La ditta "Saverio Parisi" in Africa Orientale Italiana

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Lucky Boldrini
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La ditta "Saverio Parisi" in Africa Orientale Italiana

Messaggio da Lucky Boldrini »

Nel vecchio Forum ci fu una lunga ed appassionante ricerca circa l'invio della corrispondenza da e per l'impresa di costruzioni "Saverio Parisi", operante in A.O.I., con accenni alle vicende strorico-geografiche di quel tempo.

Quello che segue è il sunto di tutto quanto emerse dalle ricerche del Forum, con l'unica immagine ancora disponibile.

Nel 1937 il IV (quarto) reparto dell’impresa di costruzioni “Saverio Parisi” si trovava con il proprio cantiere a Dillalach, uno sperduto luogo che distava circa 90-95 Km. da Addis Abeba, sulla costruenda strada del Galla Sidama.
La ditta, ovviamente, era interessata a comunicare con il mondo civile per motivi d’ufficio, ma anche i lavoratori erano altrettanto interessati a mantenere i contatti con le famiglie in Italia e pertanto l’invio ed il ricevimento della posta erano una questione d’estrema importanza.

Fino a quando il cantiere, che era in continuo movimento con l’avanzare della strada, si trovò ad operare in zone relativamente vicine alla capitale, si provvide a garantire il servizio di ricezione ed inoltro della corrispondenza con i camion aziendali che periodicamente vi si recavano per le varie necessità del cantiere, percorrendo l’embrione di strada (sterrata) che avevano già lasciato alle loro spalle.

Man mano che la strada avanzava anche il cantiere, quindi, si allontanava sempre più fino a quando, giunti nella zona di Dillalach incominciò la stagione delle grandi piogge.
In breve tempo la strada diventò impraticabile per i camion dell’azienda mentre rimaneva la necessità di garantire il regolare funzionamento delle comunicazioni postali .

A risolvere il problema ci pensò l’Ing. Sighieri di Pisa, che a quel tempo era il direttore dei lavori del IV reparto dell’azienda “Parisi” in A.O.I.
Si inventò un “servizio volante” con personale indigeno, composto da una decina di ragazzi abissini (dagli 8 ai 12 anni) che coprivano, a piedi, la distanza del tragitto Dillalach – Addis Abeba in dieci, quattordici ore.

Il capo cantiere raccoglieva la corrispondenza del proprio reparto e quella dei reparti di lavoro vicini ed apponeva sulla corrispondenza un “timbro”, a documentazione dell’avvenuto incasso del controvalore dei francobolli che sarebbero stati apposti dall’ufficio postale di Addis Abeba, e la inoltrava a mezzo dei giovani corrieri dotati di un’apposito zainetto di lamiera.
Questi erano muniti di un distintivo di riconoscimento, in legno, applicato al braccio sinistro e di un lasciapassare fotografico. Tutto ciò potrebbe sembrare eccessivo per il semplice lavoro che dovevano svolgere, ma psicologicamente serviva a renderli consapevoli (ed orgogliosi) dell’importanza del lavoro che stavano svolgendo, tanto che avrebbero dato l’anima pur di portare a termine la propria missione. I comandi militari italiani che presidiavano la zona riconoscevano i “postini corrieri” e li aiutavano in ogni modo per far si che il servizio si svolgesse in modo veloce e regolare.

Una volta giunta ad Addis Abeba l’ufficio postale provvedeva ad affrancare e spedire la corrispondenza per “Via Aerea” (questi erano gli accordi) scaricando il costo dei francobolli da un apposito conto corrente postale che era, di tanto in tanto, incrementato da un incaricato della ditta in questione. La posta in arrivo era indirizzata ad una casella postale (una per ogni cantiere) sempre all’ ufficio di Addis Abeba.

Apparentemente nel timbro si legge la parola “PEP” che in realtà è da intendersi “REP” (che sta per reparto), essendo saltata (fin dai primi giorni d’uso) la gambetta della “R” a causa della manifattura in legno, alquanto artigianale, del timbro stesso.

Ecco l'immagine, tratta da un'asta Laserinvest, di una busta del maggio 1937 su cui campeggia il timbro della ditta Parisi:
Parisi.jpg


Ciao:

Luca

P.S.
Dal vecchio e nuovo Forum di F&F -
Contributi di Francesco Riboldi e somalafis.


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Luca Boldrini (ex Luckystr1ke) - Livorno

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