Antonello Cerruti: brevissime note sulla nascita della posta
- Antonello Cerruti
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Antonello Cerruti: brevissime note sulla nascita della posta
Brevissime note sulle origini delle comunicazioni e della posta.
I primi nutrimenti per l'uomo furono la carne di un animale ed i frutti spontanei raccolti da un albero.
Quando la razza umana scopre che il cibo si può ricavare anche dalle coltivazioni, può interrompere le continue migrazioni, all'inseguimento delle mandrie e dietro le loro tracce, per dedicarsi invece alla cura dei terreni seminati, per seguire la crescita delle piante e proteggere il raccolto.
Per tali periodi di sosta si allestiscono dapprima dei semplici accampamenti e, quando successivamente questi stanziamenti diventano duraturi e permanenti, i primi villaggi.
Mentre gli anziani si dedicano ai campi, i giovani si allontanano per la caccia o per trovare nuovi terreni da coltivare.
E così, generazione dopo generazione, si moltiplicano gli insediamenti e si popolano le regioni.
Di tanto in tanto alcuni di loro tornano al villaggio di origine o portano le notizie da un luogo all'altro, raccontando le storie di terre e genti lontane e sconosciute.
In queste poche righe abbiamo tratteggiato l'ipotetico scenario della nascita delle comunicazioni.
Tramite particolari segnali acustici o visivi le prime comunicazioni raggiungevano faticosamente le loro destinazioni ma potevano anche essere viste, ascoltate e comprese da occhi ed orecchie indiscrete - se non ostili -, rendendo quindi necessaria quella riservatezza che non poteva che essere affidata a persone di fiducia in grado di imparare a memoria o di nascondere un messaggio.
Lo sviluppo continuo della civiltà determina la nascita e la crescita degli scambi commerciali, sempre più complessi ed articolati, tra paesi anche lontani fra loro.
Ciò comporta scambi di proposte, di accordi, di denaro e quindi - non potendo sempre e tutti permettersi messaggeri esclusivi e personali - la crescente necessità di poter contare sull'affidabilità di una posta non riservata esclusivamente alle autorità statali, militari o religiose, bensì aperta al pubblico.
Nascono così i primi servizi postali che si ramificano e si sviluppano di pari passo con le esigenze dell'uomo e dei suoi commerci.
Quando ebbe origine la posta?
Rispondere con una data precisa a questa domanda è davvero impossibile, anche se non è difficile presupporre che l'esigenza si sia rivelata allorquando l'uomo primitivo si accorse che la sua voce non giungeva al suo simile o che i suoi segnali non erano visti o non erano compresi.
In tutte le prime antichissime civiltà compare una divinità alata incaricata di tenere i contatti fra gli uomini e gli altri dei, a testimonianza della importanza della funzione che veniva attribuita ai messaggeri.
Notizie frammentarie si hanno su un servizio postale organizzato in Cina, già 4.000 anni prima della nascita di Cristo, che si avvaleva di cavalli e carri.
Sotto i Faraoni della 19a dinastia, cioè nel 2.400 a.C. circa, vennero istituiti i primi corrieri incaricati di diramare gli editti ed i decreti fra tutti i popoli soggetti.
A proposito dei re di Persia, lo storico Erodoto ci tramanda che "...niente è più rapido del modo di trasmissione dei messaggi inventato dai persiani. Su tutte le strade sono disseminate le stazioni per il cambio degli uomini e dei cavalli sfiniti dalla corsa, ed i corrieri si scambiano l'un l'altro le novelle come fanno i giovani Greci con la lampada accesa durante la festa del dio Vulcano".
Nel libro di Ester, al capitolo 8°, si legge che volendo Assuero, re dei Medi, cedendo alle insistenze della bella ebrea, revocare l'editto contro il popolo eletto, fece percorrere il territorio dello stato da corrieri su cavalli e muli.
Notevoli le distanze attraversate da questi antichi corrieri e quindi grande la loro fatica ed i rischi che dovevano superare: la storia ci ha tramandato la figura di Filippide e della sua famosissima e fatale corsa di 42 chilometri e 190 metri da Maratona ad Atene, nel 490 a.C., per comunicare la notizia della vittoria greca sull'esercito persiano.
Le origini e l’evoluzione del servizio postale.
Le tariffe postali variano proporzionalmente alla distanza che le missive devono percorrere, al loro peso, alla maggiore velocità richiesta per la consegna, alla cifra che il vettore si impegna a risarcire in caso di smarrimento, ecc.
Normalmente il servizio veniva esatto alla consegna.
Non sempre però il destinatario accettava di ricevere la lettera e quindi di assumere l'onere del pagamento della relativa tariffa postale; questo malcostume, privando il corriere della certezza della remunerazione, rendeva antieconomico il sistema.
Vari tentativi furono fatti per assicurare contemporaneamen-te la certezza del rimborso del costo del servizio e quella della consegna della lettera, anche dopo l'anticipazione del pagamento.
Solo nel 1840, in Gran Bretagna, con l'invenzione del francobollo, si trova il sistema di assicurare il pagamento anticipato della tassa postale, mentre è l'organizzazione statale stessa che garantisce, assumendosene l'onere, la serietà del servizio.
Diversi erano stati in precedenza i tentativi per assicurare al vettore postale la certezza del pagamento del servizio.
Ne citiamo due :
1) Gli "AQ" della Repubblica di Venezia.
2) I "Cavallini" del regno di Sardegna.
Quelle particolari "ricevute" di carta colorata che testimoniano l'avvenuto pagamento della tassa relativa al trasporto della lettera sono spesso di gradevole fattura, interessanti graficamente e riportano un'immagine bella e fedele del Sovrano. Dunque perchè cestinarle, anche quando la lettera, per il suo contenuto, non merita di essere archiviata?
Nasce così il piacere della raccolta e quindi degli scambi dei francobolli, magari nei primi incontri fra gli appassionati di questi nuovi oggetti da collezione.
Seguendo l'esempio della Gran Bretagna, emettono francobolli il Brasile ed i Cantoni svizzeri di Zurigo e Ginevra (nel 1843) e Basilea (nel 1845). A questi seguono tutti gli altri stati, molti dei quali adottano anche il formato (cm 2 x cm 2,5 circa) dei francobolli inglesi ed il soggetto (l'effigie del Sovrano).
Già nel 1864, avvertita la necessità di dare un nome a questa forma di collezionismo e preceduto da diverse discussioni, viene adottato, proveniente dalla Francia, il termine "philatélie" (filatelia) che unisce le parole greche filos (amico) e ateleia (che è libero), intendendo quindi con questo termine l'amore per ciò che viaggia in franchigia, cioè dopo aver soddisfatto - con il francobollo - la tariffa per il trasporto e la consegna a destinazione della lettera.
La necessità di velocizzare la consegna della posta spinge la mente umana ad escogitare sempre nuove forme di trasporto.
Dal messo si passa al corriere a cavallo o alla diligenza postale, non trascurando però forme anche meno note o, se vogliamo, più bizzarre.
La posta ha anche viaggiato sui cammelli in Asia ed in Africa, ha attraversato il West con il Pony Express, è stata recapitata a dorso di mulo ai villaggi alpini e di lama a quelli andini, ha raggiunto i villaggi eschimesi sulle slitte trainate da cani, il tutto documentato dai bolli dei servizi postali del mondo intero.
Ancora alla fine della seconda guerra mondiale alcuni vettori postali privati furono autorizzati ad assicurare, nell'Italia sconvolta dagli avvenimenti bellici e lungo le vie di comunicazione distrutte dai bombardamenti, il trasporto della posta con messaggeri ciclisti.
I piccioni viaggiatori rappresentarono per secoli un vettore veloce ed abbastanza sicuro, cacciatori ed uccelli rapaci permettendo, tanto che anche in tempi più moderni i cosiddetti "pigeongrammi" sono stati utilizzati.
Talora gli assediati dovevano inviare le loro comunicazioni oltre la cinta degli assedianti ricorrendo a messaggi affidati a palloni contenenti gas più leggeri dell'aria.
Vi fecero ricorso i Milanesi durante le Cinque Giornate quando, impossessatisi della città ma in essa assediati dagli Austriaci, avevano l'indispensabile necessità di comunicare con gli abitanti delle campagne circostanti; vi ricorsero anche i parigini, durante l'assedio della città nel corso della guerra franco-prussiana del 1870-71, con quelli che sono noti come i "ballons montés".
Più recentemente la posta è stata affidata agli aerei, agli elicotteri, ai razzi, alle navicelle spaziali ed addirittura è arrivata sulla Luna più volte, con le missioni Apollo.
Vi sono poi le lettere spedite per via mare; non quelle affidate alla corrente dai naufraghi, che rappresentano solo un aspetto romanzato della posta.
In questa sede meritano un cenno quelle corrispondenze che, data l'importanza o il valore del loro contenuto, venivano protette nelle "cassaforti galleggianti", così chiamate perchè, in caso di naufragio della nave su cui erano trasportate, restavano a galla e potevano essere recuperate e proseguire il loro viaggio.
Naturalmente il loro trasporto costava più del normale e richiedeva che venissero affrancate con gli appositi francobolli, ma sicuramente ne valeva la pena.
Vi era poi la posta diretta in alcune piccole isole dell'Oceano Pacifico alle quali le navi non potevano attraccare, per mancanza di tempo o di approdi adeguati; anche in questo caso però le lettere andavano consegnate ed allora si ricorreva al "Tin can mail".
Venivano cioè lanciate in mare oltre quella barriera corallina che la nave non poteva oltrepassare e raccolte dai pescatori che con le loro canoe raggiungevano i contenitori stagni.
Le antiche poste delle Due Sicilie, e non solo.
Dopo la caduta dell'Impero romano, le regioni meridionali d'Italia furono dominate dai Longobardi e dagli Arabi, dai Normanni e dagli Svevi, dagli Angioini e dagli Aragonesi.
