Non posso altro che confermare quanto scritto da Michele (
marcadabollo): ineccepibile.
Troviamo frequentemente questi "aloni" con i francobolli in rotocalco di quegli anni e successivi (epoca RSI ed anche Repubblica).
Più frequentemente incontriamo queste velature attorno alle scritte marginali del foglio, forse perché si tratta di un'area della composizione meno curata.
Erano effetto -come ha spiegato Michele- della densità della emulsione della pellicola usata per i vari tiponaggi: accadeva così che nell'esposizione della lastra venisse impressionato (e quindi "inciso") anche quello che doveva rimanere bianco (cioè nero sulla pellicola che non doveva lasciar passare la luce).
E per quanto debolmente incisa, quella parte tratteneva inchiostro in fase di stampa.
Ricordo di aver visto una volta sulle scritte marginali del foglio addirittura un segno leggero che dalla forma pareva essere il nastro (adesivo) con cui a volte veniva fissato il typon.
Forse a questo punto occorre una piccola spiegazione (sommaria) di come si effettua la preparazione di una lastra di rotocalco (ricordo che di questo ne avevo parlato nel vecchio Forum, sempre a proposito di queste velature di colore che accompagnano, spesso, le scritte accessorie sui bordi dei fogli; anche in quel caso seguì un preciso intervento di
Ludwig).
La preparazione della lastra avviene con un procedimento fotografico.
Il disegno della vignetta viene riprodotto tante volte quante servono per preparare la composizione su una pellicola fotografica (naturalmente ci sono passaggi negativo-positivo che trascuro per non complicare il discorso).
Tutte queste riproduzioni (che ovviamente comprendono tutto quello che deve essere stampato, quindi anche le scritte marginali) sono fatte su pellicola fotografica e si chiamano "typon" (nome comune del gergo dello stampatore che
credo sia la trasformazione di un nome proprio - marchio di fabbrica - come succede spesso nella lingua italiana).
L'operazione di duplicazione dei "typon" viene detta, in italiano, tiponaggio (bruttissima parola italianizzata, ma anche questo avviene spesso nella lingua italiana).
Su un foglio trasparente viene effettuato il montaggio dei vari "typon" per formare la composizione del foglio di francobolli.
Ai bordi vengono montati i "typon" relativi a scritte, righe, greche, eccetera.
Per montare questi "typon" (veri e propri pezzettini di pellicola fotografica) si usano speciali collanti (oggi spray) o anche uno speciale nastro adesivo.
Il tutto poi poteva impressionare un'altra pellicola o direttamente la lastra (secondo i vari passaggi negativo/positivo).
Ritocchi potevano essere fatti sulla lastra o anche sulla pellicola (raschietto per eliminare "righe", ovvero eccedenze di emulsione oppure uno speciale inchiostro rosso coprente che non lascia passare la luce: infatti l'emulsione è ortocromatica).
La densità dell'emulsione dipende dall'esposizione: una esposizione non corretta poteva far sì che quello che doveva risultare "nero coprente" coprente non fosse (o in negativo quello che doveva risultare trasparente fosse invece leggermente opaco).
Se osserviamo, soprattutto nelle scritte marginali del foglio, queste velature, vediamo che sono nette: hanno le dimesioni del "typon" che conteneva le scritte. Significa che della luce è filtrata ed ha impressionato la lastra.
Risorgimento6Lire.JPG
In questa immagine è evidente la velatura che interessava probabilmente l'intera composizione, a causa di un errore di esposizione della pellicola: si è ricorsi ad un ritocco "cancellando" grossolanamente (non chiedetemi se sulla lastra o sulla pellicola) la parte impressa.
Spero di essere riuscito a dare almeno una pallida idea del procedimento.
Procedimento che, oggi, non esiste più: ormai tiponaggi, montaggi e quant'altro è fatto tutto elettronicamnete, perdendo così tutte quelle operazioni manuali che si compivano fino a dieci anni fa.

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