De la Rue - L'emissione del 1863
- cirneco giuseppe
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Re: De La Rue ... ancora
Si, infatti mi riferivo proprio a questa.
Sono quelle striature di giallo che mi rendono perplesso.
Certo se, poi, si pensa che nel luglio del 65 l'Officina Torinese non era ancora avviata si arriva alla conclusione che anche questa quartina è made in London.
Guardando la gomma avevo subito pensato a Torino senza considerare le date, cosa tanto importante.
Ciò sta a dimostrare come non si debba fermarsi solo al primo elemento visivo che ci cade sotto gli occhi (come ho fatto io), ma che sempre va esaminato tutto l'oggetto nelle sue parti.
Sono quelle striature di giallo che mi rendono perplesso.
Certo se, poi, si pensa che nel luglio del 65 l'Officina Torinese non era ancora avviata si arriva alla conclusione che anche questa quartina è made in London.
Guardando la gomma avevo subito pensato a Torino senza considerare le date, cosa tanto importante.
Ciò sta a dimostrare come non si debba fermarsi solo al primo elemento visivo che ci cade sotto gli occhi (come ho fatto io), ma che sempre va esaminato tutto l'oggetto nelle sue parti.
..... pino .....
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NEMICO, DICHIARATO E CONVINTO, DEL GRONCHI LILLA
E' saggio sognare ma da stolti illudersi.
cerco e colleziono saggi e prove dagli ASI ad oggi solo Italia
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Re: De La Rue ... ancora
Le date non mentono, ma la gomma, le caratteristiche di stampa e l'inchiostro neppure.
Quelle striature di cui parli, dovute ad un ispessimento della gomma durante la stesura con il pennello, sono abbastanza frequenti nei saggi di Londra, ma non sempre virano il proprio colore originale verso il giallo-marroncino, anzi.
Nei Torino la gomma è più spessa e giallastra e le striature sono più evidenti.
Ricordo, però, che su alcuni valori della tiratura di Torino (ad esempio il 30 cent. e il 2 Lire) esistono delle gomme molto chiare che "sembrano" Londra, ma in realtà non lo sono, che nel corso degli anni hanno ingannato più di qualche perito.
Quelle striature di cui parli, dovute ad un ispessimento della gomma durante la stesura con il pennello, sono abbastanza frequenti nei saggi di Londra, ma non sempre virano il proprio colore originale verso il giallo-marroncino, anzi.
Nei Torino la gomma è più spessa e giallastra e le striature sono più evidenti.
Ricordo, però, che su alcuni valori della tiratura di Torino (ad esempio il 30 cent. e il 2 Lire) esistono delle gomme molto chiare che "sembrano" Londra, ma in realtà non lo sono, che nel corso degli anni hanno ingannato più di qualche perito.



Stefano
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S T A F F
Colleziono nuovi ** del Regno d'Italia, Trieste A e B con varietà, Occupazione Jugoslava di Trieste, Istria e Litorale Sloveno e IV di Sardegna
SOSTENITORE
Re: De La Rue ... ancora

Mi ha sempre incuriosito il confronto tra queste due immagini che, a parte le diversità di qualità di stampa, mostrano un'interessante somiglianza nei tratti del disegno.
Stiamo confrontando un Fb da 20c del 1867 con una marca per Atti Amministrativi da 50c. Il livello di somiglianza tra le due incisioni dell'effige reale fa pensare che derivino da uno stesso punzone.
A questo punto conviene fare un confronto con la Marca da Bollo da 1L.
Come si può notare la Marca da Bollo appare più sfumata e luminosa, gli Atti Amministrativi più nitida ed incisa.
Dalla sovraposizione si può notare che le due immagini coicidono abbastanza anche se appaiono in rosso ed in azzurro parti del disegno in cui prevale il disegno del 1L o del 50c.
Se ingrandiamo possiamo notare che la scritta VITTORIO EMANUELE II. RE D'ITALIA ha caratteri differenti, nel 50c si notano grazie che nell' 1L non appaiono.
Altro elemento di diversità è costituito dal fregio in basso alla fascia circolare che appare sensibilmente diverso tra le due immagini.
Se confrontiamo altri volori di Marche, che sappiamo provenire dallo stesso punzone, si può notare che tutte hanno lo stesso tipo di carattere della Marca da 1L ed anche il fregio è molto simile, come molto simile appare il tratteggio dell'effige reale.


