoperta che va attribuita a Bartolomeo Bizio e che ha avuto ampia
eco nella comunità dei chimici è quella relativa alla
porpora.
La porpora è una tintura usata nei tempi antichi per colorare i tessuti, di
abbigliamento o d'arredo, destinati a classi sociali abbienti per poi
diventare simbolo di potere politico o religioso.
La preziosità dei tessuti "di porpora" deriva dalla difficoltà
di ottenere significative quantità della tintura.
Troviamo la porpora in preziosi tessuti copti, siriani, bizantini, ma anche
in oggetti di culto medievali e tardo-medievali, come piviali e rotoli
liturgici. Nell'antichità la porpora infatti rappresentava l'insegna
della massima autorità e nel mondo romano era il segno distintivo della
potestà imperiale. Fu l'imperatore Giustino I che nel 625 concesse al
vescovo di Roma, il Papa Giovanni I, il diritto di usare della porpora, come
riconoscenza per averlo incoronato imperatore (anche se la tradizione
attribuirebbe questo privilegio all'imperatore Costantino). L'uso della
porpora nei secoli successivi si trasferì ai cardinali e nel 1245 il
Concilio di Lione stabilì che il colore del galero cardinalizio fosse
quello purpureo. Da allora ancora oggi i cardinali rivestono la "porpora cardinalizia",
anche se dell'antico colore conserva solo il nome, essendosi tramutata nel
tempo in un rosso vivo brillante.
La porpora, così entrata nell'uso della Chiesa cattolica, ha assunto una
serie di valori simbolici: assieme a quello della potestà, di una dignità
di governo del collegio cardinalizio, si vuole significare il valore
universale di questa potestà, sancita da Papa Eugenio IV, il veneziano
Gabriele Condulmer. Il colore degli abiti è il segno distintivo di questa
universalità.
Un altro importante significato che viene attribuito dalla Chiesa cattolica
alla porpora è legato al giuramento che i nuovi eletti fanno nelle mani del
Pontefice al momento di ricevere le insegne, quello cioè di difendere la
fede cattolica "usque ad effusionem sanguinis".
Ancora, non va dimenticato che il colore rosso indica il colore dello
Spirito Santo, quando si manifesta in "lingue come di fuoco"
sugli apostoli: la "cappa magna", lunga ed avvolgente senza
aperture che copriva la persona dalla testa ai piedi era simbolo di questa
pienezza di grazia.
Ma da dove proveniva il colore porpora?
Fino a quando non comincia ad interessarsi del problema Bartolomeo Bizio, gli
scienziati che si erano dedicati ad indagare su questo colorante avevano
espresso pareri nebulosi, a volte contrastanti, circa il modo di produrre questa
tintura.
A destra due esemplari di "Bolinus brandaris", a sinistra
due "Hexaplex trunculus", dalle forme più tozze e irregolari.
Sono necessarie circa 12.000 conchiglie per ottenere 1 grammo e mezzo di
porpora con cui si possono tingere solo 100 grammi di lana.
Bartolomeo, forse anche per le sue precedenti ricerche sulla presenza del
rame nei molluschi marini, nel 1833 si prefigge di cercare in questi anche le tracce
dell'essenza del prezioso colorante, fino a stabilire definitivamente, con
prove ed esperimenti, da quali gasteropodi può essere estratto.
Individua infatti due murici appartenenti a due specie diverse presenti in Mediterraneo, e particolarmente
anche in Adriatico: il Murex trunculus, ("Hexaplex trunculus",
chiamato nel dialetto veneziano "nono" o anche "bulo
maschio") dal quale estrae una porpora violetta, quella che Plinio
chiama "amethistina".
Il secondo è il Murex brandaris ("Bolinus brandaris",
chiamato nel dialetto veneziano "garusolo" o, più
raramente, "bulo femena") dal quale si ricava una porpora
rossa, chiamata "porpora di Tiro", da Tiro in Fenicia che, assieme a Bisanzio,
era uno dei principali centri di lavorazione del tempo.
Bartolomeo accerta anche qual'è l'organo che secerne la sostanza
utile: è la ghiandola ipobranchiale di questi animaletti che, una volta
estratta ed esposta all'aria, si ossida velocemente assumendo le rispettive
colorazioni, "amethistina" oppure "porpora di
Tiro" (chimicamente 6-6 dibromoindaco).
La prima comunicazione della sua scoperta viene fatta da Bartolomeo Bizio
in occasione della sua nomina a membro dell'Accademia di Brescia. Il suo
lavoro viene giudicato tanto interessante da fargli meritare il premio che
quell'Accademia concede alla fine dell'anno accademico.
"Murex Echinus" da
Ferrante Imperato "Historiae naturalis libri XXIIXX accesserunt
nonnullae Johannis Mariae Ferro adnotationes...", Colonia, Saurman,
1695.
Il riconoscimento ricevuto incoraggia Bartolomeo a proseguire gli studi su
questa materia: nel 1841 è nominato membro de "I Quaranta della
Società Italiana delle Scienze". Viene incaricato di presiedere il
congresso dell'associazione a Firenze a chiusura del quale legge una
relazione dal titolo "Considerazioni sulla diuturna conservazione
del radicale porporigen e sulla specialità del colore da esso fornito".
