FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Lord Kelvin non aveva tutti i torti: quella che si chiudeva era l'epoca della fisica classica. Il grande scienziato inglese non poteva prevedere l'aprirsi di un'epoca nuova, ancor più meravigliosa.
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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Napoli1860 ha scritto: 6 luglio 2025, 12:14
Possibile che non esista un francobollo dedicato all'esperimento della doppia fenditura?
Non so se possono andar bene, ho trovato questi :
(diffrazione raggi x)
pietro
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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Non saprei se Thomas Young https://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Young abbia pertinenza e sia di interesse per la tua ricerca.
Un francobollo, direi ricavato dal foglietto ed...una curiosità (fascetta per sigari: per chi le colleziona...).
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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Un ringraziamento di cuore, sincero, a Luciano e Pietro: ho salvato le immagini nel mio archivio, e ora vedrò dove, come e quando conviene utilizzarle.
Grazie ancora.
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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Verissimo. Però - e deve far riflettere - anche quando quella nuova epoca meravigliosa si aprì, ci fu qualcuno che continuava a rifiutarla. E non era uno scappato di casa o uno uscito dalla fogne. Era Albert Einstein, a cui - forse impropriamente - è attribuita la frase "è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio", e che alla fine poco importa se l'abbia detta lui oppure noi, perché comunque ne fu proprio la dimostrazione vivente.mene60 ha scritto: 7 luglio 2025, 17:07 Lord Kelvin non aveva tutti i torti: quella che si chiudeva era l'epoca della fisica classica. Il grande scienziato inglese non poteva prevedere l'aprirsi di un'epoca nuova, ancor più meravigliosa.
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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Congresso Solvay 1927: mai - nella storia del mondo - vi è stata una così alta densità di intelligenze, così tanti geni, tutti così vicini, in uno spazio così piccolo.
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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
"Un pesce vive in uno stagno talmente fangoso che vederlo è assolutamente impossibile. Un pescatore tenta la fortuna e dopo un certo tempo il pesce abbocca. Il pescatore alza allora la canna e vede il pesce appeso in capo alla lenza. Ne conclude, logicamente, che il pesce, prima d’essere pescato, si spostava nello stagno in cerca di cibo. Non penserà mai che, prima di mordere, il pesce non era altro che una specie di pesce−potenzialità esteso in tutto lo stagno.
Supponiamo ora che lo stagno rappresenti una scatola assolutamente vuota, se si esclude un elettrone solitario figurato dal pesce (avremmo potuto prendere in considerazione egualmente bene anche un protone o persino un atomo). Il dispositivo di pesca (canna, lenza, amo) simboleggia una sonda introdotta nella scatola e capace di interagire in qualche modo con l’elettrone, producendo in questo caso un segnale visibile per l’osservatore. All’apparire del segnale, un osservatore normale ne concluderà che l’elettrone ha incontrato la sonda, e che prima si spostava nella scatola.
Ma avrà torto. Prima di interagire, l’elettrone occupava tutta la scatola ed era provvisto di una maggiore o minore probabilità di essere individuato in questo o quel punto. É come se prima di abboccare il pesce avesse occupato tutto lo stagno, più concentrato in certi posti e più diluito in altri. Un pesce «quantistico» di questo genere, che si concretizza solo quando viene preso, non corrisponde a nulla di quanto siamo abituati a osservare".
(Dal libro Il Cantico dei quanti, di S. Hortoli e J.P. Pharabod, 1984)
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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Solvay francobollo personalizzato, francobollo da minifoglio, minifoglio completo, affrancatura maccanica.


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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Grazie Luciano, credo proprio che inserirò questo foglio, sotto la celebre foto, perché viene benissimo anche sul piano estestico-grafico, viste anche le dimensioni 

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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Mi sono reso conto che la mia domanda era mal posta.Napoli1860 ha scritto: 6 luglio 2025, 12:14 Possibile che non esista un francobollo dedicato all'esperimento della doppia fenditura?