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- cirneco giuseppe
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Re: De La Rue ... ancora
Michele,
però il collo mi sembra diverso.
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Re: De La Rue ... ancora
cirneco giuseppe ha scritto:Michele,
però il collo mi sembra diverso.
Concordo: ad es. sulla marca per Atti Amministrativi da 50c. il pomo d'Adamo è molto più evidente rispetto al 20c.
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- cirneco giuseppe
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Re: De La Rue ... ancora
Anche il ricciolo subito a dx dell'occhio ed in alto, sembra pettinato in maniera diversa.
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Re: De La Rue ... ancora
io invece sono d'accordo con Michele,
troppe caratteristiche identiche,
potrebbe anche trattarsi di un altro punzone che deriva dallo stesso conio, sul quale furono apportate qualche
modifichina.

troppe caratteristiche identiche,
potrebbe anche trattarsi di un altro punzone che deriva dallo stesso conio, sul quale furono apportate qualche
modifichina.



Re: De La Rue ... ancora
Hai ragione Pino, la forma del collo è diversa nella parte in basso a sinistra, anche perchè negli Atti Amministrativi avrebbe interferito con la cornice circolare.
Comunque se le due effigi precedenti possono in qualcosa apparire diverse guardate queste.
Anche se ambedue sono caratterizzate da una riquadratura rettangolare si notatano molte diversità a partire dalla forma del naso. La marca da bollo è più vicina allo stereotipo che ha carattarizzato l'effige nella fase iniziale in cui si sono prodotti la maggior parte dei conii.
Io comunque concentrerei l'attenzione sulle differenze tra le due marche da bollo a partire dalla forma dei caratteri e del fregio in basso
. Perchè sono diversi?
Se qualcuno può
sarebbe interessante avere la scansione dei due saggi insieme a 1200 dpi
michele
Comunque se le due effigi precedenti possono in qualcosa apparire diverse guardate queste.
Anche se ambedue sono caratterizzate da una riquadratura rettangolare si notatano molte diversità a partire dalla forma del naso. La marca da bollo è più vicina allo stereotipo che ha carattarizzato l'effige nella fase iniziale in cui si sono prodotti la maggior parte dei conii.
Io comunque concentrerei l'attenzione sulle differenze tra le due marche da bollo a partire dalla forma dei caratteri e del fregio in basso

Se qualcuno può



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dedicato con affetto al grande mondo di variabilità costituito dagli ordinari - Michele
Re: De La Rue ... ancora
saranno dello stesso foglio?
credo ci sia un foglio intero in giro,
eppure del dentellatore del secondo tipo sui ferro di cavallo nessuno ne parla

credo ci sia un foglio intero in giro,




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- marco castelli
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- Iscritto il: 3 agosto 2007, 16:00
- Località: valcamonica (BS)
Re: De La Rue ... ancora
Questo lunghissimo e interessantissimo Topic dimostra quanto interesse ci sia tuttora sull'emissione De La Rue, e quante cose
interessanti si possono ancora scoprire lavorando con passione e competenza.
A voi tutti un grande applauso
Oggi sfogliando una vecchia rivista filatelica ho letto una lettera di 50 anni fà...,
io non ero nemmeno nato, dove un personaggio molto noto si pone delle domande proprio come voi oggi.
Mi sembrava una nota di colore da condividere con voi...
Marco
interessanti si possono ancora scoprire lavorando con passione e competenza.
A voi tutti un grande applauso




Oggi sfogliando una vecchia rivista filatelica ho letto una lettera di 50 anni fà...,
io non ero nemmeno nato, dove un personaggio molto noto si pone delle domande proprio come voi oggi.
Mi sembrava una nota di colore da condividere con voi...


Marco
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Marco Castelli
Colleziono i colori della IV emissione del Regno di Sardegna,
le affrancature miste con francobolli Matraire,
...e da poco anche Toscana, Napoli, Lombardo Veneto.
maccastelli10@gmail.com
Sostenitore dal 2005
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- valerio66vt
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- Iscritto il: 3 ottobre 2007, 19:36
- Località: TARQUINIA VT
Re: De La Rue ... ancora
Interessantissimo!
Ma chi è il tuo spacciatore di riviste vecchie!
valerio
Ma chi è il tuo spacciatore di riviste vecchie!