Durante tutto questo lungo periodo era sopravvissuta la tradizione del cursus romano che, attraverso le grandi strade militari, specialmente la via Appia che da Roma raggiunge Brindisi, aveva in altri tempi collegato Roma con tutti i principali porti dell'Adriatico, dello Jonio e del Tirreno, scali dei contatti marittimi con i paesi iberici, del nord Africa, del Levante e dell'Illiria.
I trasporti ufficiali per terra e per mare erano stati sostituiti parzialmente da vettori occasionali. Le antiche posite ( le stazioni di posta romane ) erano state spesso trasformate in villaggi i cui abitanti, liberati dai vincoli statali di un tempo ormai lontano, avevano attivato - per lucro - dei servizi di carri.
Anche se ovviamente in modo frammentario e limitatamente alle brevi distanze fra le località vicine, questi trasporti erano riusciti ad assicurare una continuità minima ma comunque tale da permettere il viaggio alle persone e l'invio delle mercanzie e delle corrispondenze. Sulle sponde del Mediterraneo vennero mantenuti attivi ed anzi si svilupparono ulteriormente i porti che conservarono la loro funzione di terminali del commercio e degli scambi, anche con l'Oriente. Napoli e Bari costituirono per lungo tempo fiorentissimi empori, sede di magazzini, di banche e di imprese commerciali.
Un grandissimo numero di navi di ogni dimensioni provvide agli scambi di ogni genere di beni; a marinai audaci ed esperti i principi ed i marinai, gli ordini religiosi e quelli cavallereschi, le corporazioni ed i rappresentanti diplomatici affidarono informazioni e mercanzie. A seguito della conquista normanna, Ruggero II ricongiunse sotto un'unica salda monarchia le regioni meridionali e l'isola di Sicilia. Fu creata una nuova autorità - il Gran Protonotaro - cui fu attribuito, fra molti altri incarichi, anche quello della sorveglianza della Posta, che aveva riacquistato appieno la sua grande importanza ed il suo carattere di ufficialità. Pur in presenza di tale riorganizzazione istituzionale, continuò la florida attività delle libere imprese dei privati, che pure invocarono la protezione ed il riconoscimento del Sovrano.
Nel 1224 il Re Ferdinando II accordò all'Università di Napoli, contestualmente alla Carta di Fondazione, il diritto di avere i grandi messaggeri, noti come "foenatores" (prestatori) ed i piccoli messaggeri, che erano poi i veri postini dell'Università.
Sull'esempio di questi ultimi nacque, verso la fine del XV secolo, una compagnia di "cavallari", che riunì tutti gli addetti agli ai trasporti particolari che si diedero propri Statuti in cui erano fissate le categorie degli agenti, i servizi previsti, gli orari e le tariffe. Il governo aragonese concesse la propria protezione con il vincolo di poter nominare il capo della compagnia; questi, per l'esercizio del suo mandato, organizzò a Napoli un insieme di locali che possono essere ritenuti il primo caso di ufficio postale. I cavallari erano remunerati in misura piuttosto parsimoniosa, alcuni (detti ordinari) ricevevano salari fissi.
Altri (chiamati straordinari) erano remunerati solo con compensi proporzionali al loro impiego limitato e saltuario. Sia gli uni che gli altri erano poi divisi in due categorie, assai differenti fra loro; mentre la prima si limitava alle comunicazioni all'interno del Paese, la seconda provvedeva a quelle destinate fuori dai confini. In alcune città - come a Roma - erano allestiti dei locali destinati all'alloggio ed al riposo dei messaggeri durante la loro permanenza. La dipendenza gerarchica e funzionale da un funzionario nominato dal Sovrano accentuò, con il passare del tempo, il carattere di "Posta dello Stato", facilitando un pacifico passaggio dall'impresa privata all'esercizio per conto dell'Amministrazione.
Nell'isola di Sicilia i servizi continuarono a svolgersi sotto il decrescente controllo dei Grandi Protonotari, l'ultimo dei quali, don Alfonso Ruiz, restò in carica, ma solo nominalmente, sino al 1568.
Infatti, già dal 30 aprile 1549 il Re di Spagna aveva conferito il titolo di Gran Prefetto delle Poste Siciliane a don Francesco Zappata (o Capata) che migliorò la qualità del servizio, fra l'altro curando la puntualità delle consegne, estendendo le linee di comunicazione con la Calabria e migliorando il transito nello Stretto, cui destinò due barche con basi a Messina e Catona, piccolo porticciolo sulla costa calabrese. Morto nel 1566 don Francesco, il privilegio passò, per volere di Re Filippo II, al figlio Diego, marito di Vittoria Tasso.
Infatti, già dal 30 aprile 1549 il Re di Spagna aveva conferito il titolo di Gran Prefetto delle Poste Siciliane a don Francesco Zappata (o Capata) che migliorò la qualità del servizio, fra l'altro curando la puntualità delle consegne, estendendo le linee di comunicazione con la Calabria e migliorando il transito nello Stretto, cui destinò due barche con basi a Messina e Catona, piccolo porticciolo sulla costa calabrese. Morto nel 1566 don Francesco, il privilegio passò, per volere di Re Filippo II, al figlio Diego, marito di Vittoria Tasso.
Sino al 1995 sono state oltre 1.000 entità locali o statali ( molte oggi non più esistenti ) che hanno emesso francobolli, utilizzandoli anche come efficace mezzo di propaganda ( politica, turistica, bellica, ecc. ) oppure come importante entrata economica, addirittura essenziale per talune piccole nazioni.
Si calcola che attualmente siano circa 10.000 i nuovi francobolli emessi ogni anno.
La Posta a Roma.
Ma ancora prima delle modifiche imperiali volute da Augusto esisteva un servizio postale nella Roma repubblicana; ne sono prova i veloci corrieri a cavallo che Giulio Cesare stabilì in Gallia e le descrizione che Tito Livio ci lasciò della istituzione esistente allora, quando ci tramanda delle lettere inviate da Ottacilio, pretore della Sicilia, per informare il Senato romano della minaccia rappresentata dalla flotta cartaginese.
E nelle pagine del De Bello Civili troviamo scritto, a proposito di una legione che presidiava Messina, che si sarebbero l'una e l'altra trovate in pericolo se non "...eo ipso tempore quidam nuntii de Cesaris victoria per dispositos equites essent allati " ("...fossero giunte proprio in quello stesso momento alcune notizie relative alla vittoria di Cesare, portate dagli incaricati a cavallo ").
Non molto diversamente Cornelio Nepote, nel capitolo IV del suo Miltiades, racconta che gli ateniesi inviarono a Sparta una richiesta di aiuto affidata a Filippide "....cursorem eius generis, qui hemerodromoe vacantur " (" un messaggero di quelli che si dice possano correre per tutto il giorno ").
Il complesso del servizio postale creato dai Romani prese il nome di cursus publicus, la cui sorveglianza era affidata al Prefetto del Pretorio, il quale aveva anche la responsabilità delle strade, dei depositi di grano e delle zecche.
Il Prefetto poteva contare sull'aiuto degli ispettori dei trasporti ( praefecti vehiculorum ), di speciali funzionari itineranti ( agentes in rebus ) e dei maestri di posta ( mancipes ). Vi era poi un corpo particolare incaricato di sorvegliare il funzionamento delle stazioni di posta, composto dai cosiddetti curiosi. Il cursus si divideva in celere e tardo; il primo serviva per trasportare persone e corispondenza ed utilizzava delle speciali carrozze veloci tirate da cavalli, mentre il secondo si usava per l'invio di oggetti voluminosi e utilizzava carri più robusti, tirati da buoi. Tutta l'organizzazione del servizio faceva capo a Roma, mentre lungo le strade erano collocate le stationes o mansiones, dove si trovavano circa 40 cavalli, gli alloggiamenti dei corrieri ed i magazzini delle provviste.
Più piccole erano le mutationes che avevano in dotazione solo una ventina di cavalli.
La stazioni distavano un giorno di cammino l'una dall'altra, all'interno di tale spazio erano situate alcune mutationes che dovevano assicurare il cambio dei cavalli stanchi con animali freschi, limitando al minimo le perdite di tempo.
Gli agenti postali (cursores o tabellari) si servivano delle litterae evectionis, per reclamare, all'occorrenza, il diritto di ospitalità e di trasporto.
Questa organizzazione mirabile e colossale, era strumento esclusivo dello Stato; non mancano però notizie circa un servizio alternativo, aperto al pubblico. Giulio Cesare cita nei suoi Commentari, tra gli usi antichissimi dei Galli, un servizio di corrieri che, situati ad eguale distanza gli uni dagli altri, si trasmettevano, senza interruzione, il messaggio verbale o scritto fino a raggiungere la destinazione fissata.
I romani utilizzarono, per l'organizzazione del cursus in Gallia, alcuni degli usi appresi dalle popolazioni conquistate, riuscendo ad ottenere una grande velocità nella trasmissione delle notizie.
Cicerone parla più volte di corrispondenza epistolare, distinguendo fra posta pubblica e privata.
Nelle Filippiche rimprovera Antonio di aver violato il cursus publicus intercettando corrispondenza altrui; fa anche menzione di un servizio privato quando ricorda la propria corrispondenza con gli amici Balbus e Coelius.
All'imperatore Augusto viene unanimemente attribuito il merito di aver fatto riparare e costruire grandi strade e di aver stabilito ordinamenti della posta tanto avanzati da costituire una delle glorie indiscusse dell'antica Roma.
La viabilità, per opera dei romani, divenne sviluppatissima; oltre le quindici grandi vie militari, vi erano le strade traverse, i diverticoli pubblici e privati, i cosiddetti ramuli, le vie consorziali ed innumerevoli sentieri. Le campagne erano attraversate da una fittissima rete di strade ben mantenute dai curatores e dai procuratores, oltre che dai privati. Queste erano le vie di comunicazione, spesso fiancheggiate dai grandi acquedotti, lungo le quali ebbe vita e sviluppo la posta.
Con le invasioni barbariche il cursus perse la sua organizzazione perfetta.
L’alto medioevo e le poste.