L'esperimento della doppia fenditura, in sè, è un esperimento punto e basta; è quando lo si fa girare con gli elettroni che succedono cose strane; quello che io cercavo - in effetti - era un francobollo sul dualismo onda-particella, che di fatto Pietro mi hai già fornito (quello con Dirac e il cilindro proiettato sulle pareti), quindi direi che questo aspetto lo si può considerare chiuso, e perciò ancora grazie per il contributo decisivo.

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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Il 7 giugno 2024 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella ricorrenza dei 100 anni dallo sviluppo della Meccanica quantistica, ha ufficialmente dichiarato il 2025 Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica (IYQ2025).
La risoluzione delle Nazioni Unite “raccomanda che l’Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica sia celebrato attraverso attività a tutti i livelli, volte a incrementare la consapevolezza pubblica sull’importanza della scienza quantistica e delle sue applicazioni – a promuovere la cooperazione scientifica internazionale, multilaterale e interdisciplinare tra istituti di ricerca, ricercatori e innovatori nel campo della scienza e tecnologia quantistica – a garantire un’attenzione particolare all’applicazione della scienza e della tecnologia quantistica per lo sviluppo sostenibile„
La risoluzione delle Nazioni Unite “raccomanda che l’Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica sia celebrato attraverso attività a tutti i livelli, volte a incrementare la consapevolezza pubblica sull’importanza della scienza quantistica e delle sue applicazioni – a promuovere la cooperazione scientifica internazionale, multilaterale e interdisciplinare tra istituti di ricerca, ricercatori e innovatori nel campo della scienza e tecnologia quantistica – a garantire un’attenzione particolare all’applicazione della scienza e della tecnologia quantistica per lo sviluppo sostenibile„
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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Emissione commemorativa di Taiwan.Napoli1860 ha scritto: 9 luglio 2025, 8:13 Il 7 giugno 2024 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella ricorrenza dei 100 anni dallo sviluppo della Meccanica quantistica, ha ufficialmente dichiarato il 2025 Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica (IYQ2025).
La risoluzione delle Nazioni Unite “raccomanda che l’Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica sia celebrato attraverso attività a tutti i livelli, volte a incrementare la consapevolezza pubblica sull’importanza della scienza quantistica e delle sue applicazioni – a promuovere la cooperazione scientifica internazionale, multilaterale e interdisciplinare tra istituti di ricerca, ricercatori e innovatori nel campo della scienza e tecnologia quantistica – a garantire un’attenzione particolare all’applicazione della scienza e della tecnologia quantistica per lo sviluppo sostenibile„
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Re: FILATELIA QUANTISTICA - Viaggio subatomico, tra onde e particelle, a cavallo di un francobollo
Estratto da ESISTE L’INVISIBILE? NEL LABIRINTO DELLE RELAZIONI
Guarda la tua mano: dovresti riconoscere un pollice, un indice, un medio, un anulare, un mignolo, volendo un palmo. Ogni parte della tua mano ha un nome (anche la stessa mano!): ma riesci a riconoscere il rapporto tra pollice e indice, quello tra pollice e mignolo, e così via? Come si chiama lo “spazio tra” due dita? Come si chiama la “relazione” di contatto tra due dita? Abbiamo insomma dei termini per nominare questi rapporti?
No, per quanto cerchi di sforzarti, ti accorgerai che non ne abbiamo. Perché mai? La risposta è insieme banale e spiazzante: siamo abituati a riconoscere cose, ma non siamo altrettanto attrezzati per riconoscere relazioni. Le cose ci sono pienamente visibili, i rapporti ci restano invisibili. Eppure le relazioni esistono, eccome se esistono; anzi, sono la cosa per noi forse più importante: relazioni tra cose, persone, fenomeni, eventi, pensieri, emozioni, luoghi, momenti, e chi più ne ha più ne metta.