Uomo di studio ma soprattutto sperimentatore, Bartolomeo in
quell'occasione dà la dimostrazione dell'azione della luce solare sul
succo incolore estratto dalla ghiandola ipobranchiale dei murici che,
sotto gli occhi dei congressisti, si trasforma in un deciso colore
vermiglio.
Alcuni anni più tardi, nel 1858, il naturalista francese Henry De
Lacaze-Duthiers, mentre si sta dedicando a degli studi sulla fauna marina
attorno all'isola di Minorca, compie delle osservazioni sulla porpora
violetta estratta dal Murex trunculus, pensando di aver scoperto il
segreto della porpora degli antichi.
Il De Lacaze-Duthiers scrive quindi nel numero del 13 luglio 1860 della
rivista francese "Cosmos" che il Bizio avrebbe errato credendo
che la porpora degli antichi fosse rossa, mentre deve ritenersi solo
violetta.
Bartolomeo naturalmente chiede una rettifica al direttore della rivista,
l'abate Moigno, inviando una lettera di risposta al De Lacaze-Duthiers
dove espone l'origine delle due diverse colorazioni di porpora che ha
osservato. La rettifica non viene pubblicata provocando una grande
amarezza nell'animo di Bartolomeo, il quale è costretto a pubblicare la
sua risposta sugli "Atti dell'I.R. Istituto Veneto di Scienze,
Lettere ed Arti" del 1861.
Nonostante l'amarezza, Bartolmeo ha la soddisfazione di vedere
riconosciuta l'importanza delle sue ricerche dallo svedese Berzelius;
Girardin, in Francia, non dà alcuna importanza al suo connazionale
Lacaza-Duthiers ed anzi esalta Bartolomeo Bizio come risolutore del
problema della porpora sin dal 1833.
Nonostante la popolarità che
riceve dalle sue scoperte sulla porpora, Bartolomeo non abbandona i suoi
primi studi sulla tensione superficiale dei liquidi, ed è da questi studi
che trae origine la sua opera forse più importante, la "Dinamica
chimica", rimasta incompiuta, ma completata e pubblicata con i
due capitoli dedicati alla "soluzione" ed alla "cristallizzazione"
a cura del figlio Giovanni, pure lui chimico. Bartolomeo riceve in
Italia attestazioni di stima e riconoscimenti: è membro onorario
dell'Accademia Olimpica di Vicenza, socio onorario e presidente dal 1851
al 1853 dell'Ateneo
Veneto, uno de "I Quaranta della Società Italiana delle
Scienze", membro dell'Accademia di Lettere Scienze ed Arti di Padova,
della Reale Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche di Torino,
Cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro ed in
Francia membro della Società di Scienze d Parigi. A testimonianza
della sua attività di ricercatore restano 110 pubblicazioni scientifiche
che coprono un arco di tempo che va dal 1827 al 1861 nei quali si leggono
le sue esperienze sulla composizione di diversi olii vegetali, i suoi
studi che portano a determinare nuovi processi di preparazione
dell'ammoniaca, del fulmicotone e del solfuro d'antimonio, la produzione,
per distillazione, del gas illuminante dal carbone di legna con il quale
nel 1826 illumina il loggiato dell'Accademia di Belle Arti di Firenze, le indagini sulle fermentazioni
e sui mutamenti di stato dell'acqua e le ricerche sul sangue. L'importanza
di questi studi deve essere valutata soprattutto in relazione a quanto era
noto ai chimici ed ai fisici della prima metà del XIX secolo. I suoi
studi hanno influenzato i lavori successivi di Francesco Selmi e proprio
da alcuni principi enunciati da Bartolomeo Bizio doveva scaturire la
teoria del Selmi sulle proprietà delle soluzioni, anticipatrice degli
studi di Graham e di Stokes. Analogamente si potrebbe dire delle
anticipazioni di Bartolomeo sulla natura delle muffe e sulle fermentazioni
per le quali può essere a buon diritto essere considerato un precursore
della microbiologia.
La
"Bizionia argentinensis" (cortesia
Agencia de Noticias para la Difusión della Ciencia y la Tecnología
- DiCYT).
Nel 1860 una rivista scientifica
ha occasione di scrivere: «sur un grand nombre de points delicats, la
constitution de la molecule et des systèmes moleculaires attractifs, l'affinitè
ecc., M. Bizio partage les saines idèes de la science moderne qu'il a
souvent devancée.» Dopo una lunga e dolorosa attesa della fine
durata 15 anni,
Bartolomeo Bizio si spegne a Venezia il 27 settembre 1862.
Un nuovo genere di batteri Gram
negativi appartenenti alla famiglia delle Flavobacteriacee è
stato scoperto
in un corallo (la "Paragorgia arborea") nel mare
Okhotskoe nella baia di Makarov nell'isola Iturup (arcipelago delle Kurili).
In onore di Bartolomeo Bizio è stato ufficialmente chiamato "Bizionia" ed il nome
è stato pubblicato l'11 gennaio 2005 con la
motivazione «...per il suo importante contributo allo sviluppo della
microbiologia». A questo genere appartengono finora otto specie
che sono state scoperte:
la "Bizionia paragorgiae" (2005), la "Bizionia
saleffrena" (2005), la "Bizionia algoritergicola" (2005),
la "Bizionia myxarmorum" (2005),
la "Bizionia gelidisalsuginis" (2005), la "Bizionia
argentinensis" (2008), la "Bizionia echini"
(2010) e la "Bizionia hallyeonensis" (2013).