Caraffe
di vino, carte da gioco, stecche da biliardo, giochi di dama e domino sono
raffigurati sul fornello di una pipa recuperata nel 1973 nella laguna di
Venezia.
(Tratto
da un mio articolo pubblicato sulla rivista "Il Club della Pipa"
nel settembre 1973)
Il lato della pipa che
presenta sull'ingrossamento per l'innesto del cannello la scritta
"Café".
Una volta il compianto professor Eppe Ramazzotti ebbe a scrivere che al
giocatore incallito, quello per intendersi che ama i tappeti verdi, siano
essi quelli del biliardo oppure del tavolo da poker, ben s'addice in bocca
la pipa dalla forma bulldog
(la quadra dritta, per usare la terminologia nostrana).
Evidentemente non era obbligatorio che solamente il giocatore d'azzardo
fumasse questo tipo di pipa: io stesso conosco persone che la fumano e
tuttavia non hanno mai messo piede in una sala da gioco. Invece la pipa
che mostro non può stare altro che in bocca di un amante del gioco, del
buon bere e, forse, delle belle donne.
Questa pipa è imparentata da vicino con le pipe
di Schemnitz anche se ne
differisce per un particolare: il fornello è a sezione esagonale anziché
ottagonale. L'argilla che è stata impiegata è di quella bianca, comune a
tanti "gessi" olandesi, ma meno compatta, più porosa,
certamente non di prima qualità.
In corrispondenza del foro ove si innesta il cannello c'è un
ingrossamento decorato da un motivo di perline e foglie: forse sono foglie
di vite. Vicino appare su di un lato la scritta «Cafè» e
sull'altro «Cöln». Forse veniva offerta ai clienti abituali di
questo ritrovo: si tratterebbe dunque di una pipa pubblicitaria. E' da
osservare «Café» alla francese e che è scritto «Cöln»
anziché «Köln» (Colonia sul Reno).
Interessanti sono le facce di questa pipa, ricoperte da una sequenza di
minuti e finissimi rilievi ornamentali. L'artigiano, nel modellare la
pipa, ha osservato una certa simmetria: i rilievi sono infatti
contrapposti rispetto al piano che separa le due metà dello stampo.
Tutti e sei i riquadri presentano in alto un disegno curvilineo, ornato di
perline, che ricorda la guarnizione metallica messa nello stesso luogo su
molte pipe di Schemnitz.
Il
lato della pipa che presenta in prossimità dell'innesto del cannello
la scritta "Cöln".
Lo
sviluppo dei disegni sui sei lati del fornello della pipa.
Sul primo lato si può vedere una caraffa che senza difficoltà
possiamo immaginare colma di vino.
Il secondo invece illustra due giochi: in
basso è mostrato il domino con le pedine del gioco e nella parte centrale
il biliardo. Ci sono le due stecche incrociate e le tre palle d'aorio: sopra
l'incrocio delle due stecche forse il "pallino" ed il compasso con
il quale si misura nei casi dubbi la distanza delle palle e di conseguenza si
stabilisce a chi assegnare il punto.
Il terzo ed il quarto lato, quelli frontali, opposti al cannello, hanno in
basso delle foglie ornamentali (sembrano di quercia) ed al centro carte
francesi: sono riconoscibili l'asso di cuori e quello di fiori. Inoltre si
possono vedere, su ciascuno dei due lati, altrettanti triangoli formati da
15 biglie: le biglie per la partita a biliardo "all'americana".
Il quinto lato, contrapposto al secondo, presenta ancora le stecche e le
palle da biliardo, ma questa volta con un altro gioco: si notano infatti i
birilli che posti al centro del tappeto verde formano il
"castello" per la classica partita "all'italiana". In
basso, come nel secondo lato avevamo il domino, troviamo raffigurato
probabilmente il gioco della dama (con un numero semplificato di caselle
nella scacchiera), oppure un gioco affine; ma potrebbe trattarsi anche del
"tris", o "filetto".
Il ciclo si conclude ripresentando sull'ultimo lato che va a ricongiungersi
al primo, sopra a dove si innesta il cannello, la caraffa per bagnare di vin
il palato ormai arso dell'accanito giocatore.
Non è dato sapere dove venne fabbricata questa pipa.
Si possono solo avanzare delle ipotesi: essa venne ritrovata scavando tra
gli argini attorno alla laguna di Venezia. Questo farebbe supporre che venne
fabbricata in questa città, ma non è neppure da escludere, anzi è più
probabile, che potesse provenire da Padova, oppure che qualche straniero l'avesse
perduta (al gioco?) o lasciata a Venezia.
Stilisticamente appare fabbricata tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del
Novecento; per risolvere il mistero del dove venne fatta basterebbe scoprire
dove è esistito questo "Café Cöln". A Venezia non ne ho trovato
traccia.
Chissà se nella platea di Internet non ci sia qualcuno che ha sentito
parlare di questo caffè, che doveva essere frequentato da gente amante del
buon vino, del gioco e, sicuramente, anche delle belle donne.