Siamo circondati da strane “cose invisibili” che appunto non sono cose: siamo immersi nelle relazioni anche se non le vediamo, o forse proprio perché tendiamo a non notarle. C’è chi dice che, in fondo, è tutta un po’ colpa del linguaggio, occupato a indicare oggetti e delimitare soggetti, a nominare le cose e le loro proprietà, facendo perdere di vista l’evanescente leggerezza dei rapporti, l’intangibile forza delle connessioni. Ed è un bel problema per le relazioni, se è vero che il nostro mondo, il nostro modo di percepire e pensare il mondo, è strutturato dal linguaggio. Siamo destinati a non poter prestare adeguata attenzione a qualcosa che è per noi così decisivo?
Sin da quando la filosofia ha cominciato a esistere, non ha fatto altro che sforzarsi di far notare non solo che esistono cose invisibili, ma anche che queste sono perlomeno altrettanto importanti di quelle visibili.
Già più di 2.500 anni fa, Anassagora aveva fatto presente che «le cose che si vedono sono l’aspetto visibile di quelle che non si vedono»: c’è qualcosa che non si vede, ma che appunto c’è!
La filosofia non è altro che un esercizio per mettere a fuoco ciò che non è visibile, per rendere ogni volta percepibile l’invisibile, per riconoscere la presenza di questa invisibilità, senza però riuscire davvero a vederla come si vedono le cose.
Facciamo attenzione alle relazioni! Sono invisibili, ma eccome se ci sono! Anassagora ci diceva insomma che «le cose che si vedono sono l’aspetto visibile delle relazioni, che non si vedono, ma ci sono».
Che cosa sono però le relazioni? Come funzionano? Dove si annidano? In che cosa consistono?
Le relazioni sono i passaggi tra le cose, sono i luoghi in cui una cosa passa in un’altra, lo spazio appunto invisibile in cui avvengono le trasformazioni. In una parola, le relazioni sono processi. In effetti, se ci facciamo caso, i processi sono sparsi ovunque, ma non li vediamo o non ci badiamo granché, perlomeno normalmente.
Facciamo un altro piccolo esperimento. Quanti e quali sono i processi che in questo momento stai davvero avvertendo? Ti stai davvero accorgendo del fatto che, impercettibilmente, stai crescendo, o che – se sei più pessimista – stai invecchiando? È per te visibile il fatto che ti stai trasformando? Lo vedi il processo di lettura attraverso cui stai ora leggendo? Se stai in piedi, fermo, come una cosa, ti accorgi che in realtà c’è tutto un movimento di tensione tra i muscoli, le ossa, i tendini, le cellule e così via, che ti permette di mantenere quella posizione così statica?
Forse cominci a notare tutti questi aspetti ora, che sei inciampato in simili domande, domande che indirizzano l’attenzione verso il farsi delle cose, anziché semplicemente sulle cose fatte: le cose fatte sono per noi visibili, il farsi delle cose ci resta per lo più invisibile.
Certo, il treno che stai per prendere non lo vedi in questo momento, ma sai che a breve potrai vederlo; ma il viaggio che farai con quello stesso treno, fatto di rapporti e dinamiche che intercorrono tra persone, paesaggi, vagoni, sedili, valigie, rotaie, condizioni atmosferiche, e via di seguito, come potresti mai davvero vederlo, normalmente? Quel viaggio è invisibile, eppure esiste realmente – o qualcuno vorrebbe negarne l’esistenza?
Oppure pensa agli schemi nel calcio: uno “schema 4-3-3” indica un modo di giocare, uno schieramento, una disposizione, vale a dire una maniera di occupare il campo, di muoversi, di far circolare gli spazi, e via discorrendo, con tutte le variazioni che esso comporta anzi apre. Lo schema, preso di per sé, non è altro che la relazione tra i giocatori, come tra i giocatori e il campo, i giocatori e la palla, e così via: è un insieme dinamico di rapporti, un processo. Ma lo schema è in quanto tale visibile? Certo, se ne vedono una serie di effetti, realissimi ovvero visibilissimi, che vanno a comporre lo svolgimento e l’esito di una partita, ma lo schema resta in sé invisibile. Eppure gli schemi esistono e non in un qualche strano retro-mondo o sovra-mondo, non in un qualche Iperuranio del Calcio Ideale, ma proprio qui, nella visibilità stessa del gioco del calcio. Oppure qualcuno giungerebbe a dire che gli schemi, poiché di per sé non si vedono, non esistono?