Ben presto però i capi dei Franchi ravvisarono la necessità di ripristinare la posta, non solo come mezzo indispensabile per il trasporto delle notizie, ma anche come strumento per mantenere saldo il loro potere politico, mediante un rapido propagarsi di informazioni e quindi di ordini e disposizioni.
Il Re Clodoveo I riattivò il servizio dei corrieri a cavallo, con norme molto simili a quelle dei corrieri imperiali di Roma.
Nei capitolari redatti intorno alla fine del VII secolo ed al principio dell'VIII, è fatta menzione delle angàrie, che equivalevano all'insieme delle prestazioni obbligatorie per le posite romane.
Accenni al servizio postale ed all'utilizzazione di carri oltre che di corrieri a cavallo per il trasporto della posta si trovano in un codice di Dagoberto II, re dell'Asturia.
Il riordino delle strade, attuato dai Carolingi negli oltre 230 anni del loro dominio, fu completato da Carlomagno il quale, divenuto imperatore, migliorò il servizio postale con cambi più frequenti ed estendendolo dalla Francia alle strade della Spagna, dell'Italia e della Germania.
Ed il servizio era così rapido ed efficiente che, accampato fra le popolazioni dei Sassoni, appena vinti ma non del tutto pacificati, poteva sorvegliare - ci dice un antico testo, attribuito ad uno sconosciuto storico di nome Enginhard - "... l'Armorica (territorio comprendente le odierne regioni francesi Normandia e Bretagna) in arme, gli abitatori ribellatisi della regione dei Pirenei, l'Aquitania e la Provenza, cospiranti ai suoi danni con la Baviera, e l'Italia tutta agitata dagli intrighi della corte di Bisanzio....".
I “Missi dominici” di Carlo Magno.
Ed ancora una volta la posta si manifesta come strumento di controllo e di tutela nei confronti di popoli lontani ed anche come gli occhi dell'autorità centrale, attenti e vigili sull'opera dei governatori locali.
Per accrescere l'importanza di questa delicata funzione, l'Imperatore istituì i missi dominici, veri e propri controllori scelti fra i dignitari della corte o della chiesa, con l'incarico di percorrere le provincie, indagando sulle amministrazioni locali, sia civili che religiose.
Questi inviati portarono sino ai confini del vasto impero le disposizioni del potere imperiale, diffondendone gli ordini, promulgandone i decreti e sorvegliando la puntuale attuazione degli uni e degli altri.
I missi dominici avevano fra i loro compiti anche quello di controllare il funzionamento della posta, benchè molto spesso questo non fosse che il pretesto per i loro viaggi continui ed i loro improvvisi arrivi nelle città e nei castelli.
Anche per mezzo degli agenti e dei servi della posta soggetti alla loro autorità, potevano venire a conoscenza diretta dei fatti locali, degli abusi e delle controversie anche minori che servivano poi per poter completare, nei minimi dettagli, i rapporti da fornire all'imperatore per aggiornare il governo sulle condizioni dei paesi più lontani dalla corona.
Un basilare lavoro di "intelligence" che tanti esempi aveva già avuto in passato ma che, aspetto curioso ed inedito, era in questa occasione mascherato sotto le spoglie più o meno dimesse di un "portalettere" medioevale.
I missi dominici sono però passati alla storia - giustamente - come portatori di pace e di giustizia e questo perchè la saggezza di Carlomagno, irradiandosi in tutta l'Europa attraverso i loro atti e le loro parole, conferiva onore e grandezza anche all'opera di questi particolarissimi ambasciatori.
Le Angarie.
La parola angherìa assume il significato odierno di sopruso, prepotenza.
Deriva dalla parola di origine medioevale angarìa o angària (al plurale angarìe o angàrie) che indicava una forzata prestazione d'opera in materia di lavori o di trasporti o di conferimento di bestiame, imposta dal signore ai suoi vassalli.
Essa comprendeva anche svariate prescrizioni per quanto atteneva alla posta, come indicato in un editto imperiale in cui erano elencate le pochissime categorie esentate da questo obbligo, inducendoci quindi a ritenere che tutti gli altri fossero invece tenuti al rispetto di questi obblighi, peraltro assai onerosi, che prevedevano il contributo al cursus, sia personale che con mezzi di trasporto.
E proprio dalla forza con cui l'Imperatore poteva imporre o esentare da tali angarìe i suoi sudditi, si poteva valutare l'integrità o la dissoluzione dell'autorità dello Stato.
Però il miracoloso edificio politico eretto dall'abilità e dalla fortuna di Carlo Magno non gli sopravvisse e, ben presto, il turbine delle ambizioni feudali e individuali ed il contrasto continuo con la crescente autorità della Chiesa, minò profondamente l'autorità imperiale.
Era fatale che la posta, dopo aver condiviso l'ascesa del potere centrale, dovesse seguirne le sorti nella rapida decadenza verso la confusione.
Inutilmente Ludovico il Pio e Carlo il Calvo tentarono una strenua difesa degli istituti postali.
Oppressa dalla polverizzazione della sovranità imperiale e dalla prepotenza dei feudatari, la posta di Carlomagno si dissolse con molta rapidità, non più tutelata da quell'autorità con cui il re dei Franchi ed Imperatore del Sacro Romano Impero aveva creduto di poter ricreare la grandezza dell'antica Roma.
Antonello Cerruti
Il Codogno, nel suo Trattato delle Poste edito a Venezia nel 1620, parla di un certo Omodeo Tasso come dell'inventore della posta. Omodeo nacque a Cornello, nella val Brembana, poco distante da Bergamo. Vissuto nella seconda metà del XIII secolo, è ritenuto il primo esponente illustre della famiglia Tasso, che ebbe come famosissimo discendente anche quel celebre Torquato, autore della Gerusalemme Liberata. La tradizione vuole far discendere i Thurn und Taxis, germanizzazione del cognome italiano Torre e Tasso, da quei Torriani che contesero a lungo ai Visconti la Signoria di Milano. Il nome della famiglia si trova negli archivi di tutti i paesi d'Europa anche con alcune varianti come Tassi, Tassus, Tassis, Tasis, Thassis, Tarsis, Targes, Taxus, Taxius, Taxis, ecc. Verso la fine del secolo, Omodeo Tasso fece rivivere l'antica istituzione dei corrieri a cavallo, anzi si ritiene che a lui si debba il primo vero e proprio servizio regolare di posta. I Tasso erano una famiglia con origini antichissime ed il loro stemma recava un tasso in piena corsa ed un cornetto. Prima l'Imperatore Massimiliano e poi Re Carlo V modificarono questo stemma, via via arricchendolo con un'aquila a due teste e con l'iscrizione Kaiserliche - Post (Posta Imperiale). I corrieri dei Tassoo Società, con tanto di regolare statuto che ottenne, già nel 1305, un solenne riconoscimento dal Senato Veneziano; ebbero inoltre privilegi speciali dai pontefici e da moltissimi sovrani di tutti i Paesi d'Europa. La Società era ripartita in tante azioni suddivise fra 32 famiglie ed assicurava un regolare servizio fra l'Italia, la Francia, la Germania e la Spagna. Dopo Omodeo, si hanno notizie di Ruggero Tasso e del nipote Francesco che alcune fonti indicano come il vero organizzatore, forse perchè questi, audace ed intraprendente, seppe approfittare delle condizioni politiche europee dei suoi tempi per dare un eccezionale sviluppo ad un servizio tanto utile ed importante. Nel XV secolo vennero organizzate stazioni di posta per il cambio dei cavalli in un'ampia zona dell'Europa centrale e coloro cui era demandato questo incarico erano chiamati Maestri di posta. Il servizio postale, riservato alla Corte Imperiale, fu talmente efficiente che Federico III nominò Ruggero Tasso Cavaliere dell'Impero per ringraziarlo della sua opera indispensabile sia in tempo di guerra che per il mantenimento delle relazioni commerciali con gli stati vicini e con i Turchi. Dal 1504 al 1529 un Gabriele Tasso fu Gran Maestro delle Poste ad Innsbruck, da dove dirigeva le operazioni postali tra Vorms e Strasburgo, passando tra l'altro per Stoccarda, Salisburgo, Praga, Vienna, Gorizia, Verona, Trento, Costanza e Zurigo. Dal 1523 dalla stazione di Trento partivano le coincidenze per le città d'Italia (fra cui Milano e Roma) e da Stoccarda quelle per i Paesi Bassi ed il Nord Europa; altri corrieri raggiungevano l'Ungheria e l'Europa orientale. Nessun corriere poteva partire senza il foglio d'avviso o di via, che - munito in alto del monogramma di Gabriele Tasso - accompagnava tutti i dispacci trasportati e trova la sua istituzione verso il 1500; questo foglio doveva essere annotato di stazione in stazione con l'ora di arrivo, di partenza, i motivi di eventuali ritardi, gli inconvenienti riscontrati, ecc. Il corriere, nei suoi viaggi, era protetto da un salvacondotto imperiale che gli assicurava ovunque il passaggio ed il soggiorno. La Posta di Omodeo, di Ruggero e di Gabriele Tasso fu perfezionata da Francesco, gentiluomo milanese che aveva sposato una fanciulla della famiglia Torriani, in quell'organizzazione quasi perfetta che dal 1450 al 1867, cioè per oltre quattro secoli, seppe assecondare in maniera impareggiabile gli interessi, le esigenze e le aspettative talvolta contrastanti di principi e sovrani spesso in aspro conflitto fra loro. L'abilità di Francesco Tasso lo rese accetto e stimato alla Casa d'Asburgo come ai principi italiani, alla Corte di Spagna come ai nobili ungheresi, francesi, olandesi. Nei primi tempi le Poste dei Tasso avevano il carattere di Poste auliche o Poste di Stato e, secondo le esigenze imperiali, si sopprimevano, si potenziavano o si spostavano da una località all'altra. All'inizio del XVI secolo assunsero un aspetto sovrannazionale e furono perciò chiamate Poste Internazionali della Casa d'Asburgo. Nello stesso periodo Francesco Tasso era Maestro Superiore delle Poste dell'Impero, Capo e Maestro Generale delle Poste dei Paesi Bassi ed incaricato dei collegamenti postali con il Reame di Castiglia e con il Portogallo. Le lettere impiegavano cinque giorni e mezzo da Innsbruck a Bruxelles in estate e sei giorni e mezzo in inverno, quarantaquattro ore da Bruxelles a Parigi, quattro giorni da Bruxelles a Lione, dodici giorni per Toledo, quindici per Granada. Erano previsti e predisposti anche i percorsi alternativi; per