valerio
Re: De La Rue ... ancora
Interessante leggere come anche un grande filatelista come Robbie si fosse convinto di incisioni diverse (teoria già esposta da Alberto Diena alla fine degli anni '40) e invocasse un intervento di Leonard Wyon nell'incisione del ritratto di Vittorio Emanuele. E pensare che tutto il materiale De La Rue venduto è passato dalle sue mani e avrebbe avuto ben modo di capire numerose cose, anche senza avere il lavoro di computer grafica che ha fatto Michele Apicella!marco castelli ha scritto:Oggi sfogliando una vecchia rivista filatelica ho letto una lettera di 50 anni fà...,
io non ero nemmeno nato, dove un personaggio molto noto si pone delle domande proprio come voi oggi.
Mi sembrava una nota di colore da condividere con voi...
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Marco
Michele
Re: De La Rue ... ancora
versione "Filanci"
L'intenzione delle autorità italiane di fabbricare anche la carta filigranata in Italia porta già nel 1865 ad eseguire i primi esperimenti, per verificare innanzitutto la resa della stampa.
Alcuni fogli inviati da Torino, probabilmente già prodotti dalla cartiera Avondo avendo come campione la carta inglese, ma senza filigrana, vengono normalmente stampati e gommati, in modo da vederne la reazione agli inchiostri e alla gommatura.
E’ noto un foglio impresso con la tavola n° 1 del 2 cent. sul cui margine figura la scritta autografa di Giovanni Berruti “Londra 15 agosto 1865. Saggio di stampa su carta italiana. G.B.”
Un altro quarto di foglio, purtroppo senza scritte che ne permettano la datazione, è stampato con la tavola n. 1 dell’1 cent. la quale, essendo ritirata dalla produzione, risulta biffata con una riga orizzontale che taglia a metà tutti gli esemplari.
E probabilmente anche di tutti gli altri valori viene tirato un foglio, usando ove possibile, una tavola biffata.
Come al solito ...... un pò di domande......
Venne stampata tutta la tavola "biffata" da 400 esemplari ?
Stampati tutti e 400 ma solo il blocco 2 (Nord-Est) venne biffato?
Se invece erano solo 100 esemplari .... come li avevano ottenuti?
I quattro blocchi della tavola n. 1 dell' 1 cent. vennero divisi per ricavare un solo "modulo" da 100?
E' chiaro che il blocco dei 100 proposti è il secondo, in alto a destra (Nord-Est)
Una piccola curiosità (in realtà serviva di più in L'UOMO DEI BORDI!!).
E' scritto FRANCOBOLLI POSTALI DA UN CENTESIMO
Nelle successive tavole dell'1 cent. "versione OCV - TO"
la scritta diventerà FRANCOBOLLI POSTALI DA CENTESIMI UNO
vedere le scritte sui bordi di destra.....
P.S.
Già che ci siamo....
Ho letto un'articolo (che vedrò di recuperare) tratto da "PHILATELIE POPULAIRE - Revue éditée par l'Union Philatélique Internationale" nel quale era descritto come i Francesi "staccavano" la conchiglia in rame dai calchi in piombo..... facendo "bollire" il blocco completo.......
me ne è rimasto un pezzo in francese
..... il flan è il calco in piombo..... la coquille ... il guscio in rame... poi si dovrebbe capire
Quello che invece non ho ancora tradotto e se qualcuno è in grado , ringrazio, è questo passaggio:
La coquille était alors décapée à l’esprit de sel
..... ben ripulita dal sale? (il solfato di rame...)????
L’ensemble des flans, du cadre métallique et de l’alliage basse fusion était alors plongé dans un bain électrolytique de sulfate de cuivre, puis relié au pôle négatif d’une pile (pile Daniell, existant depuis 1831, puis pile Bunsen à partir de 1843). Le pôle positif était relié à une plaque de cuivre. L’intensité du courant était d’environ 9 ampère et la durée de l’électrolyse était de 10 à 15 jours, voire 3 semaines pour des épaisseurs de cuivre de l’ordre de 2 mm.
Lorsque le dépôt de cuivre était suffisant, on retirait l’ensemble du bain et on le plongeait dans l’eau bouillante. L’alliage basse fusion fondait et on pouvait donc retirer les flans pour ne conserver que la « coquille » fine et fragile. La coquille avait son relief inversé par rapport aux flans et se trouvait donc dans le même sens que le poinçon original.
La coquille était alors décapée à l’esprit de sel puis chauffée sur une plaque en fonte. Pour rigidifier cette frêle coquille, on coulait à l’intérieur un alliage à 91% de plomb, 5% d’antimoine et 4% d’étain. Le tout, monté sur un cadre, était prêt pour l’impression typographique sur les presses de l’atelier de la monnaie de Paris.