Immagina ora due persone (tre? quattro? quante preferisci!) che si amano o si vogliono bene, che hanno dunque un rapporto affettivo – ma sarebbe lo stesso per un rapporto di odio o inimicizia, per qualunque tipo di relazione. Ti sembra un caso che comunemente lo descriviamo dicendo che c’è qualcosa tra di loro? Tra di loro, le cose – come si suol dire – funzionano, lo scambio è sempre dinamico, la passione è accesa: anche quando discutono, lo fanno perché sono coinvolti, perché il loro rapporto riesce a produrre qualcosa – fosse appunto anche soltanto un contrasto.
La loro relazione è proprio quel che intercorre tra ovvero “corre tra” di loro: non sta in nessuno dei due presi singolarmente e nemmeno in nessuna delle cose che condividono (la casa, il calcio, la cucina, …), né nella semplice somma di questi aspetti. A chi appartiene il rapporto tra me e te? A me? A te? Al videogioco al quale giochiamo entrambi? Appartiene davvero a qualcuno o qualcosa? Non è che coincide piuttosto con quel particolare dinamismo che tiene insieme tutte queste dimensioni? E dove sta questo dinamismo? Come lo vediamo?
Questo è dunque una relazione: un processo che tiene insieme trasformando quegli stessi elementi che tiene insieme. E lo fa senza farsi vedere, restando sullo sfondo e conservando la propria invisibilità, quasi custodendola.
Infatti, quando un rapporto diventa visibile, le cose si complicano: ci perdiamo proprio laddove credevamo di esserci ritrovati, perché siamo molto a nostro agio ad affrontare le cose, ma decisamente meno a districarci nel labirinto dei rapporti in cui pur ci muoviamo costantemente.
Le cose si complicano non solo perché, come testimonia la filosofia, quando si punta l’attenzione verso le relazioni ci si ritrova ad avere a che fare con idee strane, prospettive particolari, tentativi di nominare l’innominabile, di percepire l’impercepibile, di avvertire un processo mentre si sta facendo, e così via. Si complicano anche perché ci imbattiamo in un sacco di difficoltà pratiche, che rendono faticoso riuscire a gestire situazioni concrete.
Restiamo sempre nel campo dei nostri rapporti personali: spesso, quando realizziamo – quasi per folgorazione – il modo in cui sta andando uno dei nostri rapporti e cominciamo a farlo notare a qualcuno, si apre un problema. Si discute, si litiga, finendo magari a passare più tempo a parlare del modo in cui va o dovrebbe andare quel rapporto, che non a viverlo e “lasciarlo correre”. Cominciano insomma i casini.
Hai presente quelle coppie che a un certo punto non si ricordano più nemmeno il motivo per cui hanno litigato, ma sono perse nel rinfacciarsi a vicenda senza sosta, in una spirale all’infinito, l’atteggiamento che hanno l’uno verso l’altro? “Tu mi hai risposto in questo modo…”, “ma perché tu mi hai detto quella cosa…”, “certo, perché tu ti poni così…”, ecc. Bene, in simili situazioni il rapporto sembra diventato talmente visibile da occupare tutta la scena, paradossalmente bloccando di fatto ogni scambio reale. Quel rapporto si sta come spegnendo, forse inesorabilmente.