empio quando l'Imperatore era in conflitto con Venezia, ed i corrieri non potevano attraversare il Veneto, deviavano per Trieste e di lì, per nave, raggiungevano Ancona e poi Roma con la celerità postale, cioè senza fermarsi nemmeno durante la notte. Il servizio garantito dai Tasso era di grande qualità ma assai ben remunerato se è vero che la famiglia godeva di notevole agiatezza oltre che di grande prestigio; Francesco fu nominato dall'Imperatore Massimiliano Cavaliere dell'Ordine dello Speron d'Oro e Conte di Palazzo, lo stesso titolo che fu dato ai fratelli Leonardo e Giovanni ed ai nipoti Battista, Davide, Matteo e Simone. Nel 1608 un altro Leonardo Tasso ebbe il titolo di Barone e, più tardi, altri Maestri Generali della stessa famiglia furono insigniti del titolo di Principe dal Re di Prussia ed ottennero diversi dominii a titolo di benemerenza per i servigi resi "allo Stato ed all'umanità". Francesco morì poco prima del 1518 e la data viene desunta da un suo ritratto su un arazzo che illustra l'arrivo di Nostra Signora di Sablona a Bruxelles. Su di esso si nota infatti il ritratto di un uomo di aspetto non comune, senza barba, con capelli bianchi ed abiti sontuosi che porge con una mano una lettera cui è attaccato un sigillo. Sugli orli dell'arazzo si vedono le armi gentilizie dei Tasso e la dedica, nella parte inferiore, così recita : "EGREGIUS-FRANCISCUS DE TAXIS-PIE MEMORIEPOSTARUM MAGISTER– HEC FIERI FECIT-ANNO 1518", chiarendoci oltre ogni dubbio l'identità del personaggio raffigurato, che doveva anche essere il magnanimo committente dell'arazzo, e la circostanza ("Pie Memorie") che probabilmente non era riuscito a veder finito il suo dono. Tutti gli agenti delle Poste ed i corrieri erano nominati con grande solennità e, a conferma dell'importanza e della delicatezza dell'incarico attribuito, erano sottoposti a giuramento che doveva essere prestato in forma pubblica e spettacolare, alla presenza dei cittadini del luogo di cui assumevano la titolarietà e dovevano essere, oltre che di notoria buona condotta, laboriosi, zelanti, fedeli, pacifici, benevoli, sobri, modesti e bene istruiti sulle loro funzioni e sugli itinerari loro affidati. Erano esenti da ogni contribuzione fiscale e godevano di una sconfinata protezione contro ogni tentativo di furto. Molte sono le tracce che si trovano della famiglia Tasso presso le varie Corti: la Posta spagnola era affidata nel 1600 a Giovanni Tasso, mentre un Pellegrino Tasso amministrava l'ufficio di Roma, un Simone Tasso quello di Milano, un Antonio Tasso quello di Anversa. Ottavio Tasso gestiva la rete postale di Asburgo, mentre Leonardo Tasso, durante la guerra con i Turchi, organizzò una terza linea che univa i Paesi Bassi all'Italia, toccando Liegi, Asburgo ed il Tirolo. La Posta del Tirolo venne divisa tra i vari rami della famiglia Thurn und Taxis: quella del Tirolo settentrionale, fino a "Teutschen" (Campodazzo), era gestita da Innsbruck da un ramo collaterale, quello dei conti Thurn und Taxis Valsassina (capostipite Gabriel von Taxis, 1530 ca.). La gestione della posta di Bolzano e di Trento era invece affidata ai baroni Taxis Bordogna Valnigra. Il conte Lamoral Tasso stabilì due nuove grandi linee postali: l'una che attraversava le Alpi, l'altra che da Francoforte sul Meno andava a Lipsia, Amburgo, Norimberga, Praga e Vienna. Matteo Tasso dirigeva la "Posta
della Corte" in Ungheria, mentre a Napoli ed in Sicilia il servizio postale restò, sino alla fine del XVI secolo, nelle mani della famiglia Capata (o Zappata), che aveva rapporti di parentela con i Tasso. Al principio del XVIII secolo i membri della famiglia Tasso dirigevano la Posta in tutta l'Europa, con la sola eccezione della Francia e del Portogallo. Con i grandi privilegi acquisiti con il loro lavoro e la loro abilità, i Tasso divennero sempre più ricchi e potenti, accumulando prestigio e ricchezze. Nel 1867 i Tasso cedettero i loro residui diritti postali alla Prussia, senza traumi e con l'abile mediazione del Direttore Generale delle Poste tedesche, il dott. Enrico Stephan (Stolp 1831-Berlino 1897) alla cui lungimirante opera si deve l'origine dell'Unione Postale Universale. Il nome della famiglia Tasso è sempre stato sinonimo di velocità e di puntualità, tanto che ancora oggi, senza avvedercene e magari sempre saperlo, quando abbiamo bisogno di un mezzo veloce e disponibile alle nostre necessità chiamiamo con fiducia quelle auto pubbliche che in tutto il mondo ancora ricordano il loro nome.
In alto: ritratto del mercante Gisze (1532) di Hans Holbein (Augsburg 1497-1543) eseguito durante il suo soggiorno a Londra. Il trentacinquenne George Gisze è colto nell’atto di dissuggellare una lettera che reca scritto “Dem erszamer Jergen Gisze to lunden in engeland mynen broder to handen”. Si ritiene che la missiva sia stata trasportata da un messaggero a Danzica, dove era situata la residenza del mercante, poi ad Amburgo ed incamminata a Londra da un viaggiatore. Numerose altre corrispondenze sono raccolte nella “taschetta delle lettere” posta sopra il banco coperto da un prezioso tappeto sul quale figurano anche penne, calamaio, il sigillo e il punteruolo. Berlino, Staatliche Museen.Pagina accanto in basso: Francesco de Tassis (o von Taxis) della famiglia bergamasca dei Tasso viene giustamente considerato I'inventore delle moderne poste in Europa. Al servizio di Massimiliano I,inserì nella rete creata per la cosidetta posta di stato, un vero e proprio servizio pubblico a disposizione di chiunque. Ricevette dal Sovrano il titolo nobiliare e sullo stemma di famiglia apparvero per la prima volta, al di sopra del tasso, l'aquila imperiale ed il corno postale. Alla sua morte nel 1517 i nipoti diedero origine ad una vasta ramificazione familiare ed imprenditoriale sovrannazionale durata tre secoli. Franz von Taxis (1459-1517). Painting in the Castle of the princes of Thurn and Taxis at Regensburg.
Il 10 settembre scorso in chiusura della mostra La Sanità nella Storia illustrata dai documenti postali" svoltasi al Museo dei Tasso di Camerata Cornello (www.museodeitasso.com) si è deciso di costituire l’Associazione degli Amici del Museo del Tasso e della Storia Postale con lo scopo esclusivamente culturale e di arricchimento del museo stesso. Alla nuova associazione possono aderire società e persone fisiche, filatelici e storici postali previa propria candidatura da inviare entro il termine di 60 giorni dal 10 settembre 2006. Gli Amici del Museo si propongono di prestare collaborazione in iniziative di studio, ricerca e promozione in campo artistico e documentario, organizzazione di conferenze e cicli di lezioni in armonia con il programma e i compiti statutari del Museo. Particolare enfasi viene data alla possibilità di promuovere sottoscrizioni o altre iniziative finalizzate all’acquisto di importanti documenti per la conoscenza della storia della casata dei Tasso e di storia postali in genere, così come svolto egregiamente da analoghe associazioni internazionali ed italiane.
I primi nutrimenti per l'uomo furono la carne di un animale ed i frutti spontanei raccolti da un albero.
Quando la razza umana scopre che il cibo si può ricavare anche dalle coltivazioni, può interrompere le continue migrazioni, all'inseguimento delle mandrie e dietro le loro tracce, per dedicarsi invece alla cura dei terreni seminati, per seguire la crescita delle piante e proteggere il raccolto.
Per tali periodi di sosta si allestiscono dapprima dei semplici accampamenti e, quando successivamente questi stanziamenti diventano duraturi e permanenti, i primi villaggi.
Mentre gli anziani si dedicano ai campi, i giovani si allontanano per la caccia o per trovare nuovi terreni da coltivare.
E così, generazione dopo generazione, si moltiplicano gli insediamenti e si popolano le regioni.
Di tanto in tanto alcuni di loro tornano al villaggio di origine o portano le notizie da un luogo all'altro, raccontando le storie di terre e genti lontane e sconosciute.
In queste poche righe abbiamo tratteggiato l'ipotetico scenario della nascita delle comunicazioni.
Tramite particolari segnali acustici o visivi le prime comunicazioni raggiungevano faticosamente le loro destinazioni ma potevano anche essere viste, ascoltate e comprese da occhi ed orecchie indiscrete - se non ostili -, rendendo quindi necessaria quella riservatezza che non poteva che essere affidata a persone di fiducia in grado di imparare a memoria o di nascondere un messaggio.
Lo sviluppo continuo della civiltà determina la nascita e la crescita degli scambi commerciali, sempre più complessi ed articolati, tra paesi anche lontani fra loro.
Ciò comporta scambi di proposte, di accordi, di denaro e quindi - non potendo sempre e tutti permettersi messaggeri esclusivi e personali - la crescente necessità di poter contare sull'affidabilità di una posta non riservata esclusivamente alle autorità statali, militari o religiose, bensì aperta al pubblico.