L'intenzione delle autorità italiane di fabbricare anche la carta filigranata in Italia porta già nel 1865 ad eseguire i primi esperimenti, per verificare innanzitutto la resa della stampa.
Alcuni fogli inviati da Torino, probabilmente già prodotti dalla cartiera Avondo avendo come campione la carta inglese, ma senza filigrana, vengono normalmente stampati e gommati, in modo da vederne la reazione agli inchiostri e alla gommatura.
E’ noto un foglio impresso con la tavola n° 1 del 2 cent. sul cui margine figura la scritta autografa di Giovanni Berruti “Londra 15 agosto 1865. Saggio di stampa su carta italiana. G.B.”
Un altro quarto di foglio, purtroppo senza scritte che ne permettano la datazione, è stampato con la tavola n. 1 dell’1 cent. la quale, essendo ritirata dalla produzione, risulta biffata con una riga orizzontale che taglia a metà tutti gli esemplari.
E probabilmente anche di tutti gli altri valori viene tirato un foglio, usando ove possibile, una tavola biffata.
Come al solito ...... un pò di domande......
Venne stampata tutta la tavola "biffata" da 400 esemplari ?
Stampati tutti e 400 ma solo il blocco 2 (Nord-Est) venne biffato?
Se invece erano solo 100 esemplari .... come li avevano ottenuti?
I quattro blocchi della tavola n. 1 dell' 1 cent. vennero divisi per ricavare un solo "modulo" da 100?
E' chiaro che il blocco dei 100 proposti è il secondo, in alto a destra (Nord-Est)
Una piccola curiosità (in realtà serviva di più in L'UOMO DEI BORDI!!).
E' scritto FRANCOBOLLI POSTALI DA UN CENTESIMO
Nelle successive tavole dell'1 cent. "versione OCV - TO"
la scritta diventerà FRANCOBOLLI POSTALI DA CENTESIMI UNO
vedere le scritte sui bordi di destra.....


P.S.
Già che ci siamo....
Ho letto un'articolo (che vedrò di recuperare) tratto da "PHILATELIE POPULAIRE - Revue éditée par l'Union Philatélique Internationale" nel quale era descritto come i Francesi "staccavano" la conchiglia in rame dai calchi in piombo..... facendo "bollire" il blocco completo.......
me ne è rimasto un pezzo in francese
..... il flan è il calco in piombo..... la coquille ... il guscio in rame... poi si dovrebbe capire
Quello che invece non ho ancora tradotto e se qualcuno è in grado , ringrazio, è questo passaggio:
La coquille était alors décapée à l’esprit de sel
..... ben ripulita dal sale? (il solfato di rame...)????
L’ensemble des flans, du cadre métallique et de l’alliage basse fusion était alors plongé dans un bain électrolytique de sulfate de cuivre, puis relié au pôle négatif d’une pile (pile Daniell, existant depuis 1831, puis pile Bunsen à partir de 1843). Le pôle positif était relié à une plaque de cuivre. L’intensité du courant était d’environ 9 ampère et la durée de l’électrolyse était de 10 à 15 jours, voire 3 semaines pour des épaisseurs de cuivre de l’ordre de 2 mm.
Lorsque le dépôt de cuivre était suffisant, on retirait l’ensemble du bain et on le plongeait dans l’eau bouillante. L’alliage basse fusion fondait et on pouvait donc retirer les flans pour ne conserver que la « coquille » fine et fragile. La coquille avait son relief inversé par rapport aux flans et se trouvait donc dans le même sens que le poinçon original.
La coquille était alors décapée à l’esprit de sel puis chauffée sur une plaque en fonte. Pour rigidifier cette frêle coquille, on coulait à l’intérieur un alliage à 91% de plomb, 5% d’antimoine et 4% d’étain. Le tout, monté sur un cadre, était prêt pour l’impression typographique sur les presses de l’atelier de la monnaie de Paris.