“Però almeno stiamo finalmente vedendo quel rapporto invisibile, finalmente è diventato visibile!”, potresti pensare. Ma ne sei davvero così sicuro? Non è che forse, proprio in quel momento in cui crediamo di aver “stanato” i rapporti, la loro invisibilità ci sta di nuovo prendendo alle spalle? Non è che la nostra attenzione si sta concentrando su qualcosa che sembra infine visibile, ma che proprio in questo modo fa trionfare ancora una volta la propria forza invisibile?
Ti faccio infatti un’altra semplice domanda: quella coppia di litiganti sta realmente rendendosi conto del tipo di rapporto che in quel momento sta intercorrendo tra di loro? Quelle due persone stanno realizzando di essere entrate in un circolo vizioso e potenzialmente infinito di rinfacci reciprochi? Evidentemente, no. Se tu sei lì a osservarli, te ne accorgi subito: sono tanto presi dal parlare della loro relazione da non accorgersi nemmeno che stanno litigando, del modo in cui stanno litigando e del processo del loro litigare!
Quella coppia, immersa nel litigio, non vede altro che le incrinature del proprio rapporto, crede finalmente di star vedendo il proprio rapporto con estrema chiarezza, eppure non si accorge dell’invisibilità di quel litigare, che è il rapporto che sta intercorrendo in quel momento. È tutta presa dal litigio come “cosa” da non avvedersi del litigio come “relazione” ovvero “processo”.
Chissà, forse è proprio di fronte a una situazione del genere che Anassagora si è detto: “le cose che si vedono sono l’aspetto visibile di quelle che non si vedono”.
Guarda la tua mano: dovresti riconoscere un pollice, un indice, un medio, un anulare, un mignolo, volendo un palmo. Ogni parte della tua mano ha un nome (anche la stessa mano!): ma riesci a riconoscere il rapporto tra pollice e indice, quello tra pollice e mignolo, e così via? Come si chiama lo “spazio tra” due dita? Come si chiama la “relazione” di contatto tra due dita? Abbiamo insomma dei termini per nominare questi rapporti?
No, per quanto cerchi di sforzarti, ti accorgerai che non ne abbiamo. Perché mai? La risposta è insieme banale e spiazzante: siamo abituati a riconoscere cose, ma non siamo altrettanto attrezzati per riconoscere relazioni. Le cose ci sono pienamente visibili, i rapporti ci restano invisibili. Eppure le relazioni esistono, eccome se esistono; anzi, sono la cosa per noi forse più importante: relazioni tra cose, persone, fenomeni, eventi, pensieri, emozioni, luoghi, momenti, e chi più ne ha più ne metta.
Siamo circondati da strane “cose invisibili” che appunto non sono cose: siamo immersi nelle relazioni anche se non le vediamo, o forse proprio perché tendiamo a non notarle. C’è chi dice che, in fondo, è tutta un po’ colpa del linguaggio, occupato a indicare oggetti e delimitare soggetti, a nominare le cose e le loro proprietà, facendo perdere di vista l’evanescente leggerezza dei rapporti, l’intangibile forza delle connessioni. Ed è un bel problema per le relazioni, se è vero che il nostro mondo, il nostro modo di percepire e pensare il mondo, è strutturato dal linguaggio. Siamo destinati a non poter prestare adeguata attenzione a qualcosa che è per noi così decisivo?
Sin da quando la filosofia ha cominciato a esistere, non ha fatto altro che sforzarsi di far notare non solo che esistono cose invisibili, ma anche che queste sono perlomeno altrettanto importanti di quelle visibili.
Già più di 2.500 anni fa, Anassagora aveva fatto presente che «le cose che si vedono sono l’aspetto visibile di quelle che non si vedono»: c’è qualcosa che non si vede, ma che appunto c’è!
La filosofia non è altro che un esercizio per mettere a fuoco ciò che non è visibile, per rendere ogni volta percepibile l’invisibile, per riconoscere la presenza di questa invisibilità, senza però riuscire davvero a vederla come si vedono le cose.