Nascono così i primi servizi postali che si ramificano e si sviluppano di pari passo con le esigenze dell'uomo e dei suoi commerci.
Quando ebbe origine la posta?
Rispondere con una data precisa a questa domanda è davvero impossibile, anche se non è difficile presupporre che l'esigenza si sia rivelata allorquando l'uomo primitivo si accorse che la sua voce non giungeva al suo simile o che i suoi segnali non erano visti o non erano compresi.
In tutte le prime antichissime civiltà compare una divinità alata incaricata di tenere i contatti fra gli uomini e gli altri dei, a testimonianza della importanza della funzione che veniva attribuita ai messaggeri.
Notizie frammentarie si hanno su un servizio postale organizzato in Cina, già 4.000 anni prima della nascita di Cristo, che si avvaleva di cavalli e carri.
Sotto i Faraoni della 19a dinastia, cioè nel 2.400 a.C. circa, vennero istituiti i primi corrieri incaricati di diramare gli editti ed i decreti fra tutti i popoli soggetti.
A proposito dei re di Persia, lo storico Erodoto ci tramanda che "...niente è più rapido del modo di trasmissione dei messaggi inventato dai persiani. Su tutte le strade sono disseminate le stazioni per il cambio degli uomini e dei cavalli sfiniti dalla corsa, ed i corrieri si scambiano l'un l'altro le novelle come fanno i giovani Greci con la lampada accesa durante la festa del dio Vulcano".
Nel libro di Ester, al capitolo 8°, si legge che volendo Assuero, re dei Medi, cedendo alle insistenze della bella ebrea, revocare l'editto contro il popolo eletto, fece percorrere il territorio dello stato da corrieri su cavalli e muli.
Notevoli le distanze attraversate da questi antichi corrieri e quindi grande la loro fatica ed i rischi che dovevano superare: la storia ci ha tramandato la figura di Filippide e della sua famosissima e fatale corsa di 42 chilometri e 190 metri da Maratona ad Atene, nel 490 a.C., per comunicare la notizia della vittoria greca sull'esercito persiano.
Le origini e l’evoluzione del servizio postale.
Le tariffe postali variano proporzionalmente alla distanza che le missive devono percorrere, al loro peso, alla maggiore velocità richiesta per la consegna, alla cifra che il vettore si impegna a risarcire in caso di smarrimento, ecc.
Normalmente il servizio veniva esatto alla consegna.
Non sempre però il destinatario accettava di ricevere la lettera e quindi di assumere l'onere del pagamento della relativa tariffa postale; questo malcostume, privando il corriere della certezza della remunerazione, rendeva antieconomico il sistema.
Vari tentativi furono fatti per assicurare contemporaneamen-te la certezza del rimborso del costo del servizio e quella della consegna della lettera, anche dopo l'anticipazione del pagamento.
Solo nel 1840, in Gran Bretagna, con l'invenzione del francobollo, si trova il sistema di assicurare il pagamento anticipato della tassa postale, mentre è l'organizzazione statale stessa che garantisce, assumendosene l'onere, la serietà del servizio.
Diversi erano stati in precedenza i tentativi per assicurare al vettore postale la certezza del pagamento del servizio.
Ne citiamo due :
1) Gli "AQ" della Repubblica di Venezia.
2) I "Cavallini" del regno di Sardegna.
Quelle particolari "ricevute" di carta colorata che testimoniano l'avvenuto pagamento della tassa relativa al trasporto della lettera sono spesso di gradevole fattura, interessanti graficamente e riportano un'immagine bella e fedele del Sovrano. Dunque perchè cestinarle, anche quando la lettera, per il suo contenuto, non merita di essere archiviata?
Nasce così il piacere della raccolta e quindi degli scambi dei francobolli, magari nei primi incontri fra gli appassionati di questi nuovi oggetti da collezione.
Seguendo l'esempio della Gran Bretagna, emettono francobolli il Brasile ed i Cantoni svizzeri di Zurigo e Ginevra (nel 1843) e Basilea (nel 1845). A questi seguono tutti gli altri stati, molti dei quali adottano anche il formato (cm 2 x cm 2,5 circa) dei francobolli inglesi ed il soggetto (l'effigie del Sovrano).
Già nel 1864, avvertita la necessità di dare un nome a questa forma di collezionismo e preceduto da diverse discussioni, viene adottato, proveniente dalla Francia, il termine "philatélie" (filatelia) che unisce le parole greche filos (amico) e ateleia (che è libero), intendendo quindi con questo termine l'amore per ciò che viaggia in franchigia, cioè dopo aver soddisfatto - con il francobollo - la tariffa per il trasporto e la consegna a destinazione della lettera.
La necessità di velocizzare la consegna della posta spinge la mente umana ad escogitare sempre nuove forme di trasporto.
Dal messo si passa al corriere a cavallo o alla diligenza postale, non trascurando però forme anche meno note o, se vogliamo, più bizzarre.
La posta ha anche viaggiato sui cammelli in Asia ed in Africa, ha attraversato il West con il Pony Express, è stata recapitata a dorso di mulo ai villaggi alpini e di lama a quelli andini, ha raggiunto i villaggi eschimesi sulle slitte trainate da cani, il tutto documentato dai bolli dei servizi postali del mondo intero.
Ancora alla fine della seconda guerra mondiale alcuni vettori postali privati furono autorizzati ad assicurare, nell'Italia sconvolta dagli avvenimenti bellici e lungo le vie di comunicazione distrutte dai bombardamenti, il trasporto della posta con messaggeri ciclisti.
I piccioni viaggiatori rappresentarono per secoli un vettore veloce ed abbastanza sicuro, cacciatori ed uccelli rapaci permettendo, tanto che anche in tempi più moderni i cosiddetti "pigeongrammi" sono stati utilizzati.
Talora gli assediati dovevano inviare le loro comunicazioni oltre la cinta degli assedianti ricorrendo a messaggi affidati a palloni contenenti gas più leggeri dell'aria.
Vi fecero ricorso i Milanesi durante le Cinque Giornate quando, impossessatisi della città ma in essa assediati dagli Austriaci, avevano l'indispensabile necessità di comunicare con gli abitanti delle campagne circostanti; vi ricorsero anche i parigini, durante l'assedio della città nel corso della guerra franco-prussiana del 1870-71, con quelli che sono noti come i "ballons montés".
Più recentemente la posta è stata affidata agli aerei, agli elicotteri, ai razzi, alle navicelle spaziali ed addirittura è arrivata sulla Luna più volte, con le missioni Apollo.
Vi sono poi le lettere spedite per via mare; non quelle affidate alla corrente dai naufraghi, che rappresentano solo un aspetto romanzato della posta.
In questa sede meritano un cenno quelle corrispondenze che, data l'importanza o il valore del loro contenuto, venivano protette nelle "cassaforti galleggianti", così chiamate perchè, in caso di naufragio della nave su cui erano trasportate, restavano a galla e potevano essere recuperate e proseguire il loro viaggio.
Naturalmente il loro trasporto costava più del normale e richiedeva che venissero affrancate con gli appositi francobolli, ma sicuramente ne valeva la pena.
Vi era poi la posta diretta in alcune piccole isole dell'Oceano Pacifico alle quali le navi non potevano attraccare, per mancanza di tempo o di approdi adeguati; anche in questo caso però le lettere andavano consegnate ed allora si ricorreva al "Tin can mail".
Venivano cioè lanciate in mare oltre quella barriera corallina che la nave non poteva oltrepassare e raccolte dai pescatori che con le loro canoe raggiungevano i contenitori stagni.
Le antiche poste delle Due Sicilie, e non solo.
Dopo la caduta dell'Impero romano, le regioni meridionali d'Italia furono dominate dai Longobardi e dagli Arabi, dai Normanni e dagli Svevi, dagli Angioini e dagli Aragonesi.
Durante tutto questo lungo periodo era sopravvissuta la tradizione del cursus romano che, attraverso le grandi strade militari, specialmente la via Appia che da Roma raggiunge Brindisi, aveva in altri tempi collegato Roma con tutti i principali porti dell'Adriatico, dello Jonio e del Tirreno, scali dei contatti marittimi con i paesi iberici, del nord Africa, del Levante e dell'Illiria.
I trasporti ufficiali per terra e per mare erano stati sostituiti parzialmente da vettori occasionali. Le antiche posite ( le stazioni di posta romane ) erano state spesso trasformate in villaggi i cui abitanti, liberati dai vincoli statali di un tempo ormai lontano, avevano attivato - per lucro - dei servizi di carri.
Anche se ovviamente in modo frammentario e limitatamente alle brevi distanze fra le località vicine, questi trasporti erano riusciti ad assicurare una continuità minima ma comunque tale da permettere il viaggio alle persone e l'invio delle mercanzie e delle corrispondenze. Sulle sponde del Mediterraneo vennero mantenuti attivi ed anzi si svilupparono ulteriormente i porti che conservarono la loro funzione di terminali del commercio e degli scambi, anche con l'Oriente. Napoli e Bari costituirono per lungo tempo fiorentissimi empori, sede di magazzini, di banche e di imprese commerciali.
Un grandissimo numero di navi di ogni dimensioni provvide agli scambi di ogni genere di beni; a marinai audaci ed esperti i principi ed i marinai, gli ordini religiosi e quelli cavallereschi, le corporazioni ed i rappresentanti diplomatici affidarono informazioni e mercanzie. A seguito della conquista normanna, Ruggero II ricongiunse sotto un'unica salda monarchia le regioni meridionali e l'isola di Sicilia. Fu creata una nuova autorità - il Gran Protonotaro - cui fu attribuito, fra molti altri incarichi, anche quello della sorveglianza della Posta, che aveva riacquistato appieno la sua grande importanza ed il suo carattere di ufficialità. Pur in presenza di tale riorganizzazione istituzionale, continuò la florida attività delle libere imprese dei privati, che pure invocarono la protezione ed il riconoscimento del Sovrano.
