aurelio ha scritto:Michele,

tu che sei ben provvisto di letteratura sull'argomento oltre che di buona memoria
Sul primo argomento potrei essere d'accordo se definiamo cosa s'intende per "ben provvisto" ma sul secondo purtroppo devo smentirti (e anche in questo topic ho dato ripetute prove di potere avere la cittadinanza onoraria di Collegno).
aurelio ha scritto:1° argomento: a Torino, ma dove e chi? sai dirmi se l'affermazione presente sul Zanaria-Serra, dove si dice che la produzione dei ferri di cavallo di Torino sia stata effettuata presso una tipografia privata (forse addirittura quella di Matraire), sia fondata oppure no? Il Filanci esclude Matraire, e dice però che (sulle basi di documenti contabili, suppongo) qualcuno sia stato pagato cent. 12 1/2 al mille per eseguire le soprastampe. Il Damilano dice invece (credo dai verbali di produzione dell'OCV) che dall'ottobre 1865 si "proseguì nella produzione utilizzando tutte le plance di soprastampa fornite da Londra con un ritmo di 3-5 milioni di pezzi al mese". (hai l'articolo di E.Diena sul ferro di cavallo pubblicato sullo "Stanley-Gibbons Monthly journal" del 1904?)
Io ho una mia idea in proposito, che concilierebbe le due affermazioni apparentemente contrastanti.
L'affermazione dello Zanaria-Serra è assolutamente fondata: fino all'inizio di ottobre 1865 l'OCV era solo nella mente di Giove, quindi le sovrastampe torinesi doveva farle per forza qualcun altro. La data indicata da Damilano mi sembra prematura: le attrezzature e i materiali per l'OCV partirono dall'Inghilterra, via mare, a metà settembre 1865; il viaggio fino a Genova durava almeno una decina di giuorni; poi le varie casse andavano trasferite a Torino, il macchinario rimontato e collaudato ed infine si poteva cominciare a stampare. E quindi credo sia incorso in una svista, come confermato in una lettera che Giacinto Berruti scrive ai De La Rue il 21 novembre e in cui, tra le altre cose, dice "abbiamo cominciato a fare i francobolli all'inizio di novembre". E poi perchè l'OCV si sarebbe dovuta imbarcare nella sovrastampa? Da tempo le faceva qualcun altro, i problemi di controllo erano praticamente inesistenti perchè tanti francobolli di 15 centesimi venivano affidati alla tipigrafia ed altrettanti dovevano tornarne; di carte valore da stampare l'OCV ne aveva a bizzeffe, quindi meglio continuare le sovrastampe con il contrattore e dedicarsi ai mille problemi che una Officina neonata aveva.
Non ho l'articolo di Diena che citi.
aurelio ha scritto:2° argomento: distribuzione dei fogli predisposti dalla DLR
Piero Damilano, nel suo studio sul ferro di cavallo, invece, dice che per tutti i valori della serie DLR preparati per essere inviati in Italia "per comodità, le provviste londinesi furono dimezzate e confezionate in pacchi o risme composte di 200 francobolli. Oltretutto questo accorgimento favoriva notevolmente la maneggevolezza dei pacchi e la spedizione". Inoltre sembra assodato (vedi fattura del 8.12.64) che le "plance" di soprastampa del 20 su 15 cent. erano da 200 e da 100 pezzi, cosa che avvalora quella tesi, proprio in virtù del fatto che dovendosi "ripassare in soprastampa" le risme già inviate, con una plancia da 400 l'operazione sarebbe divenuta ccomplicata. Trovi qualche riscontro? (hai gli articoli di P.Zanetta - le forniture all'Italia della casa DLR 1861-66, su Filatelia n.28-37 e gli articoli di Mackay sugli archivi DLR, pubblicati su "Il collezionista - Italia filatelica" del 1969?)
No, su questo argomento non ho evidenze.
Ho in casa gli articoli di Zanetta, quelli di Mackay sono diponibili nella biblioteca dell'AFI.
E torno al perforatore. Il primo era già pronto alla fine del 1864: il 31 dicembre infatti la D.Napier & Son, che lo aveva costruito, chiede ai DLR 20 sterline per smontarlo, portarlo in officina
per modificarlo, reimballarlo insieme ai tre "punchers" e consegnarlo a Londra. Visto che a Torino ci andrà a settembre 1865, che sia il primo che viene parcheggiato a Somerset House?
Michele