Prologo
Primi anni ’80 finito il corso di formazione venni destinato in una piccola città del centro Italia distante circa 200 Km. dalla mia residenza, le strade non agevoli allungavano i tempi di percorrenza e per questo ogni due/tre settimane tornavo nella mia città soprattutto per via dei legami familiari anche perché nella piccola cittadina si stava veramente bene, infatti quando venni successivamente trasferito lasciai in quel bellissimo posto un pezzetto del mio cuore.
Come matricola pagai subito lo scotto, nel periodo estivo niente ferie e visto che avevo un incarico di responsabilità il tutto stava a significare servizio ininterrotto compresi festivi per tutto il mese di luglio e parte di agosto.
Devo dire che il primo periodo passò abbastanza velocemente, ma l’ultimo cominciò ad essere pesante ed in considerazione che era previsto il rientro del collega per il lunedì venni autorizzato ad andare a casa la domenica, sempre in preallarme, partito di gran corsa in mattinata stessa passai una tranquilla giornata con i familiari e finalmente stanco andai a dormire.
Ma come detto in altre precedenti storie, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, alle tre di notte il telefono iniziò a suonare, nell’angoscia dello svegliarsi all’improvviso andai a rispondere, dall’altra parte con voce preoccupata venni informato che il centro storico della piccola cittadina stava andando a fuoco.
Non vi sto a dire quanto tempo impiegai a percorrere i 200 km che mi separavano con il pensiero di quello che stava accadendo e le mie responsabilità, ricordando che a quei tempi il telefonino ancora non aveva fatto la sua apparizione.
Quando arrivai la scena era abbastanza preoccupante ma tutto era sotto controllo, stava bruciando un vecchio stabile disabitato a suo tempo adibito a lavorazione e coltivazione dei bachi da seta con
tutto quello che c’era dentro compresi gli antichi sistemi di allevamento e filatura, rigorosamente in legno.
La mattina la situazione era più chiara, incendio quasi spento tutto distrutto all’interno, arrivò finalmente il collega del lunedì e lasciai a lui le consegne esausto pregustavo dopo aver concluso gli atti amministrativi una buona dormita, mentre mi allontanavo il mio sguardo dalla strada attraversò un vetro ovale che dava all’interno di un locale, unico scampato alla fiamme, in cui erano visibili alcuni scaffali con della carta.
E qui inizia la storia filatelica.
Andai dunque a riposare ma c’era qualcosa che mi ronzava nella testa, dormii per 24 ore consecutive ma il primo pensiero appena sveglio fu a quei scaffali pieni di carta, devo dire che in quel periodo il mio interesse per i francobolli era in una fase di letargo e da diversi anni non mi interessavo alla cosa ma l’idea di scoprire un potenziale archivio con chissà quali meraviglie all’interno mi aveva risvegliato una certa eccitazione filatelica.
In tutta fretta mi portai sul luogo della “disgrazia” perché con il senno di poi solo così si poteva chiamare, infatti con un escavatore gli eredi del nobile proprietario avevano dato ordine di abbattere i muri restanti e di portare via tutto quello che era contenuto al suo interno.
Mi venne confermato che era l’archivio dello stabilimento dalla sua nascita (fine ‘800) fino alla cessazione dell’attività (anni ’50) ed i miei stessi uomini nell’indicarmi qualche residuo di carta mi informarono che il tutto era stato caricato su tre camion e portato in discarica fuori città affermando che c’erano un sacco di lettere e cartoline (per noi del settore interi postali).
Con un’ansia ancor maggiore giunsi alla discarica dove due ruspe, di quelle gigantesche, mescolavano di tutto, purtroppo la raccolta differenziata doveva ancora di venire, mi diedero qualche indicazione su dove i tre camion avevano scaricato il tutto ma frenarono immediatamente le mie tenue speranze, avevano sommerso e miscelato tutta la carta coprendola con decine di metri cubi di immondizia comune.
Come un barbone (solo tra di noi appassionati possiamo capirci) mi aggirai tra quei miasmi e recuperai qualcosa che il vento aveva portato via prima che venisse seppellito, probabilmente lo scarico dell’ultimo camion con la parte più recente dell’archivio.
Tornai al mio alloggio molto deluso e dopo un periodo di rabbia e frustrazione iniziale ricominciai ad interessarmi alla mia collezione ferma da qualche anno quasi in segno di rivalsa, con frequentazioni dell’ufficio filatelico locale i cui impiegati accoglievano con incredibile disponibilità le mie meticolose richieste.
Gli interi postali che recuperai li racchiusi in una scatoletta e la relegai in fondo ad un armadio, quasi a voler dimenticare quella opportunità che mi ero fatto scappare, per poi riscoprili diversi anni dopo con una diversa maturità filatelica.
Fatti e realtà non sono casuali ma veritieri.