Nel 1224 il Re Ferdinando II accordò all'Università di Napoli, contestualmente alla Carta di Fondazione, il diritto di avere i grandi messaggeri, noti come "foenatores" (prestatori) ed i piccoli messaggeri, che erano poi i veri postini dell'Università.
Sull'esempio di questi ultimi nacque, verso la fine del XV secolo, una compagnia di "cavallari", che riunì tutti gli addetti agli ai trasporti particolari che si diedero propri Statuti in cui erano fissate le categorie degli agenti, i servizi previsti, gli orari e le tariffe. Il governo aragonese concesse la propria protezione con il vincolo di poter nominare il capo della compagnia; questi, per l'esercizio del suo mandato, organizzò a Napoli un insieme di locali che possono essere ritenuti il primo caso di ufficio postale. I cavallari erano remunerati in misura piuttosto parsimoniosa, alcuni (detti ordinari) ricevevano salari fissi.
Altri (chiamati straordinari) erano remunerati solo con compensi proporzionali al loro impiego limitato e saltuario. Sia gli uni che gli altri erano poi divisi in due categorie, assai differenti fra loro; mentre la prima si limitava alle comunicazioni all'interno del Paese, la seconda provvedeva a quelle destinate fuori dai confini. In alcune città - come a Roma - erano allestiti dei locali destinati all'alloggio ed al riposo dei messaggeri durante la loro permanenza. La dipendenza gerarchica e funzionale da un funzionario nominato dal Sovrano accentuò, con il passare del tempo, il carattere di "Posta dello Stato", facilitando un pacifico passaggio dall'impresa privata all'esercizio per conto dell'Amministrazione.
Nell'isola di Sicilia i servizi continuarono a svolgersi sotto il decrescente controllo dei Grandi Protonotari, l'ultimo dei quali, don Alfonso Ruiz, restò in carica, ma solo nominalmente, sino al 1568.
Infatti, già dal 30 aprile 1549 il Re di Spagna aveva conferito il titolo di Gran Prefetto delle Poste Siciliane a don Francesco Zappata (o Capata) che migliorò la qualità del servizio, fra l'altro curando la puntualità delle consegne, estendendo le linee di comunicazione con la Calabria e migliorando il transito nello Stretto, cui destinò due barche con basi a Messina e Catona, piccolo porticciolo sulla costa calabrese. Morto nel 1566 don Francesco, il privilegio passò, per volere di Re Filippo II, al figlio Diego, marito di Vittoria Tasso.
Infatti, già dal 30 aprile 1549 il Re di Spagna aveva conferito il titolo di Gran Prefetto delle Poste Siciliane a don Francesco Zappata (o Capata) che migliorò la qualità del servizio, fra l'altro curando la puntualità delle consegne, estendendo le linee di comunicazione con la Calabria e migliorando il transito nello Stretto, cui destinò due barche con basi a Messina e Catona, piccolo porticciolo sulla costa calabrese. Morto nel 1566 don Francesco, il privilegio passò, per volere di Re Filippo II, al figlio Diego, marito di Vittoria Tasso.
Sino al 1995 sono state oltre 1.000 entità locali o statali ( molte oggi non più esistenti ) che hanno emesso francobolli, utilizzandoli anche come efficace mezzo di propaganda ( politica, turistica, bellica, ecc. ) oppure come importante entrata economica, addirittura essenziale per talune piccole nazioni.
Si calcola che attualmente siano circa 10.000 i nuovi francobolli emessi ogni anno.
La Posta a Roma.
Ma ancora prima delle modifiche imperiali volute da Augusto esisteva un servizio postale nella Roma repubblicana; ne sono prova i veloci corrieri a cavallo che Giulio Cesare stabilì in Gallia e le descrizione che Tito Livio ci lasciò della istituzione esistente allora, quando ci tramanda delle lettere inviate da Ottacilio, pretore della Sicilia, per informare il Senato romano della minaccia rappresentata dalla flotta cartaginese.
E nelle pagine del De Bello Civili troviamo scritto, a proposito di una legione che presidiava Messina, che si sarebbero l'una e l'altra trovate in pericolo se non "...eo ipso tempore quidam nuntii de Cesaris victoria per dispositos equites essent allati " ("...fossero giunte proprio in quello stesso momento alcune notizie relative alla vittoria di Cesare, portate dagli incaricati a cavallo ").
Non molto diversamente Cornelio Nepote, nel capitolo IV del suo Miltiades, racconta che gli ateniesi inviarono a Sparta una richiesta di aiuto affidata a Filippide "....cursorem eius generis, qui hemerodromoe vacantur " (" un messaggero di quelli che si dice possano correre per tutto il giorno ").
Il complesso del servizio postale creato dai Romani prese il nome di cursus publicus, la cui sorveglianza era affidata al Prefetto del Pretorio, il quale aveva anche la responsabilità delle strade, dei depositi di grano e delle zecche.
Il Prefetto poteva contare sull'aiuto degli ispettori dei trasporti ( praefecti vehiculorum ), di speciali funzionari itineranti ( agentes in rebus ) e dei maestri di posta ( mancipes ). Vi era poi un corpo particolare incaricato di sorvegliare il funzionamento delle stazioni di posta, composto dai cosiddetti curiosi. Il cursus si divideva in celere e tardo; il primo serviva per trasportare persone e corispondenza ed utilizzava delle speciali carrozze veloci tirate da cavalli, mentre il secondo si usava per l'invio di oggetti voluminosi e utilizzava carri più robusti, tirati da buoi. Tutta l'organizzazione del servizio faceva capo a Roma, mentre lungo le strade erano collocate le stationes o mansiones, dove si trovavano circa 40 cavalli, gli alloggiamenti dei corrieri ed i magazzini delle provviste.
Più piccole erano le mutationes che avevano in dotazione solo una ventina di cavalli.
La stazioni distavano un giorno di cammino l'una dall'altra, all'interno di tale spazio erano situate alcune mutationes che dovevano assicurare il cambio dei cavalli stanchi con animali freschi, limitando al minimo le perdite di tempo.
Gli agenti postali (cursores o tabellari) si servivano delle litterae evectionis, per reclamare, all'occorrenza, il diritto di ospitalità e di trasporto.
Questa organizzazione mirabile e colossale, era strumento esclusivo dello Stato; non mancano però notizie circa un servizio alternativo, aperto al pubblico. Giulio Cesare cita nei suoi Commentari, tra gli usi antichissimi dei Galli, un servizio di corrieri che, situati ad eguale distanza gli uni dagli altri, si trasmettevano, senza interruzione, il messaggio verbale o scritto fino a raggiungere la destinazione fissata.
I romani utilizzarono, per l'organizzazione del cursus in Gallia, alcuni degli usi appresi dalle popolazioni conquistate, riuscendo ad ottenere una grande velocità nella trasmissione delle notizie.
Cicerone parla più volte di corrispondenza epistolare, distinguendo fra posta pubblica e privata.
Nelle Filippiche rimprovera Antonio di aver violato il cursus publicus intercettando corrispondenza altrui; fa anche menzione di un servizio privato quando ricorda la propria corrispondenza con gli amici Balbus e Coelius.
All'imperatore Augusto viene unanimemente attribuito il merito di aver fatto riparare e costruire grandi strade e di aver stabilito ordinamenti della posta tanto avanzati da costituire una delle glorie indiscusse dell'antica Roma.
La viabilità, per opera dei romani, divenne sviluppatissima; oltre le quindici grandi vie militari, vi erano le strade traverse, i diverticoli pubblici e privati, i cosiddetti ramuli, le vie consorziali ed innumerevoli sentieri. Le campagne erano attraversate da una fittissima rete di strade ben mantenute dai curatores e dai procuratores, oltre che dai privati. Queste erano le vie di comunicazione, spesso fiancheggiate dai grandi acquedotti, lungo le quali ebbe vita e sviluppo la posta.
Con le invasioni barbariche il cursus perse la sua organizzazione perfetta.
L’alto medioevo e le poste.
Ben presto però i capi dei Franchi ravvisarono la necessità di ripristinare la posta, non solo come mezzo indispensabile per il trasporto delle notizie, ma anche come strumento per mantenere saldo il loro potere politico, mediante un rapido propagarsi di informazioni e quindi di ordini e disposizioni.
Il Re Clodoveo I riattivò il servizio dei corrieri a cavallo, con norme molto simili a quelle dei corrieri imperiali di Roma.
Nei capitolari redatti intorno alla fine del VII secolo ed al principio dell'VIII, è fatta menzione delle angàrie, che equivalevano all'insieme delle prestazioni obbligatorie per le posite romane.
Accenni al servizio postale ed all'utilizzazione di carri oltre che di corrieri a cavallo per il trasporto della posta si trovano in un codice di Dagoberto II, re dell'Asturia.
Il riordino delle strade, attuato dai Carolingi negli oltre 230 anni del loro dominio, fu completato da Carlomagno il quale, divenuto imperatore, migliorò il servizio postale con cambi più frequenti ed estendendolo dalla Francia alle strade della Spagna, dell'Italia e della Germania.
Ed il servizio era così rapido ed efficiente che, accampato fra le popolazioni dei Sassoni, appena vinti ma non del tutto pacificati, poteva sorvegliare - ci dice un antico testo, attribuito ad uno sconosciuto storico di nome Enginhard - "... l'Armorica (territorio comprendente le odierne regioni francesi Normandia e Bretagna) in arme, gli abitatori ribellatisi della regione dei Pirenei, l'Aquitania e la Provenza, cospiranti ai suoi danni con la Baviera, e l'Italia tutta agitata dagli intrighi della corte di Bisanzio....".
I “Missi dominici” di Carlo Magno.
Ed ancora una volta la posta si manifesta come strumento di controllo e di tutela nei confronti di popoli lontani ed anche come gli occhi dell'autorità centrale, attenti e vigili sull'opera dei governatori locali.
Per accrescere l'importanza di questa delicata funzione, l'Imperatore istituì i missi dominici, veri e propri controllori scelti fra i dignitari della corte o della chiesa, con l'incarico di percorrere le provincie, indagando sulle amministrazioni locali, sia civili che religiose.