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Maurizio
"Sicché dunque, disse Pinocchio sempre più sbalordito, se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?"
"È un conto facilissimo, rispose la Volpe, un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila cinquecento zecchini lampanti e sonanti."
"Oh che bella cosa!" gridò Pinocchio, ballando dall'allegrezza.
"Sicché dunque, disse Pinocchio sempre più sbalordito, se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?"
"È un conto facilissimo, rispose la Volpe, un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila cinquecento zecchini lampanti e sonanti."
"Oh che bella cosa!" gridò Pinocchio, ballando dall'allegrezza.
Re: De La Rue ... ancora
L'esprit de sel non è il solfato di rame ma un vecchio nome, da alchimista più che da chimico, dell'acido cloridrico e serviva per la pulizia finale del guscio di rame (il decapaggio, come lo chiamiamo anche noi con un bel gallicismo).
Sono propenso a credere che la "lastra biffata" sia una svista di Filanci: se fosse stata tale avrebbe avuto le scritte originali e non quelle diverse che ci hai fatto notare. Strano però che di tale "esperimento" non ci sia traccia nelle corrispondenze d'archivio.
Michele
Sono propenso a credere che la "lastra biffata" sia una svista di Filanci: se fosse stata tale avrebbe avuto le scritte originali e non quelle diverse che ci hai fatto notare. Strano però che di tale "esperimento" non ci sia traccia nelle corrispondenze d'archivio.
Michele
Re: De La Rue ... ancora
Secondo voi il flan di che materiale era? Di metallo?
E' sicuro?
C'e' scritto esplicitamente?
La mia esperienza sull'uso dei flani (in italiano) è una procedura di stampa tipografica che prende il nome di stereotipia
Essa fu certamente usata nel LombardoVeneto per la prima emissione, anche se non ne ha mai parlato nessuno!
(infatti alcuni autori hanni sì parlato di stereotipi, ma senza comprenderne il significato).
Le deduzioni sono venute dallo studio accuratissimo dei clichè che ho fatto qualche anno fa con Luigi Guido (Ludwig).
Ovviamente nel LV i flani non erano incurvati perchè la stampa era in piano.
Per comprendere meglio quello che dico, riporto una descrizione tratta da un'enciclopedia:
STEREOTIPIA
E’ la duplicazione di una composizione tipografica allo scopo di moltiplicare le forme tipografiche di uno stesso originale senza spreco dei costosi caratteri di fonderia.
L’impronta viene ottenuta pressando contro la composizione tipografica già impaginata a regola d’arte uno speciale cartoncino (“Flan”) composto di carta ingessata ed inamidata. Dopo essiccamento si stacca il flan, che conserva in incavo e per diritto l’impronta degli elementi della forma tipografica. Il flan, ancora umido, può essere incurvato per ottenere lastre curve per utilizzazione in rotativa. Le parti in incavo dei flani vengono riempite per colata con una lega fusa (Pb 80%; Sb 20%) e in tal modo si riproduce esattamente l’immagine formata dagli elementi in rilievo della composizione originaria. I flani possono essere conservati quali matrici per ulteriori duplicazioni.
Questo sistema è stato molto usato fino a qualche decennio fa per la stampa dei quotidiani.
E' sicuro?
C'e' scritto esplicitamente?
La mia esperienza sull'uso dei flani (in italiano) è una procedura di stampa tipografica che prende il nome di stereotipia
Essa fu certamente usata nel LombardoVeneto per la prima emissione, anche se non ne ha mai parlato nessuno!
(infatti alcuni autori hanni sì parlato di stereotipi, ma senza comprenderne il significato).
Le deduzioni sono venute dallo studio accuratissimo dei clichè che ho fatto qualche anno fa con Luigi Guido (Ludwig).
Ovviamente nel LV i flani non erano incurvati perchè la stampa era in piano.
Per comprendere meglio quello che dico, riporto una descrizione tratta da un'enciclopedia:
STEREOTIPIA
E’ la duplicazione di una composizione tipografica allo scopo di moltiplicare le forme tipografiche di uno stesso originale senza spreco dei costosi caratteri di fonderia.
L’impronta viene ottenuta pressando contro la composizione tipografica già impaginata a regola d’arte uno speciale cartoncino (“Flan”) composto di carta ingessata ed inamidata. Dopo essiccamento si stacca il flan, che conserva in incavo e per diritto l’impronta degli elementi della forma tipografica. Il flan, ancora umido, può essere incurvato per ottenere lastre curve per utilizzazione in rotativa. Le parti in incavo dei flani vengono riempite per colata con una lega fusa (Pb 80%; Sb 20%) e in tal modo si riproduce esattamente l’immagine formata dagli elementi in rilievo della composizione originaria. I flani possono essere conservati quali matrici per ulteriori duplicazioni.
Questo sistema è stato molto usato fino a qualche decennio fa per la stampa dei quotidiani.
+-x:
Sommiamo le idee, riduciamo gli ostacoli, moltiplichiamo le relazioni e condividiamo le conoscenze!
ciao
Fildoc
Sommiamo le idee, riduciamo gli ostacoli, moltiplichiamo le relazioni e condividiamo le conoscenze!
ciao



