con l'occasione della ricorrenza dei 150 anni della spedizione di Garibaldi in Sicilia, volevo mostrarvi una letterina, da poco acquistata su ebay, che dà diversi spunti per ricordare gli avvenimenti di quei giorni.
Ho cercato di ricostruire, per quanto nelle mia possibilità, la storia del mittente del destinatario e della sua famiglia, nonchè di alcuni accadimenti storici. Spero di non aver errato, ma sarei lieto di ricevere qualsiasi informazione/correzione da parte vostra.
Non affrancata a causa dell’abolizione dei francobolli di Ferdinando II, la lettera parte da Palermo il 13/07/1860 tramite il servizio postale della Compagnia francese Frassinet, che dalla fine di giugno aveva stipulato un contratto con il Ministero dei lavori Pubblici del Regno di Sardegna per il trasporto della corrispondenza tra Genova, Livorno e Palermo.
In transito a Genova viene apposta la tassazione tramite tampone di 40 centesimi ed in arrivo a Milano il datario 19/07/60 in rosso-arancio, il P.L.1 D. (PortaLettere 1° Distribuzione -grazie a mestrestamp per l'info-) e l’ovale col numero del portalettere.
trascrivo il testo per miglior comprensione:
C.mo Luigi
Palermo 12 Luglio 1860
Ho ricevuto la credenziale che mi hai fatto avere a mezzo della ditta A. A. Ponti, e te ne ringrazio. Già da qualche tempo sono stato nominato ufficiale nel corpo dell’artiglieria, e scelsi quest’arma pel solo motivo di trovarmi unito all’amico D’Italia, altrimenti avrei potuto avere un posto migliore nella cavalleria che sta ora organizzandosi. Credo che per lunedì venturo noi lasceremo Palermo e non si sa fin’ora qual direzione prenderemo; io voglio sperare che per quella giornata mi troverò perfettamente in salute, essendo stato in questi giorni passati, incomodato da forti dolori di ventre unitamente ad un generale indebolimento provenienti dal eccessivo caldo che abbiamo qui in Sicilia. Vuol dire che con altro mio scritto ti saprò precisare qual sarà la nuova mia destinazione. Intanto sappi che anche indisposto, sono obbligato di assistere a tutte le legioni e nello stesso tempo cerco di disimpegnare alla meglio le incombenze che m’aspettano. Molte cose avrei a dirti, ma non posso parlare. Noi qui siamo certi di marciare presto sopra Napoli, e sicuri di trovare non grandi difficoltà. L’altro giorno disertò un vapore Napoletano con tutto il rispettivo equipaggio, ed ora si trova nel nostro porto. Ieri lo stesso vapore comandato dal nostro ministro della marina Piola ripartì, ed oggi fece ritorno conducendo seco due altri vapori pure napoletani.
Se posso ti voglio far tenere delle fotografie di alcune case state danneggiate dal bombardamento; da queste potrai rilevare lo stato deplorabile di questa povera città.
Ti prego di dire al fratello Antonio che non tengo bisogno di sue raccomandazioni presso lo Stato Maggiore, poiché invece di farmi del bene mi sarebbero di danno; ti basta, credo mi avrai inteso.
Ti saluto insieme alla mamma al Girolamo al Battista ed alla Marietta, i quali tutti vi credo in buonissima salute. Ricevi una stretta di mano dall’
Aff.mo Tuo
Francesco
P.S.
Andando a Varese dallo zio
ti prego di fare sapere
la corrispondenza che tengo
con te, e nello stesso tempo potrai
comunicare il mio dispiacere,
nel esser partito senza aver
partecipato a nessuno di famiglia
questo mio divisamento.
Dalle mie superficiali ricerche quella dei Ponti risulta essere una famiglia di illuminati imprenditori lombardi operanti nel settore tessile che inaugurarono nel 1813 a Gallarate il primo stabilimento di filatura in Italia.
Andrea Ponti, nato nel 1821, alla morte del padre, diresse insieme al fratello minore Antonio la filanda di proprietà della famiglia, la "Antonio & Andrea Ponti" (A.A. Ponti).