Questi inviati portarono sino ai confini del vasto impero le disposizioni del potere imperiale, diffondendone gli ordini, promulgandone i decreti e sorvegliando la puntuale attuazione degli uni e degli altri.
I missi dominici avevano fra i loro compiti anche quello di controllare il funzionamento della posta, benchè molto spesso questo non fosse che il pretesto per i loro viaggi continui ed i loro improvvisi arrivi nelle città e nei castelli.
Anche per mezzo degli agenti e dei servi della posta soggetti alla loro autorità, potevano venire a conoscenza diretta dei fatti locali, degli abusi e delle controversie anche minori che servivano poi per poter completare, nei minimi dettagli, i rapporti da fornire all'imperatore per aggiornare il governo sulle condizioni dei paesi più lontani dalla corona.
Un basilare lavoro di "intelligence" che tanti esempi aveva già avuto in passato ma che, aspetto curioso ed inedito, era in questa occasione mascherato sotto le spoglie più o meno dimesse di un "portalettere" medioevale.
I missi dominici sono però passati alla storia - giustamente - come portatori di pace e di giustizia e questo perchè la saggezza di Carlomagno, irradiandosi in tutta l'Europa attraverso i loro atti e le loro parole, conferiva onore e grandezza anche all'opera di questi particolarissimi ambasciatori.
Le Angarie.
La parola angherìa assume il significato odierno di sopruso, prepotenza.
Deriva dalla parola di origine medioevale angarìa o angària (al plurale angarìe o angàrie) che indicava una forzata prestazione d'opera in materia di lavori o di trasporti o di conferimento di bestiame, imposta dal signore ai suoi vassalli.
Essa comprendeva anche svariate prescrizioni per quanto atteneva alla posta, come indicato in un editto imperiale in cui erano elencate le pochissime categorie esentate da questo obbligo, inducendoci quindi a ritenere che tutti gli altri fossero invece tenuti al rispetto di questi obblighi, peraltro assai onerosi, che prevedevano il contributo al cursus, sia personale che con mezzi di trasporto.
E proprio dalla forza con cui l'Imperatore poteva imporre o esentare da tali angarìe i suoi sudditi, si poteva valutare l'integrità o la dissoluzione dell'autorità dello Stato.
Però il miracoloso edificio politico eretto dall'abilità e dalla fortuna di Carlo Magno non gli sopravvisse e, ben presto, il turbine delle ambizioni feudali e individuali ed il contrasto continuo con la crescente autorità della Chiesa, minò profondamente l'autorità imperiale.
Era fatale che la posta, dopo aver condiviso l'ascesa del potere centrale, dovesse seguirne le sorti nella rapida decadenza verso la confusione.
Inutilmente Ludovico il Pio e Carlo il Calvo tentarono una strenua difesa degli istituti postali.
Oppressa dalla polverizzazione della sovranità imperiale e dalla prepotenza dei feudatari, la posta di Carlomagno si dissolse con molta rapidità, non più tutelata da quell'autorità con cui il re dei Franchi ed Imperatore del Sacro Romano Impero aveva creduto di poter ricreare la grandezza dell'antica Roma.
Antonello Cerruti
Il Codogno, nel suo Trattato delle Poste edito a Venezia nel 1620, parla di un certo Omodeo Tasso come dell'inventore della posta. Omodeo nacque a Cornello, nella val Brembana, poco distante da Bergamo. Vissuto nella seconda metà del XIII secolo, è ritenuto il primo esponente illustre della famiglia Tasso, che ebbe come famosissimo discendente anche quel celebre Torquato, autore della Gerusalemme Liberata. La tradizione vuole far discendere i Thurn und Taxis, germanizzazione del cognome italiano Torre e Tasso, da quei Torriani che contesero a lungo ai Visconti la Signoria di Milano. Il nome della famiglia si trova negli archivi di tutti i paesi d'Europa anche con alcune varianti come Tassi, Tassus, Tassis, Tasis, Thassis, Tarsis, Targes, Taxus, Taxius, Taxis, ecc. Verso la fine del secolo, Omodeo Tasso fece rivivere l'antica istituzione dei corrieri a cavallo, anzi si ritiene che a lui si debba il primo vero e proprio servizio regolare di posta. I Tasso erano una famiglia con origini antichissime ed il loro stemma recava un tasso in piena corsa ed un cornetto. Prima l'Imperatore Massimiliano e poi Re Carlo V modificarono questo stemma, via via arricchendolo con un'aquila a due teste e con l'iscrizione Kaiserliche - Post (Posta Imperiale). I corrieri dei Tassoo Società, con tanto di regolare statuto che ottenne, già nel 1305, un solenne riconoscimento dal Senato Veneziano; ebbero inoltre privilegi speciali dai pontefici e da moltissimi sovrani di tutti i Paesi d'Europa. La Società era ripartita in tante azioni suddivise fra 32 famiglie ed assicurava un regolare servizio fra l'Italia, la Francia, la Germania e la Spagna. Dopo Omodeo, si hanno notizie di Ruggero Tasso e del nipote Francesco che alcune fonti indicano come il vero organizzatore, forse perchè questi, audace ed intraprendente, seppe approfittare delle condizioni politiche europee dei suoi tempi per dare un eccezionale sviluppo ad un servizio tanto utile ed importante. Nel XV secolo vennero organizzate stazioni di posta per il cambio dei cavalli in un'ampia zona dell'Europa centrale e coloro cui era demandato questo incarico erano chiamati Maestri di posta. Il servizio postale, riservato alla Corte Imperiale, fu talmente efficiente che Federico III nominò Ruggero Tasso Cavaliere dell'Impero per ringraziarlo della sua opera indispensabile sia in tempo di guerra che per il mantenimento delle relazioni commerciali con gli stati vicini e con i Turchi. Dal 1504 al 1529 un Gabriele Tasso fu Gran Maestro delle Poste ad Innsbruck, da dove dirigeva le operazioni postali tra Vorms e Strasburgo, passando tra l'altro per Stoccarda, Salisburgo, Praga, Vienna, Gorizia, Verona, Trento, Costanza e Zurigo. Dal 1523 dalla stazione di Trento partivano le coincidenze per le città d'Italia (fra cui Milano e Roma) e da Stoccarda quelle per i Paesi Bassi ed il Nord Europa; altri corrieri raggiungevano l'Ungheria e l'Europa orientale. Nessun corriere poteva partire senza il foglio d'avviso o di via, che - munito in alto del monogramma di Gabriele Tasso - accompagnava tutti i dispacci trasportati e trova la sua istituzione verso il 1500; questo foglio doveva essere annotato di stazione in stazione con l'ora di arrivo, di partenza, i motivi di eventuali ritardi, gli inconvenienti riscontrati, ecc. Il corriere, nei suoi viaggi, era protetto da un salvacondotto imperiale che gli assicurava ovunque il passaggio ed il soggiorno. La Posta di Omodeo, di Ruggero e di Gabriele Tasso fu perfezionata da Francesco, gentiluomo milanese che aveva sposato una fanciulla della famiglia Torriani, in quell'organizzazione quasi perfetta che dal 1450 al 1867, cioè per oltre quattro secoli, seppe assecondare in maniera impareggiabile gli interessi, le esigenze e le aspettative talvolta contrastanti di principi e sovrani spesso in aspro conflitto fra loro. L'abilità di Francesco Tasso lo rese accetto e stimato alla Casa d'Asburgo come ai principi italiani, alla Corte di Spagna come ai nobili ungheresi, francesi, olandesi. Nei primi tempi le Poste dei Tasso avevano il carattere di Poste auliche o Poste di Stato e, secondo le esigenze imperiali, si sopprimevano, si potenziavano o si spostavano da una località all'altra. All'inizio del XVI secolo assunsero un aspetto sovrannazionale e furono perciò chiamate Poste Internazionali della Casa d'Asburgo. Nello stesso periodo Francesco Tasso era Maestro Superiore delle Poste dell'Impero, Capo e Maestro Generale delle Poste dei Paesi Bassi ed incaricato dei collegamenti postali con il Reame di Castiglia e con il Portogallo. Le lettere impiegavano cinque giorni e mezzo da Innsbruck a Bruxelles in estate e sei giorni e mezzo in inverno, quarantaquattro ore da Bruxelles a Parigi, quattro giorni da Bruxelles a Lione, dodici giorni per Toledo, quindici per Granada. Erano previsti e predisposti anche i percorsi alternativi; per
empio quando l'Imperatore era in conflitto con Venezia, ed i corrieri non potevano attraversare il Veneto, deviavano per Trieste e di lì, per nave, raggiungevano Ancona e poi Roma con la celerità postale, cioè senza fermarsi nemmeno durante la notte. Il servizio garantito dai Tasso era di grande qualità ma assai ben remunerato se è vero che la famiglia godeva di notevole agiatezza oltre che di grande prestigio; Francesco fu nominato dall'Imperatore Massimiliano Cavaliere dell'Ordine dello Speron d'Oro e Conte di Palazzo, lo stesso titolo che fu dato ai fratelli Leonardo e Giovanni ed ai nipoti Battista, Davide, Matteo e Simone. Nel 1608 un altro Leonardo Tasso ebbe il titolo di Barone e, più tardi, altri Maestri Generali della stessa famiglia furono insigniti del titolo di Principe dal Re di Prussia ed ottennero diversi dominii a titolo di benemerenza per i servigi resi "allo Stato ed all'umanità". Francesco morì poco prima del 1518 e la data viene desunta da un suo ritratto su un arazzo che illustra l'arrivo di Nostra Signora di Sablona a Bruxelles. Su di esso si nota infatti il ritratto di un uomo di aspetto non comune, senza barba, con capelli bianchi ed abiti sontuosi che porge con una mano una lettera cui è attaccato un sigillo. Sugli orli dell'arazzo si vedono le armi gentilizie dei Tasso e la dedica, nella parte inferiore, così recita : "EGREGIUS-FRANCISCUS DE TAXIS-PIE MEMORIEPOSTARUM MAGISTER– HEC FIERI FECIT-ANNO 1518", chiarendoci oltre ogni dubbio l'identità del personaggio raffigurato, che doveva anche essere il magnanimo committente dell'arazzo, e la circostanza ("Pie Memorie") che probabilmente non era riuscito a veder finito il suo dono. Tutti gli agenti delle Poste ed i corrieri erano nominati con grande solennità