Facciamo attenzione alle relazioni! Sono invisibili, ma eccome se ci sono! Anassagora ci diceva insomma che «le cose che si vedono sono l’aspetto visibile delle relazioni, che non si vedono, ma ci sono».
Che cosa sono però le relazioni? Come funzionano? Dove si annidano? In che cosa consistono?
Le relazioni sono i passaggi tra le cose, sono i luoghi in cui una cosa passa in un’altra, lo spazio appunto invisibile in cui avvengono le trasformazioni. In una parola, le relazioni sono processi. In effetti, se ci facciamo caso, i processi sono sparsi ovunque, ma non li vediamo o non ci badiamo granché, perlomeno normalmente.
Facciamo un altro piccolo esperimento. Quanti e quali sono i processi che in questo momento stai davvero avvertendo? Ti stai davvero accorgendo del fatto che, impercettibilmente, stai crescendo, o che – se sei più pessimista – stai invecchiando? È per te visibile il fatto che ti stai trasformando? Lo vedi il processo di lettura attraverso cui stai ora leggendo? Se stai in piedi, fermo, come una cosa, ti accorgi che in realtà c’è tutto un movimento di tensione tra i muscoli, le ossa, i tendini, le cellule e così via, che ti permette di mantenere quella posizione così statica?
Forse cominci a notare tutti questi aspetti ora, che sei inciampato in simili domande, domande che indirizzano l’attenzione verso il farsi delle cose, anziché semplicemente sulle cose fatte: le cose fatte sono per noi visibili, il farsi delle cose ci resta per lo più invisibile.
Certo, il treno che stai per prendere non lo vedi in questo momento, ma sai che a breve potrai vederlo; ma il viaggio che farai con quello stesso treno, fatto di rapporti e dinamiche che intercorrono tra persone, paesaggi, vagoni, sedili, valigie, rotaie, condizioni atmosferiche, e via di seguito, come potresti mai davvero vederlo, normalmente? Quel viaggio è invisibile, eppure esiste realmente – o qualcuno vorrebbe negarne l’esistenza?
Oppure pensa agli schemi nel calcio: uno “schema 4-3-3” indica un modo di giocare, uno schieramento, una disposizione, vale a dire una maniera di occupare il campo, di muoversi, di far circolare gli spazi, e via discorrendo, con tutte le variazioni che esso comporta anzi apre. Lo schema, preso di per sé, non è altro che la relazione tra i giocatori, come tra i giocatori e il campo, i giocatori e la palla, e così via: è un insieme dinamico di rapporti, un processo. Ma lo schema è in quanto tale visibile? Certo, se ne vedono una serie di effetti, realissimi ovvero visibilissimi, che vanno a comporre lo svolgimento e l’esito di una partita, ma lo schema resta in sé invisibile. Eppure gli schemi esistono e non in un qualche strano retro-mondo o sovra-mondo, non in un qualche Iperuranio del Calcio Ideale, ma proprio qui, nella visibilità stessa del gioco del calcio. Oppure qualcuno giungerebbe a dire che gli schemi, poiché di per sé non si vedono, non esistono?
Immagina ora due persone (tre? quattro? quante preferisci!) che si amano o si vogliono bene, che hanno dunque un rapporto affettivo – ma sarebbe lo stesso per un rapporto di odio o inimicizia, per qualunque tipo di relazione. Ti sembra un caso che comunemente lo descriviamo dicendo che c’è qualcosa tra di loro? Tra di loro, le cose – come si suol dire – funzionano, lo scambio è sempre dinamico, la passione è accesa: anche quando discutono, lo fanno perché sono coinvolti, perché il loro rapporto riesce a produrre qualcosa – fosse appunto anche soltanto un contrasto.
La loro relazione è proprio quel che intercorre tra ovvero “corre tra” di loro: non sta in nessuno dei due presi singolarmente e nemmeno in nessuna delle cose che condividono (la casa, il calcio, la cucina, …), né nella semplice somma di questi aspetti. A chi appartiene il rapporto tra me e te? A me? A te? Al videogioco al quale giochiamo entrambi? Appartiene davvero a qualcuno o qualcosa? Non è che coincide piuttosto con quel particolare dinamismo che tiene insieme tutte queste dimensioni? E dove sta questo dinamismo? Come lo vediamo?