Fildoc
Re: De La Rue ... ancora
Merita sul flano anche questo passaggio dell'Accademia della Crusca...
Flano, significato ed etimologia
Flano è una parola tecnica che ha seguìto, nel suo percorso semantico, il cambiamento della tecnologia utilizzata per i processi di stampa. La parola nella sua storia appare difficilmente comprensibile, se la sleghiamo dagli oggetti e dalle operazioni che essa richiama. Originariamente – siamo nel 1848 – il tedesco Kronheim inventò il flano cioè un cartone a base di amianto sul quale veniva impressa la pagina del giornale da stampare: il flano passava poi in stereotipia dove, nella fonditrice, si realizzava il semicilindro cavo da installare sul cilindro della rotativa. L’invenzione tedesca dell’oggetto ci appare come una conferma alla ricostruzione linguistica di Alfredo Panzini che, nel suo Dizionario Moderno (Milano, Ulrico Hoepli,1905) inseriva la voce francese flan spiegandola come contrazione dell’antico flaon dal basso latino flado e aggiungeva il riferimento all’antico alto tedesco flado, ‘focaccia’, che rimanderebbe alla forma circolare dell’oggetto descritto. La parola flano entra in italiano come adattamento della forma francese flan, attestato in accezione tipografica dal 1872, ma già presente nel francese antico dal 1376 con significato di “disque destiné à recevoir une empreinte pour pression” (Le Grand Robert de la langue française, Paris, Le Robert, 1988-1989). La forma flano, secondo il GRADIT, è attestata in italiano dal 1918 con il significato di “matrice tipografica in cartone speciale, resistente al calore, su cui si cola il piombo per produrre lastre stereotipate”; da flano sono derivati flanare (1960) e flanatura (1965) per indicare l’operazione di “imprimere su flano una composizione tipografica”. Conferma la tecnicità del termine il suo ingresso nel Dizionario del linguaggio giornalistico (a cura di Franco Fucci, Milano, Ceschina, 1962), nel quale flano è definito [corsivi miei]: “Nel gergo tecnico giornalistico così si chiama quello speciale cartone (fabbricato con impasto di amianto o asbesto, incombustibile) grazie al quale è possibile il procedimento tipografico detto stereotipia [...]; così sulla facciata del “flano” si riproduce, nei minimi particolari [...], il bassorilievo della pagina. Poi il flano passa in una fonditrice che lo riempie di piombo liquido: grazie alla sua incombustibilità, il flano sopporta l’alta temperatura, il piombo si solidifica rapidamente e il semicilindro che ne risulta è pronto per essere applicato ai cilindri della rotativa per la stampa.”
Fino a qui l’origine del termine e il suo significato primario funzionale ai metodi di stampa con matrici a piombo e lastre.
Ma i procedimenti di impaginazione e stampa sono notevolmente cambiati negli ultimi decenni con l’avvento dell’informatica e quindi dei programmi di impaginazione e della stampa digitale. La stampa offset è il procedimento normalmente usato oggi per i quotidiani con tiratura superiore alle mille copie: in questo sistema, al posto del vecchio flano, si utilizza una lastra di alluminio e altro materiale sensibile a radiazioni elettromagnetiche, sulla quale le aree da stampare vengono marcate in modo che siano ricettive all’inchiostro (che è una sostanza grassa) mentre le altre vengono marcate in modo che siano ricettive all’acqua (che non si mescola con i grassi); l’inchiostrazione si limiterà quindi alle parti ricettive all’inchiostro. Dalla lastra poi l’inchiostro viene trasferito su un secondo cilindro intermedio rivestito di tessuto gommato (caucciù) e da qui giunge sulla carta che può essere disposta in fogli piani o in bobina.
In un bell’articolo uscito sul Corriere della Sera del 29 giugno 1992 (e rintracciabile nell’archivio on line del Corriere), Gaetano Afeltra ripercorre proprio le fasi di questi profondi cambiamenti che hanno trasformato le redazioni e le tipografie dei quotidiani e così descrive le ultime operazioni di stampa in cui veniva impiegato il flano [corsivi miei]: “Poi sulla pagina era posto il flano, ossia il cartone morbido e resistente al calore su cui doveva imprimersi il rilievo della matrice tipografica, e due panni spessi; quindi la pagina era spinta sotto la pressa, che in meno di tre minuti, lavorando a caldo, imprimeva sul flano la matrice tipografica. Il flano scendeva, con un montacarichi, al pianterreno, alla stereotipia, dove veniva cosparso di saponaria per controllarne la perfetta incisione. [...] Il flano era prosciugato di ogni umidità in un essiccatoio, da cui passava nella fonditrice, che faceva colare il piombo fuso nelle sue minime cavità, ricavandone così una lastra da applicare ai cilindri della rotativa per la stampa (la lastra pesava allora 18 chili, mentre oggi è una lastrina metallica di pochi grammi). [...] Sparito il piombo, sparito l’inchiostro, sparita la pressa e il flano, restano le rotative con il loro possente ruggito. E resta intatta la tradizione di via Solferino”.
Flano, significato ed etimologia