e, a conferma dell'importanza e della delicatezza dell'incarico attribuito, erano sottoposti a giuramento che doveva essere prestato in forma pubblica e spettacolare, alla presenza dei cittadini del luogo di cui assumevano la titolarietà e dovevano essere, oltre che di notoria buona condotta, laboriosi, zelanti, fedeli, pacifici, benevoli, sobri, modesti e bene istruiti sulle loro funzioni e sugli itinerari loro affidati. Erano esenti da ogni contribuzione fiscale e godevano di una sconfinata protezione contro ogni tentativo di furto. Molte sono le tracce che si trovano della famiglia Tasso presso le varie Corti: la Posta spagnola era affidata nel 1600 a Giovanni Tasso, mentre un Pellegrino Tasso amministrava l'ufficio di Roma, un Simone Tasso quello di Milano, un Antonio Tasso quello di Anversa. Ottavio Tasso gestiva la rete postale di Asburgo, mentre Leonardo Tasso, durante la guerra con i Turchi, organizzò una terza linea che univa i Paesi Bassi all'Italia, toccando Liegi, Asburgo ed il Tirolo. La Posta del Tirolo venne divisa tra i vari rami della famiglia Thurn und Taxis: quella del Tirolo settentrionale, fino a "Teutschen" (Campodazzo), era gestita da Innsbruck da un ramo collaterale, quello dei conti Thurn und Taxis Valsassina (capostipite Gabriel von Taxis, 1530 ca.). La gestione della posta di Bolzano e di Trento era invece affidata ai baroni Taxis Bordogna Valnigra. Il conte Lamoral Tasso stabilì due nuove grandi linee postali: l'una che attraversava le Alpi, l'altra che da Francoforte sul Meno andava a Lipsia, Amburgo, Norimberga, Praga e Vienna. Matteo Tasso dirigeva la "Posta
della Corte" in Ungheria, mentre a Napoli ed in Sicilia il servizio postale restò, sino alla fine del XVI secolo, nelle mani della famiglia Capata (o Zappata), che aveva rapporti di parentela con i Tasso. Al principio del XVIII secolo i membri della famiglia Tasso dirigevano la Posta in tutta l'Europa, con la sola eccezione della Francia e del Portogallo. Con i grandi privilegi acquisiti con il loro lavoro e la loro abilità, i Tasso divennero sempre più ricchi e potenti, accumulando prestigio e ricchezze. Nel 1867 i Tasso cedettero i loro residui diritti postali alla Prussia, senza traumi e con l'abile mediazione del Direttore Generale delle Poste tedesche, il dott. Enrico Stephan (Stolp 1831-Berlino 1897) alla cui lungimirante opera si deve l'origine dell'Unione Postale Universale. Il nome della famiglia Tasso è sempre stato sinonimo di velocità e di puntualità, tanto che ancora oggi, senza avvedercene e magari sempre saperlo, quando abbiamo bisogno di un mezzo veloce e disponibile alle nostre necessità chiamiamo con fiducia quelle auto pubbliche che in tutto il mondo ancora ricordano il loro nome.
In alto: ritratto del mercante Gisze (1532) di Hans Holbein (Augsburg 1497-1543) eseguito durante il suo soggiorno a Londra. Il trentacinquenne George Gisze è colto nell’atto di dissuggellare una lettera che reca scritto “Dem erszamer Jergen Gisze to lunden in engeland mynen broder to handen”. Si ritiene che la missiva sia stata trasportata da un messaggero a Danzica, dove era situata la residenza del mercante, poi ad Amburgo ed incamminata a Londra da un viaggiatore. Numerose altre corrispondenze sono raccolte nella “taschetta delle lettere” posta sopra il banco coperto da un prezioso tappeto sul quale figurano anche penne, calamaio, il sigillo e il punteruolo. Berlino, Staatliche Museen.Pagina accanto in basso: Francesco de Tassis (o von Taxis) della famiglia bergamasca dei Tasso viene giustamente considerato I'inventore delle moderne poste in Europa. Al servizio di Massimiliano I,inserì nella rete creata per la cosidetta posta di stato, un vero e proprio servizio pubblico a disposizione di chiunque. Ricevette dal Sovrano il titolo nobiliare e sullo stemma di famiglia apparvero per la prima volta, al di sopra del tasso, l'aquila imperiale ed il corno postale. Alla sua morte nel 1517 i nipoti diedero origine ad una vasta ramificazione familiare ed imprenditoriale sovrannazionale durata tre secoli. Franz von Taxis (1459-1517). Painting in the Castle of the princes of Thurn and Taxis at Regensburg.
Il 10 settembre scorso in chiusura della mostra La Sanità nella Storia illustrata dai documenti postali" svoltasi al Museo dei Tasso di Camerata Cornello (www.museodeitasso.com) si è deciso di costituire l’Associazione degli Amici del Museo del Tasso e della Storia Postale con lo scopo esclusivamente culturale e di arricchimento del museo stesso. Alla nuova associazione possono aderire società e persone fisiche, filatelici e storici postali previa propria candidatura da inviare entro il termine di 60 giorni dal 10 settembre 2006. Gli Amici del Museo si propongono di prestare collaborazione in iniziative di studio, ricerca e promozione in campo artistico e documentario, organizzazione di conferenze e cicli di lezioni in armonia con il programma e i compiti statutari del Museo. Particolare enfasi viene data alla possibilità di promuovere sottoscrizioni o altre iniziative finalizzate all’acquisto di importanti documenti per la conoscenza della storia della casata dei Tasso e di storia postali in genere, così come svolto egregiamente da analoghe associazioni internazionali ed italiane.
Re: Brevissime note sulla nascita della posta
Molto interessante, grazie
Andrea
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Andrea Grimaldi
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- francesco luraschi
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Re: Brevissime note sulla nascita della posta
Interessante, grazie.
Però la prima parte è dedicata alla posta intesa come comunicazione che non collima con quella che noi studiamo e che nacque certamente a Milano e non altrove alla fine del XIV secolo. Quanto organizzato dai romani e/o quello visto da Marco Polo in Cina ha nulla a che fare con il servizio che poi è evoluto fino ad adottare il francobollo. Neppure i termini romani mansiones e mutationes riconducono al servizio postale.
Nel libro La posta di Milano 1849-1859 di De Battisti-Savini c'è un intero capitolo riservato a questo argomento.
Per chi vuole poi approfondire consiglio la bibliografia di pag.131-133.
Francesco

Però la prima parte è dedicata alla posta intesa come comunicazione che non collima con quella che noi studiamo e che nacque certamente a Milano e non altrove alla fine del XIV secolo. Quanto organizzato dai romani e/o quello visto da Marco Polo in Cina ha nulla a che fare con il servizio che poi è evoluto fino ad adottare il francobollo. Neppure i termini romani mansiones e mutationes riconducono al servizio postale.
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- Antonello Cerruti
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Re: Brevissime note sulla nascita della posta
La posta come quella "che noi studiamo" arriva con qualche migliaio di anni di ritardo...francesco luraschi ha scritto: 23 aprile 2022, 12:00 Interessante, grazie.![]()
Però la prima parte è dedicata alla posta intesa come comunicazione che non collima con quella che noi studiamo e che nacque certamente a Milano e non altrove alla fine del XIV secolo. Quanto organizzato dai romani e/o quello visto da Marco Polo in Cina ha nulla a che fare con il servizio che poi è evoluto fino ad adottare il francobollo. Neppure i termini romani mansiones e mutationes riconducono al servizio postale.
Nel libro La posta di Milano 1849-1859 di De Battisti-Savini c'è un intero capitolo riservato a questo argomento.
Per chi vuole poi approfondire consiglio la bibliografia di pag.131-133.
Francesco
Quando a Roma i poeti effeminati immersi nelle acque riscaldate delle terme cantavano accompagnandosi dalla lira e dal flauto, a Milano alcuni individui sommariamente vestiti di pelli e con in mano una clava correvano appresso agli animali....



Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
- francesco luraschi
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Re: Brevissime note sulla nascita della posta
Non lo metto in dubbio però la tecnica postale è milanese.
Così come i cavallini vennero introdotti per il corso particolare.
Francesco
Così come i cavallini vennero introdotti per il corso particolare.

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Re: Brevissime note sulla nascita della posta
Bravissimo Antonello
Molto interessante.
Igor
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- Antonello Cerruti
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- Iscritto il: 16 luglio 2007, 12:45
Re: Brevissime note sulla nascita della posta
Ciao Igor, sono solo vecchie note scritte una trentina di anni fa e che ho ritrovato oggi eliminando file che non mi servono più.
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Cordiali saluti.
Antonello Cerruti
Re: Brevissime note sulla nascita della posta
Certo che tra file e cassetti nascosti a casa tua c’è un tesoro sia di sapere che di francobolli.
Dovresti organizzare una caccia al tesoro ….
Complimenti ancora ottima anche la narrazione.
Inoltre mi hai fatto ricordare che ho conosciuto un discendente dei Toriani
Che mi ha raccontato cose interessanti della sua casata ma all epoca no gli ho dato peso pensavamo solo ai giri in moto da organizzare con i nostri amici/amiche
Igor
Rev LB Apr 2023
Dovresti organizzare una caccia al tesoro ….
Complimenti ancora ottima anche la narrazione.
Inoltre mi hai fatto ricordare che ho conosciuto un discendente dei Toriani
Che mi ha raccontato cose interessanti della sua casata ma all epoca no gli ho dato peso pensavamo solo ai giri in moto da organizzare con i nostri amici/amiche


Igor
Rev LB Apr 2023
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