Paolo Cardillo ha scritto:
D'altronde non necessariamente chi commercia in francobolli e/o storia postale è un appassionato amante dei testi interni che, pur qualche volta, sono interessanti. Se dall'aspetto puramente commerciale il francobollo è quello che dà valore all'insieme (la parte storico-postale come la destinazione per esempio è comunque legata alla sovracoperta e non al contenuto) il testo interno di queste corrispondenze non ha alcuna utilità commerciale.
Con tutta la stima e la simpatia che ho nei suoi riguardi, concordo parzialmente con la sua affermazione.
Fermo restando che una destinazione o qualche altro elemento possono caratterizzare "particolarmente" una missiva priva di testo, non va sminuito l'apporto che lo scritto interno può dare.
La storia postale, proprio perchè storia, si caratterizza per una attenzione particolare a date, avvenimenti, situazioni, che possono modificare in maniera decisamente importante l'attenzione che il collezionista pone su una lettera rispetto ad una, analoga nell'aspetto esterno, ma diversa per quanto riguarda, ad esempio, la data.
Potremmo mai parlare del primo giorno di impiego di un bollo se non avessimo a corredo la parte scritta che indica chiaramente quando è stata scritta e, possibilmente, spedita? Soprattutto quando il bollo della direzione di partenza è un semplice nome e niente più?
Potremmo mai parlare di impieghi "postumi" del bollo in questione, magari per fissare o modificare il limite temporale di impiego del bollo stesso?
Senza una data scritta all'interno del piego, una lettera perde la sua "personalità", che può essere banale ma può anche essere decisamente importante (basta pensare ai brevi periodi di occupazione temporanea che gli Antichi Stati si trovavano a subire da parte di altri eserciti).
Potremmo mai distinguere l'uso di un bollo dipartimentale napoleonico nel periodo 1810-1813 dallo stesso bollo impiegato nel periodo della occupazione dell'Armata Napoletana di Gioacchino Murat se non ci venisse in aiuto la data scritta all'interno della lettera su cui è apposto?
Ed ancora, teniamo sempre presente che, come dicevano alcuni dei grandi studiosi, il francobollo, per quanto determinante nella valorizzazione della lettera, è solo
"un incidente nel percorso della storia postale".
Per quanto attraente, ha caratterizzato solo 20 degli oltre 150 anni in cui la corrispondenza ha preso piede, nelle forme che conosciamo (bolli, tassazioni, ecc.) negli Antichi Stati della Penisola.
Lo abbiamo analizzato, studiato, direi "vivisezionato", ma solo la presenza degli altri elementi costituenti la missiva lo può far assurgere al rango di attore (anche primattore) della storia postale.
Per carità, si possono sempre collezionare
solo lettere (affrancate o meno) indirizzate a privati, ma è difficile farlo per i periodi in cui l'ottanta per cento della corrispondenza veniva prodotta ed indirizzata ad entità amministrative dello Stato.
Per quanto riguarda la circolare n. 43 della DG-A del MIBACT speravo si riuscissero a delimitare i confini interni di un' "area" entro la quale "Collezionismo" e "Tutela del Patrimonio" potessero non solo coesistere ma addirittura "collaborare" ed alla fine (ma questa è una mia personale opinione) sono stati ribaditi i concetti già noti di totale subordinazione del primo al secondo senza ulteriori precise indicazioni.
Pensare poi, che queste indicazioni possano arrivare dal Collezionismo ed essere accettate, mi sembra una moderna versione della favola del Lupo e dell'Agnello.
