
A volte mi viene da pensare che potrei raccontarne tante da riempire un libro per quanti fatti mi sono passati accanto nel mio lavoro, alla fine però preferisco limitarmi agli amici del forum per storie che riguardano “oggetti postal-filatelici” . Purtroppo quest’ultima, vera come le altre, riguarda i recenti accadimenti di cui sono aperte ancora le cicatrici.
La notte del terremoto in Abruzzo, come molti di voi, sentii vibrare la mia abitazione ma non diedi molto peso al fatto, un campanello però si era messo a ronzare nella testa e quella mattina mi alzai prima del previsto e cosa anomala accesi la televisione. Subito emerse la tragedia ed alle sei di mattina ero già in strada pronto per svolgere il mio lavoro, mi venne dato l’incarico di raggiungere le zone dove aveva colpito il sisma ed a gran velocità raggiunsi l’autocolonna che trasportava gli escavatori.
A 15 km. dall’Aquila sull’autostrada e con i telefonini in black-out cominciammo a toccare con mano cosa poteva essere successo, l’asfalto sui viadotti si era abbassato di una decina di centimetri ed occorreva procedere a passo d’uomo e con molta cautela. Una telefonata improvvisa e fortunosa del collega che mi aveva preceduto ci invitava ad accelerare i tempi, necessitava con la massima urgenza di escavatori c’erano molte persone sotto le macerie.
Come i soldati circondati dagli indiani vedono l’arrivo della cavalleria a loro rinforzo così si deve esser sentito il collega al nostro arrivo, un abbraccio, uno sguardo d’intesa ed ognuno sapeva già cosa fare, eravamo nella frazione dell’Aquila più colpita di tutte le altre.
Dall’esterno del paese non si riusciva a capire l’entità del dei danni ma all’interno la tragedia appariva nella sua più totale realtà, le vie non esistevano più, le strade erano ricolme di macerie e le case rimaste in piedi si potevano contare in poche decine.
I ragazzi del posto, i veri eroi di questa tragedia, dopo aver scavato per tutta la notte senza aiuti (considerate che l’Aquila ha di notte solo 15 vigili del fuoco in servizio) ci davano indicazioni precise di chi mancava all’appello ed in quali abitazioni crollate si trovassero, il tutto mentre si susseguivano di continuo scosse di assestamento ed ulteriori crolli.
Quando si entra in questa situazione il proprio orologio biologico automaticamente si ferma e non hai più la percezione del tempo, della stanchezza, della fame, delle emozioni anche se, latente, c’è sempre un senso di paura, guai se non hai paura, la paura ti permette si salvare la tua vita e quella degli altri.
Tra le tante cose che ti colpiscono e su cui vorrei soffermarmi c’è ne una in particolare. Avevo intravisto un uomo minuto, anziano appoggiato ad un muretto e con il volto sofferente, ci riferì che sua moglie non era riuscita ad uscire di casa ed era all’interno da ben cinque ore senza possibilità di riuscire a raggiungerla da parte sua. Con il collega e molte difficoltà riuscimmo a spingersi fino alla poveretta che purtroppo era deceduta, uscimmo all’esterno e comunicammo all’anziano la triste notizia con la promessa che all’arrivo di altre squadre saremmo intervenuti per portarla all’esterno.
Questo accadde nel pomeriggio inoltrato, con molte difficoltà, in tutto quel tempo Umberto, perché così si chiama, è rimasto seduto su di un muretto fiducioso della nostra promessa senza mai chiedere o lasciarsi andare a gesti incontrollati mentre gli passavamo davanti decine di volte, ed ancora oggi ad ogni nostro incontro ci ringrazia. Siamo invece noi che dobbiamo ringraziarlo per la lezione che ci ha dato, in una società dove si vuole tutto e subito anche per le cose più insignificanti, (e qui potrei narrare decine di fatti) lui è riuscito con la propria dignità ad avere la pazienza di aspettare.
Nell’arco delle 24 ore riuscimmo a recuperare tutte le persone sotto le macerie e con il mio collega ci dividemmo il lavoro, lui continuò l’opera di escavazione nel capoluogo mentre io rimasi sul posto per svolgere le fasi successive al primo soccorso.
La sera ci incontravamo sotto la tenda, in una di queste mi comunicò che aveva riposto all’interno del portabagagli della nostro automezzo un blocco di lettere che erano emerse dalle macerie e che l’escavatore stava caricando su di un camion insieme ai blocchi di pietra, sarebbero andate perdute per sempre in discarica.
Successivamente le recuperai e mi resi conto che era un carteggio risalente agli anni 70/80 probabilmente tra due fidanzati, espressi, raccomandate, lettere ordinarie con belle affrancature curate e piacevoli da vedere.
Scoprii purtroppo che la destinataria delle lettere e le sue figlie erano decedute sotto il palazzo crollato mentre il marito era riuscito a salvarsi, subito mi diedi da fare per rintracciarlo, ma la cosa non fu all’inizio molto semplice.
A distanza di oltre un mese siamo riusciti tramite un amico a trovarlo in un’altra città ed a consegnargli tutto il pacco delle lettere, non ero presente in quel momento ma secondo quanto mi è stato raccontato la scena deve essere stata molto toccante perché la sola cosa rimasta della famiglia dopo il crollo del palazzo è stato solo quel pacco di lettere che siamo riusciti fortunosamente a portare in salvo ed a restituire.
Fatti e realtà non sono casuali ma veritieri.