Flano è una parola tecnica che ha seguìto, nel suo percorso semantico, il cambiamento della tecnologia utilizzata per i processi di stampa. La parola nella sua storia appare difficilmente comprensibile, se la sleghiamo dagli oggetti e dalle operazioni che essa richiama. Originariamente – siamo nel 1848 – il tedesco Kronheim inventò il flano cioè un cartone a base di amianto sul quale veniva impressa la pagina del giornale da stampare: il flano passava poi in stereotipia dove, nella fonditrice, si realizzava il semicilindro cavo da installare sul cilindro della rotativa. L’invenzione tedesca dell’oggetto ci appare come una conferma alla ricostruzione linguistica di Alfredo Panzini che, nel suo Dizionario Moderno (Milano, Ulrico Hoepli,1905) inseriva la voce francese flan spiegandola come contrazione dell’antico flaon dal basso latino flado e aggiungeva il riferimento all’antico alto tedesco flado, ‘focaccia’, che rimanderebbe alla forma circolare dell’oggetto descritto. La parola flano entra in italiano come adattamento della forma francese flan, attestato in accezione tipografica dal 1872, ma già presente nel francese antico dal 1376 con significato di “disque destiné à recevoir une empreinte pour pression” (Le Grand Robert de la langue française, Paris, Le Robert, 1988-1989). La forma flano, secondo il GRADIT, è attestata in italiano dal 1918 con il significato di “matrice tipografica in cartone speciale, resistente al calore, su cui si cola il piombo per produrre lastre stereotipate”; da flano sono derivati flanare (1960) e flanatura (1965) per indicare l’operazione di “imprimere su flano una composizione tipografica”. Conferma la tecnicità del termine il suo ingresso nel Dizionario del linguaggio giornalistico (a cura di Franco Fucci, Milano, Ceschina, 1962), nel quale flano è definito [corsivi miei]: “Nel gergo tecnico giornalistico così si chiama quello speciale cartone (fabbricato con impasto di amianto o asbesto, incombustibile) grazie al quale è possibile il procedimento tipografico detto stereotipia [...]; così sulla facciata del “flano” si riproduce, nei minimi particolari [...], il bassorilievo della pagina. Poi il flano passa in una fonditrice che lo riempie di piombo liquido: grazie alla sua incombustibilità, il flano sopporta l’alta temperatura, il piombo si solidifica rapidamente e il semicilindro che ne risulta è pronto per essere applicato ai cilindri della rotativa per la stampa.”
Fino a qui l’origine del termine e il suo significato primario funzionale ai metodi di stampa con matrici a piombo e lastre.
Ma i procedimenti di impaginazione e stampa sono notevolmente cambiati negli ultimi decenni con l’avvento dell’informatica e quindi dei programmi di impaginazione e della stampa digitale. La stampa offset è il procedimento normalmente usato oggi per i quotidiani con tiratura superiore alle mille copie: in questo sistema, al posto del vecchio flano, si utilizza una lastra di alluminio e altro materiale sensibile a radiazioni elettromagnetiche, sulla quale le aree da stampare vengono marcate in modo che siano ricettive all’inchiostro (che è una sostanza grassa) mentre le altre vengono marcate in modo che siano ricettive all’acqua (che non si mescola con i grassi); l’inchiostrazione si limiterà quindi alle parti ricettive all’inchiostro. Dalla lastra poi l’inchiostro viene trasferito su un secondo cilindro intermedio rivestito di tessuto gommato (caucciù) e da qui giunge sulla carta che può essere disposta in fogli piani o in bobina.
In un bell’articolo uscito sul Corriere della Sera del 29 giugno 1992 (e rintracciabile nell’archivio on line del Corriere), Gaetano Afeltra ripercorre proprio le fasi di questi profondi cambiamenti che hanno trasformato le redazioni e le tipografie dei quotidiani e così descrive le ultime operazioni di stampa in cui veniva impiegato il flano [corsivi miei]: “Poi sulla pagina era posto il flano, ossia il cartone morbido e resistente al calore su cui doveva imprimersi il rilievo della matrice tipografica, e due panni spessi; quindi la pagina era spinta sotto la pressa, che in meno di tre minuti, lavorando a caldo, imprimeva sul flano la matrice tipografica. Il flano scendeva, con un montacarichi, al pianterreno, alla stereotipia, dove veniva cosparso di saponaria per controllarne la perfetta incisione. [...] Il flano era prosciugato di ogni umidità in un essiccatoio, da cui passava nella fonditrice, che faceva colare il piombo fuso nelle sue minime cavità, ricavandone così una lastra da applicare ai cilindri della rotativa per la stampa (la lastra pesava allora 18 chili, mentre oggi è una lastrina metallica di pochi grammi). [...] Sparito il piombo, sparito l’inchiostro, sparita la pressa e il flano, restano le rotative con il loro possente ruggito. E resta intatta la tradizione di via Solferino”.
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Sommiamo le idee, riduciamo gli ostacoli, moltiplichiamo le relazioni e condividiamo le conoscenze!
ciao
Fildoc
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Fildoc
Re: De La Rue ... ancora
Il flano è il calco: che sia fatto di metallo (De La Rue), di guttaperca (Sparre), di cartone amiantato (Kronheim) o di resine sintetiche (i processi più recenti), cambia il materiale ma non la funzione.
Michele
Michele
Re: De La Rue ... ancora
marcadabollo ha scritto:L'esprit de sel non è il solfato di rame ma un vecchio nome, da alchimista più che da chimico, dell'acido cloridrico e serviva per la pulizia finale del guscio di rame (il decapaggio, come lo chiamiamo anche noi con un bel gallicismo).
Sono propenso a credere che la "lastra biffata" sia una svista di Filanci: se fosse stata tale avrebbe avuto le scritte originali e non quelle diverse che ci hai fatto notare. Strano però che di tale "esperimento" non ci sia traccia nelle corrispondenze d'archivio.
Michele
Michele