Questo è dunque una relazione: un processo che tiene insieme trasformando quegli stessi elementi che tiene insieme. E lo fa senza farsi vedere, restando sullo sfondo e conservando la propria invisibilità, quasi custodendola.
Infatti, quando un rapporto diventa visibile, le cose si complicano: ci perdiamo proprio laddove credevamo di esserci ritrovati, perché siamo molto a nostro agio ad affrontare le cose, ma decisamente meno a districarci nel labirinto dei rapporti in cui pur ci muoviamo costantemente.
Le cose si complicano non solo perché, come testimonia la filosofia, quando si punta l’attenzione verso le relazioni ci si ritrova ad avere a che fare con idee strane, prospettive particolari, tentativi di nominare l’innominabile, di percepire l’impercepibile, di avvertire un processo mentre si sta facendo, e così via. Si complicano anche perché ci imbattiamo in un sacco di difficoltà pratiche, che rendono faticoso riuscire a gestire situazioni concrete.
Restiamo sempre nel campo dei nostri rapporti personali: spesso, quando realizziamo – quasi per folgorazione – il modo in cui sta andando uno dei nostri rapporti e cominciamo a farlo notare a qualcuno, si apre un problema. Si discute, si litiga, finendo magari a passare più tempo a parlare del modo in cui va o dovrebbe andare quel rapporto, che non a viverlo e “lasciarlo correre”. Cominciano insomma i casini.
Hai presente quelle coppie che a un certo punto non si ricordano più nemmeno il motivo per cui hanno litigato, ma sono perse nel rinfacciarsi a vicenda senza sosta, in una spirale all’infinito, l’atteggiamento che hanno l’uno verso l’altro? “Tu mi hai risposto in questo modo…”, “ma perché tu mi hai detto quella cosa…”, “certo, perché tu ti poni così…”, ecc. Bene, in simili situazioni il rapporto sembra diventato talmente visibile da occupare tutta la scena, paradossalmente bloccando di fatto ogni scambio reale. Quel rapporto si sta come spegnendo, forse inesorabilmente.
“Però almeno stiamo finalmente vedendo quel rapporto invisibile, finalmente è diventato visibile!”, potresti pensare. Ma ne sei davvero così sicuro? Non è che forse, proprio in quel momento in cui crediamo di aver “stanato” i rapporti, la loro invisibilità ci sta di nuovo prendendo alle spalle? Non è che la nostra attenzione si sta concentrando su qualcosa che sembra infine visibile, ma che proprio in questo modo fa trionfare ancora una volta la propria forza invisibile?
Ti faccio infatti un’altra semplice domanda: quella coppia di litiganti sta realmente rendendosi conto del tipo di rapporto che in quel momento sta intercorrendo tra di loro? Quelle due persone stanno realizzando di essere entrate in un circolo vizioso e potenzialmente infinito di rinfacci reciprochi? Evidentemente, no. Se tu sei lì a osservarli, te ne accorgi subito: sono tanto presi dal parlare della loro relazione da non accorgersi nemmeno che stanno litigando, del modo in cui stanno litigando e del processo del loro litigare!
Quella coppia, immersa nel litigio, non vede altro che le incrinature del proprio rapporto, crede finalmente di star vedendo il proprio rapporto con estrema chiarezza, eppure non si accorge dell’invisibilità di quel litigare, che è il rapporto che sta intercorrendo in quel momento. È tutta presa dal litigio come “cosa” da non avvedersi del litigio come “relazione” ovvero “processo”.
Chissà, forse è proprio di fronte a una situazione del genere che Anassagora si è detto: “le cose che si vedono sono l’aspetto visibile di quelle che non si vedono”.