Il mittente della lettera, da me individuato in Francesco Ponti, era nato a Gallarate nel 1832 ed era l’ultimo degli 11 figli di Giuseppe e Maria Antonia Longhi (tra i quali: Antonio, Andrea, Luigi -sindaco di Vimercate-, Giovanni Battista, Girolamo e Bartolomeo).
Il giovane Francesco, fu probabilmente affascinato dal Generale Garibaldi sin dal 1859 quando quest’ultimo stabilì proprio in una villa di proprietà della famiglia (villa Fabio Ponti a Biumo Superiore) il suo quartier generale durante la battaglia di Varese il 26 maggio. A 28 anni quindi, nel 1860, partì per la Sicilia; il suo nome non compare tra i 1.089 garibaldini della prima ora, ma è ipotizzabile che sia partito con la prima spedizione Medici o al massimo con quella Cosenz.
Fa riflettere la frase che lo stesso Francesco scrive nel post scriptum “…e nello stesso tempo potrai comunicare il mio dispiacere, nel esser partito senza aver partecipato a nessuno di famiglia questo mio divisamento.”.
Estraneo alla gestione dell’azienda di famiglia, celibe e senza discendenti diretti, si dedicò alla collezione di opere d’arte che, alla sua morte (Baveno 24 agosto 1895), lasciò al comune di Milano perché ne venisse arricchito il museo artistico municipale.
Lasciò al nipote (figlio di Andrea) Ettore Ponti (futuro sindaco di Milano) una somma da destinare in beneficenza. Nel 1896 Ettore presentò all'Amministrazione dell'Ospedale Maggiore il progetto di una pia istituzione autonoma annessa all'Ospedale. La “Causa Pia Francesco Ponti per gli infortuni sul lavoro” e per la terapia chirurgica viene così fondata nel gennaio 1898. Nello stesso anno viene autorizzata la costruzione di due padiglioni dedicati a Francesco Ponti.
Il Tradimento della fregata “Veloce”
Il vapore napoletano che disertò (indicato nel testo) è in realtà la fregata Borbonica “Veloce”. Il giorno 9 luglio il Veloce dopo aver scortato 800 uomini che si trovavano sul “Brasile” da Messina a Milazzo invece di far ritorno nella città dello stretto proseguì per Palermo. Al comando c’era il Capitano Amilcare Anguissola ed insieme a lui 178 membri dell’equipaggio.
Il 10 luglio la fregata gettava l’ancora nel porto di Palermo; il Capitano la consegnò al contrammiraglio piemontese Carlo Pellion di Persano che la cedette al Dittatore Garibaldi.
Quest’ultimo salito a bordo della nave tenne un discorso all’equipaggio lasciandolo libero di decidere se tornare a Napoli o allearsi con lui. 138 dei 179 membri decisero di tornare a Napoli e solo 41 restarono, tra cui il Comandante ed alcuni Ufficiali.
La fregata, a cui Garibaldi dette il nome del suo ufficiale Tukory morto pochi giorni prima (06/07/60), comandata dal neo Ministro della Marina Giuseppe Piola, il giorno 11 luglio prese il largo per catturare l’”Elettrico” che doveva venire da Taranto, prese invece due vapori mercantili noleggiati per il servizio del re, il “Duca di Calabria” e l’”Elba”, entrambi gli equipaggi vollero tornare a Napoli.
Questi due vapori trasportavano, tra le altre cose, la corrispondenza “borbonica” che, con astuzia, i garibaldini sequestrarono ed aprirono, cercando delle informazioni utili sulla posizione, sul morale e sulla consistenza numerica dei nemici.
Infine, nel testo si parla di alcune fotografie:
Il bombardamento di Palermo 27-29/05/1860
Il 27 maggio alle ore 10,30 le fregate napoletane ancorate nella rada ed il forte di Castellammare vomitano ferro e fuoco sugli antichi quartieri di Palermo, ma i volontari ed i “picciotti” non demordono, avanzano, conquistano posizioni e costruiscono barricate fin quando giorno 30 viene conclusa una breve tregua.
Proprio nei giorni immediatamente successivi, un anonimo fotografo francese (forse Eugène Sevaistre) esegue un reportage. Sono le prime immagini della Palermo del 1860.
Le fotografie vennero nei giorni successivi immesse nel mercato in edizione stereoscopica, con didascalie in francese. Oggi sono divenute rarissime.