grazie per .....l'esprit de sel..... (ci voleva proprio un chimico ..... anzi .... un alchimista!!)
per quanto alla tavola "biffata" vedo di chiarire meglio
credo che il quarto di foglio dell'1 cent. proposto sia stato tratto dall'originaria tavola del 1863, tavola n. 1 negativo (in ovale) e n. 2 positivo in rettangolo
.... lo desumo dalla presenza dell'1 negativo in ovale


in asta Zanaria ho trovato anche una quartina ... appena sopra
ritengo quindi che la scritta FRANCOBOLLI POSTALI DA UN CENTESIMO sia quella della tavola iniziale (tav. 1 neg. e 2 positivo, del 1863)
le scritte del tipo DLR- Londra rimasero identiche sicuramente fino alla tavola progressiva 142 (in rettangolo), tavola preparata a Torino da OCV nel 1875
cambiarono sicuramente (nella dimensione dei caratteri) con le tavole preparate per la Repubblica di San Marino (tavole 153 - 154 - 155)
per le tavole dell'1 cent. la scritta divenne ( ... e siamo già oltre il 1877) FRANCOBOLLI POSTALI DA CENTESIMI UNO


P.S. 1 .... abbiamo già visto il numero 2 positivo , in rettangolo?
P.S. 2 ....... parere personale






















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Maurizio
"Sicché dunque, disse Pinocchio sempre più sbalordito, se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?"
"È un conto facilissimo, rispose la Volpe, un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila cinquecento zecchini lampanti e sonanti."
"Oh che bella cosa!" gridò Pinocchio, ballando dall'allegrezza.
"Sicché dunque, disse Pinocchio sempre più sbalordito, se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?"
"È un conto facilissimo, rispose la Volpe, un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila cinquecento zecchini lampanti e sonanti."
"Oh che bella cosa!" gridò Pinocchio, ballando dall'allegrezza.
Re: De La Rue ... ancora
Maurizio, grazie per il chiarimento: la svista questa volta è mia. Tornando alla biffatura: peccato non avere una buona foto del foglio intero su cui Michele Apicella avrebbe potuto verificare se la riga orizzontale era sempre esattamente nella stessa posizione o se aveva il minimo di variabilità che un'operazione a posteriori avrebbe determinato.
Quanto a
per il foglio smembrato, c'è stato di molto peggio e mi riferisco all'archivio De La Rue: arrivato praticamente intatto al secondo dopoguerra, l'archivista della ditta ne cominciò un "riordino" con criteri collezionistici, e c'è da notare che non era un filatelista! Mise insieme più di 3500 fogli d'album su cui aveva montato a modo suo il materiale che ancora non era stato venduto, massacrando registri e day books e mettendo commenti che spesso non tenevano nemmeno conto di quelli scritti nel foglio precedente. Insomma, fece un disastro di cui la storia filatelica (con la s minuscola, ma pur sempre storia) paga ancora le conseguenze.
Michele
Quanto a











Michele
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Re: De La Rue ... ancora
ciao,volevo chiedere un chiarimento.Ho preso un 2 lire arancio con soprastampa saggio,i francobolli con questa soprastampa sono solo di londra o possono essere anche di torino? grazie